Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/12/2012 Scarica PDF
L' "obbligo di servire al meglio gli interessi dei clienti" in cassazione (art. 21 tuf). Nota a Cass. 29864/2011
Gioacchino La Rocca, Professore ordinario di diritto civile nell'Università di Milano Bicocca1. Cass. 29
dicembre 2011, n. 29864, in IlCaso.it, I, 7383, offre un contributo notevole
alla riflessione sul contratto tra intermediari finanziari e clienti. Essa si
sofferma sul momento tipizzante di tale contratto: l'obbligo gravante
sull'intermediario ex artt. 19, dir. 2004/39 e 21, lett. a, tuf, di
"servire al meglio gli interessi dei clienti", secondo la formula
introdotta dalla Mifid senza sostanzialmente innovare il contenuto precettivo
già presente nella ISD.
Tale obbligo - si legge in par. 7 della motivazione - "implica che
l'intermediario debba farsi carico, prima di eseguire gli ordini di
negoziazione, d'informare [il cliente] e di verificare il livello di
consapevolezza del rischio da parte di quest'ultimo e l'adeguatezza
dell'operazione rispetto alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi di
investimento ed alla sua propensione al rischio".
Sono parole di grande importanza. La cassazione infatti afferma che l'obbligo
dell'intermediario di "verificare É l'adeguatezza dell'operazione" di
investimento si applica non solo ai servizi di gestione e di consulenza, ma
anche al servizio di negoziazione. In altre parole, la cassazione esclude che
gli artt. 39 e 40 reg. consob n.16190/07 siano in grado di limitare la
valutazione di adeguatezza ai soli servizi di gestione di portafogli e di
consulenza. Al contrario, tale valutazione deve aver luogo anche nel servizio
di negoziazione, dal momento che essa - questo è il senso della decisione in
esame - rientra i comportamenti attraverso i quali si invera l'obbligo posto a
carico dei "soggetti abilitati" (art. 21 tuf), ovvero delle
"imprese di investimento" (art. 19 dir.), di "servire al meglio
gli interessi dei clienti". Nella negoziazione - specifica la sentenza -
la valutazione di adeguatezza deve ripercorrere il contenuto tipizzato
nell'art. 39 cit., in quanto deve aver riguardo "alla situazione
finanziaria, agli obiettivi di investimento ed alla propensione al
rischio" del cliente.
2. "Servire al meglio gli interessi dei clienti" è una clausola
generale, ossia è un esempio di tecnica legislativa caratterizzata
dall'utilizzazione di parole (nella specie: "servire al meglio gli
interessi") dotate di un centro semantico indeterminato particolarmente
ampio (GUARNERI, Clausola generale, in Digesto IV, sez. civ., II, 1988, 403
ss.). é compito del giudice trasformare le clausole generali in precetti
specifici: è un momento particolarmente importante e delicato del contributo
sapienziale offerto dalla giurisprudenza di ogni epoca nella regolazione dei
rapporti umani.
L'importanza della giurisprudenza sotto tale profilo è, tuttavia, occultata
dall'idea - di matrice positivistica e maggiormente incombente nella civil law,
piuttosto che nella common law (v. MONATERI, La giurisprudenza, in AA.VV., Le
fonti del diritto italiano, 2, Le fonti non scritte e l'interpretazione,
Torino, 1999, 490 ss., 502) - che le decisioni giudiziali debbano trovare il
loro fondamento in norme predeterminate che escludano margini di
discrezionalità del giudice (HART, Il concetto di diritto [1961], ed. it.,
Torino, 1991, 16). In realtà, da tempo domina la consapevolezza che "le
idee del positivismo classico sul rapporto tra giudizio e legge sono É
imperfette" e che "ogni interpretazione è già una decisione e cioè
una scelta tra diverse possibili valutazioni" (WIEACKER, Legge e arte
giudiziale, in Studi in memoria di Lorenzo Mossa, Padova, 1961, III, 617 ss.).
Tale preoccupazione si acuisce di fronte alle clausole generali, dove il
giudice è chiamato in modo particolarmente incisivo a formulare le regola
concreta. Più precisamente: mentre il giudice di fatto effettua scelte
valutative ogni volta che procede all'interpretazione di una qualsiasi
disposizione, a causa dell'ineliminabile vaghezza del linguaggio, nel caso
delle clausole generali tale attività del giudice è "voluta" e
programmata dal legislatore in virtù della particolare tecnica legislativa
utilizzata (RODOTA', Il tempo delle clausole generali, in Il principio di buona
fede, cit., 247 ss., 266). Di qui l'esigenza - particolarmente avvertita in un
ordinamento che almeno sul piano formale appare contraddistinto da un apparato
di fonti del diritto fortemente statizzato (artt. 1 ss. disp. Prel. C.c.) - che
l'operazione condotta dal giudice in questi casi sia coerente con il quadro
legislativo esistente (CASTRONOVO, L'evoluzione delle clausole generali, in Il
principio di buona fede, Milano, 1987, 19 ss.; BELVEDERE, Le clausole generali
tra interpretazione e produzione di norme, in Pol. Dir. 1988, 631 ss.) in
quanto da quest'ultimo - ed in particolare dalla Costituzione, affiancata ormai
dalla legislazione europea - il giudice deve attingere i valori che debbono
ispirare la sua decisione (v. ancora WIEACKER, op. cit., 624; RODOTA', op.
cit., 261). In questa prospettiva si comprende la necessità che la decisione
assunta dal giudice sulla base di una clausola generale sia assistita da
"una affilata tecnica argomentativa" e da "una solida coscienza
dei fini" (MENGONI, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Il
principio di buone fede, cit., 5 ss.).
3. Se questo è il contesto nel quale operano le clausole generali, una prima
conferma di Cass. 29864/11 può trarsi dallo stesso art. 21 tuf, il quale impone
il rispetto della clausola generale in esame, come pure dell'altra clausola
generale ivi contenuta ("integrità del mercato"), nella
"prestazione dei servizi di investimento e accessori": dunque,
secondo l'art. 21 tuf tutti i servizi di investimento, non solo alcuni, devono
essere svolti al fine di "servire al meglio gli interessi dei
clienti".
Quanto al significato concreto attribuito alla clausola generale in esame viene
in evidenza il considerando n. 81, dir. 2006/73. In esso si legge che "se
l'impresa di investimento fornisce una consulenza generica ad un cliente in
merito ad un tipo di strumento finanziario che essa presenta come adatto per
tale cliente, considerate le sue particolari caratteristiche, e tale consulenza
non è in realtà adeguata per tale cliente o non è basata sulla considerazione
delle sue caratteristiche, in funzione delle circostanze di ciascun caso, è
probabile che l'impresa É violi l'obbligo di cui all'articolo 19, paragrafo 1,
di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli
interessi dei suoi clienti".
Questo "considerando" riveste particolare importanza per più versi.
In particolare ora interessa la diretta relazione da esso stabilita tra la
valutazione di "adeguatezza" e la clausola generale in esame
("servire al meglio gli interessi dei clienti").
Il considerando cit. conferma che la clausola generale de qua ha ragionevole
attuazione solo se gli intermediari controllano che gli investimenti del
cliente siano "adeguati", ossia "adatti per tale cliente,
considerate le sue particolari caratteristiche ... in funzione delle
circostanze di ciascun caso". D'altra parte, solo in presenza di tale
presidio può dirsi effettivamente realizzato il precetto costituzionale di
"tutela del risparmio in tutte le sue forme" (art. 47 cost), ivi
compresa, dunque, la forma di risparmio consistente nell'investimento nel
mercato mobiliare. Altrimenti non si saprebbe dire come tale "tutela del
risparmio in tutte le sue forme" possa andare a beneficio concreto e
diretto del singolo investitore, ossia di quella singola "persona",
che l'ordinamento comunitario, non diversamente dall'art. 2 Cost., pone
"al centro della sua azione" (v. Carta dei diritti fondamentali UE,
18 dicembre 2000, preambolo).
Dunque, ordinamento comunitario ed interno convergono nel pretendere una tutela
del singolo cliente "in funzione delle circostanze di ciascun caso".
Attraverso la clausola generale in discorso, la legislazione europea ha
affiancato al controllo pubblico un controllo di natura privatistica. In
particolare, la tutela dell'investitore è stata assegnata all'intermediario
finanziario conformando il rapporto tra le parti sullo schema dell'agency (v.
anche per riferimenti SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari
finanziari, Milano, 2004, 118 ss.), ossia sullo schema di quella peculiare
relazione in cui una parte (l'agent, nella specie l'intermediario finanziario)
è chiamata ad agire nell'interesse dell'altra (il principal, l'investitore) in
un contesto caratterizzato da particolari incertezze e rischi, nel quale le
decisioni possono essere assunte a ragion veduta solo da chi sia in possesso
della necessaria preparazione professionale (v. KNIGHT, Rischio, incertezza e
profitto (1920), trad. it., Firenze, 1960, 200 ss.).
4. Si delinea così la logica sottesa alla regola operazionale imposta
all'intermediario: in qualità di agent deve perseguire gli interessi del
cliente valutando l'adeguatezza degli investimenti in funzione di ciascun caso
concreto.
Lo strumento munito della flessibilità necessaria per regolare una fattispecie
così mutevole è, per l'appunto, la clausola generale (cfr. ENGISH, Introduzione
al pensiero giuridico (1956), Milano, 1970, 197). Quel che qui interessa è che
"l'uso delle clausole generali serve a consentire l'ingresso nel mondo del
diritto a principi o criteri extralegislativi" (DI MAJO, Clausole generali
e diritto delle obbligazioni, in Riv. Critica dir. priv., 1984, 539 ss.).
Nella fattispecie la realtà extralegislativa di riferimento è costituita dal
mercato mobiliare e dalla funzione in esso svolta dagli intermediari: nella
dinamica del mercato dei capitali questi ultimi costituiscono un costo
transattivo ed hanno quindi una giustificazione economica solo se
contribuiscono ad indirizzare il risparmio verso gli investimenti più
rispondenti all'interesse del cliente (v. ad es. SAUNDERS, CORNETT, ANOLLI,
Economia degli intermediari finanziari2, ed. it., Milano, 2008, 28 ss.;
FORESTIERI, MOTTURA, Il sistema finanziario3, Milano, 2002, 227 ss.) e comunque
nel rispetto della "integrità del mercato finanziario". Questa
ulteriore clausola generale posta nell'art. 21 lett. a - ancora negletta in
giurisprudenza e dottrina - ha una funzione integrativa della prima: il
perseguimento dell'interesse del cliente deve comunque essere coerente con la
salvaguardia dell'integrità del mercato e si traduce nella preferenza verso
investimenti non rischiosi (alcuni spunti in M. BARCELLONA, Mercato mobiliare e
tutela del risparmio. L'intermediazione finanziaria e le responsabilità di
banche e Consob, Milano, 2009, 138 ss.; LA ROCCA. La tutela dell'impresa nella
contrattazione in strumenti finanziari derivati, Padova. 2011, 210 ss.).
5. Dunque, la struttura del mercato mobiliare acquista rilevanza giuridica
grazie alla clausola generale in esame. Tale mercato è caratterizzato
dall'estrema varietà dei "beni" ivi negoziati: gli strumenti
finanziari. Essi si caratterizzano per il fatto che la prestazione di volta in
volta prevista a favore degli investitori è soggetta a variabili numerose e
mutevoli per ciascuna emissione anche se proveniente da uno stesso emittente
(riferimenti in LA ROCCA, Lo "strumento finanziario" in cassazione,
in Foro it., 2012, I, 2430).
Gli economisti traducono tutto ciò affermando che di fatto questo mercato non
produce di per se informazioni utili per gli operatori non professionali. Tale
rilievo è alla base di un'altra affermazione notevole di Cass. 29864/11,
allorché essa ribadisce che un precedente acquisto di "titoli a
rischio" da parte di un cliente, non rende il medesimo un esperto in
materia e non esonera l'intermediario dal rispetto dell'art. 21. A conferma di
questo assunto è sufficiente osservare che la rischiosità di un titolo dipende
dalla complessità delle condizioni cui è subordinata la prestazione promessa al
risparmiatore. Ammesso che quest'ultimo abbia fatto esperienza delle variabili
implicite in un dato titolo, nulla può sapere della complessità e della natura
delle variabili implicite in un diverso titolo.
6. Non sfugge a questo punto l'importanza della clausola generale in discorso:
attraverso di essa la struttura del mercato mobiliare e la funzione ancillare
agli investimenti in esso assegnata agli intermediari mobiliari assumono
rilevanza giuridica in vista di un ordinamento economico sociale fondato, non
già - si badi bene - su una sorta di paternalismo moralisteggiante, ma
sull'efficienza economica complessiva del sistema: solo se il risparmio è
"con cognizione di causa" (v. ancora art. 19, cit., par. 3)
indirizzato verso investimenti che non distruggano risorse, potrà realizzarsi
quella crescita economica non effimera in grado di sostenere lo stato sociale.
Solo una crescita economica di questo tipo può offrire "maggiori risorse
per l'assistenza medica e il controllo dell'inquinamento, istruzione universale
per i bambini e pensioni statali per gli anziani" (SAMUELSON, NORDHAUS,
Economia17, Milano, 2002, 553 ss.).
In tale prospettiva ben si comprende l'importanza del binomio costituito dalle
due clausole generali contenute nell'art. 21 lett. a tuf: obbligo di
"servire al meglio gli interessi dei clienti" e "integrità del
mercato" finanziario sono funzionali ad un ben definito disegno di
"ordine pubblico economico" radicato nella legislazione europea e
mirante in definitiva alla tenuta stessa del sistema economico, che ha negli
investimenti la sua condizione di sopravvivenza. Più precisamente, tale binomio
costituisce il meccanismo giuridico attraverso il quale quel disegno di
"ordine pubblico economico" si invera nella concretezza dei singoli
rapporti giuridici che si instaurano nel mercato finanziario.
Di qui l'importanza della sentenza in esame: essa interviene sul mercato
mobiliare trasmettendo incentivi agli intermediari finanziari affinché
scoraggino investimenti rischiosi in considerazione del fatto che, in caso di
esito negativo di tali investimenti, saranno chiamati a risarcire i danni
subiti dall'investitore se non proveranno di averlo informato "in modo
chiaro e non fuorviante" (art. 19, par. 2, dir. 2004/39) circa la
rischiosità ed inadeguatezza dell'investimento.
Questa incidenza della giurisprudenza sulle condotte di mercato è assolutamente
fisiologica dal momento che il mercato è un insieme di relazioni sociali, che
in quanto tali sono necessariamente sorrette da regole (per una recente
rivisitazione della nozione di "mercato" v. VISENTINI, Il futuro del
capitalismo in Europa: etica principi regole, in DE LUCA, FITOUSSI, MCCORMICK
(cur.), Capitalismo prossimo venturo: etica regole prassi, Milano, 2010, 77
ss.). é per l'appunto la funzione propria della giurisprudenza definire tali
regole. Essa è un cruciale regolatore del mercato: un illustre autore (COFFEE
Jr., Gatekeepers, Oxford, 2006, 55 ss.) ha collegato la gran quantità di
irregolarità finanziarie emerse negli Stati Uniti agli inizi degli anni 2000
(tra le quali gli scandali Enron e Worldcom sono solo due esempi) anche con un
mutamento della giurisprudenza della Corte Suprema che nel 1991 ha alleviato la
responsabilità dei revisori.
7. Sul piano civilistico Cass. 29864/11 ha ricadute notevoli: da tempo la
dottrina ha osservato come il contratto tra intermediari finanziari e clienti
si sottragga alla logica dello scambio (Cfr. GUIZZI, Mercato finanziario, Enc.
Dir., Aggiornamento,
V, Milano, 2001, 744 ss., 747; MAFFEIS, I contratti dell'intermediazione
finanziaria, Torino, 2011, 48 ss.), che ispira la disciplina generale del
contratto dettata nel codice civile (cfr. ad es. BENEDETTI, Il diritto comune
dei contratti e degli atti unilaterali, Napoli, 1997, 56 ss.; ADDIS, Le
eccezioni dilatorie, in ROPPO (cur.), Trattato del contratto, 5, Rimedi 2,
Milano, 2006, 413 ss.).
Tale visione del contratto di intermediazione mobiliare è oggettivamente
confermata dalla Cassazione: non vi sono più due parti, dotate di pari capacità
di apprezzamento del proprio interesse, che si scambiano beni, ma una parte
deve perseguire l'interesse dell'altra anche a scapito del proprio.
Ed ancora: alla stregua di Cass. 29864/11, l'intermediario, che deve valutare
autonomamente la congruenza delle decisioni del cliente agli interessi dello
stesso (nella salvaguardia della "integrità del mercato"), non
corrisponde ad un mandatario, il quale invece di regola è vincolato
all'autonomia decisionale del dominus (rinvio per questi aspetti al mio Il
contratto di intermediazione mobiliare tra teoria economica e categorie
civilistiche, che può leggersi anche su questa rivista on line).
Per altro verso, la stessa decisione in esame esclude esplicitamente che il
principio di buona fede - immanente nella composizione codicistica degli
interessi privati in conflitto - nella fattispecie operi. Sotto questo profilo
la sentenza in commento deve essere collegata con Cass. 25 giugno 2008, n.
17341, in Foro it., 2009, I, 188, nella cui motivazione la Suprema Corte
affermò che l'art. 21 tuf assoggetta "la prestazione dei servizi di
investimento ad una disciplina diversa e più intensa rispetto a quella
discendente dall'applicazione delle regole di correttezza previste dal codice
civile" (v. altresì sul tema il mio Sezione prima vs. Sezioni Unite:
differenti visioni dei diritto dei contratti del mercato finanziario in
cassazione, in Foro it., 2009, I, 1851).
Le differenze tra codice civile e legislazione di settore fin qui elencate
presentano un comun denominatore: il codice civile postula che ciascun soggetto
di diritto, solo che - costi quello che costi - sia adeguatamente diligente, è
in grado di valutare il mercato e le sue opportunità. Di contro, l'economia
dell'informazione e l'economia comportamentale hanno fatto comprendere che tale
postulato è assolutamente chimerico ed il legislatore recente tiene conto di
tali insegnamenti. A sua volta l'evoluzione del mercato dei capitali degli
ultimi decenni ha posto al centro della vita economica il finanziamento non
bancario delle imprese e quindi il risparmiatore ed i suoi investimenti. Si
assiste, così, ad una situazione paradossale: l'investitore, pur possedendo una
"merce" essenziale per il sistema, non è in grado di allocarla in
modo efficiente.
In questo quadro Cass. 29864/11 - nel segno della legislazione speciale -
indica la via d'uscita dall'impasse.
Scarica Articolo PDF