Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 954 - pubb. 01/07/2007

Responsabilità del progettista e revoca di concessione edilizia

Tribunale Mantova, 12 Novembre 2003. Est. Bernardi.


Concessione edilizia rilasciata in contrasto con le norme di cui agli artt. 873 e segg. cod. civ. – Responsabilità del progettista per mancato adeguamento degli edifici alla normativa vigente – Sussistenza – Danno prodotto dal concorso di più cause autonome – Responsabilità concorsuale del danneggiato – Sussistenza.



 


 


omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 28-7-1997 l’attore sosteneva a) di avere conferito al geom. Bianchi l’incarico di redigere un progetto di costruzione relativo a cinque fabbricati posti in X nonché di dirigerne i lavori e di avere ottenuto la concessione edilizia il 15-2-1994 cui aveva fatto seguito una concessione in variante in data 23-9-1994; b) che il progetto prevedeva la costruzione degli edifici su due piani con quello sovrastante ampliato a sbalzo rispetto al piano terra e che  tale sbalzo sarebbe stato progettato in violazione delle norme urbanistiche in quanto non avrebbe tenuto conto delle distanze legali dai confini e dalle vie di comunicazione; c) che l’impresa costruttrice di cui l’attore era titolare aveva dato inizio ai lavori e solo al momento di posare i solai sul piano terra si era accorta dell’errore progettuale relativo alle distanze nonché della impossibilità di realizzare l’opera per ragioni di ordine statico; d) di avere conseguentemente revocato l’incarico al convenuto (il cui compenso veniva interamente saldato) officiando altro professionista (il geom. Verdi) per la prosecuzione dei lavori e per rimediare agli errori progettuali; e) che il nuovo progetto non era stato approvato a causa degli sporti esistenti sui tre lati del fabbricato e che ciò aveva indotto gli organi comunali ad emettere in data 12-2-1997 un provvedimento di annullamento parziale delle concessioni edilizie già emanate cui era seguita la sanatoria con l’esborso, da parte di esso istante, di £ 46.000.000; f) che, in conseguenza della redazione del progetto redatto dal geom. Bianchi affetto dagli errori progettuali sopra evidenziati, aveva subito danni consistenti nell’esborso delle somme per ottenere la sanatoria degli abusi nonché di quelle versate per saldare le competenze del geom. Verdi e dell’avv. A. cui era stata chiesta assistenza alla luce delle determinazioni assunte dal Comune.

Il convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda assumendo a) che non era assolutamente provata l’irrealizzabilità dell’opera dal punto di vista statico; b) che la progettazione degli sporti, le cui proiezioni erano state chiaramente evidenziate nei disegni, era conforme all’orientamento da sempre espresso in proposito dagli organi comunali i quali, evidentemente, avevano successivamente al rilascio della concessione, mutato indirizzo; c) che il geom. Bianchi, reso edotto della non conformità alla normativa edilizia degli sporti, aveva proposto di cambiare il progetto con l’eliminazione delle parti non a norma, rimedio ancora possibile dal momento che la parte superiore non era ancora stata costruita ma che a ciò il Rossi aveva opposto un netto rifiuto atteso che era in possesso della concessione edilizia; d) che la collaborazione era venuta meno quando l’attore aveva deciso di eseguire lavori in difformità anche delle concessioni ottenute; e) che, da quanto risultava dagli atti, il geom. Verdi non si sarebbe discostato dall’originario progetto posto che il Comune aveva rilevato l’esistenza di sporti non a distanza legale sicché nessuna responsabilità poteva addebitarsi al convenuto posto che l’attore, pur consapevole dell’illegittimità del progetto, aveva continuato a realizzarlo.

Esperita l'istruttoria orale e disposta una consulenza tecnica la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

La domanda è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono.

Premesso che l’iter amministrativo della pratica edilizia concernente il progetto in questione è quello sopra descritto, va rilevato che dalle foto dimesse (il cui scatto al momento della cessazione dell’incarico è stato confermato dal teste Formigoni e che documentano lo stato dei luoghi in quel tempo, come riconosciuto dal geom. Verdi), dagli accertamenti svolti dal c.t.u. e dal tenore della parcella redatta dal geom. Bianchi emerge come, durante la direzione del convenuto, fossero state realizzate (sia pure non completamente) tre villette sino al tetto e quindi con l’edificazione degli sporti ritenuti abusivi dal Comune.

Solo successivamente e quando lo stesso costruttore aveva avuto cognizione del problema concernente il rispetto delle distanze (v. atto di citazione) venne edificata la quarta villetta sulla base di un progetto di variante redatto dal geom. Verdi parimenti ritenuto dagli organi comunali non conforme alla normativa in vigore e sempre per le stesse ragioni.

Posto che l’importo preteso per la sanatoria delle opere abusive è stato richiesto in relazione a quattro villette (vedasi docc. sub 10 e 11 prodotti dall’attore) ne deriva che nessuna responsabilità può addebitarsi al convenuto in relazione agli abusi riguardanti la quarta villetta in quanto realizzata dall’attore nella consapevolezza della sua irregolarità, in un momento in cui era ancora possibile effettuare una diversa scelta progettuale e con l’assistenza di altro professionista.

Quanto alle irregolarità va osservato che le indagini effettuate dal c.t.u., i riscontri anche documentali ottenuti e le considerazioni svolte dal geom. Verdi (v. lettera datata 25-9-1996 allegata alla memoria tecnica di parte convenuta) consentono di affermare come il Comune di X in precedenza fosse solito rilasciare le concessioni edilizie tenendo conto, quanto alle distanze dai confini nel caso di fabbricati a sbalzo, dell’appoggio della costruzione a terra e non della proiezione del massimo ingombro.

Alla luce di ciò e pur non essendo stato rinvenuto nel fascicolo di parte attorea il progetto redatto dal geom. Bianchi (che risultava essere stato depositato in corso di causa) occorre rilevare che il c.t.u. ed il c.t. di parte attorea hanno affermato che tale progetto non conteneva l’indicazione della distanza dello sbalzo dal confine: non è però necessario rimettere gli atti in istruttoria per acquisire tale documento posto che il c.t.u. (in ciò confortato dalle sopra menzionate osservazioni del geom. Verdi) ha dato atto che la prassi in uso era nel senso che le misurazioni dal confine non tenevano conto dello sbalzo, orientamento a cui il geom. Bianchi si era chiaramente ispirato e che, d’altro canto, nessuno ha messo in discussione che il progetto evidenziasse gli sporti in questione sicché deve ritenersi che gli organi tecnici del Comune fossero comunque in grado di rendersi conto della diversa distanza dal confine del corpo di fabbrica sito al primo piano rispetto a quello edificato al piano terra.

Premesso che la responsabilità del professionista sussiste anche  in caso di colpa lieve (cfr. Cass. 5-8-2002 n. 11728; Cass. 23-4-2002 n. 5928; Cass. 13-7-1998 n. 6812), che gli errori di progettazione concernenti il mancato adeguamento degli edifici previsti alla normativa vigente, compromettendo il rilascio della concessione, integrano un grave inadempimento e sono fonte di responsabilità per il danno subito dal committente (cfr. Cass. 16-2-1996 n. 1208) e che, nel caso di specie, non è stato dedotto e, comunque, va positivamente escluso che venissero in questione problemi di speciale difficoltà, occorre rilevare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli sporti non computabili ai fini della determinazione delle distanze dal confine sono solo quelli che hanno funzione ornamentale mentre attingono le caratteristiche del corpo di fabbrica, costituente parte integrante dell’edificio, le sporgenze di particolari proporzioni atte ad estendere e ad ampliare l’edificio di superficie e volume, ipotesi ricorrente nel caso di specie come si desume dalle foto in atti nonché dai rilievi delle porzioni considerate abusive effettuati dagli organi comunali (in tal senso vedasi Cass. 15-2-2001 n. 2228; Cass. 2-10-2000 n. 13001; Cass. 0-6-1998 n. 5719; Cass. 29-8-1997 n. 8240; Cass. 12-4-1995 n. 4195; Cass. 6-3-1992 n. 2703).

Orbene la precedente erronea interpretazione della disciplina edilizia da parte degli organi comunali stante il suo contrasto con le norme di cui agli artt. 873 e segg. c.c., non può costituire motivo per escludere ogni responsabilità in capo al professionista anche se certo lo ha indotto a redigere un progetto in conformità alla prassi in uso, nel convincimento che lo stesso non avrebbe trovato ostacoli in sede amministrativa: ritenuto pertanto che il danno sia stato prodotto dal concorso di più cause autonome (va ribadito che il progetto originario era stato concessionato e che, successivamente, era stata anche approvata una variante e quindi ponendo in essere tutte le condizioni affinché l’attore iniziasse a costruire), tenuto altresì conto che il Rossi è un costruttore edile e, come tale, non certo completamente ignaro della normativa in materia di distanza fra le costruzioni, appare equo ex art. 1226 c.c. (cfr. Cass. 11-8- 1982 n. 4544) determinare la responsabilità del professionista (relativamente alla edificazione abusiva delle tre villette) nella misura del 60%.

Ne consegue che il convenuto deve rimborsare all’attore la somma di euro 10.690,66 (£ 34.500.000x60%=20.700.000) quanto all’importo versato per sanare gli abusi di tre villette.

In ordine poi ai compensi pagati al geom. Verdi occorre osservare che la parcella prodotta riguarda le spese affrontate per ottenere la sanatoria che, nella medesima percentuale di cui sopra e relativamente a tre villette e, quindi, nell’importo di € 951,75 (£ 3.071.400x60%=1.842.840) vanno rimborsate.

Quanto alle deduzioni circa l’inadeguatezza del progetto dal punto di vista statico va osservato che il c.t.u. sul punto si è  espresso in senso dubitativo sicché non emerge con certezza che il convenuto abbia commesso un errore progettuale: in ogni caso non sono state documentate le ulteriori spese affrontate per rimediare a tale presunto errore sicchè nessuna somma in proposito può essere liquidata.

Quanto infine agli onorari versati all’avv. A. il quale, sentito come teste, ha chiarito l’oggetto delle sue prestazioni, strettamente connesse con i fatti per cui è causa, vanno parimenti rimborsati nella misura sopra determinata, pari pertanto ad euro 940,31 (£ 3.034.500x60%=1.820.700).

Il convenuto va quindi condannato a corrispondere all’attore la somma complessiva di euro 12.582,72 che, rivalutata secondo gli indici Istat ex art. 409 c.p.c. dalla data della mora - coincidente con la notifica dell’atto di citazione - alla data della sentenza corrisponde ad euro 14.451,68: su tale importo vanno riconosciuti gli interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo.

In proposito va infatti osservato che l'obbligazione di risarcimento del danno, ancorché derivante da inadempimento contrattuale, configura un debito di valore, in quanto diretta a reintegrare completamente il patrimonio del danneggiato, sicché resta sottratta al principio  nominalistico, e deve, pertanto, essere quantificata dal giudice, anche d'ufficio, tenendo conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione: ne consegue che, qualora in relazione alla domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno, si provveda allaintegrale rivalutazione del credito fino alla data della liquidazione, nonpossono essere accordati gli interessi legali sulla somma rivalutata dal giorno della mora, dovendosi questi essere calcolati solo dalla data della liquidazione, poiché altrimenti si produrrebbe l'effetto di  far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento della obbligazione (cfr. Cass. 4-10-1999 n. 11021; Cass. 9-1-1996 n. 83; Cass. 14-3-1995 n. 2930).

Le spese, stante la reciproca soccombenza, sono compensate nella misura del 50% e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

condanna il convenuto a pagare all’attore la somma di euro 14.451,68 oltre agli interessi legali su tale somma a far data dalla sentenza sino al saldo definitivo;

condanna il convenuto a rifondere all'attore le spese di lite compensandole nella misura del 50% e, per l’effetto, liquidandole in complessivi euro 4.425,67 di cui € 1.506,02 per spese (comprese quelle di c.t.u.), € 1.104,65 per diritti ed € 1.815,00  per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.