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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/12/2024 Scarica PDF
La cartolarizzazione sociale e la povertà in Italia
Alberto Valcarenghi e Giovanni Pastore, Alberto Valcarenghi, Dottore Commercialista in Crema. Giovanni Pastore, Fondatore dell’Associazione Culturale Favor DebitorisIn questo articolo viene fornita una sintetica informativa sulla Cartolarizzazione Sociale che potrebbe essere uno strumento molto utile per dare un concreto sostegno ai debitori inadempienti che rischiano di perdere la casa gravata da mutuo ipotecario. Inoltre vengono forniti alcuni dati statistici della Caritas e dell’Istat sulla povertà in Italia.
La cartolarizzazione sociale
La Cartolarizzazione sociale è stata introdotta dalla Legge 27 dicembre 2019, n. 160 che ha disposto con l'art. 1, comma 445, lettera a) la modifica dell'art. 7.1, comma 1 e con l'art. 1, comma 445, lettera b) l'introduzione del comma 8-bis all'art. 7.1 in relazione alla Legge n. 130 del 30 aprile 1999.
L’obiettivo della norma era di offrire un sostegno concreto al debitore che non riesce ad onorare il pagamento delle rate del mutuo ipotecario sull’immobile utilizzato come abitazione principale.
Nel caso di mancati pagamenti delle rate del mutuo la Banca è obbligata a collocare il credito come anomalo e questa situazione, se non trova rimedio, può portare successivamente al pignoramento del bene immobile e alla successiva vendita all’asta.
Fino al 2014 questi debiti restavano nelle banche e in percentuale gli incassi totali dell’attività di recupero crediti derivante da attività giudiziale[1] erano il 40%. Gli NPL erano gestiti da professionisti esperti nel rapporto con i debitori, il 60% del recupero giungeva da accordi con i debitori.
Dal 2014 ad oggi la situazione è radicalmente mutata: gli NPL complessivi, infatti, sono pari a circa 305 miliardi lordi, per circa 60 miliardi nei bilanci delle banche e per la differenza (circa 245 miliardi) in mano agli investitori[2] nei crediti deteriorati. La classe dirigente italiana (con un percorso difforme da quello di tutti gli altri paesi europei) è arrivata ad affidare la grande maggioranza dei debiti delle famiglie e delle aziende italiane a creditori “impazienti” (come sono obbligati ad essere i fondi speculativi internazionali) e non a creditori “pazienti”. I principali paesi europei hanno, invece, creato fino al 2010, per lo stesso scopo, Bad Bank, creditori “pazienti” a cui hanno potuto affiancare legislazioni più equilibrate nel rapporto fra creditori e debitori.
Il risultato è che nel 2024 in percentuale gli incassi totali dell’attività di recupero crediti derivante da attività giudiziale sono il 70% e in talune situazioni anche superiori al 70%[3]
Il quotidiano Avvenire[4] riporta (dati ministero della Giustizia) che, “impazientemente” sono stati vendute dal 2014 al 2023 in esecuzione immobiliare circa 450.000 prime case di abitazione. “Avvenire” aggiunge che il 75% di questi immobili aveva un valore di stima inferiore a 115.000 euro. Interpolando questi dati con altri ricavabili dai report di Astasy si giunge alla conclusione che, dalla vendita di un valore immobiliare complessivo di 60 miliardi, sono stati ricavati soltanto 20 miliardi. Uno spreco enorme di valore per le società di recupero crediti e pesanti costi sociali su famiglie e imprese, rimaste indebitate per i restanti 40 miliardi.
Si è così creata una amplissima fascia (molte centinaia di migliaia) di nuovi poveri, provenienti dall’ex ceto medio, che ha perso la casa di abitazione e contemporaneamente è rimasto indebitato, ognuno (con la media del pollo) per 89.000,00 euro, con conseguenti pignoramenti del quinto dello stipendio o della pensione, sequestri di autovetture e beni personali, ecc.
Questo uso esagerato dello strumento giudiziario e l'accanimento delle società di recupero credito, per compensare il valore dilapidato nelle aste immobiliari, sta sviluppando il già tradizionale mercato del lavoro nero: per sfuggire ai pignoramenti successivi alla svendita della casa di proprietà, molti indebitati si rifugiano appunto nel lavoro nero.
Il debitore spesso dopo la vendita della casa si trova quindi in una situazione di povertà, che coinvolge anche tutta la sua famiglia, comportando una serie di ulteriori spese. Ad esempio i mobili della casa venduta all’asta a volte non sono compatibili con la nuova casa (spesso più piccola della precedente) oppure si trattava di mobili fatti su misura e quindi non più utilizzabili nella nuova abitazione. L’esecuzione immobiliare provoca anche la revoca di eventuali affidamenti di conto corrente con un ulteriore aggravio della posizione scaduta. Il soggetto anche dopo l’esecuzione immobiliare non è bancabile anche con garanzie di terzi e spesso per ottenere credito si deve rivolge a finanziarie con tassi di interesse elevati o direttamente al credito parallelo gestito dalla malavita che, a parere degli ultimi due Procuratori Nazionali Antimafia, presta a tassi pari a quelli più alti permessi al sistema finanziario dai tassi soglia antiusura.
In qualche caso la vendita all’asta della casa ha comportato anche la separazione dal coniuge con ulteriori oneri a carico del debitore.
Sia il debitore sia la banca subiscono quindi una serie di negatività che potrebbero essere ridotte con l’applicazione della cartolarizzazione sociale.
La Cartolarizzazione sociale consente al debitore che si trova in difficoltà di cedere il proprio mutuo ipotecario, insieme alla proprietà dell’immobile ad un veicolo specializzato denominato SPV che costituisce per questo scopo una REOCO. Il debitore stipula poi con la REOCO un contratto di locazione che, alla scadenza prevede la possibilità di riacquistare il bene ceduto. L’operazione assomiglia ad un leasing con possibilità di riscatto al termine del contratto.
Molto interessante è il comma 8-bis dell'art. 7.1 che viene di seguito sintetizzato.
L'operazione riveste una valenza sociale in forza della partecipazione di un'associazione di promozione sociale iscritta al registro da almeno cinque anni, ovvero di società o ente dalla stessa istituiti, che assista il futuro conduttore nella stipulazione del contratto di locazione con la società veicolo di appoggio. In questo caso il limite temporale per il riscatto è di quindici anni dalla data di acquisto dell’immobile da parte del veicolo e comunque non inferiore alla durata della locazione.
L'eventuale soggetto cedente alla società veicolo di appoggio è esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla regolarità urbanistico - edilizia e fiscale, qualora entro sei mesi dalla cessione sia avviata l'istruttoria per la procedura per la citata documentazione e la medesima procedura sia conclusa nel limite massimo di trentasei mesi.
L'esonero non è esteso alla successiva vendita effettuata dalla società veicolo d'appoggio. Nel caso di trasferimento effettuato a partire dal 2020 alla società veicolo d'appoggio, l'immobile è esente dall'imposta municipale propria, se lo stesso continua ad essere utilizzato come abitazione principale del debitore del credito ceduto che ne aveva il possesso prima della cessione. L'esenzione non si applica per gli immobili classificati nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
Uno strumento di questo tipo potrebbe permettere al debitore di stabilizzare la propria situazione economico/finanziaria con una prospettiva di riacquisto dell’immobile.
Il canone di locazione, è parametrato non solo alla valutazione dell’immobile su cui grava il debito, ma anche alla capacità reddituale del debitore. Al termine del contratto, è prevista un’opzione di riacquisto.
Malgrado le buone intenzioni la cartolarizzazione sociale al momento non risulta ancora particolarmente utilizzata e, probabilmente, sono necessarie delle integrazioni alla normativa per rendere più facile l’utilizzo.
I dati sulla povertà in Italia
La Banca d’Italia in data 19 ottobre 2021 nella pubblicazione numero 648 “Questioni di Economia e Finanza” intitolata “Il dibattito sulla povertà in Italia tra statistica e politica” di Andrea Brandolini ha effettuato una analisi sulla povertà negli ultimi 70 anni in Italia. Questa preziosa pubblicazione permette di comprendere meglio l’attuale situazione.
Il 19 giugno 2024 la CARITAS ITALIANA ha presentato il report statistico nazionale 2024 sulla povertà in Italia ed il 17 ottobre 2024 l’ISTAT ha pubblicato una dettagliata analisi sulla povertà in Italia nell’anno 2023.
Questi due documenti offrono una precisa fotografia della situazione attuale in Italia.
Il termine povertà deriva dal latino paupertas che deriva da pauper cioè "povero" la cui radice è composta da pau, poco e parere ad indicare qualcosa che produce poco: inizialmente era riferito ad un terreno o a un animale.
In via preliminare è necessario ricordare la definizione a fini statistici di “Povertà assoluta” e di “Povertà relativa”.
La soglia di povertà assoluta rappresenta: “il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia, definita in base all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza. Una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile, per consumi, pari o inferiore a tale valore monetario”.
La povertà relativa: “è un parametro statistico che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell'ambiente o della nazione”.
I dati Caritas
La Caritas nazionale, per mezzo delle Caritas di tutte le Regioni italiane, con una ramificazione capillare sul territorio delle Diocesi, svolge un ruolo fondamentale a tutela dei più deboli.
Quotidianamente le Caritas Diocesane forniscono pasti, generi di conforto, vestiti e offrono anche dormitori per i soggetti senza fissa dimora e sono quindi in grado di evidenziare miglioramenti o peggioramenti della situazione economica in tempo reale.
Nell’anno 2023 è cresciuto il numero delle persone accompagnate e aiutate dalle Caritas diocesane.
Più precisamente si tratta di 269.689 “volti” di poveri, che a loro volta rappresentano altrettante famiglie, dato che la presa in carico risponde sempre alle esigenze dell’interno il nucleo familiare.
Il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana sulla povertà in Italia valorizza le informazioni provenienti da 3.124 Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane, dislocati in 206 diocesi in tutte le regioni italiane.
Questo secondo Report statistico si colloca in un tempo particolare, segnato da vicende che incidono sulla vita delle persone. Da un lato le crisi internazionali che condizionano pesantemente i rapporti tra i Paesi e lo sviluppo di percorsi di pace, dall’altro l’incessante aumento della povertà e la forte incidenza di situazioni di rischio e vulnerabilità.
Dal Report risulta che nel 2023 cala la quota dei nuovi poveri ascoltati, che passa dal 45,3% al 41,0%. Crescono invece le persone con povertà “intermittenti” e croniche, riguardanti in particolare quei nuclei che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno o che permangono da lungo tempo in condizione di vulnerabilità: una persona su quattro è infatti accompagnata da una Caritas diocesana da 5 anni e più. Sembra quindi mantenersi uno zoccolo duro di povertà che si trascina di anno in anno senza particolari scossoni e che è dovuto a più fattori; il 55,4% dei beneficiari nel 2023 ha manifestato contemporaneamente due o più ambiti di bisogno.
Chi si rivolge alla Caritas? Si tratta di donne (51,5%) e uomini (48,5%), con un’età media che si attesta sui 47,2 anni (46 nel 2022). Cala l’incidenza delle persone straniere che si attesta sul 57,0% (dal 59,6%). Alta invece l’incidenza delle persone con figli: due persone su tre (66,2%) dichiarano di essere genitori. Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non è dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro è un lavoratore povero.
In termini di risposte, le azioni della rete Caritas sono state numerose e diversificate. Complessivamente sono stati erogati oltre 3,5 milioni di interventi, una media di 13 interventi per ciascuna persona assistita (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 73,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); l’8,9% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 7,3% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 5,2% il sostegno socio-assistenziale; l’1,7% interventi sanitari.
I dati ISTAT
In base ai dati ISTAT nel 2023 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4% sul totale delle famiglie residenti, valore stabile rispetto al 2022) e quasi 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale degli individui residenti, come nell’anno precedente).
L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, si ferma invece al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani.
L’incidenza di povertà relativa familiare, pari al 10,6%, è stabile rispetto al 2022; si contano oltre 2,8 milioni di famiglie sotto la soglia. In lieve crescita l’incidenza di povertà relativa individuale che arriva al 14,5% dal 14,0% del 2022, coinvolgendo quasi 8,5 milioni di individui.
Nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 (+2,1% di occupati in un anno), registrato anche nei due anni precedenti, l’impatto dell'inflazione ha contrastato la possibile riduzione dell’incidenza di famiglie e individui in povertà assoluta. Nel 2023, la crescita dei prezzi al consumo è risultata, infatti, ancora elevata (+5,9% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo), con effetti che, tra l’altro, risultano più marcati proprio sulle famiglie meno abbienti (+6,5% la variazione su base annua dei prezzi stimata per il primo quinto di famiglie).
L’intensità della povertà assoluta, che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà, si conferma stabile a livello nazionale (18,2%).
L’incidenza di povertà assoluta si conferma più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 20,1% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,9% tra quelle con quattro.
L’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento della famiglia; se quest’ultima ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, l’incidenza è pari al 4,6%, in peggioramento rispetto al 2022 (quando era pari al 4,0%), e raggiunge il 12,3% se ha al massimo la licenza di scuola media.
Nel 2023, si contano oltre 1,7 milioni di stranieri in povertà assoluta, con un’incidenza individuale pari al 35,1%, oltre quattro volte e mezzo superiore a quella degli italiani (7,4%).
Le famiglie in povertà assoluta sono nel 68,6% dei casi famiglie di soli italiani (oltre 1 milione e 519mila, incidenza pari al 6,3%) e, per il restante 31,4%, famiglie con stranieri (697mila), pur rappresentando queste ultime solamente l’8,7% di tutte le famiglie residenti.
Nel 2023, il 18,1% delle famiglie residenti in Italia paga un affitto per l’abitazione in cui vive; il 72,8% possiede, invece, un’abitazione di proprietà e le restanti sono in usufrutto o uso gratuito. Sono circa un milione le famiglie povere in affitto, il 46,5% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta del 21,6% contro il 4,7% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà (quasi 907mila famiglie). I valori del 2023 sono stabili rispetto all’anno precedente.
L’affitto medio per le famiglie in povertà assoluta è pari a circa 371 euro mensili, contro i circa 435 euro pagati dalle famiglie che non sono in condizione di povertà. Il 16,4% delle famiglie in povertà assoluta che vivono in casa di proprietà paga un mutuo (contro il 19,9% delle famiglie non povere).
Nel 2023 la soglia di povertà relativa familiare è pari a 1.210,89 euro per una famiglia di due componenti, valore superiore ai 1.150,00 euro del 2022.
Nel 2023, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono più di 2,8 milioni (10,6%, stabile rispetto al 2022), per un totale di oltre 8,4 milioni di individui (14,5%, in crescita rispetto al 14,0% dell’anno precedente).
L’incidenza della povertà relativa cresce in relazione all’aumentare del numero dei componenti della famiglia; nel 2023, per quelle monocomponenti si attesta al 4,3% e cresce fino ad arrivare al 32,7% per le famiglie più numerose (di cinque componenti e oltre). In particolare, mostrano i valori più elevati le famiglie con tre o più figli minori, per le quali l’incidenza di povertà relativa è oltre tre volte e mezzo superiore alla media nazionale; anche le coppie con tre o più figli mostrano valori dell’incidenza elevati.
Come diceva Gandhi: “La povertà è la peggiore forma di violenza” mentre per Nelson Mandela: “Sconfiggere la povertà non è un atto di carità, è un atto di giustizia”.
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