Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6913 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. V, tributaria, 23 Giugno 2006, n. 14676. Est. Magno.


Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) - Imposta di registro - Applicazione dell'imposta - In genere - Società per azioni - Fondo sovrapprezzo azioni - Delibera di distribuzione ai soci - Sottoposizione ad imposta proporzionale - Esclusione - Condizioni.



In tema d'imposta di registro, la distribuzione ai soci del fondo sovrapprezzo azioni, in quanto si esaurisca in un mero rimborso di capitale, già assoggettato ad imposta all'atto del conferimento, non costituisce un trasferimento di ricchezza, ma solo una restituzione di capitale esuberante - ossia in eccesso rispetto ai mezzi necessari per il conseguimento dello scopo sociale -, e non è quindi qualificabile come assegnazione, soggetta ad imposta proporzionale ai sensi dell'art. 4, lettera d), della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente -
Dott. MAGNO Giuseppe V. A. - rel. Consigliere -
Dott. SOTGIU Simonetta - Consigliere -
Dott. BURSESE Gaetano A. - Consigliere -
Dott. CHIARINI M. Margherita - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24538/2000 del R.G., proposto da:
Egidio Galbani S.P.A., già IFIL Partecipazioni S.P.A., in persona del legale rappresentante Dott. Sala Antonio, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Gracchi, n. 128, presso l'Avvocato PETTINATO Salvatore, che lo rappresenta e difende con l'Avvocato Giuseppe Camosci per procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 04/13/2000 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 21/02/2000;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza del giorno 21/04/2006 dal relatore Cons. Dott. Giuseppe Vito Antonio Magno;
Udito, per la società ricorrente, l'Avvocato Salvatore Pettinato;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. Dott. FEDELI Massimo, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Deduce la ricorrente società Egidio Galbani S.P.A. che, a seguito di distinte operazioni di aumento del capitale sociale e di costituzione del fondo sovrapprezzo azioni (03/08/1987), di utilizzazione di una parte di tale fondo per la copertura di perdite sociali (30/06/1988), d'imputazione di altra parte del detto fondo a riserva legale (31/10/1988), di ulteriori aumenti del capitale azionario e di nuovi conferimenti al fondo sovrapprezzo azioni (18/12/1988 e 25/09/1989), in data 30/11/1990 fu infine deliberata dall'assemblea degli azionisti, in sede di approvazione del bilancio 30/06/1990, fra l'altro, la distribuzione ai medesimi di quanto residuava del fondo suddetto, pari a L. 900.000.000.000, subordinatamente all'avvenuta contabilizzazione dell'adeguamento della riserva legale in L. 240.000.000.000.
Il verbale dell'assemblea fu registrato a Milano ed assoggettato dall'ufficio ad imposta proporzionale liquidata in L. 9.000.002.000, in ragione dell'1% della somma distribuita.
Contro il silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso avanzata dalla società, questa propose ricorso alla Commissione Tributaria di primo grado di Milano, sostenendo che l'atto doveva essere registrato a tassa fissa, sì a che il sovrapprezzo distribuito ai soci fosse qualificato come utile sia che fosse ritenuto elemento patrimoniale, giacché, in ogni caso, non si tratterebbe di "assegnazione", soggetta ad imposta proporzionale per disposizione dell'articolo 4, lett. d), della tariffa allegata alla Legge di Registro. La sentenza in data 18/11/1997, con cui la commissione adita accolse il ricorso, avendo qualificato l'operazione come rimborso di capitale risultato eccedente, cui non corrisponderebbe alcuna voce tariffaria specifica, fu poi riformata, su appello dell'ufficio, dalla commissione tributaria regionale che, con la sentenza qui impugnata, ritenne l'avvenuta distribuzione del sovrapprezzo una assegnazione ai soci, soggetta ad imposta proporzionale perché rientrante nella previsione tariffaria dell'articolo 4, lett. d), punto 2, norma residuale disciplinante tutte le operazioni diverse da quelle contemplate al precedente punto 1.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre, con un solo motivo illustrato da memoria, la società contribuente. L'intimata amministrazione finanziaria dello Stato non svolge difese in questo giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di ricorso la Egidio Galbani S.P.A. (ora Roncevaux S.P.A., come risulta dalla memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c.) denunzia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 1, 2, 20 (T.U. dell'imposta di registro) e dell'articolo 4 della tariffa ad esso allegata.
Sostiene che la distribuzione ai soci del fondo sovrapprezzo azioni non sarebbe soggetta ad imposta proporzionale di registro, perché non corrisponderebbe ad alcuna delle operazioni tassativamente contemplate dalla tariffa; che, infatti, il termine "assegnazione", utilizzato dall'articolo 4, lett. d), della tariffa medesima, non sarebbe sinonimo di distribuzione di beni ai soci in costanza di attività sociale, ma si riferirebbe solo ad operazioni concomitanti allo scioglimento della società. In ogni caso, secondo giurisprudenza di questa suprema Corte, la restituzione ai soci di quanto conferito da loro stessi al capitale sociale non potrebbe essere considerato "assegnazione", ossia trasferimento di ricchezza, ai fini dell' imposta di registro, bensì reintegrazione di quanto sborsato e già sottoposto a tributo, quindi non tassabile una seconda volta.
La sentenza impugnata - assumendo che l'operazione di distribuzione ai soci del sovrapprezzo azionario deve intendersi contemplata dall'articolo 4, lett. d), punto 2, della tariffa, norma che rende imponibili anche le assegnazioni, come la presente, non soggette ad IVA (punto 1) - respinge sia il principale argomento difensivo della contribuente, centrato sulla irreperibilità della fattispecie fra le ipotesi tassativamente assoggettate a tributo, sia la tesi del primo giudicante, impostata sull'estensibilità analogica al caso concreto della disposizione di cui al punto 1 cit., sia, infine, la pretesa di limitare i casi di "assegnazione" tassabile ai tipici negozi restitutori conseguenti alla liquidazione della società. Aggiunge che l'interpretazione letterale della tariffa, nei sensi suespressi, prevarrebbe sulla dedotta iniquità di tassare pesantemente una seconda volta, al momento della restituzione, le somme già sottoposte a tributo all'atto del versamento; e che, comunque, l'ipotesi divergerebbe dalla tendenza, emersa anche in sede comunitaria, a favorire l'autofinanziamento delle imprese mediante trasferimento del sovrapprezzo delle azioni al capitale sociale e, quindi, a scoraggiare le manovre restitutorie, che invece lo indeboliscono.
Il collegio, condividendo quanto la giurisprudenza di questa suprema corte ha già avuto modo di precisare in materia (Cass. n. 12164/1999), osserva che la restituzione di attività ai soci - per effetto di riduzione del capitale sociale esuberante ovvero di rimborso del sovrapprezzo azionario - non costituisce trasferimento di ricchezza e, pertanto, non è qualificabile come "assegnazione" ai sensi e per gli effetti delle disposizioni tariffarie, sopra citate. Le "assegnazioni" considerate dalla lettera d), punti 1 e 2, dell'articolo 4 della tariffa sono, infatti, soltanto quelle che determinano un'attribuzione di ricchezza al socio da parte della società: ipotesi che non si verifica nel caso di deliberata restituzione di capitale esuberante - ossia in eccesso rispetto ai mezzi necessari per il conseguimento dello scopo sociale -, in quanto simile operazione si esaurisca in un mero rimborso di capitale, il cui conferimento sia già stato assoggettato ad imposta di registro. L'argomento letterale che sorregge le conclusioni della sentenza impugnata - essere la restituzione del sovrapprezzo azionario una "assegnazione" soggetta ad imposta di registro - non è, dunque, corretto, anche in considerazione del fatto che l'articolo 2431 c.c., nel dettare le condizioni di eseguibilità di tale restituzione, non si esprime in termini di assegnazione, bensì di distribuzione delle relative somme ("Le somme... non possono essere distribuite..."). Pertanto, anche restando sul piano dell'interpretazione meramente letterale, deve notarsi la sostanziale differenza lessicale esistente fra "assegnare", che comporta sempre attribuzione di ricchezza, e "distribuire", che, nel caso specifico, consiste nel restituire parte di quanto sborsato, in proporzione alle azioni possedute. Per conseguenza, non sono applicabili all'operazione in questione le voci della tariffa (articolo 4, lett. d, punti 1 e 2) concernenti l'assegnazione (attribuzione) di beni o di denaro ai soci. Questa conclusione elide, evidentemente, anche l'argomento che fa leva sulla presunta ratio legis - assetatamente costituita dalla tendenza a favorire, pure con lo strumento fiscale, il passaggio di ricchezza da riserva a capitale, piuttosto che la restituzione ai soci - utilizzato dal giudicante a quo per sostenere
l'interpretazione letterale sopra disattesa.
Invero, fermo restando che l'aumento di capitale, realizzato mediante incameramento di riserve costituite con sovrapprezzi, è fiscalmente favorito mediante inserimento fra le tassative ipotesi di eccezionale esenzione da imposta proporzionale di registro (Cass. n. 7378/2002) - altrimenti dovuta, sia pure ormai in misura fissa (L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 10, comma 1, lett. c, n. 1), ai sensi
dell'articolo 4 della tariffa, lett. a), n. 6 -, da ciò non discende affatto come logica conseguenza che, al contrario, il legislatore abbia inteso colpire la distribuzione dei sovrapprezzi ai soci con più gravosi tributi.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; quindi, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, mediante rigetto dell'appello proposto dall'ufficio avverso la sentenza di primo grado.
L'interpretazione non agevole delle norme applicate, risultante anche dalla difformità delle pronunzie di merito, ed il mancato svolgimento di difese in cassazione da parte dell'amministrazione finanziaria, suggeriscono di compensare integralmente fra le parti le spese di questo giudizio e di quello d'appello.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'appello dell'ufficio avverso la sentenza di primo grado. Compensa integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di Cassazione e di quello d'appello.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile - Tributaria, il 21 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2006