Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 408 - pubb. 01/07/2007
Appalto di opere pubbliche e legittimazione passiva
Tribunale Foggia, 14 Luglio 2006. Est. Carmela Romano.
Appalto di opere pubbliche – Legittimazione passiva dell’ente titolare dell’appalto e della stazione appaltante – Criteri di individuazione.
Anatocismo – Domanda di pagamento degli interessi anatocistici – Domanda nuova – Proposizione in sede di precisazione delle conclusioni – Inammissibilità.
In tema di appalto di opere pubbliche, legittimato passivo dell’azione promossa dall’appaltatore al fine di ottenere il pagamento del corrispettivo dell’opera è l’ente che ha la titolarità dell’operazione e non la stazione appaltante abbia agito quale nudus minister del primo. (Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto sussistente la legittimazione della regione e non di un consorzio che aveva agito come stazione appaltante in considerazione del fatto che la regione aveva autorizzato il progetto esecutivo degli interventi, disponeva dei poteri di approvazione di ogni possibile variante, di nomina dei collaudatori, di compimento degli atti di contabilità finali e di approvazione del collaudo delle singole opere, nonché l’onere di emettere gli ordinativi di pagamento del corrispettivo). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
E’ inammissibile, siccome tardiva, la domanda di pagamento degli interessi cd. 'anatocistici' ex art. 1283 c.c. proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, trattandosi di domanda “nuova”, altra e diversa rispetto a quella (di pagamento del capitale e degli interessi 'principali') formulata nei termini perentori previsti dall’art. 183 cpc per la definizione del thema decidendum. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 13-15/12/97, XXX, in qualità di titolare della impresa omonima, premesso di aver eseguito a regola d’arte opere di rimboschimento e di recupero della produttività dei boschi nel bacino del torrente Jone e sulle pendici dei torrenti immissari del lago di Varano, giusta contratti del 14/07/86, 27/01/86 e 28/10/88, esponendo che, dopo l’emissione dei certificati di collaudo, né il Consorzio di Bonifica Montana del Gargano, parte formale dei contratti, né la Regione Puglia, tenuta alla liquidazione del corrispettivo, avevano provveduto al pagamento dei ratei di saldo, per l’importo complessivo di £. 105.537.225, ha convenuto in giudizio entrambi gli enti per sentirli condannare, in solido tra loro ovvero ciascuno nei limiti di spettanza, al pagamento della somma predetta, oltre rivalutazione ed interessi; con vittoria di spese.
Si è costituito il Consorzio di Bonifica Montana del Gargano, chiedendo, in via principale, il rigetto della domanda e, in via subordinata, in caso di accoglimento della stessa, di essere tenuto indenne dalla Regione Puglia da qualsiasi responsabilità nei confronti dell’attore; con vittoria di spese.
In particolare, pur riconoscendo la regolare esecuzione dei lavori oggetto di appalto e l’esattezza dell’importo richiesto, ha contestato la esigibilità del credito, non essendo ancora intervenuta l’approvazione, da parte della Regione Puglia, dei certificati di collaudo già emessi né, tanto meno, la liquidazione dei relativi importi da parte dello stesso ente.
All’esito dell’istruttoria, le parti sono state invitate alla precisazione delle conclusioni e, all’udienza del 23-01-06, la causa, svoltasi nella contumacia della Regione Puglia, è stata trattenuta in decisione, con termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve, prima d’altro, darsi atto della ritualità della notificazione dell’atto di citazione alla Regione Puglia, la cui mancata costituzione impone al giudice la dichiarazione di contumacia.
2. In via pregiudiziale, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Consorzio, unico soggetto legittimato a resistere alla domanda dell’appaltatore di pagamento dei lavori essendo la Regione Puglia.
Invero, dai contratti di appalto del 27/01/86, del 14/07/86 e del 28/10/88 emerge che la stazione appaltante ha, nel caso di specie, agito quale nudus minister della Regione Puglia, restando attribuito al Consorzio soltanto il potere di curare l'esecuzione diretta dei lavori (compreso quello di gestione e di sorveglianza dalla stessa derivanti) e di risolvere il contratto in caso di inadempimento dell’appaltatore (art. 13).
Potere, questo, che non ha inciso sulla titolarità dell’intera operazione - di rimboschimento e di recupero della produttività dei boschi - oggetto di appalto, che è rimasta pertanto radicata in capo alla Regione Puglia, sempre e comunque responsabile dell'esecuzione del piano.
Ed infatti, è l’ente regionale ad aver autorizzato il progetto esecutivo degli interventi, prevedendo altresì la possibilità di affidarne la realizzazione materiale ad una impresa appaltatrice, come pure ad esso sono stati riservati, con riguardo all’appalto per cui è causa, i poteri di approvazione di ogni possibile variante, di nomina dei collaudatori, di compimento degli atti di contabilità finali e di approvazione del collaudo delle singole opere, nonché l’onere di emettere gli ordinativi di pagamento del corrispettivo (cfr. artt. 3,5,7,10 contratti; interpello rappresentante legale Regione Puglia, in relazione al cap. sub I5 della memoria ex art. 184 cpc di parte attrice).
Ebbene, è evidente che si è in presenza di una fattispecie di "collaborazione di enti nell'esecuzione di opere pubbliche" , come è stata in più occasioni definita dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha, sul punto, rilevato che <<la legittimazione passiva in ordine ai rapporti obbligatori nascenti dal contratto di appalto va determinata secondo un'indagine situazione per situazione, a seconda dei compiti, poteri e obblighi che di volta in volta si riconoscono attribuiti all'uno o all'altro degli enti cooperanti e, quindi, dell'ampiezza della delega devoluta alla stazione appaltante>> (Cass. 13513-04; 1714-91; 4646-86; 233-75).
Più in particolare, ove - come nella specie - l’ente che sottoscrive il contratto di appalto agisca quale mero preposto alla stipulazione per conto del "dominus" del rapporto (e beneficiario delle opere), unico soggetto legittimato a resistere alla domanda di pagamento del corrispettivo dell’appalto è il dominus (nel caso de quo, la Regione Puglia).
3. Nel merito, la domanda di pagamento è fondata e va, per quanto di ragione, accolta.
3.1. Regola generale dell’appalto è che il pagamento del corrispettivo debba avvenire, in virtù del principio della c.d. postnumerazione, quando l'opera è stata ultimata, verificata ed accettata, poiché, come osservato da autorevole dottrina, la verificazione e il collaudo, cui segue l'accettazione, costituiscono nell'appalto “condicio iuris” affinché possa dirsi compiuta l'opera appaltata.
Il che, a maggior ragione, è vero per l'appalto di opere pubbliche, in relazione al quale il soggetto committente ha non già solo il "diritto di verificare l'opera compiuta prima di riceverne la consegna" - come nell'appalto tra privati, ex art. 1665, comma primo, c.c. - ma ha anche il dovere ineludibile di procedere, attraverso il collaudo, ad una siffatta verifica (cfr. artt. 358 e segg. della legge n. 2248 del 1865, all. F; art. 121 del R.D. n. 350 del 1895; artt. 80 e segg. del R.D. n. 1165 del 1938).
Collaudo che, in questo caso, oltre ad essere necessario ed obbligatorio (e, quindi, non rinunziabile), è anche formale, nel senso che la volontà di accettare l'opera non può risultare "per facta concludentia", ma deve sempre essere espressa, subordinata, come è, ad una particolare procedura, a fronte della quale il privato appaltatore non è, peraltro, privo di tutela, essendo normativamente previsto che la collaudazione dell'opera debba essere comunque "conclusa entro sei mesi dalla ultimazione dei lavori" ed approvata nei due mesi successivi (art. 5 l. 741 del 1981) ed essendogli riconosciuto il diritto al risarcimento del danno conseguente all’ingiustificato ritardo dell'Amministrazione committente (tra le molte, Cass. 271-04; 11312-95).
Si tratta, come si vede, di una disciplina peculiare e derogatoria rispetto alla normativa del codice civile, che risponde all'esigenza di qualificare il ritardo colpevole dell'Amministrazione in relazione alla complessità dei procedimenti per l'erogazione della spesa pubblica, tipizzando detto ritardo colpevole con riguardo ad un tempo ritenuto in astratto sufficiente a svolgere gli accertamenti, i controlli e le formalità necessarie.
3.2. Ora, passando all’esame del caso di specie, l’istruttoria di causa ha dimostrato che i certificati di collaudo del 13/12/90, 31/05/90, 15/05/90 sono stati approvati dalla Regione Puglia il 4-02-01 (cfr. interpello deferito nei confronti dell’ente regionale: verbale d’udienza del 19-02-01) e, quindi, oltre il termine di 2 mesi dalla emissione dei certificati, mentre il pagamento delle tre rate di saldo è avvenuto in corso di causa e solo in data 4-03-02 (cfr. deduzioni del difensore di parte attrice all’udienza del 5-05-03).
Ebbene, non avendo la Regione Puglia assolto all’onere di provare che il ritardo nel pagamento sia dipeso da forza maggiore o da fatto imputabile all’impresa appaltatrice, resta escluso, giusta le precedenti considerazioni, che possa porsi a carico dell’appaltatore il ritardo nella definizione della procedura di collaudo.
Deve, pertanto, riconoscersi all’attore il diritto al pagamento degli interessi, con la decorrenza e nella misura indicate dall’art. 36 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 - Capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici (oggi articolo 30 del decreto ministeriale n. 145/2000), siccome espressamente richiamato dalle parti, e senza necessità di costituzione in mora, ai sensi dell’art. 4 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, che prevede il computo degli interessi per ritardato pagamento "senza necessità di apposite domande o riserve" (si veda Cass., n. 15788 del 2000).
Né vale rilevare, in senso contrario, che, atteso il carattere accessorio degli interessi, mancherebbero, fino alla delibera di corresponsione del saldo, i parametri necessari al conteggio, in quanto la difficoltà (ma non impossibilità) di conteggio degli interessi costituisce un ostacolo materiale e non giuridico e non può impedire, pertanto, di far valere il relativo diritto (Cass. 1043-99).
3.3. Va, invece, escluso il diritto dell’attore al risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria, in quanto compreso, giusta l’espresso disposto dell’art. 35 d.p.r. 1063/62 (come richiamato dall’art. 36), nell’importo dovuto a titolo di interessi di mora (Cass. 3503-94).
3.4. Inammissibile, siccome tardiva, è poi la domanda di pagamento degli interessi cd. <<anatocistici>> ex art. 1283 c.c. (cioè degli interessi maturati su quelli scaduti) proposta - per la prima volta - in sede di precisazione delle conclusioni, trattandosi di domanda “nuova”, altra e diversa rispetto a quella (di pagamento del capitale e degli interessi <<principali>>) formulata nei termini perentori previsti dall’art. 183 cpc per la definizione del thema decidendum (Cass. 6373-95; 1665-94; S.U. 648-85).
Segue pertanto che la somma dovuta all’attore, a titolo di interessi, sugli importi corrispondenti ai ratei di saldo relativi a ciascuno dei tre contratti per cui è causa, con la decorrenza e nella misura indicate nel citato art. 36, sino alla data del pagamento, ammonta ad €53.541,97, ottenuta sommando all’importo di €52.977,90, esattamente calcolato dal ctu nella relazione peritale del 21-12-01 (cui si fa espresso rinvio), quello di €564,07, corrispondente agli interessi di mora al tasso del 7,25% (art. d. m. 31 luglio 2002, in Gazz. Uff., 13 settembre, n. 215) relativi al periodo compreso tra l’1-01-2002 ed il 4-03-2002, data del pagamento (così analiticamente distinti: €135,92 sulla somma di €11.036,52; €214,55 sulla somma di €17.421,96; €213,6 sulla somma di €17.344,41).
Sussistono giusti motivi, attesa la opinabilità di talune questioni controverse e l’esito complessivo della lite, per la compensazione integrale delle spese processuali, salvo per quelle di ctu, da porsi definitivamente a carico della Regione Puglia, in ragione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da XXX, in qualità di titolare dell’impresa omonima, nei confronti del CONSORZIO di BONIFICA MONTANA del GARGANO e della REGIONE PUGLIA, con atto di citazione notificato il 13-15/12/97, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:
1. dichiara il difetto di legittimazione passiva del CONSORZIO di BONIFICA MONTANA del GARGANO;
2. condanna la REGIONE PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore dell’attore, della somma di €53.541,97;
3. dichiara integralmente compensate, tra le parti, le spese di lite, salvo quelle di ctu, da porsi definitivamente a carico della REGIONE PUGLIA.