Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25393 - pubb. 03/06/2021
Nullità della pattuizione usuraria di interessi di mora e violazione delle norme di trasparenza bancaria
Cassazione civile, sez. III, 13 Maggio 2021, n. 12964. Pres. Vivaldi. Est. Cricenti.
Usura – Interessi di mora – Mera pattuizione – Violazione delle regole di trasparenza bancaria
Anche la mera pattuizione di interessi moratori a tasso di usura è nulla e dall'accertamento dell'usurarietà discende l'applicazione dell'art. 1815 c.c., comma 2, di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell'art. 1224, comma 1, c.c..
La violazione delle regole di trasparenza bancaria di cui all'art. 117 TUB è rilevabile d’ufficio anche in appello, in quanto il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione - e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, nè le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia - trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Fatto
1.- La società Lo. Immobiliare ha stipulato un contratto di leasing con il Mediocredito Italiano, nel quale gli interessi moratori sono stati pattuiti ad un tasso del 10,12 % in un momento in cui il tasso soglia era dell'8,40%, condizione che ha indotto la Lo. ad agire in giudizio per far dichiarare la natura usuraria degli interessi e conseguente suo diritto di non pagarli affatto.
2.- Il Tribunale ha rigettato la domanda ritenendo che gli interessi di mora sono sottratti alla disciplina anti usura, che riguarda solo quelli corrispettivi, mentre la Corte di Appello, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato la domanda assumendo che, non essendovi prova che gli interessi di mora sono stati corrisposti, ma essendo stati soltanto pattuititi, non v'era interesse ad agire della debitrice; in secondo luogo ha escluso che l'eventuale nullità degli interessi di mora comporti nullità anche dei corrispettivi; infine ha ritenuto nuova e dunque inammissibile la domanda di nullità degli interessi per violazione dell'art. 117 TUB.
3.- Ricorre la società Lorefgil con tre motivi, v'è controricorso del Mediocredito.
Motivi
4.- La decisione impugnata contiene diverse rationes decidendi: innanzitutto la corte sembra ritenere che gli interessi moratori siano sottratti alla regola della usura; in secondo luogo che, anche ove non lo fossero, la loro illegittima pattuizione non avrebbe effetti sugli interessi corrispettivi, altra essendo la nullità degli uni, altra quella degli altri; infine che la nullità degli interessi può essere fatta valere ove si dia prova che sono stati effettivamente corrisposti, altrimenti v'è carenza di interesse ad agire. Infine, ancora, ritiene che la domanda di accertamento della violazione dell'art. 117 TUB sia stata proposta per la prima volta in appello e dunque è da dirsi tardiva.
5.- Con il primo motivo la ricorrente ritiene siano stati violati l'art. 1815 c.c. e l'art. 644 c.p..
La censura mira a contestare le ragioni della decisione, sopra evidenziate: intanto che anche gli interessi di mora sono soggetti alla regola della usura; che la nullità della relativa clausola (per superamento del tasso soglia) implica nullità di ogni altra clausola sugli interessi, ossia coinvolge anche gli interessi corrispettivi; che sufficiente che gli interessi sopra soglia siano pattuiti perchè la relativa clausola sia nulla, non essendo necessario che si dimostri di averli effettivamente corrisposti.
Questo motivo è fondato in parte, nei termini che seguono.
Intanto, come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte "la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest'ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dall'art. 2, comma 4 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l'indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti (Cass. sez. Un. 19597/2020).
La regola della usura vale dunque anche per gli interessi di mora.
Inoltre, essa vale sol che gli interessi vengano pattuiti, in quanto l'art. 644 c.p. qualifica come illecita la condotta di chi si fa dare, si, ma anche semplicemente promettere, interessi a tasso usuraio; senza considerare che la sanzione della nullità mira a tutelare il debitore, e sarebbe vanificata se costui potesse agire per la nullità della clausola solo dopo aver corrisposto gli interessi e dunque dopo averla attuata adempiendovi.
Ciò detto, e dunque affermato che anche la mera pattuizione di interessi moratori a tasso di usura è nulla; è infondato il motivo nella parte in cui asserisce che tale nullità si estende agli interessi corrispettivi.
Anche su questo punto è sufficiente richiamare la regola fissata dalle già citate Sezioni Unite secondo cui "dall'accertamento dell'usurarietà discende l'applicazione dell'art. 1815 c.c., comma 2, di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell'art. 1224 c.c., comma 1; (Cass. sez. Un. 19597/2020).
6.- Il secondo motivo ritieni violati, per erronea interpretazione, l'art. 117 TUB, art. 345 c.p.c. e art. 1421 c.c.
La ricorrente assume di avere fatto, sin dal primo grado, reiterandolo in appello, il motivo di nullità della clausola per violazione dell'art. 117 TUB, in quanto il Mediocredito ha pubblicizzato interessi inferiori rispetto a quelli applicati, ma la corte di appello ha ritenuto tardiva ed inammissibile la domanda, mentre, a parte la circostanza che, invece, era stata regolarmente proposta, avrebbe dovuto comunque decidere diversamente, dal momento che si trattava di una nullità rilevabile d'ufficio.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello ha ritenuto, innanzitutto, la domanda come non proposta in quanto non "supportata da alcuna, financo telegrafica, argomentazione", ma ha anche preso atto che la questione, se non al punto da integrare domanda vera e propria, era emersa agli atti, in quanto nelle conclusioni dell'atto di citazione, in via subordinata, era chiesto che si accertasse la violazione dell'art. 117 TUB per violazione delle regole di trasparenza bancaria.
Si trattava dunque - quella della violazione della suddetta norma - di una questione comunque emersa, ma soprattutto di una questione di nullità rilevabile d'ufficio, espressamente prevista come tale dall'art. 117 TUB, comma 6.
Vale la regola, dunque, espressamente affermata da questa corte per le ipotesi di nullità per difetto di forma di cui all'art. 117 TUB, comma 1 (Cass. 22385/2019), della rilevabilità d'ufficio della nullità, anche essa, come quella per difetto di forma, posta a protezione del contraente.
In generale, questa regola fa applicazione di quella affermata da Cass. sez. Un. 7294/2017 secondo cui il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione - e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, nè le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia - trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.".
7.- Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c. ed assume una omessa pronuncia quanto alla richiesta di CTU sul superamento del tasso soglia, e sulle modalità con cui è avvenuto.
Il motivo è inammissibile.
Intanto, non di omessa pronuncia si tratta: il rifiuto di provvedere sulla richiesta di CTU integra una decisione (implicita) istruttoria e non già una omissione di pronuncia su una domanda.
In secondo luogo, il ricorso alla CTU, quale strumento di accertamento dei fatti o di loro valutazione è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice, non censurabile in sede di legittimità se non per difetto assoluto di motivazione o errore percettivo.
Il ricorso va dunque accolto in questi termini.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo e secondo motivo, nei termini di cui in motivazione. Dichiara inammissibile il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021.