Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25218 - pubb. 30/04/2021
Ricorso del contribuente fallito per crediti fiscali che il curatore ha ritenuto di non esigere
Commissione tributaria regionale Bologna, 21 Aprile 2021. Pres. Sinisi. Est. Morlini.
Processo tributario - Omessa impugnazione da parte del curatore per mancanza di utilità per la massa dei creditori - Legittimazione ad agire del fallito - Esclusione
E' inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire ex art. 43 comma 1 L.F., il ricorso del contribuente concernente crediti fiscali i cui presupposti si siano verificati prima della dichiarazione del suo fallimento, ove il curatore abbia omesso di promuovere detto ricorso non per inerzia, ma in seguito ad una esplicita presa di posizione negativa circa la sua utilità per la massa dei creditori. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Massimario Ragionato
RG. 2357/2017
FATTO
La controversia trae origine dall’emanazione di tre avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di Progetto Casa Immobiliare s.r.l. in liquidazione, con riferimento agli anni 2010, 2011 e 2013.
La contribuente ha impugnato i tre atti davanti alla CTP di Modena, la quale, previa riunione per connessione oggettiva e soggettiva, ha però in larga parte rigettato i ricorsi, accogliendo un solo rilievo relativamente all’Irap del 2010.
Avverso la sentenza ha interposto appello Umberto Cecere, dando atto dell’intervenuto fallimento della società e di agire, quale ex legale rappresentante della società fallita, in ragione dell’inerzia della Curatela.
Costituendosi in giudizio, ha resistito l’Agenzia delle Entrate, in via principale di rito contestando la legittimazione ad impugnare la sentenza da parte dell’ex legale rappresentante della società, atteso che il Curatore non era rimasto inerte, ma aveva manifestato una ponderata volontà di non impugnare; nel merito, argomentando in ordine all’infondatezza dei gravame; in via riconvenzionale, svolgendo infine appello incidentale in relazione all’annullamento dell’accertamento per il recupero Irap del 2010.
La causa è decisa sulla base degli atti ex art. 27 comma 2 D.L. n. 137/2020, secondo quanto prescritto dal Decreto Presidenziale 21/12/2020.
DIRITTO
a) L’appello, proposto dall’ex legale rappresentante della società nel frattempo dichiarata fallita, è inammissibile, stante la carenza di legittimazione attiva ex articolo 43 comma 1 L.F.
Infatti, è certamente vero quanto dedotto dall’appellante in ordine al fatto che, secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale, l’ex legale rappresentante della società fallita è eccezionalmente abilitato ad impugnare l’accertamento tributario per crediti fiscali i cui presupposti si sono verificati prima della dichiarazione di fallimento, nel caso di inerzia degli organi fallimentari.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che tale eccezionale legittimazione ad agire non sussiste allorquando il curatore abbia omesso di promuovere l’azione giurisdizionale non già per inerzia, ma in seguito ad una “esplicita presa di posizione negativa circa la utilità per la massa dei creditori di promuovere la lite fiscale” (in questo esatti termini, cfr. da ultimo Cass. n. 8132/2018, resa tra l’altro nelle forme di ordinanza da parte della sezione Tributaria-Sesta in ragione della pacificità del principio).
E’ proprio questo il caso di specie, atteso che nella fattispecie per cui è processo il curatore, lungi dal rimanere inerte, ha consapevolmente e motivatamente deciso di non impugnare la sentenza resa dalla CTP (cfr. all. 4 fascicolo di parte della stessa appellante).
Né può opinarsi che l’impugnazione da parte del Cecere possa avere per il fallimento effetti solo positivi: deve infatti osservarsi che, laddove fosse ritenuto ammissibile l’appello dell’ex legale rappresentante, occorrerebbe scrutinare anche l’appello incidentale dell’Ufficio, con possibilità quindi di aggravare la posizione debitoria della società fallita e quindi i debiti della Curatela.
Il fatto quindi che l’appello proposto dal Cecere possa comportare effetti negativi per la massa dei creditori fallimentari, comprova ulteriormente che non vi possa essere una legittimazione attiva dell’ex legale rappresentante della società, in presenza di una argomentata presa di posizione contraria all’impugnazione da parte del curatore.
In ragione di quanto sopra, l’appello principale va dichiarato inammissibile.
Rimangono quindi assorbiti sia le difese di merito dell’Ufficio, sia l’appello incidentale.
b) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dagli artt. 15 D.Lgs. n. 546/1992 e 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste a carico del soccombente contribuente appellante ed a favore del vittorioso Ufficio appellato, tenendo a mente un valore ricompreso tra i minimi ed i medi nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa pari a poco meno di un milione di euro, e con la riduzione del 20% prevista dall’articolo 15 comma 2 sexies D.Lgs. n. 546/1992, essendo il vittorioso Ufficio difeso da un funzionario.
Così come chiarito dalla maggioritaria giurisprudenza della Suprema Corte, non è possibile procedere alla condanna ex art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002 (Cass. n. 23980/2018, Cass. n. 20018/2018, Cass. n. 15111/2018; contra Cass. n. 17215/2018).
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. VIII
dichiara inammissibile l’appello principale ed assorbito l’appello incidentale;
condanna Cecere Umberto a rifondere a Agenzia delle Entrate le spese di lite del grado di giudizio, che liquida in € 8.000 per compensi oltre rimborso spese forfettarie.
Bologna, 9/4/2021
Il Giudice
Gianluigi Morlini
Il Presidente
Nicola Sinisi