Persone e Misure di Protezione
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22524 - pubb. 17/10/2019
Protezione internazionale: la protezione sussidiaria non presuppone di necessità la sussistenza di un procedimento penale
Cassazione civile, sez. I, 20 Settembre 2019, n. 23461. Pres. Didone. Est. Dolmetta.
Protezione internazionale – Protezione sussidiaria – Trattamento inumano o degradante – Art. 13 lett. b. d.lgs. 251/207 – Natura di clausola generale
Data la natura di clausola generale della disposizione di cui all’art. 14 lett. b. d.lgs. n. 251/2007, il riconoscimento della protezione sussidiaria, che vi è connesso, non presuppone di necessità la sussistenza di un procedimento penale nei confronti del richiedente, ben potendo dei fatti di tortura e/o comportamenti inumai o degradanti venire in essere anche fuori dalla cerchia di sanzioni stabilite da leggi penali o da altre autorità. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Svolgimento del processo
1.- Con ordinanza del 28 novembre 2016, il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso presentato da A.C., di provenienza senegalese (regione (*)), avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Torino di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) come pure della protezione umanitaria.
La successiva impugnazione avanti alla Corte di Appello di Torino è stata pure rigettata, con sentenza depositata il 27 febbraio 2018.
2.- La Corte di Appello ha affermato, con riferimento alle ipotesi prevedute dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b) che il "sig. B. non è sottoposto a procedimento penale e ciò esclude la ricorrenza di tale ipotesi"; con riguardo all'ipotesi di cui all'art. 14, lett. c), che nella zona di provenienza del richiedente "non sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non essendo il conflitto in atto di grado elevato, ma essendo di fatto limitato ad atti di banditismo"; con riferimento alla materia della protezione umanitaria, che, secondo il sistema positivo, la "povertà, tranne nel caso che comprometta i diritti fondamentali della persona, come il diritto alla salute (circostanza neppure allegata nel caso di specie) non integra uno stato di vulnerabilità, nè costituisce il presupposto per la concessione del permesso umanitario".
3.- Avverso questo provvedimento ricorre A.C., articolando cinque motivi di cassazione.
Il Ministero non ha svolto attività difensive nel presente grado del giudizio.
Motivi della decisione
4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte torinese: (i) col primo motivo, per "violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) e art. 14, comma 1, lett. b): il giudice di appello ha escluso il diritto alla protezione sussidiaria in ragione esclusiva del fatto che il ricorrente non sarebbe sottoposto a procedimento penale"; (ii) col secondo motivo, per "violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per avere il giudice escluso che rientrino nella fattispecie meritevole di protezione umanitaria gli atti di banditismo, a prescindere dalla loro violenza grave e diffusione indiscriminata"; (iii) col terzo motivo, per "violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a perchè il giudice ha negato l'esistenza di una situazione di violenza rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) con motivazione in parte apparente, in quanto non consente di verificare se siano state utilizzate informazioni attuali, e in parte illogica (riconosce comunque il permanere del conflitto e di banditismo ai danni della popolazione); omesso esame di fatti decisivi allegati dal ricorrete"; (iv) col quarto motivo, per "violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e vizio motivazionale per carenza assoluta di motivazione (solo apparente), e omesso esame di fatti decisivi prospettati dalla parte, per avere il giudice rigettato la domanda di protezione umanitaria, omettendo di esaminare la condizione di violenza e insicurezza, nonchè di povertà generalizzata e diffusa in (*); e omettendo altresì di esaminare la specifica situazione di personale vulnerabilità allegata dal ricorrente"; (v) col quinto motivo, per "violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 8 Conv. Europea dei diritti dell'uomo, perchè il giudice ha escluso che ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari potesse avere rilevanza il percorso di integrazione dello straniero in Italia, in presenza di condizioni di vulnerabilità rispetto alla compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili. Omesso esame di fatti prospettati dalla parte e decisivi".
5.- Il primo motivo di ricorso - che è relativo alla ipotesi raffigurata nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b.) - si manifesta fondato.
Dispone la norma in questione che "ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria sono considerati danni gravi... b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine". Dato un simile testo, l'argomento addotto dalla Corte territoriale - secondo cui la mancata sottoposizione a procedimento penale del ricorrente è ragione sufficiente per escluderne l'applicazione - risulta oggettivamente non collegata con il relativo disposto normativo, configurandosi, in definitiva, come motivazione di tratto solo apparente.
In effetti, la Corte territoriale non fornisce alcun motivo o ragione per cui l'applicazione della disposizione dovrebbe avere a suo necessario presupposto un procedimento penale nei confronti del richiedente. D'altra parte, il testo normativo è univoco nel prescindere da questa pretesa necessità.
In realtà, l'applicazione della norma ben può, in sè stessa, fare a meno della concreta sussistenza di un procedimento penale che sia stato aperto nei confronti del richiedente: in effetti, fatti di tortura e/o trattamenti inumani o degradanti possono essere posti in essere pure fuori dalla cerchia di sanzioni più o meno stabilite da leggi penali. Così, a mero titolo di esempio, la giurisprudenza di questa Corte ha richiamato la norma dell'art. 14, lett. b) per le fattispecie di c.d. violenza domestica (cfr. Cass., 17 maggio 2017, n. 12333) ovvero pure per casi (del tutto estranei a sistemi penitenziari) che offendono gravemente la dignità umana (cfr. Cass. 12 dicembre 2016, n. 25463, con diretto riferimento alla pratica di matrimonio forzato): a segno, appunto, del carattere propriamente "aperto" (ovvero di "clausola generale") della previsione dell'art. 14, lett. b).
Tanto meno - appare opportuno aggiungere per completezza l'applicazione della norma dell'art. 14, lett. b) ha quale suo presupposto il compimento, da parte del richiedente, di un fatto previsto (da una qualche disposizione normativa) come reato; e ugualmente è da dire per l'ipotesi a questa specularmente opposta (l'applicazione della norma prescinde del tutto anche da una situazione di "non colpevolezza" del richiedente).
6.- Il terzo motivo di ricorso - che è relativo alla ipotesi raffigurata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.) (e logicamente anteriore al secondo motivo, pur sempre pertinente alla lett. c.) - risulta fondato, nei termini di seguito indicati.
E' invero da sottolineare che l'assolvimento del dovere di cooperazione istruttoria, che in materia della protezione internazionale grava sul giudice del merito, comporta l'assunzione - e quindi pure la relativa indicazione nell'ambito del tessuto motivazionale - di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate sulla situazione sociale e politica del Paese di origine del richiedente (tra le altre, cfr. in particolare Cass., 12 dicembre 2108, n. 28990 e Cass., n. 28 giugno 2018, ove pure ulteriori riferimenti). Dal che deriva pure, inter alia, la necessità di riportare, nel contesto della motivazione svolta, le fonti di informazione utilizzate, come quelle che per l'appunto stanno a fondamento e giustificazione del convincimento che nel concreto viene espresso dal giudice (cfr., in proposito, le recenti pronunce di Cass. 19 aprile 2019, n. 11101 e di Cass., 19 aprile 2019, n. 11096; Cass. 17 maggio 2019, n. 13452; Cass., 22 maggio 2019, n. 13897).
D'altro canto, la disposizione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 non manca di prescrivere, e con nettezza, che "ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale nel Paese di origine dei richiedenti asilo".
Per contro, la sentenza impugnata ha negato la ricorrenza, nella specie, di presupposti fissati dalla norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) con riferimento alla situazione attuale del Senegal (paese di origine del richiedente), senza curarsi in alcun modo di verificare e accertare - e di riportare, quindi, nel contesto della motivazione svolta - l'attualità e aggiornamento delle fonti informative richiamate.
7.- L'accoglimento del terzo motivo di ricorso comporta assorbimento del secondo motivo di ricorso, pure relativo al tema della protezione sussidiaria di cui all'art. 14, lett. c.).
8.- L'accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, come relativi alla protezione sussidiaria, comporta altresì assorbimento del quarto e del quinto motivo di ricorso, che risultano relativi alla materia della protezione umanitaria.
9.- In conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, del quarto e del quinto motivo. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il quarto e il quinto motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019.