il Trust


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11538 - pubb. 06/11/2014

Non è riconoscibile nel nostro ordinamento il trust meramente interno che abbia come unico riferimento esterno quello della legge applicabile

Tribunale Belluno, 12 Febbraio 2014. Pres., est. Giacomelli.


Trust - Riconoscimento del trust da parte dell’ordinamento dei singoli Stati - Ordinamento italiano - Riconoscimento da effettuarsi di volta in volta - Verifica dei presupposti previsti dalla legge straniera - Verifica dell’esistenza stessa del trust - Necessità

Trust - Atto di dotazione - Verifica della sua validità - Operazione preliminare rispetto alla verifica della validità del trust

Trust - Legge di ratifica della Convenzione dell’Aja - Scopo di favorire gli investimenti da parte di cittadini di Paesi in cui ordinamenti conoscono la figura del trust - Volontà di introdurre il trust nel nostro ordinamento come strumento di autonomia privata - Esclusione - Riconoscimento di trust meramente interni ad uno Stato che non prevede l’istituto - Esclusione

Trust - Trust interno - Riconoscimento da parte del giudice italiano - Esclusione



Diversamente dai soggetti del nostro ordinamento ai quali è attribuita in via generale la personalità giuridica o comunque la soggettività (società, associazioni, fondazioni o altri enti di diritto interno), con la conseguente attitudine alla titolarità di diritti anche di natura immobiliare (art. 2659 n. 1 c.c.), il riconoscimento del trust da parte dell’ordinamento italiano deve avvenire di volta in volta, a seguito della verifica dei requisiti previsti dalla legge straniera cui è sottoposto e nei limiti stabiliti dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985. L’articolo 11 di detta convenzione prevede, infatti, che solo il trust costituito in conformità alla legge ad esso applicabile (in virtù della scelta del costituente effettuata a norma dell’articolo 6 o del criterio residuale di cui all’articolo 7) dovrà essere riconosciuto come trust, con i conseguenti effetti sostanziali necessari (articolo 11, comma 1) ed eventuali (articolo 11, comma 2). La validità dell’atto di costituzione di beni in trust presuppone dunque la verifica dell’esistenza stessa del trust, quale elemento essenziale dell’atto, che può essere considerato giuridicamente esistente solo se risulti costituito secondo le norme dell’ordinamento straniero individuato dalle disposizioni della Convenzione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L’atto di dotazione del trust ha carattere preliminare rispetto alla validità del trust, atteso che quando manca una valida attribuzione dei beni, in ragione della nullità dell’atto di dotazione dei ben, i non può essere istituito alcun valido trust. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

In tema di trust, va rilevato che la relazione al disegno di legge n. 1934, di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, in merito all’articolo 13, indica espressamente che lo Stato italiano ha soltanto inteso favorire gli investimenti in Italia da parte dei cittadini di paesi in cui ordinamenti conoscono la figura del trust, in fattispecie effettivamente transnazionali, senza voler introdurre il trust nel nostro ordinamento giuridico come strumento di autonomia privata aperto tutti. E quindi evidente che l’articolo 13 citato si configura con una previsione normativa che richiede un’apposita disposizione di adattamento ordinario, che nel caso dell’Italia non è stata emanata, essendosi il legislatore limitato a recepire la Convenzione con ordine di esecuzione, che per definizione produce solo le norme interne indispensabili all’adattamento degli obblighi internazionali assunti, con la conseguenza che non si sono prodotte nell’ordinamento le modifiche necessarie per permettere il riconoscimento dei trust interni, la cui introduzione non è richiesta per rispettare gli obblighi imposti dalla convenzione. In sostanza, con la ratifica della convenzione, lo Stato italiano si è obbligato verso gli altri Stati contraenti a riconoscere i trusts effettivamente internazionali, ma non ha assunto alcun obbligo di riconoscimento dei trust interni, in ordine ai quali nessuno Stato aderente alla Convenzione ha interesse a lamentare il mancato riconoscimento da parte dell’Italia. L’articolo 13 comporta quindi l’introduzione, in sede di riconoscimento del trust, di limiti più ristretti rispetto a quelli, più ampi, previsti dall’articolo 6 per l’individuazione della legge applicabile, consentendo di rifiutare il riconoscimento di un trust che, negli elementi più significativi, indipendenti dalla volontà dello stesso disponente (quali la situazione dei beni, nazionalità e residenza dei soggetti interessati ed in particolare dei beneficiari), possa essere considerato meramente interno ad uno Stato che non conosce l’istituto. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Il giudice italiano può rifiutare il riconoscimento di un trust interno quando i soggetti, i beni e lo scopo del trust siano localizzati in uno Stato che non conosce l’Istituto. (Nel caso di specie, si è negato il riconoscimento di un trust nel quale l’unico elemento di estraneità è costituito dalla scelta del disponente di applicare la legge del Jersey, mentre i dati di fatto del trust non risultano collegati né con quello specifico ordinamento né con altri ordinamenti stranieri). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell'Avv. Annapaola Tonelli


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