EsecuzioneForzata
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/01/2025 Scarica PDF
Il nuovo potere del creditore di far cessare gli obblighi del terzo. Note a prima lettura dell’art. 543, sesto comma, c.p.c.
Alessandro Barale, Professore a contratto di informatica giuridica presso l'Università degli studi di Torino. Dottore di ricerca in diritto civile e informatica giuridica.Sommario: 1. Premessa. – 2. I problemi pratici che la disposizione consente di risolvere. – 3. La disciplina normativa. – 4. Il nuovo potere del creditore di far cessare gli obblighi del pignoramento. – 5. Difficoltà interpretative e criticità applicative. – 6. Spunti de iure condendo.
1. Premessa
Tra le modifiche apportate dal decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164, c.d. correttivo Cartabia[1], alla disciplina del pignoramento, spicca, tra le altre, una nuova ed innovativa disposizione, che – per una volta lo si può dire – apporta un’importante semplificazione nella pratica dell’esecuzione forzata.
Ai sensi del nuovo sesto comma dell’art. 543 c.p.c. – previo “taglia e incolla” della precedente previsione normativa, idoneamente accorpata al capoverso precedente[2] – «Se il creditore riceve il pagamento prima della scadenza del termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo, lo comunica immediatamente al debitore e al terzo. In tal caso, l’obbligo del terzo cessa alla data di ricezione della comunicazione»[3].
La disposizione, in vigore dal 26 novembre 2024 ed applicabile a tutti i procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023[4], è lineare e – al netto di quanto si osserverà infra – di immediata interpretazione.
Essa consente, quando il pignoramento non è ancora stato iscritto a ruolo ed il debitore adempie al suo obbligo di pagamento, di farne cessare gli effetti senza necessità di attendere il termine di trenta giorni dalla restituzione degli atti da parte dell’ufficiale giudiziario al creditore, decorso il quale il pignoramento diviene di per sé inefficace.
A seguito del pagamento, infatti, secondo la nuova previsione, il creditore ne dà comunicazione immediata sia al debitore, sia al terzo pignorato e quest’ultimo, all’atto della sua ricezione, può ritenersi liberato da ogni obbligo.
2. I problemi pratici che la disposizione consente di risolvere.
In effetti nella prassi era assai frequente che il debitore, rimasto indifferente all’ordine impartito dal titolo esecutivo ed altrettanto inerte all’intimazione contenuta nell’atto di precetto – talvolta non avendone neppure l’effettiva conoscenza, ad esempio poiché notificati ai sensi dell’art. 143 c.p.c. o abbandonati in giacenza presso la casa comunale o l’ufficio postale – si avvedesse dell’opportunità di adempiere alla propria obbligazione soltanto una volta “toccato sul vivo”, accorgendosi che il proprio conto corrente, o il proprio stipendio o assegno pensionistico, era stato interessato da un pignoramento.
Sennonché, nel quadro normativo previgente, anche l’immediato integrale pagamento del debito successivamente alla notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi da parte dell’esecutato che si era ravveduto non era sufficiente per far venir meno, in modo automatico o comunque tempestivo, i vincoli dell’esecuzione.
In tali situazioni si potevano prospettare, al debitore, due possibilità: attendere pazientemente il decorso del termine di trenta giorni dalla restituzione degli atti da parte dell’U.N.E.P., al cui esito il creditore poteva trasmettere la comunicazione ex art. 164 ter disp. att. c.p.c. (ovvero, se precedente, la data l’udienza indicata nell’atto di pignoramento senza notificare previamente l’avviso di iscrizione a ruolo), oppure, in alternativa, procedere immediatamente con l’iscrizione a ruolo del pignoramento, la rinuncia allo stesso e, una volta emesso, la notifica del provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione con contestuale liberazione dei terzi pignorati.
Se tale seconda soluzione poteva apparire come la più rapida – naturalmente a condizione di una risposta tempestiva del magistrato – la stessa implicava tuttavia il pagamento del contributo unificato, almeno secondo l’interpretazione ormai unanimemente adottata dagli uffici a seguito del (discutibile) orientamento espresso[5] dal competente ufficio ministeriale l’11 gennaio 2021 e comunque, considerata sia la necessità di attendere la restituzione degli atti, sia i tempi tecnici di accettazione da parte della cancelleria e di emissione del provvedimento giudiziario, costringeva ad un’attesa di almeno circa quindici giorni.
La nuova norma apporta un’immediata ed agevole soluzione alla situazione appena descritta: senza necessità di attendere il decorso di termini o di ottenere provvedimenti giudiziari è sufficiente una mera “comunicazione” del creditore – o meglio del suo difensore – affinché il conto corrente o lo stipendio o l’assegno pensionistico (o quant’altro è stato pignorato) siano immediatamente svincolati da ogni effetto del pignoramento.
3. La disciplina normativa.
Al netto dell’indubbia semplificazione pratica che ha il beneficio di apportare, la disposizione è estremamente sintetica e, come recentemente si constata sempre più con frequenza, abbastanza approssimativa e comunque imprecisa.
Salta subito all’occhio che sebbene il legislatore – preso atto che la nota d’iscrizione a ruolo non è più necessaria nell’era della telematizzazione del processo[6] – si sia premurato di sostituire in tutte le disposizioni sull’espropriazione forzata[7] il riferimento al «deposito della nota di iscrizione a ruolo» con la locuzione «il creditore iscrive a ruolo il processo», nel nuovo sesto comma dell’art. 543 c.p.c. torna di nuovo a menzionare il «termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo».
Per il resto la norma stabilisce che ove, prima del termine per l’iscrizione a ruolo del pignoramento, intervenga il pagamento – senza precisare, però, di quale importo – il creditore ne dà comunicazione al debitore ed al terzo, che da tale momento è liberato dai suoi obblighi.
La norma – diversamente da quanto previsto al comma precedente per l’avviso dell’iscrizione a ruolo e sebbene le sue conseguenze siano ben più “dirompenti” – discute di comunicazione e non di notificazione, per cui non è necessario il rispetto delle forme di cui alla legge 21 gennaio 1994, n. 53 (rispetto che sarebbe a fortiori idoneo), essendo invece sufficiente lo strumento della posta elettronica certificata o della raccomandata a.r.
Ciò, tuttavia, considerando che – visto il potenziale rischio che una simile informativa sia contraffatta – è opportuno che il difensore del creditore utilizzi strumenti certi per consentire al terzo di verificare la paternità e la provenienza della comunicazione e, allo stesso tempo, che il terzo pignorato si accerti con prudenza e con ogni precauzione della veridicità di quanto ha ricevuto.
Venendo al contenuto della comunicazione[8], la norma non impone particolari formule o vincoli: ciò che non può mancare – oltre a tutte le informazioni che consentono di ricondurre l’avviso allo specifico procedimento esecutivo – è l’informativa dell’avvenuto pagamento e, possibilmente, anche l’indicazione che l’effetto della comunicazione è la cessazione degli obblighi in capo al terzo pignorato.
I destinatari della comunicazione sono sia il terzo, sia il debitore: il primo, in quanto direttamente interessato dagli effetti che andranno a prodursi ed il secondo che, pur non necessitando di essere informato del pagamento che egli stesso ha effettuato, ha motivo di ricevere la comunicazione per poter verificare che la stessa sia stata trasmessa al terzo, così da successivamente richiedere a quest’ultimo l’adempimento a proprio favore.
Pur non facendone menzione è evidente che in presenza di più terzi la comunicazione debba essere trasmessa a ciascuno di essi, posto che il pagamento della somma dovuta fa venir meno la necessità di proseguire il procedimento nei confronti di tutti i debitores debitoris pignorati, diversamente da quanto accade invece in materia di notificazione dell’avviso di iscrizione a ruolo, la cui omessa notificazione consente di fatto di esonerare anche soltanto singoli terzi[9].
La norma è poi chiara nel ricollegare la cessazione dell’obbligo del terzo pignorato al ricevimento, da parte di quest’ultimo, della descritta comunicazione, e non alla mera circostanza dell’avvenuto pagamento: in altre parole è a mio avviso senz’altro da escludersi che possa produrre i medesimi effetti la notizia (e financo la prova) dell’avvenuto pagamento che il terzo dovesse ricevere dal debitore o da altri soggetti diversi dal creditore: è solo il creditore, o meglio il difensore di quest’ultimo, che può trasmettere la suddetta comunicazione, pertanto qualora non pervenga la comunicazione del procedente, anche nell’ipotesi di comprovato integrale pagamento, il debitor debitoris vedrà permanere gli obblighi su di lui sorti con la notificazione del pignoramento.
Gli obblighi da cui il terzo viene esonerato una volta ricevuta la comunicazione sono quelli conseguenti all’intimazione di non disporre delle cose o delle somme pignorate senza ordine del giudice (art. 543, secondo comma, n. 2, c.p.c.) e più in generale quelli di custodia nei limiti prescritti (art. 546 c.p.c.).
La disposizione ricollega alla data di ricezione della comunicazione la cessazione dell’«obbligo del terzo», ma nulla prevede in relazione al vincolo che l’esecuzione ha prodotto in capo all’esecutato, riconducibile all’ingiunzione rivoltagli dall’ufficiale giudiziario «di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito» ciò che è stato sottoposto a pignoramento, ma è evidente che la comunicazione determinerà di fatto il venir meno anche di tali effetti, sebbene provocando alcune perplessità sul piano teorico, come si vedrà infra.
4. Il nuovo potere del creditore di far cessare gli obblighi del pignoramento.
Se sono innegabili le semplificazioni pratiche che la norma ha il pregio di apportare, da un punto di vista teorico si tratta di una previsione normativa piuttosto dirompente, che ha l’effetto di introdurre nel codice di rito una nuova ipotesi di cessazione di efficacia del pignoramento e dunque di estinzione del processo esecutivo, che a tutti gli effetti deve ritenersi in tale fase già iniziato[10].
In questo caso l’estinzione dell’esecuzione non deriva dalla rinuncia (art. 629 c.p.c.) o dall’inerzia del creditore (come nei casi previsti dall’art. 630 c.p.c., che presuppone un provvedimento giudiziale, e nelle altre ipotesi in cui tale provvedimento manca, come la mancata iscrizione a ruolo del processo o l’omessa notificazione e deposito dell’avviso di iscrizione nei termini di legge, o ancora per la mancata comparizione a due udienze successive disciplinata dall’art. 631 c.p.c.) e più in generale non consegue né ad un provvedimento del giudice – che nel dichiarare estinzione fa venir meno, anche ove non lo preveda espressamente[11], gli obblighi del terzo – né all’inutile decorso di un termine previsto a pena d’inefficacia, bensì (non tanto al fatto stesso del pagamento da parte dell’esecutato, ma piuttosto) ad un comportamento attivo del creditore, che si sostanzia nell’invio della comunicazione prevista dall’art. 543, sesto comma, c.p.c., al debitore ed al terzo.
Si tratta quindi, inevitabilmente, di un nuovo potere attribuito dal legislatore al creditore pignorante e quindi al suo difensore, che, nell’ipotesi in cui l’esecutato abbia pagato quanto era dovuto, ha la facoltà – tra l’altro con una mera comunicazione per cui non è previsto il rispetto di una particolare forma – di far cessare gli obblighi che l’ufficiale giudiziario ha fatto sorgere all’atto della notificazione del pignoramento.
Più in particolare, se l’ufficiale giudiziario, soggetto processuale pubblico ed organo del processo esecutivo, nell’esercizio della funzione giurisdizionale propria dell’esecuzione forzata, ha determinato con la sua attività l’instaurazione del vincolo del pignoramento sulle cose e sui crediti pignorati, rivolgendo altresì al debitore l’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c., tali effetti vengono fatti cessare dalla comunicazione in discorso senza necessità di alcun pronunciamento giudiziale o del decorso di un termine.
Pertanto, salvo ritenere che il nuovo sesto comma dell’art. 543 c.p.c. non determini l’inefficacia del pignoramento e dunque il venir meno degli effetti che esso ha fatto nascere in capo all’esecutato, ma liberi unicamente il terzo dai suoi obblighi – coerentemente con il fatto che l’intimazione a non disporre dei crediti e/o delle somme dovute proviene dal creditore e non dall’ufficiale giudiziario[12] – pare che la disposizione attribuisca un nuovo potere (ed una nuova responsabilità) all’avvocato del creditore, ovverosia quello di adottare un comportamento (l’invio della comunicazione) che ha come effetto la liberazione del debitor debitoris dai doveri su di lui incombenti in virtù del pignoramento presso terzi notificatogli.
Oltretutto l’intimazione di cui all’art. 543, secondo comma, n. 2, c.p.c., prevede espressamente che il terzo non potrà disporre delle cose o delle somme dovute all’esecutato «senza ordine di giudice», mentre la nuova disposizione introduce un’eccezione a tale regola, consentendogli di disporre nuovamente di tali cose o somme anche a seguito di una comunicazione proveniente dallo stesso creditore.
Non pare tuttavia che nella genesi della norma siano stati presi in debita considerazione tali profili teorici e sistematici, dal momento che secondo quanto si legge nella Relazione Illustrativa emessa a seguito del parere della Seconda Commissione permanente (Giustizia) del Senato, la disposizione è stata introdotta proprio recependo una osservazione formulata dalla suddetta Commissione, semplicemente al fine di «assicurare lo svincolo delle somme pignorate in epoca antecedente al decorso del termine per la notifica dell’avviso di iscrizione a ruolo, nel caso in cui il debitore, ricevuto il pignoramento, provveda immediatamente al pagamento»[13].
5. Difficoltà interpretative e criticità applicative.
La norma presuppone poi, per la sua operatività, il fatto che il creditore abbia, in modo generico, “ricevuto il pagamento”, senza tuttavia chiarire quale sarebbe l’importo che il debitore è tenuto a corrispondere: se il quantum precettato o se tale ammontare incrementato degli interessi e delle spese sino a tale momento occorse.
In linea con i principi generali, posto che l’atto di pignoramento presso terzi è stato, evidentemente, già redatto e notificato, mi pare pacifico che l’importo precettato debba essere maggiorato:
- dei compensi maturati per la fase dell’esecuzione di cui all’art. 4, comma 5, lettera e), decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, denominata «fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo»[14] con i relativi accessori di legge,
- delle relative anticipazioni sino a quel momento occorse, e quindi sia quelle eventuali per la notificazione dell’atto di precetto, sia quelle relative all’esecuzione[15],
- nonché degli interessi frattanto maturati.
D’altra parte, una diversa soluzione genererebbe la (del tutto iniqua) situazione in cui il creditore vedrebbe rimanere a proprio carico proprio le spese relative a quell’iniziativa giudiziaria che ha indotto finalmente il debitore all’adempimento della sua obbligazione, “alla faccia” dei principi generali e dell’art. 1223 c.c.
Tale impostazione interpretativa non pare poi porsi in contrasto con i (peraltro discutibili e discussi[16]) principi di cui all’art. 95 c.p.c., secondo cui, in sostanza, il diritto del creditore al rimborso delle spese presuppone l’avvenuta distribuzione del ricavato dell’esecuzione e la sua capienza; è infatti evidente che la fattispecie delineata dal nuovo sesto comma dell’art. 543 c.p.c. non sia affatto assimilabile ai casi in cui l’iter esecutivo si arresta per inerzia o rinuncia del creditore, bensì rappresenti una modalità di conclusione del procedimento che consegue ad una condotta riparatoria attiva dell’esecutato, il quale preferisce reintegrare il pignorante delle somme dovute piuttosto che costringerlo alle ulteriori incombenze e veder proseguire l’espropriazione.
D’altronde l’art. 95 c.p.c. non potrebbe neppure conciliarsi con la disposizione in commento: mentre il primo, infatti, concepisce il diritto del creditore al rimborso delle spese come subordinato all’esistenza di un ricavato, che ne costituisce altresì il limite[17], l’art. 543, sesto comma, c.p.c., non presuppone in alcun modo che le dichiarazioni dei terzi pignorati siano integralmente o parzialmente positive, essendo ben possibile – ad esempio, come non raramente accade – che l’esecutato si determini a pagare spontaneamente non perché ha visto vincolate importanti somme sul suo conto corrente, idonee a soddisfare interamente il procedente, ma semplicemente perché vuole preservare l’operatività del detto conto corrente, anche ove si trovasse addirittura ad avere un saldo negativo.
Il creditore procedente avrà pertanto la possibilità di quantificare, nel limite di quanto consentito dalle disposizioni vigenti, il credito inclusivo delle spese successive e degli interessi, subordinando l’invio della comunicazione liberatoria all’integrale corresponsione delle somme dovute.
A mio sommesso avviso, dinnanzi alla corresponsione di un importo soltanto parziale, il creditore conserverà la facoltà di dare ulteriore corso all’esecuzione con l’iscrizione a ruolo del processo, senza trasmettere la comunicazione e quindi far venir meno gli obblighi del pignoramento in capo al terzo – che quindi permangono – sottoponendo poi al giudice dell’esecuzione il pagamento parziale, da considerarsi imputato ai sensi di legge e richiedendo la liquidazione delle spese nel loro ammontare integrale.
La disposizione è d’altronde chiara nello specificare che la liberazione del terzo dal vincolo del pignoramento non discende affatto dal pagamento, bensì dal ricevimento della comunicazione del creditore: in mancanza di quest’ultima – a torto o a ragione – il debitor debitoris non è quindi esonerato dagli obblighi sorti in forza dell’esecuzione.
Strettamente correlata alla questione appena trattata è quella relativa all’esistenza, o meno, di un obbligo in capo al creditore di trasmettere la comunicazione prevista dall’art. 543, sesto comma, c.p.c. a seguito del pagamento da parte dell’esecutato.
Se la norma è chiara nello stabilire tale comportamento – fornendo altresì un’indicazione temporale: «immediatamente» – manca la previsione di una sanzione in caso di sua violazione, sanzione che potrebbe forse rinvenirsi nell’omessa liquidazione, da parte del giudice dell’esecuzione, dei compensi e delle anticipazioni successive alla data del pagamento, che resterebbero quindi a carico del creditore pignorante, anche se gli scenari possibili sarebbero in realtà molteplici: si immagini il caso di intervento nell’esecuzione di un diverso creditore, ovvero l’ipotesi in cui l’esecutato ritenga di aver subito un danno ingiusto dal permanere del pignoramento nonostante l’avvenuto pagamento del capitale, degli interessi e delle spese.
L’assenza di un termine e la scelta di adottare l’avverbio «immediatamente» – sicuramente poco appropriata per una disposizione di un codice di rito, che dovrebbe essere scandito da tempi certi – consente di valutare con una certa elasticità la condotta del creditore che provveda all’invio della comunicazione dopo alcuni giorni, ma lascia aperti dubbi interpretativi in ipotesi quali:
- quella in cui l’esecutato effettui il pagamento e non ne dia pronta notizia, o informi il creditore personalmente e non il suo difensore: in tale caso riterrei non rimproverabile all’avvocato del creditore il fatto di non aver previamente verificato il pagamento presso la parte assistita;
- il caso in cui il termine di iscrizione a ruolo sia prossimo alla scadenza: anche qui non mi pare che alcuna norma imponga al difensore di procedere all’incombenza nell’ultima data utile, tanto più visto l’ulteriore obbligo di notificare l’avviso di iscrizione a ruolo entro la data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento presso terzi, sicché nuovamente non rimproverabile mi parrebbe la condotta del creditore che, non avendo ancora ricevuto il pagamento preannunciato dal debitore, stabilisca di iscrivere a ruolo il processo alcuni giorni prima della scadenza.
Più in generale, sebbene la norma contempli letteralmente il caso in cui il pagamento interviene «prima della scadenza del termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo», essa può chiaramente trovare operatività non soltanto a condizione che detto termine non sia decorso[18], ma pure subordinatamente alla ancora non effettivamente eseguita iscrizione a ruolo: in altre parole, ove con anticipo rispetto alla scadenza del termine di trenta giorni, il creditore abbia (legittimamente) iscritto a ruolo il processo, la disposizione non potrà ragionevolmente trovare applicazione, rimanendo inconciliabile, ad esempio, con il caso dell’intervento nel procedimento di altro creditore, sicché in tali ipotesi la liberazione del terzo richiederà in ogni caso un apposito provvedimento giudiziale (il creditore dovrà quindi rinunciare all’esecuzione ed il giudice dichiarerà l’estinzione del processo ex art. 629 c.p.c.).
Affinché la norma sia applicabile è quindi necessario – a mio avviso – non soltanto che non sia decorso il termine per l’iscrizione a ruolo, ma pure che l’iscrizione a ruolo non sia effettivamente avvenuta.
Quanto sinora affermato va tuttavia conciliato con il limite dell’abuso del processo: si immagini il caso del debitore che preannunci al difensore del creditore di essere prossimo ed eseguire il pagamento, ovvero che richieda il conteggio delle somme dovute e veda il procedente dar corso immediatamente all’iscrizione a ruolo, pur essendo ancora lontano il relativo termine; oppure l’ipotesi del creditore pignorante che formuli richieste di pagamento di somme del tutto ingiustificate in quanto non sorrette dal titolo esecutivo azionato, o ancora quantifichi le spese dell’esecuzione in modo esorbitante e dunque ritenga di poter proseguire l’esecuzione nonostante l’avvenuto pagamento di quanto effettivamente dovuto.
In tali situazioni l’esecutato, pur non potendo impedire l’iscrizione a ruolo del processo, conserva il diritto di contestare il comportamento della parte creditrice nell’ambito del procedimento esecutivo, anche ricorrendo – se ritenuto – agli ordinari rimedi oppositivi.
6. Spunti de iure condendo.
All’esito di queste brevi osservazioni a prima lettura, mi pare evidente che alcune imprecisioni della disposizione meriterebbero di essere rettificate, chiarendo innanzitutto che il pagamento deve avere ad oggetto l’importo precettato maggiorato degli interessi maturati e delle spese sino a tale momento occorse, nonché specificando che non è sufficiente – per l’operatività della disposizione – il mancato decorso del termine per l’iscrizione a ruolo, ma pure il fatto stesso che l’esecuzione non sia stata ancora effettivamente iscritta a ruolo.
Altrettanto opportuno sarebbe poi estendere, in un certo senso, la portata della norma, con l’obiettivo di risolvere una situazione di stallo non infrequente che va a generarsi in tutti quei casi in cui l’esecutato, dopo la notificazione del pignoramento presso terzi, intende sì far fronte immediatamente alla propria obbligazione corrispondendo il dovuto al procedente, ma non disponendo di somme diverse da quelle colpite dal pignoramento, vorrebbe utilizzare proprio tali importi.
In tali situazioni è evidente che il terzo pignorato non può accontentare la richiesta della parte debitrice, poiché disattenderebbe i propri obblighi di custodia, mentre il creditore non potrà allo stesso modo rinunciare all’esecuzione o comunque fare in modo di lasciar decadere gli obblighi in capo al terzo al fine di consentire che questi esegua il pagamento, non avendo alcuna garanzia del fatto che, venuti meno tali vincoli, il debitor debitoris gli corrisponda effettivamente le somme dovute.
In tali fattispecie una disposizione – non troppo diversa da quella in commento – che consenta al creditore di quantificare al terzo ed al debitore le somme dovute, al debitore di aderire a tale quantificazione ed al terzo di pagare l’importo direttamente al creditore, sarebbe senz’altro utile ad agevolare la definizione di molti procedimenti esecutivi presso terzi senza la necessità del coinvolgimento del tribunale, con un importante effetto di alleggerimento del carico degli uffici dell’esecuzione.
[1] Recante: «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».
[2] Trattasi in particolare della disposizione che, a completamento della disciplina del “nuovo” avviso di iscrizione a ruolo, riferendosi al pignoramento presso più debitores debitoris, in primo luogo limitava l’inefficacia del pignoramento con riferimento ai soli terzi a cui non era stato notificato l’avviso e poi chiariva che in caso di omessa notifica «dell’avviso di cui al presente comma», gli obblighi del terzo cessavano dall’udienza indicata nell’atto di pignoramento; tale ultima previsione – letteralmente riferita, appunto, “al presente comma” – rischiava di generare un equivoco interpretativo e cioè che tale cessazione di efficacia degli obblighi in capo al terzo valesse soltanto per la situazione contemplata dal sesto comma (pignoramento verso più terzi) e non per quella regolata dal quinto comma (pignoramento verso un unico terzo).
Per tale ragione si è ritenuto di trasferire l’identica previsione nel comma precedente, integrandolo dunque con i due periodi prima componenti il vecchio sesto comma, evitando così che il riferimento all’avviso “di cui al presente comma” possa essere in qualche modo frainteso.
[3] Introdotta dall’art. 3, settimo comma, lettera n), decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164.
[4] Cfr. l’art. 7, primo comma, decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164.
[5] Ad avviso della nota del Dipartimento per gli affari di Giustizia – Direzione generale degli affari interni – Ufficio I – m_dg DAG n. 3883.U dell’11 gennaio 2021, infatti, «nell’espropriazione presso terzi il contributo unificato deve essere versato dal creditore procedente nel momento in cui pone in essere le formalità di iscrizione a ruolo previste dall’art. 543, comma 4, c.p.c.», nonostante l’art. 14, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, c.d. «Testo unico spese di giustizia» stabilisca che «la parte che […] nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato».
[6] Più in particolare – si legge nella Relazione Illustrativa del 6 marzo 2024, a p. 8 – viene meno la «necessità di redigere e depositare la nota di iscrizione a ruolo, in quanto atto non avente una reale funzione all’interno del processo e non più necessario con l’avvento del processo telematico, nell’ambito del quale può essere sostituito dall’indicazione degli elementi identificativi del procedimento (quali le parti, l’oggetto, il valore) tramite la compilazione automatizzata di file .xml o di appositi campi, secondo quello che le regole tecniche e l’evoluzione tecnologica suggeriranno».
[7] E, segnatamente, nell’art. 492 bis c.p.c. per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, nell’art. 518 c.p.c. per il pignoramento mobiliare, nell’art. 521 bis per il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, nello stesso art. 543 c.p.c. per il pignoramento presso terzi e nell’art. 557 c.p.c. per il pignoramento immobiliare.
[8] Volendo ipotizzare un modello di comunicazione, lo si potrebbe strutturare come segue:
«Tribunale di Roma
Comunicazione ex art. 543, sesto comma, c.p.c.
nel pignoramento presso terzi
tra […] (creditore procedente)
contro […] (debitore esecutato)
e nei confronti di […] (terzo pignorato)
premesso
- che in data 26.11.2024 è stato notificato il pignoramento presso terzi;
- che il creditore ha ricevuto il pagamento del dovuto e non è ancora scaduto il termine per il deposito della nota di iscrizione a ruolo;
ciò premesso, il creditore procedente, ai sensi dell’art. 543, sesto comma, c.p.c.
comunica
l’avvenuto pagamento, da parte dell’esecutato, dell’importo per cui si è proceduto esecutivamente, sicché in virtù dell’art. 543, sesto comma, c.p.c., gli obblighi sorti in capo ai terzi pignorati a seguito del pignoramento sono cessati al momento del ricevimento della presente comunicazione.
Si dichiara che la casella di posta elettronica certificata da cui viene trasmessa la presente comunicazione è presente sul pubblico elenco Ini-Pec ed è quindi univocamente riconducibile al sottoscritto difensore.
Roma, 31 dicembre 2024
Avv. […]»
[9] Sarebbe invece discutibile la possibilità, per il creditore, di avvalersi dello strumento previsto dal nuovo sesto comma dell’art. 543 c.p.c. per “espungere” anticipatamente dal procedimento, magari d’intesa con l’esecutato e per venire incontro alle più svariate esigenze, un singolo terzo pignorato, mantenendo efficace il pignoramento per tutti gli altri terzi.
[10] La giurisprudenza è infatti pacifica nell’affermare che «l’espropriazione presso terzi ha inizio con la notifica al terzo e al debitore dell’atto contenente l’ingiunzione di cui all’art. 492 cod. proc. civ.» (Cass., 18 gennaio 2000, n. 496, in Giur. it., 2001, p. 53, con nota di Biffi); in altre parole «pur configurandosi il pignoramento presso terzi come fattispecie complessa, che si perfeziona con la dichiarazione positiva di quantità, l’esecuzione, ai sensi dell’art. 481 cod. proc. civ., inizia dalla notifica dell’atto di cui all’art. 543 cod. proc. civ.» (Cass., 30 gennaio 2009, n. 2473; Cass., 12 febbraio 2008, n. 3276); in merito al dibattito aperto sul punto in dottrina cfr. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 2019, p. 1102.
[11] Cass., 17 luglio 2009, n. 16714.
[12] Come ha avuto modo di chiarire Cass., 3 aprile 2015, n. 6835, seppur stabilendo che «è solo irregolare, e non affetto da inesistenza o nullità, l’atto di pignoramento presso terzi in cui l’intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o delle cose da lui dovute al debitore esecutato appaia proveniente dall’ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, tenutovi ex art. 543, secondo comma, n. 2, c.p.c.».
[13] Cfr. la citata Relazione Illustrativa, p. 34.
[14] Nella quale, infatti, è espressamente incluso anche il pignoramento. Cfr. in particolare la tabella allegata § 17.
[15] Pur considerando che in tale momento è possibile che il procedente ancora non sia a conoscenza dell’esatto importo dovuto all’U.N.E.P. per la notificazione del pignoramento presso terzi: in tal caso, oltre ad attivarsi presso l’ufficio per conoscere esattamente le somme dovute, il creditore potrebbe richiedere un importo forfettizzato salvo successivo conguaglio.
[16] Si v., ad esempio, l’interessante saggio di Boccagna-Sassani, Il diritto incompreso: le spese del creditore nell’espropriazione forzata, in Riv. es. forz., 2018, p. 465, fortemente – e condivisibilmente – critico verso la dottrina prevalente e l’ormai unanime giurisprudenza.
[17] Secondo il principio della “tara del ricavato”, configurato da Redenti, Scritti e discorsi giuridici di un mezzo secolo, Milano, 1962, p. 257.
[18] Ove tale termine fosse decorso – infatti, ferma restando l’utilità dell’adempimento dell’esecutato al fine dell’adempimento della propria obbligazione – la cessazione degli obblighi posti in capo al terzo pignorato non conseguirebbe alla comunicazione ex art. 543, sesto comma, c.p.c., ma piuttosto all’inefficacia del pignoramento per mancata iscrizione a ruolo nel termine prescritto dal quarto comma della medesima disposizione, sicché lo strumento da utilizzare sarebbe la dichiarazione ex art. 164 ter disp. att. c.p.c.
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