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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 10/01/2025 Scarica PDF

Il progetto di piano: l’inizio della composizione negoziata

Roberto Ranucci, Professore associato di diritto commerciale presso Universitas Mercatorum - Avvocato presso ErreCi Legal


Questo contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi


 

Agency costs e composizione negoziata della crisi

Il diritto delle imprese in crisi ha il compito di massimizzare il valore ex post dell’impresa mediante la riduzione dei tempi di svolgimento ed i costi (diretti ed indiretti) della procedura e di mirare a riallocare i beni in modo ottimale e cioè secondo criteri che ne assicurino la massima valorizzazione. Le procedure di insolvenza sono costose, nel senso che consumano esse stesse una parte dell’attivo residuo, sottraendolo alla somma su cui i creditori possono soddisfarsi[1].

Tra i costi indiretti della procedura concorsuale, vi sono quelli derivanti dalla sostituzionenella funzione di controllo dell’impresa dell’organo giudiziario o amministrativo ai creditori, i quali sono direttamente e patrimonialmente interessati a far valere le prerogative riconosciute in caso di inadempimento e meglio informati. Il controllo spettante agli azionisti sulla società in bonis dovrebbe infatti passare, in caso di insolvenza, ai creditori che si dovrebbero sostituire ai primi quali nuovi residual claimants.

In tale contesto, la composizione negoziata della crisi è diretta proprio a ridurre gli agency costs e a favorire il superamento della crisi dell’imprenditore.

Invero, la deformalizzazione è tale che, nell’interpretazione oramai condivisa, la composizione negoziata della crisi non è considerata una procedura ma un percorso, mancando l’intervento giudiziale[2], che è solo eventuale[3].

Nella composizione negoziata della crisi, la figura centrale è rappresentata dall’esperto, che, al pari del percorso, rappresenta un unicum nel panorama nazionale e internazionale.

L’esperto non è un curatore, non è un commissario giudiziale, né un commissario liquidatore, né un consulente dell’imprenditore ma è un professionista terzo e imparziale che svolge le proprie funzioni nell’interesse di tutte le parti coinvolte. Compito principale dell’esperto è quello di agevolare le trattative con tutti i soggetti interessati – primi tra tutti i creditori – per il risanamento dell’impresa. Caratteristica principale dell’esperto è l’equidistanza rispetto a tutte le parti coinvolte, compreso l’imprenditore in crisi[4].

A tal fine, in sede di accettazione dell’incarico, l’esperto deve verificare di avere i requisiti previsti dall’art. 2399, c.c. e di non versare in alcuna delle situazioni previste dall’art. 16, ccii.

 

Il progetto e il piano di risanamento

In fase di accesso alla composizione negoziata della crisi, l’imprenditore deve presentare la documentazione richiesta dall’art. 17 ccii, che, al comma 3, lett. b, include «un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all'articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare; tra i quali vi è anche il piano».

Una breve notazione deve essere compiuta con riferimento al termine “piano”. In assenza di una nozione specifica è possibile far riferimento a quanto affermato in tema di concordato preventivo[5] e, pertanto, definire il piano nella composizione negoziata della crisi come quel documento che espone gli strumenti operativi attraverso i quali realizzare il risanamento. Mentre, nel concordato preventivo, i creditori sulla base del piano sono chiamati a votare sulla proposta, in questo caso, sulla base del piano, le parti possono valutare la perseguibilità di una delle soluzioni negoziali, come individuate nell’art. 23, comma 1, ccii.

L’inclusione del progetto di piano di risanamento è stata compiuta con il passaggio dal d.l. 118/2021 al codice della crisi. Infatti, originariamente, l’art. 5, comma 3, lett. b, d.l. 118/2021 imponeva il deposito di «una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che intende adottare».

Il decreto dirigenziale 21 marzo 2023 specifica che per accedere alla composizione negoziata l’imprenditore deve aver redatto un progetto di piano di risanamento secondo le indicazioni contenuta nella check list presente nella sezione II e un piano finanziario per i successivi sei mesi.

D’altronde, la check list consente la redazione del piano di risanamento “completo”; dunque, è lo stesso decreto dirigenziale a specificare che nella predisposizione del progetto di piano devono essere rispettate, quanto meno, le indicazioni di cui ai paragrafi 1, 2.8 e 3 della sezione II.

Infatti, il progetto di piano non è chiaramente il piano di risanamento, ma è un documento di sintesi, comunque organico e sistematico, che rappresenti le coordinate entro cui sviluppare le iniziative strategiche e operative, che poi saranno esplicitate nel piano di risanamento.

In definitiva, anche se non è necessario che l’imprenditore, per accedere alla composizione negoziata, abbia già redatto il piano vero e proprio, è tuttavia utile che lo abbia fatto, posto che lo dovrà comunque redigere, in tempi brevi, nel corso della composizione negoziata per individuare le proposte da formulare alle parti interessate e la soluzione idonea per il superamento della crisi.

Del resto, già in sede di conferma delle misure protettive e cautelari, il giudice dovrà valutare la risanabilità dell’impresa; in ragione della tempistica serrata prevista dall’art. 19, ccii, la valutazione dovrà essere compiuta sulla documentazione presentata in sede di ammissione; è chiaro che il progetto di piano rappresenta il documento principale sul quale fondare il convincimento giudiziale

Sul contenuto del piano (rectius sulla sua articolazione) da presentarsi in sede di ammissione alla composizione negoziata della crisi, in giurisprudenza si sono formati orientamenti difformi.

Secondo un orientamento, la domanda di conferma delle misure protettive dev’essere accompagnata da un piano che permetta al giudice di effettuare una valutazione prognostica, o quantomeno realistica, circa la possibilità di un reale superamento della crisi finanziaria ed industriale che consenta di mantenere la continuità aziendale; infatti, soluzioni che comportino la liquidazione dell’impresa, non consentirebbero l’adozione di misure protettive e cautelari fortemente incisive dei diritti dei terzi e dei creditori[6].

Altra decisione coeva aveva invece ritenuto che il piano di risanamento non dovesse necessariamente precedere l’avvio della composizione negoziata ma può essere elaborato all’interno della stessa avvalendosi anche delle trattative con i creditori condotte con l’ausilio dell’esperto[7].

La previsione specifica dell’art. 17 comma 3, lett. b, ccii fa ritenere necessario, come affermato dalla recente giurisprudenza di merito, ai fini della conferma delle misure, la presenza del test pratico e di un progetto di piano coerente alle indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13, comma 2, ccii[8].

Sulla base di tali elementi e più in generale, al fine di decidere della conferma o revoca delle misure protettive, l’attenzione del giudice deve rivolgersi non tanto alla verifica dello stato di insolvenza quanto al risanamento dell’impresa attraverso le trattative con i creditori, ai quali viene presentato almeno un progetto di piano che dovrebbe convincerli ad accettare la sospensione del potere di azione a fronte di una ragionevole prospettiva di risanabilità[9].

Del resto, le misure protettive (art. 2, comma 1, lett. p, ccii «le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza») e quelle cautelari (art. 2, comma 1, lett. q, ccii «i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza») sono entrambe dirette a favorire il buon esito delle trattive.

In definitiva, nella prima fase il progetto di piano appare essere sufficiente a fondare la concessione di misure cautelari e protettive purché appaia idonea – seppur prima facie - a conseguire il risanamento[10]. D’altro canto, l’impossibilità di perseguire il risanamento potrà ben essere rilevata dall’esperto, in pendenza delle misure, con conseguente richiesta di revoca.

 

Il ruolo dell’esperto nella predisposizione del piano di risanamento

Nel contesto normativo sopra delineato, l’esperto rimane in una posizione di terzietà rispetto alle parti, ivi incluso l’imprenditore, laddove di fatto l’esperto non lo assiste, né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata, avendo unicamente il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi, operando in modo professionale, imparziale e indipendente, vincolato peraltro dal dovere di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante le trattative. Infatti, l’esperto non è tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né ad altra autorità, salvo in caso di sua audizione necessaria nell’ambito del procedimento relativo alle misure protettive e cautelari qualora richieste dall’imprenditore. L’esperto è, dunque, una figura “ibrida” in quanto è mediatore tra gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, è valutatore delle scelte del debitore e, al contempo, controllore (si pensi all’obbligo di segnalazione del compimento di atti di straordinaria amministrazione)[11].

La composizione negoziata ha matrice spiccatamente negoziale; pertanto, il risanamento non è solo il frutto delle prospettazioni dell’imprenditore ma anche il risultato delle trattative e, dunque, delle aspettative dei creditori, i quali espongono le possibili modalità di soddisfazione.

Nel corso delle trattative, le direttrici del progetto di piano di risanamento possono mutare in ragione del confronto dell’imprenditore con i soggetti interessati e, dunque, il piano definitivo potrà variare rispetto a quello inizialmente prospettato. Infatti, al momento dell’accesso, il piano può essere anche un mero progetto di piano di risanamento nel quale, quindi, le direttrici del risanamento sono solamente delineate anche alla luce del test pratico svolto e dal risultato ottenuto. Del resto, il “percorso” può essere avviato anche in una situazione di precrisi, nella quale la tempestività di azione è fondamentale per il successo delle iniziative. Dunque, le tempistiche per la predisposizione di un piano di risanamento strutturato potrebbero essere incompatibili con l’esigenza di celerità. D’altronde, la costruzione di un piano di risanamento nel corso del percorso rappresenta uno strumento informativo centrale anche per i soggetti interessati e chiamati a trattare con l’imprenditore.

Il piano di risanamento è il risultato, dunque, dell’incontro delle aspettative delle parti coinvolte e il documento nel quale si prospetta la definizione del “conflitto” tra debitore e creditore. In quest’ottica, il piano non è frutto solo dell’attività dell’imprenditore e dei suoi consulenti, ma anche dell’intervento dell’esperto, che si fa portavoce e mediatore tra le istanze dei soggetti interessati.

Pertanto, in sede di definizione del piano, l’esperto è chiamato a portare il proprio contributo, affinché il piano contemperi i diritti e le esigenze di tutte le parti interessate dalla composizione, contribuendo, quindi, fattivamente alla redazione del piano[12] in termini di azioni da intraprendere. Ne discende, ulteriormente, che l’esperto non svolge correttamente il proprio incarico quando si limiti essenzialmente «a riportare quanto rappresentatogli da parte dell’imprenditore senza svolgere al riguardo alcuna considerazione critica o verifica di sorta (e quindi neppure in termini sommari, come pur imposto dalle esigenze di speditezza della procedura e dalla dimensione embrionale del percorso negoziato)»[13].

Resta inteso, in ogni caso, che il piano, mutuando la terminologia del concordato preventivo, contiene l’indicazione delle modalità di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti (cfr. art. 87, comma 1, lett. d, ccii).


 


[1] Sul tema v. F. Fimmanò, L’allocazione efficiente dell’impresa in crisi mediante la trasformazione dei creditori in soci, in Riv. soc., 2010, 150 s.

[2] Su tutti si veda G. D’Attorre, La concorsualità “liquida” nella composizione negoziata, in Fallimento, 2022, 302.

[3] La composizione negoziata è un percorso che – almeno sulla carta – può svolgersi senza l’intervento di un giudice, previsto solo in occasioni specifiche, eventuali (ed in ogni caso predefinite) e su domanda dell’imprenditore: si tratta di quelle ipotesi in cui vengono in gioco istituti propri delle procedure concorsuali, come le misure protettive (artt. 18 e 19, ccii) e gli altri atti soggetti ad autorizzazione ai sensi dell’art. 22, ccii che sono idonei ad incidere sui diritti dei terzi.

[4] A. Guiotto, La figura dell’esperto e la conduzione delle trattative nella composizione negoziata della crisi, in Fallimento, 2021, 1528 s.

[5] Su tutti, M. Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca, vol. II, Bologna, 2014, 164 s.

[6] Trib. Roma, decr., 10 ottobre 2022, in One LEGALE «Le misure protettive e la sospensione delle azioni cautelari devono essere concesse qualora le iniziative dei creditori possano ostacolare il risanamento dell'impresa e la richiesta del debitore non abbia finalità abusive, differenti rispetto a quelle del risanamento dell'impresa stessa. Al momento della conferma delle misure protettive, il Giudice deve effettuare il sindacato in merito alla concreta esistenza dei presupposti dello stato di crisi del debitore e alle reali possibilità di risanamento dell'impresa, senza essere vincolato dalle valutazioni rese dall'esperto»

[7] Trib. Treviso, ord., 4 ottobre 2022, in One LEGALE, nell’ambito della composizione negoziata il debitore ‘‘sta cercando di elaborare un modello per il superamento della crisi attraverso il confronto dialettico con i creditori, modello che tenga conto dell’emersione del debito concordatario e delle turbolenze dei mercati derivanti dall’aumento dei prezzi in particolare dell’energia, dall’inflazione e dalla guerra russo- ucraina’’; v. anche Trib. Firenze, ord., 29 dicembre 2021, ivi, che ha confermato le misure protettive in un caso in cui l’impresa non aveva ancora redatto un piano di risanamento, bensì soltanto un ‘‘budget’’ relativo ai successivi tre anni.

[8] Trib. Lecco, 02 gennaio 2023, ivi, ha rigettato la richiesta di conferma delle misure protettive sul presupposto che il progetto di piano di risanamento era embrionale e che non era stato effettuato il test pratico; Trib. Avellino, 05 dicembre 2022, in www.ilcaso.it secondo il quale «la valutazione di reversibilità dello stato di insolvenza, cui il giudice è tenuto, deve basarsi: a) sugli esiti del test pratico finalizzato a valutare in via preliminare la complessità del risanamento sulla base di un indice di riferimento dato dal rapporto fra il debito che deve essere ristrutturato e l’ammontare annuo dei flussi a servizio del debito, nonché a stabilire, conseguentemente, la tipologia degli interventi da compiere per raggiungere nuovamente il pieno equilibrio finanziario, economico e patrimoniale; b) sul piano di risanamento predisposto dall’impegno dell’imprenditore in base alla lista di controllo messa a sua disposizione, la cui produzione in giudizio, sia pure sotto forma di mero progetto, è prevista sin dall’avvio della procedura [...]»; conformi Trib. Milano, 21 luglio 2022, ivi; Trib. Avellino, ord., 16 maggio 2022, in One LEGALE; Trib. Rieti, ord., 02 aprile 2022, ivi; v. anche C. Ruffini – M- Garuti, Test pratico e check-list particolareggiata nella composizione negoziata: la portata delle novità poco esplorate introdotte dal nuovo decreto dirigenziale 21.03.2023, in www.dirittodellacrisi.it.

[9] Trib. Bologna, 8 novembre 2022, in One LEGALE; in maniera non condivisibile secondo Trib. Modena, 3 dicembre 2022, in www.dirittodellacrisi.it, il giudizio dell’autorità giudiziaria dovrebbe essere unicamente rivolto a verificare che il risanamento non appaia un obiettivo manifestamente implausibile.

[10] La sezione III – Protocollo di conduzione, all’art. 6.4. prevede che «in caso di richiesta di proroga delle misure protettive, l’esperto rappresenta lo stato delle trattative ed esprime il proprio parere in merito alla sussistenza, a quella data, della praticabilità del risanamento dell’impresa, anche in via indiretta, e all’esigenza di prorogare le misure protettive per salvaguardare l’esito delle trattative». Pertanto, ai fini del giudizio sull’esigenza di prorogare le misure protettive, la relazione dell’esperto deve analizzare due elementi differenti: stato delle trattative e praticabilità del risanamento.

[11] Si noti peraltro come nel concordato preventivo in continuità aziendale, l’art. 92, comma 3, ccii, stabilisce che «nel termine concesso ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera a), il Commissario giudiziale, se richiesto o in caso di concessione delle misure protettive di cui all'art. 54, comma 2, CCII affianca il debitore e i creditori nella negoziazione del piano formulando, ove occorra, suggerimenti per la sua redazione». La norma, dunque, attribuisce al Commissario giudiziale, insieme al compito di vigilanza, un ruolo attivo d'ausilio, non solo nella fase di negoziazione fra debitore e creditori, bensì anche in quella di elaborazione del piano, affiancando le parti del procedimento di concordato con il dichiarato obiettivo di giungere ad una regolazione efficace della crisi. Invero, nel concordato preventivo in continuità aziendale, l’imprenditore (ovvero anche il terzo proponente nel caso di concordato preventivo) chiede ai creditori di esprimere la propria volontà su una proposta di ridefinizione dell’obbligazione originaria, sulla base di un piano che contiene le azioni sulla cui base il proponente ritiene di poter adempiere alla proposta.

[12] A. Guiotto, La figura dell’esperto e la conduzione delle trattative nella composizione negoziata della crisi, cit., 1529 «all’esperto non pertiene l’elaborazione del piano di risanamento, ma le sue funzioni lo porteranno quasi certamente a interloquire attivamente e in modo propositivo con i consulenti dell’imprenditore, in modo da consentire un affinamento delle soluzioni prescelte e la formulazione di adeguate proposte ai creditori, nel comune obiettivo di ricercare una soluzione accettabile per tutte le parti interessate».

[13] Trib. Brescia, ord., 15 settembre 2022, in One LEGALE.


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