Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 12037 - pubb. 09/02/2015
L’interpretazione dell’art. 147 co. 5 l.f. esclude dall’area dell’imprenditore occulto l’istituto dell’amministratore di fatto di società di capitali
Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 15 Gennaio 2015. Pres., est. Rabuano.
Società di capitali – Competenze degli amministratori – Limiti ai poteri degli amministratori – Opponibilità ai soci e ai terzi – Sussistenza
Società di capitali – Art. 2361 cod. civ. – Partecipazione di società di capitali alle società di persone – Competenza assembleare – Mancanza delibera – Rilevabilità d’ufficio – Esclusione
Fallimento delle società – Società di capitali – Estensione del fallimento ex art. 147 l.f. – Interpretazione analogica – Criteri
Società di capitali – Imprenditore occulto – Definizione e elementi – Applicabilità
Fallimento delle società – Società di capitali – Estensione del fallimento ex art. 147 l.f. – Criteri ex art. 3 Cost. – Responsabilità imprenditore occulto – Responsabilità ex artt. 2497 e ss. cod. civ. – Responsabilità amministratore di fatto – Differenze
Il sistema delle società di capitali è strutturato in modo che gli amministratori, che detengono i poteri di gestione della società, siano soggetti a regole che mirano ad assicurare la tutela dell’integrità del patrimonio sociale, nell’interesse dei soci e dei creditori. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Il combinato disposto degli artt. 2361 cod. civ. e 111 duodecies disp. att. cod. civ., in ragione degli effetti che derivano per la società di capitali dall’acquisizione della partecipazione in una società di persone, effetti rappresentati dall’assunzione della responsabilità illimitata per le obbligazioni gravanti sulla società acquisita, rappresenta un limite legale al potere degli amministratori riservandone la determinazione ai soci in sede assembleare e impone l’informativa per i creditori sociali tramite la nota integrativa, la cui violazione ne precluderebbe la riferibilità o imputabilità giuridica, non dei singoli atti compiuti, ma dell’attività d’impresa unitariamente considerata, intesa come coordinamento temporale e funzionale dei singoli atti, ed effettivamente svolta dagli amministratori. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
L’art. 2361 cod. civ., quindi, è una norma che riserva all’organo assembleare la competenza alla formazione della volontà societaria di esercitare attività d’impresa secondo lo schema della società di persone. Le delibere implicite sono inammissibili nell’ordinamento delle società per azioni e la mancanza della delibera è rilevabile d’ufficio. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Il criterio interpretativo della lettura costituzionalmente orientata della norma è diretta a precisare il significato precettivo di un enunciato letterale di ampio contenuto modulandone lo spettro applicativo, quindi, a livello metodologico non appare corretta l’utilizzazione di questo canone ermeneutico per applicare la norma ai casi da essa espressamente esclusi, rispetto ai quali, invece, deve essere utilizzato il canone dell’interpretazione analogica fondata sul meccanismo della “ubi eadem legis ratio, ibi eadem legis dispositio in eadema ratio” e, quindi, sulla ricerca della ragione che ha ispirato il legislatore nella formulazione della disposizione. Pertanto, l’applicazione dell’art. 147, co. 5, l.f.. ai casi di preventiva dichiarazione di fallimento di società di capitali per la sua estensione al soggetto al quale è “riferibile l’impresa”, impone un’attività ermeneutica diretta alla ricerca della ratio della norma e degli interessi perseguiti dal legislatore, con la successiva verifica dell’esistenza delle medesime esigenze nei casi non rientranti nell’enunciato letterale della disposizione. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Con l’espressione “imprenditore occulto” si fa riferimento all’orientamento teorico secondo cui, nell’ordinamento del diritto d’impresa, il criterio per l’acquisto della qualità di imprenditore e per la riferibilità dell’attività d’impresa non è il canone formale della spendita del nome ma quello sostanziale della titolarità effettiva dell’attività economica. Il legislatore ha affermato la fallibilità di una società e, quindi, di un imprenditore collettivo, del quale non è mai stato speso il nome nell’esercizio dell’intrapresa economica e che è, quindi, occulto cioè è titolare effettivo dell’attività d’impresa, con i relativi elementi caratterizzanti ossia quelli afferenti il potere gestorio e la responsabilità patrimoniale. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
La distinzione della figura dell’imprenditore occulto richiamata dall’art. 147 co. 5 l.f. rispetto al fenomeno del gruppo societario contemplato dagli artt. 2497 e ss. c.c. concerne il profilo sia gestorio sia economico: sotto il primo profilo, nel fenomeno del gruppo societario, si assiste a un potere di direzione unitaria che influenza la fase gestoria della società eterodiretta, con la facoltà degli amministratori, tuttavia, di adottare in piena autonomia una decisione difforme, invece, nel fenomeno contemplato dall’art. 147 co. 5 l.f., è previsto il potere dell’imprenditore o società “occulta” di compiere direttamente gli atti di gestione ovvero di condizionare in modo vincolante il compimento degli stessi da parte di colui che solo formalmente è il titolare dell’impresa; sotto il profilo economico, nel fenomeno del gruppo societario le conseguenze economiche delle decisioni gestorie delle singole società non hanno una conseguenza diretta, in termini di profitti e perdite nel patrimonio delle società titolare del potere di direzione unitario, diversamente da quanto accade per l’imprenditore “occulto”. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Il canone di interpretazione fondato sulla ragionevolezza, che ha il proprio fondamento nell’art. 3 Cost, induce a sostenere che l’estensione del fallimento, quindi, l’attivazione di una procedura esecutiva concorsuale per l’operare della responsabilità patrimoniale diretta con il superamento dello schermo societario possa conseguire solo rispetto a forme di ingerenza più penetrante nella gestione dell’impresa. Ne deriva che l’interpretazione dell’art. 147 co. 5 l.f. esclude dall’area dell’imprenditore occulto l’istituto dell’amministratore di fatto di società di capitali, atteso che per la configurabilità dell’imprenditore occulto non è sufficiente l’esistenza di un penetrante potere di ingerenza nella gestione della società tramite il compimento diretto di atti gestori ovvero tramite il condizionamento vincolante dell’operato degli amministratori di diritto, ma è necessario che dall’attività derivino anche conseguenze economiche dirette, in termini di rischi, utili e perdite, nel suo patrimonio (come nel caso di prestazione di fideiussione con rinuncia al diritto di regresso nei confronti della società; finanziamenti infruttiferi, apporto i nuova finanza nel concordato preventivo). (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Segnalazione del Prof. Avv. Francesco Fimmanò
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