Sovraindebitamento
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/10/2024 Scarica PDF
La disciplina della liquidazione controllata a seguito delle modifiche introdotte con il decreto correttivo 13 settembre 2024 n. 136
Mauro Pietro Bernardi, Giudice Delegato presso il Tribunale di MantovaSommario: 1. Premessa. 2. Il procedimento per la apertura della liquidazione controllata. 3. La gestione della procedura. 4. La chiusura. 5. L’esdebitazione: cenni. 6. La disciplina transitoria.
1. Premessa.
Il 27 settembre 2024 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 227 il decreto legislativo 13 settembre 2024 n. 136 che, in attuazione della delega di cui alla legge 20/2019 e di quella di delegazione europea n. 53/2021, contiene norme integrative e correttive del decreto legislativo n. 149/2022, decreto entrato in vigore, ai sensi dell’art. 56, il giorno successivo alla sua pubblicazione e, quindi, il 28 settembre 2024.
L’intervento in questione ponendosi l’obiettivo sia di venire incontro alle esigenze di chiarimento sorte fra gli operatori che di emendare quelle disposizioni in cui sono stati riscontrati errori materiali o rispetto alle quali è emersa la necessità di aggiornare i riferimenti ad altre norme del codice (così si legge nella relazione ministeriale illustrativa), introduce significative modifiche alla disciplina della liquidazione controllata (contenute perlopiù nell’art. 41 ma le disposizioni che riguardano tale istituto si trovano anche in altri articoli del decreto correttivo c.d. ter) concernenti sia l’apertura della procedura che la sua gestione e ciò nel segno di una sempre maggiore integrazione delle evidenti lacune contenute nel testo originario mediante il rinvio alla disciplina sulla liquidazione giudiziale, modifiche che recepiscono anche talune indicazioni emerse nella giurisprudenza di merito formatasi dall’entrata in vigore del d. lgs. 149/2022 ad oggi: l’ampia estensione dei rinvii alle disposizioni sulla liquidazione giudiziale fa ritenere ora maggiormente giustificato il ricorso all’applicazione analogica di tali norme in mancanza di specifiche previsioni.
Non vengono però affrontate importanti questioni come la disciplina dei debiti promiscui.
Di rilievo la norma transitoria contenuta nell’art. 56 che prevede l’immediata applicazione delle modifiche introdotte anche alle procedure di liquidazione controllata e di esdebitazione pendenti.
2. Il procedimento di apertura della liquidazione controllata.
Quanto alla pronuncia della liquidazione controllata viene espressamente estesa anche all’istituto in esame la norma di cui all’art. 28 CCI che stabilisce l’irrilevanza del trasferimento del centro degli interessi principali se avvenuto entro l’anno antecedente il deposito della domanda di accesso alla procedura in questione.
Si segnala poi, per effetto dell’art. 10 del decreto correttivo ter, la modifica all’art. 33 CCI che, al primo comma, estende pure alla liquidazione controllata il limite temporale di un anno dalla cessazione dell’attività per la sua apertura: in proposito deve ritenersi che tale limite riguardi solo l’imprenditore (sia individuale che collettivo, purché non siano assoggettabili alle procedure concorsuali maggiori) e non anche il consumatore per il quale non è concepibile una cessazione di attività; il secondo comma di tale norma prevede, per effetto della modifica, che l’imprenditore individuale possa chiedere l’apertura della liquidazione controllata anche decorso il termine di un anno previsto nel comma precedente e ciò al fine di agevolarne l’esdebitazione.
Con la novellazione dell’art. 37 CCI da parte dell’art. 11 del decreto correttivo ter, è ora consentito alle start-up[1] (che, nell’assetto normativo anteriore, potevano ricorrere unicamente alle procedure di sovraindebitamento) di accedere, ma esclusivamente su base volontaria, ad uno degli strumenti previsti per le imprese “non minori” se ritenuti più efficaci per la risoluzione della crisi.
Di rilievo anche la disposizione dell’art. 18 del decreto legislativo n. 136/2024 che, nell’innovare il primo comma dell’art. 66 CCI, stabilisce espressamente l’applicabilità della liquidazione controllata anche alle c.d. procedure familiari, risultato interpretativo cui era pervenuta la maggioranza della giurisprudenza di merito; la norma prevede inoltre che la liquidazione controllata possa essere proposta anche se uno o più debitori si trovano nelle condizioni previste dall’art. 283 CCI (cioè quelle del debitore incapiente) se per almeno uno di essi sussistono i presupposti di cui all’art. 268 co. 3, quarto periodo e cioè se il gestore della crisi attesta che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.
Sempre in ordine ai presupposti per l’apertura del procedimento si rileva che, ove l’iniziativa provenga dal debitore, dovrà essere allegata la situazione economico-patrimoniale e finanziaria che va completata con la indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni, elemento quest’ultimo che assumerà rilevanza ai fini della delibazione della domanda di esdebitazione ma che non costituisce requisito per l’apertura della procedura.
In proposito va notato che la legge non stabilisce espressamente che il difetto di diligenza costituisca elemento ostativo per l’ingresso della procedura in esame e, d’altro canto, l’espressione in sé è meramente descrittiva e, se intesa alla lettera, implicherebbe che anche una lieve negligenza ne precluderebbe l’accesso in evidente contrasto con l’intento perseguito dal legislatore. Tale conclusione trova ulteriore conforto nella circostanza che il dato della diligenza viene menzionato solo con riguardo alla relazione del gestore da allegare alla domanda presentata dal debitore ma non è richiesto nell’ipotesi di istanza formulata dal creditore laddove risulterebbe incongruo che lo stesso istituto richieda presupposti diversi per l’apertura a seconda del soggetto istante (si noti anche che l’art. 14 quinquies della legge n. 3/2014, che pure fa riferimento alla diligenza quale dato su cui la relazione del gestore deve prendere posizione, prevede come requisito per l’accesso l’assenza di atti in frode ai creditori e, quindi, non una generica negligenza ma il compimento di atti dolosi).
Infine, va evidenziato che la liquidazione controllata costituisce lo strumento per la liquidazione concorsuale del patrimonio del debitore non assoggettabile alle procedure concorsuali c.d. maggiori ma non costituisce un beneficio, per il quale soccorre l’istituto della esdebitazione.
L’art. 41 del decreto correttivo ter prevede che, nel caso di procedura da aprirsi nei confronti di persona fisica, venga allegata l’attestazione di cui all’art. 268 co. 3 CCI con la quale il gestore deve assicurare che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie (dato che costituisce dunque requisito di ammissibilità della domanda formulata dal creditore) mentre la sua mancanza fonda la possibile eccezione alla apertura della procedura ove dedotta dal debitore: occorre rilevare che la norma consente al solo debitore persona fisica di eccepire l’insussistenza di attivo da distribuire, mentre per gli enti diversi (come le società) tale eventualità non è contemplata.
Sotto il profilo procedurale va notato che il decreto legislativo n. 136/2024 (v. art. 41) consente al debitore (persona fisica) di formulare la eccezione di insussistenza di attivo e chiedere al Giudice investito del procedimento un termine per il deposito della relazione alla duplice condizione che egli abbia in precedenza presentato la richiesta di rilascio della attestazione all’OCC e che tale istanza venga presentata, al più tardi, nel corso della prima udienza di comparizione (da intendersi come udienza di effettiva trattazione per cui, ove la stessa fosse stata rinviata, non verrebbe meno la facoltà in questione; in proposito merita precisare che non sarebbe invece ammissibile che il debitore chieda un rinvio dell’udienza, magari con la formula nota nella prassi “salvi i diritti di prima udienza”, per poi chiedere la concessione del termine in quella successiva: la preclusione temporale deve ritenersi fissata con la prima udienza di effettiva comparizione stante l’intento del legislatore di assicurare celerità alle procedure concorsuali): non è previsto che tale termine possa essere prorogato a differenza di quanto statuito dall’art. 271 CCI a proposito del deposito della documentazione prevista dagli artt. 67 co. 2 o 76 co. 2 CCI a corredo della domanda (prenotativa) di ammissione alle procedure negoziali di sovraindebitamento.
In ordine alla udienza di comparizione, stante il richiamo (ora più puntuale) alle disposizioni contenute nella sezione II del titolo III, trovano applicazione le norme di cui agli artt. 40 e segg. CCI sicché la convocazione del debitore[2] dovrà avvenire con modalità analoghe a quelle previste dall’art. 41 CCI ed entro il termine ivi previsto di giorni 45[3].
Da quanto procede consegue che sarà possibile disporre l’apertura di una procedura di liquidazione controllata (su istanza del creditore) anche in assenza di attivo ove il debitore (persona fisica) non abbia tempestivamente e ritualmente sollevato la eccezione ovvero nel caso che si tratti di ente diverso dalla persona fisica (in tal caso la procedura verrà chiusa ex artt. 276 e 233 co. 1 lett. d CCI) mentre, ove la insussistenza di attivo (attuale o, quantomeno, potenziale), sia stata ritualmente allegata il debitore, per definire la propria situazione di sovraindebitamento, potrà ricorrere all’istituto della esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 CCI.
In proposito vi è da chiedersi se il debitore incapiente (consapevole della impossibilità di ottenere la esdebitazione, ad esempio perché non ha tenuto un comportamento virtuoso) possa opporsi alla apertura della liquidazione controllata e chiedere invece di essere ammesso a presentare un piano di ristrutturazione del consumatore o un concordato minore, offrendo ai creditori liquidità messa a disposizione da parte di terzi.
Va rammentato che il debitore, ex art. 271 CCI, può proporre domanda di accesso alle procedure consistenti nel piano di ristrutturazione del consumatore e del concordato minore: le modalità di presentazione di tale istanza, per effetto delle modifiche introdotte dal decreto correttivo ter (v. art. 41 co. 4), sono ora più puntualmente regolate da tale norma[4] ma il limite temporale è sempre costituito dalla prima udienza di (effettiva) comparizione mentre, ove sussistano giustificati motivi[5], è consentito ottenere anche una proroga del termine originario (di 60 giorni) per presentare la documentazione prevista dagli artt. 67 co. 2 o 76 co. 2 CCI sicché è ora meglio disciplinata la proposizione della domanda prenotativa per l’accesso alle altre procedure di sovraindebitamento[6].
Ove il debitore nel termine assegnato non presenti la documentazione richiesta il Tribunale disporrà l’apertura della liquidazione controllata.
L’art. 271 CCI come novellato prevede inoltre che, durante la pendenza del termine concesso per depositare la documentazione necessaria per l’accesso alle altre due procedure di sovraindebitamento, possano essere emesse le misure protettive[7] di cui agli artt. 70 co. 4 o 78 co. 2 lett. d) CCI, misure che, peraltro, possono essere disposte sin dal momento del deposito della istanza di accesso alla procedura, stante il richiamo alla sezione III del titolo II del CCI contenuto nel comma 5 dell’art. 270 CCI.
Va sottolineato che l’efficacia delle misure protettive perdura sino alla emissione della sentenza di apertura della liquidazione controllata in quanto, avendo il decreto correttivo opportunamente esteso alla liquidazione controllata l’applicazione della norma di cui all’art. 142 CCI, operando da tale momento l’integrale spossessamento del debitore e risultando acquisiti alla massa attiva anche i beni che gli pervengono durante la procedura (conclusione questa cui era pervenuta la giurisprudenza di merito), la segregazione del patrimonio presente e futuro in vista del soddisfacimento dei creditori risulta già assicurato.
In ordine alla sentenza di apertura della procedura si rileva che il legislatore, risolvendo l’antinomia tra le norme di cui agli artt. 270 co. 2 lett. b) e 358 CCI (questione su cui si erano manifestati orientamenti diversi nell’ambito della giurisprudenza di merito), ha statuito che il liquidatore nominato nell’ambito della procedura di liquidazione controllata vada scelto tra i gestori iscritti nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento e, di regola, tra quelli aventi il domicilio nel distretto di corte d’appello cui appartiene il tribunale competente a conoscere della domanda.
E’ stato ampliato a giorni 90 il termine per proporre la domanda di ammissione al passivo.
Il decreto correttivo ter chiarisce inoltre che la procedura deve avere durata di tre anni (salvo che la liquidazione si concluda prima: v. art. 272 co. 3 CCI) al fine di raccordare tale disposizione con quella di cui all’art. 282 CCI in tema di esdebitazione: ciò non esclude che la procedura possa proseguire oltre tale limite temporale ma, ottenuta la esdebitazione, non rientrano più nell’attivo della massa i beni che pervengono al debitore[8].
Le opposizioni e le impugnazioni dello stato passivo vanno proposte con reclamo ex art. 133 CCI e, quindi, con ricorso al G.D. avverso la cui decisione è prevista la possibilità di ricorso in cassazione.
E’ stata diversamente regolata (sotto il profilo procedurale) la prededuzione dei crediti mediante l’introduzione dell’art. 275 bis CCI che sostanzialmente ricalca, con qualche adattamento, la disposizione di cui all’art. 222 CCI; è ora espressamente prevista la necessità di istituire conti speciali per i beni immobili e per i mobili gravati da pegno o privilegio speciale mediante il richiamo all’art. 223 co. 3 CCI.
Quanto alla definizione di crediti prededucibili occorre ora fare riferimento unicamente alla norma generale di cui all’art. 6 CCI posto che il secondo comma dell’art. 277 CCI è stato abrogato.
3. La gestione della procedura.
Vanno segnalate le disposizioni, per effetto delle innovazioni introdotte, consentono un maggiore controllo da parte del G.D. circa l’amministrazione della liquidità ricavata dalla gestione: l’art. 275 bis CCI prevede infatti che il pagamento dei crediti prededucibili (fra cui rientra anche il compenso del liquidatore e che possono essere soddisfatti anche al di fuori del procedimento di riparto se vi è attivo sufficiente) venga autorizzato dal G.D. mentre, ai sensi dell’art. 274 co. 3 CCI, è ora previsto che il G.D. liquidi i compensi dei coadiutori del liquidatore e anche per tali pagamenti (in quanto spese prededucibili) occorrerà l’autorizzazione giudiziale.
E’ stato, inoltre, previsto che il G.D. possa disporre l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal liquidatore:
dal tenore dell’inciso inserito sembra che tale potere possa avvenire solo su proposta del liquidatore.
Spetta poi al Giudice autorizzare l’esecuzione del progetto di riparto (che, si ritiene, possa anche essere parziale) e, quindi, i pagamenti in favore dei creditori sicché tutti i prelievi dai fondi della procedura richiedono ora la preventiva autorizzazione del G.D..
Il rinvio alla disciplina di cui all’art. 142 CCI comporta che il patrimonio da liquidare comprende anche i beni che pervengono al debitore in corso di procedura (sino alla sua esdebitazione), dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi (v. art. 272 co. 3 bis CCI): nel caso, pertanto, di impresa gestita dal debitore (per il cui esercizio non occorre alcuna preventiva autorizzazione da parte del G.D.), potrà essere acquisito all’attivo della procedura solo il risultato utile, dedotte le passività.
L’art. 270 CCI, come modificato, contiene uno specifico rinvio al secondo comma dell’art. 216 CCI quanto alla disciplina delle vendite e degli atti di liquidazione che debbono avvenire secondo modalità competitive: in proposito deve ritenersi soddisfi tale requisito anche la pubblicazione di un invito ad offrire cui faccia seguito (in caso di mancanza di manifestazioni di interesse) l’aggiudicazione al soggetto che abbia in precedenza presentato offerta di acquisto di cespiti compresi nel patrimonio da liquidare.
In ordine alle modalità di ripartizione dell’attivo va osservato che è assai ampio il richiamo operato dal comma 6 bis dell’art. 275 CCI, come novellato, alle norme dettate in proposito nell’ambito della liquidazione giudiziale[9].
Merita evidenziare che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 121/2024, è ora consentito anche al liquidatore della procedura in esame ottenere la ammissione al patrocinio dello stato per il promovimento delle azioni a tutela del patrimonio del debitore e, inoltre, che rimangono a carico dell’erario, ex art. 146 del d.p.r. 115/2002, le spese di procedura ove non recuperate con la liquidazione dell’attivo[10].
L’art. 275 CCI, nel nuovo testo, prevede che il compenso per il liquidatore sia determinato in modo unitario allorquando, con la sentenza di apertura, venga confermato a tale incarico il gestore della crisi designato dall’OCC, soluzione che mira ad evitare possibili abusi derivanti dalla pattuizione del compenso fra il debitore e il gestore: sia la norma in questione che il decreto ministeriale n. 202/2014 non contemplano l’ipotesi della erogazione di acconti ma l’orientamento favorevole espresso da parte della giurisprudenza di merito appare condivisibile non emergendo da tali disposizioni sicuri indici in senso contrario e apparendo ragionevole che il liquidatore venga retribuito per l’attività svolta senza che debba attendere la chiusura del procedimento; va anzi evidenziato che, alla liquidazione di un acconto sul compenso finale, occorre procedere nell’ipotesi in cui il liquidatore intenda proseguire l’azione esecutiva instaurata da un creditore in epoca precedente alla apertura della liquidazione controllata al fine di consentire al G.E. di predisporre il piano di ripartizione e collocare tale posta creditoria[11].
4. La chiusura della procedura.
Il decreto correttivo ter interviene anche sulla chiusurainnovando l’art. 276 CCI e introducendo una disciplina più semplificata rispetto a quella prevista dall’art. 235 CCI: la chiusura avverrà con decreto motivato del Tribunale su istanza del liquidatore (che dovrà depositare una relazione in cui dare atto di ogni circostanza rilevante per la concessione o per il diniego del beneficio dell’esdebitazione), del debitore o d’ufficio. Non è prevista la possibilità di chiusura della procedura allorquando vi siano liti pendenti non essendo stata richiamata la speciale disciplina contenuta nell’art. 234 CCI mentre trova applicazione l’art. 233 CCI in quanto compatibile (innovazione questa introdotta dall’art. 29 del d. lgs. 147/2020).
Va anche rilevato che l’articolo 233 al comma 1, lettera d) prevede fra i casi di chiusura l’ipotesi in cui nel corso della procedura si accerti che la sua prosecuzione non consenta di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese della medesima: pertanto non essendo possibile il recupero delle spese anticipate dall’erario ai sensi dell’articolo 146 co. 3 del d.p.r. 115/2002 su quanto ricavato dalla liquidazione dell’attivo, tali esborsi resteranno a carico della finanza pubblica.
L’accertamento della circostanza di non soddisfazione neanche parziale dei creditori, dei crediti prededucibili e delle spese di procedura avverrà mediante la redazione della relazione o di un rapporto riepilogativo da parte del liquidatore.
5. La esdebitazione: cenni.
Quanto alla esdebitazione conseguente alla procedura di liquidazione controllata, viene ora opportunamente specificato (v. art 43 del d. lgs 136/2024) che il beneficio verrà concesso su istanza del debitore e segnalazione da parte del liquidatore che dovrà indicare i fatti rilevanti per la concessione o il diniego del beneficio. L’istanza del debitore va comunicata, a cura del liquidatore, ai creditori che possono presentare osservazioni nel termine di quindici giorni: è quindi previsto un contraddittorio anticipato con i creditori, innovazione da valutare favorevolmente potendo ciò concorrere a ridurre il contenzioso rispetto all’assetto precedente che prevedeva la concessione del beneficio e il successivo eventuale reclamo da parte dei creditori; la diversa procedimentalizzazione dell’istituto in questione rende dubbia la possibilità che, a fronte di una domanda di liquidazione controllata promossa dal creditore, il debitore possa contestualmente proporre domanda di esdebitazione che andrà formulata con autonomo ricorso.
Per la concessione del beneficio debbono ricorrere le condizioni di cui all’art. 280 CCI e cioè la mancata condanna, con sentenza definitiva,[12] per uno dei reati di cui all’art. 344 CCI e la mancata causazione del sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
Il provvedimento emesso dal Tribunale (sia favorevole che sfavorevole) è impugnabile nel termine di trenta giorni dagli interessati (debitore e creditori) ai sensi dell’art. 124 CCI.
E’ stato poi precisato che l’esdebitazione non ha effetti sui giudizi in corso e sulle operazioni liquidatorie che debbono pertanto proseguire.
6. La disciplina transitoria.
Da ultimo va notato che l’art. 56 del decreto correttivo ter stabilisce, come norma transitoria concernente la liquidazione controllata e l’esdebitazione, che le modifiche introdotte si applichino ai procedimenti “pendenti alla data della sua entrata in vigore e a quelli instaurati o aperti successivamente” e, quindi, con effetto in ogni fase in cui si articolano tali procedimenti: appare difficile prevedere tutte le ipotesi in cui le nuove norme verranno a inserirsi su un procedimento già aperto e, in questo sommario esame, ne verranno indicate alcune.
Ove, su istanza del creditore e in base al codice della crisi il G.D. abbia fissato l’udienza di comparizione (successiva all’entrata in vigore del decreto correttivo n. 136/2024), il debitore (persona fisica) potrà sollevare la eccezione di insussistenza di attivo e chiedere un termine per il deposito della relazione del gestore della crisi alle condizioni in precedenza descritte nonché chiedere un termine per il deposito della documentazione prevista dagli artt. 67 co. 2 o 76 co. 2 CCI a corredo della domanda di ammissione alle procedure negoziali di sovraindebitamento.
Deve poi ritenersi che il termine per il deposito delle domande di ammissione al passivo sia automaticamente ampliato a 90 giorni dalla sentenza di apertura della procedura anche ove la stessa sia stata emessa nel vigore del testo antecedente la modifica.
La domanda di esdebitazione, decorso il termine di tre anni, dovrà ora essere formulata dal debitore e non dovrà quindi provvedere il Tribunale d’ufficio.
Quanto agli aspetti prettamente gestionali, a fronte di una nomina di coadiutore effettuata da parte del liquidatore nel vigore del testo del CCI, spetterà al G.D. liquidare il compenso ai sensi del novellato art. 274 co. 3 CCI e autorizzare i prelievi per i pagamenti dei crediti prededucibili, ovviamente se non già effettuati.
[1] Va evidenziato che, nel caso di istanza di accesso alla procedura da parte di start up, il gestore della crisi dovrà attestare e documentare, fra l’altro, che l’impresa possiede tutti i requisiti previsti dall’art. 25 del d.l. 179/2012 convertito con legge n. 122/2012 non essendo a tal fine sufficiente la mera allegazione della certificazione camerale, dovendo il Giudice valutare la effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge.
[2] Alla convocazione del debitore si provvede nel solo caso di presentazione di istanza da parte del creditore; se invece la domanda è proposta dal creditore, è diffuso l’orientamento secondo cui l’udienza di comparizione non viene fissata; va segnalata la prassi di concedere al debitore un termine per integrazioni documentali e chiarimenti, ritenendosi tale possibilità, non normativamente contemplata, essere espressione di un principio generale in materia -codificato dall’art. 47 co. 4 CCI (analoga norma è ora contenuta nell’art. 70 CCI come modificata dall’art 19 del decreto correttivo ter- ciò che contribuisce a evitare l’instaurazione di successive opposizioni.
[3] Va segnalato che il comma 7 dell’art. 40 del codice della crisi, come novellato dal decreto correttivo ter, a proposito della notifica del ricorso e del decreto di convocazione, prevede che “Quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata … non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il ricorso e il decreto sono notificati senza indugio, a cura della cancelleria, mediante il loro inserimento nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia”. In tale caso la notificazione si ha per eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui è compiuto l'inserimento.”
A tal fine è stato realizzato un portale dedicato alla gestione delle notifiche non andate a buon fine (area web notifiche), accessibile dall’Area Riservata del Portale dei Servizi Telematici (PST), e sono state altresì realizzate le funzionalità per l’inserimento e la consultazione di tali notifiche nell’ambito del PST e del sistema SIECIC. La cancelleria dovrà, quindi, laddove previsto dal codice, pubblicare le notifiche non perfezionate nell’area web notifiche del PST (per maggiori dettagli si veda la nota del Ministero della Giustizia – Dipartimento per l’innovazione tecnologica del 27-9-2024).
[4] Va notato che l’art. 18 del decreto correttivo ter è intervenuto sull’art. 65 CCI modificando il comma 2 stabilendo che” Si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni del presente capo, le disposizioni del titolo III, ad eccezione dell’art. 44, in quanto compatibili”, art. 44 che regola la domanda prenotativa di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
[5] Tali potrebbero essere la complessità delle verifiche da effettuare ovvero lo scarso tempo di cui il gestore ha potuto usufruire per svolgere l’incarico.
[6] Merita anche sottolineare che l’art. 18 del decreto legislativo in esame, con l’introduzione del comma 4 bis all’art. 65 CCI, ha espressamente previsto, a fronte delle incertezze manifestatesi dopo l’entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza, che i gestori della crisi, nel predisporre la relazione da allegare alla domanda di accesso alla procedura di sovraindebitamento, possano accedere ai dati dell’anagrafe tributaria e alle altre banche dati concernenti informazioni creditizie.
[7] Si noti che, per effetto della modifica dell’art. 2 co. 1 lett. p) CCI, le misure protettive sono dirette a paralizzare (temporaneamente) non solo le iniziative giudiziarie dei creditori ma anche le mere condotte.
[8] La previsione è ampia e comprende ogni tipologia di beni e cioè sia i ratei di stipendi o pensioni sia i cespiti ereditari.
[9] Quanto alla liquidazione della casa di abitazione del debitore va segnalato che, secondo alcune pronunce (v. Trib. Ascoli Piceno 13-12-2023; Trib. Mantova 6-6-2024 entrambe reperibili in www.ilcaso.it) trova applicazione per analogia la disposizione di cui all’art. 147 CCI anche alla luce di quanto previsto dall’art. 560 c.p.c. mentre, secondo altro orientamento, il rinvio dell’art. 275 co. 2 CCI alle disposizioni sulla vendita nella liquidazione giudiziale comporta la diretta applicabilità dell’art. 147 co. 2 CCI (in tal senso vedasi Trib. Ferrara 7-12-2023).
[10] La citata pronuncia della Corte Costituzionale non riguarda peraltro il compenso del liquidatore.
[11] Va evidenziato che la Corte di Cassazione con decisione del 19-8-2024 n. 22914 (di segno contrario rispetto all’orientamento prevalso nella giurisprudenza di merito) ha affermato che il creditore fondiario può avvalersi del privilegio processuale di cui all’art. 41 del d. lgs. 385/1993 anche in relazione alla procedura di liquidazione controllata.
[12] Permangono contrasti in giurisprudenza circa l’idoneità della sentenza di patteggiamento ad escludere la meritevolezza (nel senso che tale tipo di sentenza non preclude la possibilità di ottenere il beneficio v. App. Bologna 11-10-2023 in www.ilcaso.it in cui si trova inoltre specificato che ostano alla sua concessione i comportamenti di frode e/o compiuti con dolo o quantomeno colpa grave che abbiano comportato la distrazione dell’attivo, l’aggravamento del dissesto e ogni altra condotta che abbia di fatto impedito la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari).
Scarica Articolo PDF