Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/12/2009 Scarica PDF
Profili civilistici dell'usura nel contratto di mutuo e di apertura di conto corrente
Mauro Pietro Bernardi, Giudice Delegato presso il Tribunale di MantovaSommario: 1. Introduzione - 2. La novellata disciplina del mutuo - 3. Le questioni di diritto intertemporale - 4. Profili particolari: gli interessi moratori - 5. Segue: la clausola penale - 6. Segue: la clausola penitenziale - 7. Segue: le spese per la cancellazione dell'ipoteca e di chiusura - 8. Il contratto di apertura di credito: la capitalizzazione, le valute, il ius variandi - 9. Segue: la commissione di massimo scoperto - 10. Gli effetti del superamento del tasso-soglia.
1. Introduzione
La disciplina giuridica dell'usura è articolata in un complesso di misure di
sia di carattere civile che penale, il cui coordinamento appare indispensabile
onde consentire una più efficace repressione del fenomeno e si colloca in un
contesto ove, accanto al principio dell'autonomia contrattuale e della libertà
di iniziativa economica (v. art. 41 I co. Cost.), trova affermazione anche
quello solidaristico (v. artt. 2, 3, 41 II co. Cost.) sicché non risultano più
accettabili né un eccessivo squilibrio contrattuale né una illimitata libertà
delle parti nel fissare il contenuto del contratto.
Già il codice civile conteneva una serie di disposizioni volte a regolare il
fenomeno dell'usura ed a tal fine vengono in considerazione, in particolare,
l'art. 1815 c.c. in tema di mutuo e l'art. 1448 c.c. in tema di rescissione
ultra dimidium.
Altre norme vengono inoltre in considerazione ai fini della disciplina del
fenomeno in esame e cioè l'art. 1384 c.c. (che concerne la riduzione giudiziale
della clausola penale eccessivamente onerosa), l'art. 1526, 2° comma, c.c. (che
consente la riduzione giudiziale dell'indennità convenuta per il caso di
risoluzione della vendita con riserva di proprietà), l'art. 1500, 2°
co., c.c. (che statuisce la nullità del patto con il quale, nel caso di vendita
con patto di riscatto, si convenga la restituzione di un prezzo superiore a
quello pattuito al momento della vendita) ed ancora gli artt. 2744 e 1963 c.c.
in tema di patto commissorio (è sancita la nullità del patto il cui venir meno
non implica, peraltro, né l'estinzione del credito garantito dalla cosa data in
pegno o in ipoteca, né l'estinzione di tali garanzie, bensì la mera estinzione
del patto stesso)1.
Il legislatore del 1942 è ricorso talora al meccanismo della nullità parziale o
della riduzione delle clausole usurarie (v. artt. 1815 II° co. c.c.; 1500 II°
co. c.c.), talaltra alla riconduzione ad equità del rapporto (v. art. 1384
c.c.; art. 1526, II co. c.c.), imponendo come regola generale quella dello
scioglimento del contratto su domanda della parte lesa, salva la possibilità di
ricondurre ad equità il rapporto lesivo (v. artt. 1450 c.c.): l'intento
perseguito è stato dunque quello della conservazione del contratto in un ambito
ove assumeva preminente rilievo, per l'integrazione della fattispecie vietata,
una particolare connotazione dell'elemento soggettivo (sussistenza dello stato
di bisogno di una parte di cui l'altra avesse approfittato per trarne
vantaggio: vedasi il testo, rimasto inalterato, dell'art. 1448 c.c. che
costituiva il completamento in sede civile della repressione del fenomeno
usurario attuata in sede penale dall'art. 644 c.p.).
Agli inizi degli anni novanta il legislatore, resosi conto della necessità di
affrontare con maggiore efficacia il fenomeno usurario, divenuto uno dei punti
di forza della criminalità organizzata, è ripetutamente intervenuto operando su
diversi livelli che vanno dalla prevenzione (si vedano le disposizioni
contenute nel d.l. 8 giugno 2002 n., n. 306 convertito con legge 7 agosto 2002
n. 356) alla repressione civile e penale, attuata con un intervento
maggiormente organico per effetto dell'emanazione della legge 7 marzo 1996, n.
108 e nella quale sono contenute anche misure di natura premiale (v. art. 17 in
tema di riabilitazione del debitore protestato)2.
Gli obiettivi perseguiti sono stati quelli di rendere la disciplina penale
dell'usura più facilmente applicabile conferendo un più marcato carattere
oggettivo alla fattispecie vietata e di estendere l'ambito di intervento anche
alle fattispecie di usura reale, concernenti cioè i comportamenti aventi ad
oggetto la prestazione di servizi o la vendita di immobili (viene infatti
punito, ai sensi del novellato articolo 644 c.p., chi si fa dare o promettere,
sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, interessi o vantaggi usurari, in
corrispettivo non più solo, come in passato, di una prestazione di denaro ma
anche di altra utilità), caratteri questi che valgono anche per la disciplina
civilistica del fenomeno.
Occorre al riguardo evidenziare che la formulazione della disciplina emanata è
assai ampia e può trovare applicazione a tutti i contratti di scambio (con
l'eccezione di quelli aleatori) sicché è stato ritenuto privo di giuridico
fondamento il rilievo che la legge 28 febbraio 2001, n. 24 -contenente norme di
interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108- si applichi solo ai
contratti di mutuo (e non a quelli di conto corrente): la norma prescinde
infatti dalla qualificazione del rapporto in cui siano convenuti interessi
usurari e il generale richiamo all'art. 644 c.p. estende il campo di
applicazione a tutte le fattispecie negoziali in concreto penalmente
sanzionabili3; quanto all'interesse usurario tale espressione è da intendersi
nel senso di corrispettivo, in qualunque forma, del godimento di un determinato
capitale.
La caratterizzazione in senso marcatamente oggettivo della fattispecie usuraria
è avvenuta, da un lato, prevedendo che la legge stabilisce il limite oltre il
quale gli interessi sono sempre usurari (v. art. 644 III co. c.p.) e,
dall'altro, demandando al Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e
l'Ufficio Italiano dei Cambi, il compito di rilevare trimestralmente il tasso
effettivo globale medio (c.d. t.e.g.m.), comprensivo di commissioni, di
remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse,
riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari
finanziari, attività che deve essere effettuata classificando le operazioni per
categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della
durata, dei rischi e delle garanzie4.
E' stato poi previsto che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644
del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, venga
individuato nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di
operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà (c.d.
tasso-soglia).
Merita subito evidenziare che, a fronte dell'intenzione del legislatore di
creare un parametro fisso e facilmente calcolabile per determinare il tasso
usurario onde evitare le incertezze derivanti dalla precedente struttura della
norma che lasciava ampi margini di discrezionalità all'interprete, si sono
presentate notevoli difficoltà in sede applicativa soprattutto in ordine alla
individuazione degli oneri da prendere in considerazione al fine di accertare
la usurarietà del singolo rapporto di credito, difficoltà accentuate anche dal
fatto che, mentre il tasso-soglia è sempre rappresentato in termini percentuali
annui non altrettanto avviene, di regola, per il dato costituito dal costo del
credito in concreto sopportato: di qui la necessità di esprimere in termini di
interesse percentuale annuo tutte le remunerazioni che siano collegate
all'erogazione del credito.
Non è rimasta estranea alla figura dell'usura l'ipotesi tradizionale
(denominata usurarietà in concreto o in parallelo) la cui disciplina si rinviene
nel comma terzo dell'art. 644 c.p. secondo cui "Sono altresì usurari gli
interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi
che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato
per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla
prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione,
quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica
o finanziaria", disposizione che realizza la chiusura del sistema, onde
evitare che possano permanere ambiti sottratti alla repressione5.
Va tuttavia notato che, anche in tale disposizione, la valenza dell'elemento
soggettivo risulta attenuata posto che, per l'integrazione della fattispecie,
non viene più richiesto come in passato l'approfittamento dell'altrui stato di
bisogno6 e cioè la piena consapevolezza di tale condizione (in termini
penalistici il dolo diretto) essendo sufficiente la previsione che la vittima
dell'usura si trovi in condizioni di difficoltà (è quindi sufficiente il dolo
generico o eventuale).
Va sottolineato che, ove si intenda sostenere la natura usuraria del mutuo
sotto tale profilo, la relativa prospettazione dovrà essere formulata nel primo
atto difensivo o, al più tardi, nella memoria ex art. 183 VI co. n. 1 c.p.c.
posto che, per l'integrazione della fattispecie di cui al terzo comma dell'art.
644 c.p., è richiesta la sussistenza di fatti materiali parzialmente diversi
rispetto a quelli previsti dal primo comma del predetto articolo la cui
deduzione deve essere tempestiva onde consentire il pieno articolarsi del contraddittorio.
In proposito va osservato che tale fattispecie risulta di più complesso
accertamento rispetto a quella (apparentemente più semplice) integrata dal
combinato disposto di cui ai commi I e III dell'art. 644 c.p., atteso che la
verifica della sua sussistenza postula valutazioni maggiormente discrezionali
da parte del giudicante; non va tuttavia sottovalutata la circostanza che, fra
i giudici di merito, si sono già manifestati notevoli contrasti interpretativi
data la mancanza di univocità nella individuazione degli oneri rilevanti ai
fini del calcolo del t.e.g.m..
Va aggiunto che l'integrazione di tale ipotesi di fattispecie usuraria richiede
la sproporzione fra le prestazioni avuto riguardo al tasso medio praticato per
operazioni similari (la misura del t.e.g.m. può costituire utile elemento di
raffronto) nonché l'esistenza di una condizione di difficoltà economica o
finanziaria in capo al soggetto richiedente l'erogazione del credito: a tale
riguardo occorre rammentare che talvolta si era ravvisato nella stessa stipula
del contratto a condizioni inique la prova dello stato di bisogno della
vittima7.
Il raggiungimento dell'obiettivo di una più efficace repressione del fenomeno
usuraio è venuto ad intersecarsi con quello finalizzato a garantire una sempre
maggiore trasparenza del mercato del credito (si vedano in proposito la legge
17 febbraio 1992 n. 154 e poi il d. lgs. 1 settembre 1993, n. 3858) e ciò al
fine di favorire la concorrenza fra gli operatori bancari e ridurre i costi
della concessione del credito nonché di tutelare i c.d. soggetti deboli ed in
particolare, ma non solo, i consumatori,
finalità perseguita attraverso l'accentuazione degli obblighi informativi posti
a carico dell'intermediario nell'intento di attenuare la sproporzione esistente
fra le parti e che dipende dalla loro diversa forza economica e concerne anche
il patrimonio di specifiche conoscenze tecniche sia degli strumenti negoziali
che delle regole di funzionamento del mercato del credito e della finanza.
Si deve aggiungere, come ulteriore notazione preliminare, che sempre più spesso
la sproporzione fra le prestazioni può dipendere da voci diverse dagli
interessi e cioè da oneri e spese di frequente non chiaramente indicati al
cliente al momento della stipulazione del contratto sicché particolare
attenzione va posta nell'esame della disciplina legale (non sempre completa) e
negoziale di tali accessori.
2. La novellata disciplina del mutuo
Venendo ad esaminare i casi di contratti bancari che con maggiore frequenza
hanno dato luogo a controversie vengono in considerazione il mutuo ed il contratto
di apertura di conto corrente.
Con riguardo alla prima fattispecie9 per effetto della legge 108/1996, viene
novellato l'art. 1815 II co. c.c. che sostituisce l'originario meccanismo della
riduzione del tasso usurario alla misura legale con la conversione del mutuo
usurario in mutuo gratuito, modifica assai criticata essendosi evidenziato che
la nuova formulazione, di accentuato carattere sanzionatorio, mal si
concilierebbe con gli obiettivi di regolazione e trasparenza del sistema legale
del credito, rispetto ai quali il previgente meccanismo di riequilibrio del
rapporto contrattuale sembrava essere più congruente: da tale regola deriva
infatti che il mutuo rimane in vita e diviene gratuito sicchè il mutuatario
continua a beneficiare del differimento del termine di restituzione della somma
erogatagli ed inoltre le rate saranno costituite solo dalla quota capitale.
La modifica dell'art. 1815 II co. c.c. è stata essenzialmente dettata da due
esigenze: da un lato quella di rafforzare gli strumenti di tutela contro il
fenomeno dell'usura, attraverso una norma di contenuto afflittivo e,
dall'altro, quella di privilegiare l'esigenza di conservazione del contratto ed
evitare la declaratoria di nullità, che avrebbe, altrimenti, imposto al
mutuatario l'immediata restituzione del capitale percepito aggravando, così, la
posizione proprio del soggetto bisognoso di tutela10.
3. Le questioni di diritto intertemporale
L'introduzione della legge 108/1996 ha creato particolari problemi di diritto
intertemporale nel senso che si è posto il problema della disciplina dei
contratti di mutuo stipulati prima dell'entrata in vigore della legge 108/1996
ed in proposito si può distinguere il caso del mutuo in relazione al quale, già
al momento della stipula, la misura degli interessi era superiore alla prima
rilevazione da parte del Ministro del Tesoro da quello nel quale il superamento
del tasso soglia è avvenuto successivamente per effetto della progressiva
diminuzione del costo del denaro11.
In proposito va osservato che la Corte di Cassazione12, in linea di continuità
rispetto alla soluzione adottata in tema di fideiussione omnibus con riguardo
alla novella dell'art. 1938 c.c.,13 ha stabilito il principio della immediata
applicazione della legge 108/1996 anche ai rapporti di mutuo stipulati in data
anteriore alla entrata in vigore di tale legge in quanto l'obbligazione degli
interessi non si esaurisce in una sola prestazione, ma si concretizza in una
serie di prestazioni successive.
La Suprema Corte (subito seguita da molti giudici di merito)14 ha così aderito
alla tesi della nullità parziale sopravvenuta con la conseguenza che, ove al
momento della corresponsione degli interessi questi superino il tasso-soglia,
la clausola (in origine validamente stipulata) è stata ritenuta nulla (si
tratta di nullità parziale ex art. 1419 II co. c.c.) con l'effetto
dell'applicazione, in virtù del meccanismo previsto dall'art. 1339 c.c., del
tasso previsto dalla legge: il rapporto rimane dunque in vita e non trova
applicazione il disposto di cui al secondo comma dell'art. 1815 c.c. il cui
ambito operativo si ritiene limitato all'ipotesi in cui sin dal momento della
stipulazione vengano convenuti interessi in misura eccedente il tasso previsto
dalla legge.
Il fondamento di tale assunto viene rinvenuto, in particolare, nella lettera
della norma di interpretazione autentica della legge 108/1996 operata dalla
legge n. 24/2001 che ha escluso la usurarietà sopravvenuta stabilendo che si
deve avere riguardo agli interessi che superano il limite legale nel momento in
cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo,
indipendentemente dal momento del loro pagamento.
La giurisprudenza ha poi avuto modo di specificare che il principio
dell'applicabilità della nuova normativa vale ove il rapporto non si sia
esaurito e non osta a ciò la pendenza di una controversia sulle obbligazioni
derivanti dal contratto e rimaste inadempiute, le quali non implicano che il
rapporto contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha
lasciato in capo alle parti, o ad una di esse, delle ragioni di credito15.
In dottrina si è criticamente rilevato come non sia stata adottata la soluzione
consistente nella rinegoziazione del mutuo, pur introdotta dal legislatore in
singole ipotesi16 opzione che sembra essere maggiormente conforme ai principi
del diritto contrattuale europeo, prescinde da un inadempimento delle parti e
non determina una novazione del rapporto (e non comporta quindi l'estinzione
della garanzia acquisita)17.
La legge 108/1996 ha poi direttamente disciplinato, all'art. 3, l'ipotesi dei
contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 108/1996 ma
anteriormente alla prima rilevazione trimestrale del t.e.g.m. (avvenuta con
d.m. 22-3-1997): in proposito va osservato che la prima rilevazione del
tasso?soglia può costituire utile parametro di riferimento (unitamente ad altre
circostanze da valutarsi nel singolo caso) per verificare l'esistenza della
sproporzione fra le prestazioni mentre, in coerenza con le linee direttive seguite
dalla riforma, l'elemento soggettivo assume una rilevanza piuttosto attenuata
in quanto ridotto alla conoscenza delle condizioni di difficoltà del soggetto
richiedente il finanziamento18.
4. Profili particolari: gli interessi moratori
Nell'ambito della verifica circa il superamento del tasso-soglia è stato
sollevato il dubbio se anche tale tipologia di interessi soggiaccia alla
disciplina di cui alla legge 108/1996 e ciò in relazione alla circostanza che
l'art. 1815 c.c. fa diretto riferimento solo agli interessi corrispettivi19,
che le due tipologie di accessori hanno natura diversa, che il mercato prevede
per quelli moratori una misura mediamente superiore rispetto a quella applicata
agli altri, dubbio alimentato dal fatto che la Banca d'Italia in un primo tempo
(vedasi le Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ed.
1996) non li prendeva in considerazione ai fini del calcolo del t.e.g.m. e che,
a partire dal d.m. 25-3-2003, viene precisato che i tassi effettivi globali
medi non sono comprensivi degli interessi moratori di cui viene comunque
separatamente rilevata la misura a fini conoscitivi.
Premesso che, ove si computassero nel valore medio elementi di costo che
attengono a profili patologici, si produrrebbero effetti distorsivi in quanto
si determinerebbe un incremento del parametro di riferimento atteso che il
tasso fisiologico tenderebbe ad avvicinarsi a quello patologico laddove la
finalità perseguita dal legislatore è quella invece di contenere i tassi
anomali, va osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, stante la
lettera della norma di interpretazione autentica (v. art. 1 del d.l. 29
dicembre 2000,
n. 394 convertito con legge 28 febbraio 2001, n. 24 che fa riferimento agli
interessi promessi o comunque convenuti "a qualunque titolo"), anche
per tale tipologia di interessi vale il limite derivante dalla normativa
antiusura20, soluzione questa che trova conforto anche nel testo della
relazione illustrativa al disegno di legge.
Va osservato che in dottrina tale interpretazione è stata assai criticata
sostenendosi, da parte di alcuni autori, l'applicabilità dell'art. 1384 c.c.
stante la natura penale degli interessi mentre da parte di altri si è invocato
il disposto di cui all'art. 33 II co. del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 20621.
Ulteriore elemento a favore della tesi qui sostenuta può trarsi dal fatto che
il secondo comma dell'art. 2 bis del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 convertito
con legge 28 gennaio 2009, n. 2 fa riferimento agli interessi senza alcuna specificazione.
In considerazione della diversa natura rivestita dalle due menzionate tipologie
di interessi deve ritenersi che, al fine di verificare l'eventuale superamento
del tasso-soglia, quelli moratori non possano essere cumulati con quelli
compensativi dovendosi d'altro canto rilevare che essi non gravano
contemporaneamente sul debitore.
Da quanto precede deriva che, prima del d.m. 25 marzo 2003, per stabilire la
natura usuraria degli interessi moratori si deve avere riguardo ai tassi-soglia
rilevati ogni trimestre mentre, a partire da tale decreto, si pone il problema
se si debba o meno tenere conto della separata rilevazione (tesi questa
espressamente sostenuta dall'A.B.I. secondo cui il tasso soglia degli interessi
moratori va determinato nella percentuale prevista per gli interessi
corrispettivi, maggiorata di 2,1 punti percentuali, aumentata della metà e,
peraltro, assai criticata essendosi sottolineata la natura meramente statistica
e parziale della distinta rilevazione di tali accessori operata dalla Banca
d'Italia).
In dottrina è stato inoltre sostenuto che la separata rilevazione degli
interessi moratori, mantenuta anche nel d.m. 24 settembre 2009, troverebbe
spiegazione nel carattere transitorio di tale disciplina22 in attesa che
vengano individuati i nuovi dati alla stregua delle innovazioni contenute nella
legge 28 gennaio 2009 n. 2 di conversione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185
sicché, a tutto volere concedere, in futuro la misura del tasso-soglia dovrebbe
essere identica sia per tali interessi che per quelli corrispettivi.
Si può immaginare che il superamento del tasso-soglia, con riguardo agli
interessi moratori, risulti già al momento della stipulazione del negozio
potenzialmente usurario: poiché l'art. 1 del d.l. 394/2000 fa riferimento ad
interessi promessi o comunque convenuti l'unica conseguenza possibile sembra
quella della nullità sin ah origine della specifica clausola che li prevede con
la conseguenza che essi non sono dovuti (in analogia con quanto previsto per
quelli corrispettivi).
Occorre anche ricordare che nelle ipotesi di mutuo per il quale sia previsto il
pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi,
questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale
da restituire al mutuante sicchè la capitalizzazione degli interessi non è
legittima23 così come non è legittimo l'anatocismo in caso di risoluzione
anticipata del contratto di mutuo24 mentre la giurisprudenza di legittimità è
pervenuta a diversa soluzione con riguardo ai mutui fondiari stipulati in base
alla normativa vigente anteriormente all'entrata in vigore del d. lgs. 1
settembre 1993 n. 38525.
In relazione a tali profili viene quindi in rilievo la tematica concernente se
nella determinazione del superamento del tasso-soglia si debba tenere conto
della capitalizzazione.
Accanto alla opinione favorevole che fa leva sull'ampio significato della
nozione di remunerazione e che ha trovato conforto in parte della
giurisprudenza di merito26 ed in dottrina, se ne affianca una contraria che si
fonda sul dato secondo cui il tasso-soglia è quello individuato con il decreto
ministeriale emesso sulla base dei criteri enunciati nelle Istruzioni della
Banca d'Italia che non prendono in considerazione tale parametro27.
Spesso inoltre sono previste ulteriori voci (c.d. accessori della mora: ad es.
commissioni di insoluto) che comportano un aumento del risarcimento a
carico del soggetto inadempiente (va rammentato che l'art. 8 III co. del d.l.
31 gennaio 2007, n. 7 convertito con legge 2 aprile 2007, n. 40 -c.d. decreto
Bersani bis- stabilisce la nullità di ogni patto, anche posteriore alla
conclusione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il
debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione di cui al comma 1): premesso
che occorre verificare alla luce del testo delle singole clausole se gli
accessori della mora siano convenuti per l'ipotesi di inadempimento assoluto o
per il semplice ritardo, ulteriore profilo problematico concerne la compatibilità
di tali ulteriori oneri con la fissazione convenzionale degli interessi di mora
dato che l'art. 1224 II co. c.c. dispone che al creditore che dimostri di avere
subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento e che questo non è
dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori: la Suprema
Corte28 ha tuttavia ritenuto che l'art. 1224 c.c. non precluda al creditore di
ottenere il risarcimento ulteriore rispetto a quello stabilito a priori in
contratto.
Ad ogni modo deve ritenersi che il tasso-soglia non possa essere superato
atteso che anche tali oneri sono collegati all'erogazione del credito e,
quindi, assumono rilevanza ai fini della disciplina anti-usura.
Per verificare se siano stati applicati interessi anatocistici illegittimi e/o
comunque usurari sarà necessario analizzare il piano di ammortamento (che si
ritiene abbia natura di clausola negoziale)29 e verificare il tasso moratorio
concordato: in proposito deve rilevarsi che il piano deve essere stato prodotto
dalla parte interessata nei termini assegnati per le deduzioni probatorie30.
5. Segue: la clausola penale
Maggiori incertezze riguardano la rilevanza, ai fini della disciplina
antiusura, della clausola penale la cui disciplina si rinviene nella
disposizione di cui all'art. 1382 c.c..
Ove si aderisca alla tesi secondo cui la clausola penale ha funzione
risarcitoria ed è diretta a determinare in via preventiva il danno risarcibile,
ne deriva che essa riveste la medesima natura degli interessi moratori sicché
nulla osta a che se ne debba tenere conto nella valutazione circa il
superamento del tasso-soglia e, d'altro canto, va rilevato che il termine
remunerazione utilizzato dall'art. 2 della legge 108/1996 ha contenuto ampio.
Potrebbe ipotizzarsi che, per effetto della previsione della clausola penale,
già al momento della stipulazione del negozio risulti superato il tasso-soglia
ed allora valgono le considerazioni sopra svolte a proposito degli interessi
moratori.
L'ipotesi più semplice è che gli interessi moratori pattuiti rispettino il
tasso-soglia e che il superamento di tale parametro derivi dalla applicazione
di una clausola penale: in tal caso gli interessi dovranno essere ridotti nei
limiti del c.d. tasso di legge.
Appare peraltro doveroso segnalare l'opinione contraria secondo cui, stante la
diversa funzione svolta la clausola penale (la quale può anche essere diretta a
risarcire, in via preventiva, il lucro cessante ex art. 1224 II co. c.c. e cioè
il danno ulteriore), tale voce non può venire in considerazione ai fini della
disciplina antiusura31.
Naturalmente rimane sempre possibile che la fattispecie rientri nell'ipotesi di
c.d. usura in concreto di cui al terzo comma dell'art. 644 c.c..
6. Segue: la clausola penitenziale
Con riguardo invece alla clausola penitenziale o per estinzione anticipata va
notato che si tratta di clausola diversa da quella penale che non presuppone
l'inadempimento di una delle parti (cfr. art. 1373 c.c.)32 ed è pacificamente
ammessa a favore del solo mutuatario (va rammentato che, per effetto dell'art.
7 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 convertito con legge 2 aprile 2007, n. 40, è
stata abolita la possibilità di prevedere siffatta clausola nell'ambito dei
mutui concernenti l'acquisto o la ristrutturazione di immobili da destinarsi ad
abitazioni nonché di quelli destinati allo svolgimento di attività economica o
professionale del destinatario sempreché il mutuatario sia persona fisica ed
inoltre è stato fatto divieto ai soggetti mutuanti di rifiutare la
rinegoziazione dei mutui): con tale pattuizione si consente al mutuatario di
recedere anticipatamente dal contratto restituendo anzitempo il capitale ancora
dovuto e corrispondendo alla banca un compenso onnicomprensivo per l'estinzione
anticipata (si veda in proposito l'art. 40 I co. del d. lgs. 1 settembre 1993,
n. 385)33.
In proposito occorre mettere in evidenza che il legislatore dubitava quantomeno
del correttezza delle modalità di computo di tale commissione da parte degli
istituti bancari34 e che la sua riduzione per un verso era diretta a consentire
la stipula di nuovi mutui a condizioni complessivamente meno onerose e, per un
altro, a favorire la concorrenza fra le banche, finalità diverse rispetto a
quelle perseguite con la repressione del fenomeno dell'usura e consistenti nel
vietare comportamenti vessatori da parte dei professionisti del credito nei
confronti degli utenti dei servizi finanziari.
E' comunque certo che tale voce, correttamente, non rientra fra le basi di
calcolo del tasso-soglia35 e non può andare sottaciuto che tale pattuizione
corrisponde ad un diritto potestativo, esercitato a discrezione del mutuatario,
che prescinde da un inadempimento e consente ad una sola delle parti di
sciogliersi unilateralmente dal contratto: non può tuttavia negarsi che
siffatto onere costituisca una remunerazione secondo l'ampia nozione contenuta
nella legge 108/1996.
7. Segue: le spese per la cancellazione dell'ipoteca e di chiusura
Il legislatore con l'art. 13 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 convertito con
legge 2 aprile 2007, n. 40 ha notevolmente semplificato gli oneri conseguenti
alla estinzione dell'ipoteca atteso che la banca, una volta avvenuta
l'estinzione dell'obbligazione, deve rilasciarne quietanza gratuita al debitore
e trasmettere la comunicazione al conservatore il quale dovrà procedere alla
cancellazione e, in tal modo, si sono eliminate le spese di quietanza e di
intervento del notaio che incidevano sul costo effettivo del prestito; rimane
dubbia la validità di clausole che prevedano commissioni di chiusura36
ritoccate al rialzo in vista dei nuovi adempimenti imposti alle banche (in
proposito va rilevato che l'ABI ritiene non applicabile al mutuo la norma di
cui all'art. 10 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 convertito con legge 4 agosto
2006 n. 248 (tale norma ha modificato l'art. 118 del d. lgs. 1 settembre 1993,
n. 385) che prevede la uscita dal contratto "senza spese"37: tale
tesi che trova conforto anche nella circolare ministeriale del 21 febbraio 2007
non sembra però convincente in considerazione del tenore letterale della norma
nonché della circostanza che le norme di favore per i mutuatari riguardano solo
determinate categorie di mutui): si pone quindi il problema della natura
usuraria di tali oneri.
In proposito si rileva che il punto C4 delle Istruzioni della Banca d'Italia
dell'agosto 2009 prevede l'inclusione, nel calcolo del t.e.g.m., anche delle
spese di chiusura della pratica.
8. Il contratto di apertura in conto corrente
Anche in relazione all'apertura di credito si prospetta il tema del rapporto
con la disciplina antiusura in considerazione della ampia previsione contenuta
nell'art. 2 della legge 108/199638 e, d'altro canto, tale fattispecie negoziale
rientra nelle categorie oggetto della rilevazione trimestrale ai fini della
determinazione del t.e.g.m.: le difficoltà applicative insorgono con riguardo
agli interessi pretesi per le somme utilizzate, alla capitalizzazione, alla
applicazione delle valute, alla unilaterale variazione delle condizioni
economiche nonché alla provvigione (ora variamente denominata) pretesa per la
messa a disposizione di una determinata somma a favore del cliente.
Un primo profilo, più generale, concerne l'applicabilità del principio sancito
dal secondo comma dell'art. 1815 c.c. a contratti diversi dal mutuo e, in
proposito, l'opinione maggioritaria è nel senso della natura eccezionale della
disposizione in questione che, conseguentemente, non può essere estesa a casi
non espressamente previsti e ciò sia in virtù della sua finalità sanzionatoria
sia perchè essa introduce una deroga al principio della naturale fecondità del
denaro stabilito dall'art. 1282 c.c.. (in senso diverso è stato autorevolmente
sostenuto che il legislatore ha inteso colpire il fenomeno usurario in tutte le
sue manifestazioni sicché la pattuizione degli interessi usurari costituirebbe
un dato costante che trascende il tipo in cui essa è inserita)39.
Quanto alle valute40 la prassi bancaria nel regolamento contabile delle
operazioni di addebito e di accredito effettuate dal correntista consiste nella
registrazione degli importi addebitati in conto con data antergata (c.d. valuta
fittizia) rispetto al giorno in cui è stata effettuata l'operazione (valuta
effettiva) nonché nella registrazione degli accrediti con data postergata
rispetto al giorno in cui è stata effettuata l'operazione: si tratta di un
corrispettivo per il servizio di incasso nelle operazioni di relative alla
negoziazione degli assegni ovvero per il servizio di trasmissione del denaro
nel caso di bonifici e, quindi, di corrispettivi collegati non già all'erogazione
del credito ma al compimento di singole operazioni e, pertanto, le clausole che
le contemplano non sembrano possano venire in considerazione al fine della
determinazione usuraria del tasso.
Rimane aperta la questione concernente la verifica della legittimità della
applicazione delle valute e, a tal fine, la contestazione del cliente deve
essere specifica e documentata41 e non sembra possa essere rimessa al c.t.u.
tanto più che, in concreto, difficilmente l'illegittima contabilizzazione delle
poste può emergere dal mero esame delle risultanze del conto corrente.
E' controversa la natura dell'applicazione delle valute: secondo una opinione
si tratterebbe di pattuizione volta a modificare il saggio di interesse
applicato sui saldi attivi o passivi e quindi assoggettata alla forma scritta
ex art. 1284 c.c.; secondo altra impostazione la clausola in questione
rientrerebbe nell'ambito di applicazione di cui all'art. 10 del d.l. 248/2006
che ha modificato il testo dell'art. 118 t.u.l.b. (l'applicazione delle valute
rientra fra le condizioni di contratto); per altri autori l'applicazione delle
valute costituisce una modalità di funzionamento del conto corrente prevista
nelle clausole contrattuali e suscettibile di impugnazione ex art. 1832 c.c.42;
anche per tali accessori sussiste il problema della determinatezza o
determinabilità della clausola ex artt. 1346 e 1418 II co. c.c..
Non può sottacersi che non pochi autori fanno rientrare le modalità di computo
delle valute nella nozione di remunerazione ai sensi della legge 108/1996
sicché, secondo tale prospettazione, anche tale posta dovrebbe assumere rilievo
ai fini della verifica della usurarietà dell'operazione di credito.
Va in ogni caso osservato che delle valute non viene fatta menzione nelle
Istruzioni emesse dalla Banca d'Italia per il calcolo del t.e.g.m..
Altro profilo problematico riguarda le remunerazioni variate dalla banca
unilateralmente in corso di rapporto ove siano "al di fuori" del
contratto nel senso che manca una pattuizione attributiva alla banca di uno ius
variandi ex art. 118 t.u.l.b.: in relazione a tale fattispecie è stato ritenuto
che, trattandosi di pretese unilaterali illegittime, esse non possono
configurare un patto potenzialmente usurario43 poiché la disciplina in tema di
usura avrebbe riguardo unicamente al pactum sceleris ma non alla pretesa
usuraria.
9. Segue: la commissione di massimo scoperto
In ordine alla commissione di massimo scoperto premesso che, secondo la nozione
desunta dalla tecnica bancaria, fatta propria dalla Banca d'Italia e recepita
dalla giurisprudenza di legittimità44, la stessa veniva definita come la
remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a
favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della
somma e che la sua disciplina trovava fondamento solo negli accordi fra le
parti45, a seguito dell'emanazione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 convertito
con legge 29 gennaio 2009, n. 2 e successivamente del d.l. 1 luglio 2009, n. 78
convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102 tale compenso è stato normativamente
regolato sicché occorre confrontarsi con le indicazioni desumibili dal dato
positivo: in proposito va osservato che l'art. 2 bis del predetto decreto
legge, con una formulazione piuttosto contorta, ha introdotto una commissione
(denominata commissione di massimo scoperto) commisurata al saldo risultante a
debito per periodi pari o superiori a trenta giorni46 e in presenza di fidi ed
una ulteriore commissione (denominata corrispettivo per il servizio di messa a
disposizione delle somme) predeterminata e commisurata all'importo e alla
durata del fido accordato indipendentemente dall'effettivo utilizzo47; si deve
inoltre rilevare che, per effetto dell'art. 2 del d.l. 78/2009 convertito con
legge 102/2009, il legislatore ha ulteriormente limitato l'autonomia delle
parti avendo stabilito che l'ammontare del corrispettivo onnicomprensivo48 non
può comunque superare lo 0,5 % per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a
pena di nullità.
Rammentato che le modalità applicative e di calcolo dell'onere in esame
(espressione in formula percentuale sullo scoperto ed aumentata per effetto
della capitalizzazione trimestrale) avevano reso del tutto simile tale voce a
quella per interessi, si deve osservare che, anche in relazione a tale
compenso, erano sorti contrasti interpretativi generati per lo più dal fatto
che la Banca d'Italia, nelle proprie Istruzioni, provvedeva a rilevare
separatamente la misura della commissione di massimo scoperto senza tuttavia
che essa venisse inserita ai fini del calcolo del t.e.g.m.: così mentre da
parte di alcuni si sosteneva che nella verifica del superamento del tasso
soglia non si potesse tenere conto della c.m.s. proprio per tale ragione, da
altri si evidenziava l'arbitrarietà dell'operato della Banca d'Italia49
rientrando tale voce nella remunerazione a qualsiasi titolo di cui fa menzione
l'art. 2 della legge 108/199650.
Il problema sembra ora risolto alla stregua delle Istruzioni emanate
nell'agosto 2009 dalla Banca d'Italia essendo espressamente specificato che, ai
fini del calcolo del t.e.g.m., si deve tenere conto anche di tale compenso,
rilevandosi che la Banca d'Italia, nel prevedere l'incidenza della c.m.s. nel
calcolo del t.e.g.m., fa riferimento al fido accordato e non a quello
utilizzato51.
Rimane tuttavia aperto il problema di diritto intertemporale52 concernente le
erogazioni di denaro effettuate prima che venga emesso il decreto ministeriale
adeguato alle nuove indicazioni tecniche della Banca d'Italia e, in proposito,
occorre rilevare come nessuna delle nuove norme in tema di c.m.s. si riferisca
ai rapporti pregressi sicché permangono i contrasti evidenziati in ordine ai
rapporti fra la disciplina antiusura ed il rilievo, a tal fine, di tale forma
di remunerazione: con riguardo ai rapporti cui si riferiscono le rilevazioni
ministeriali sino al 31 dicembre 2009 deve ritenersi che si debba tenere conto
anche della commissione di massimo scoperto con l'avvertenza che al tasso
individuato dalla Banca d'Italia va aggiunta la percentuale, dalla medesima
rilevata, che si riferisce a tale onere con la conseguenza che il superamento
del tasso soglia potrà ritenersi sussistere allorquando le remunerazioni
pretese dalla banca superano il t.e.g.m. maggiorato di tale ulteriore percentuale,
tesi questa apertamente sostenuta dalla Banca d'Italia.
Occorre ricordare che per il calcolo del t.e.g.m. la formula utilizzata dalla
Banca d'Italia è la seguente:
interessi x 36.500 + oneri numeri debitori accordato
laddove per interessi si intendono le competenze di pertinenza del trimestre di
riferimento (incluse le maggiorazioni di tasso applicate in occasione degli
sconfinamenti rispetto al fido accordato) in funzione del tasso di interesse
annuo applicato, la voce numeri debitori è data dal prodotto tra i capitali e i
giorni, la voce oneri indica le spese sostenute nel trimestre di riferimento
comprensive di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese (escluse
imposte e tasse) ed infine la voce accordato sta per fido accordato ovvero il limite
massimo di credito concesso dalla banca al cliente.
In proposito va rammentato che la Banca d'Italia ha ritenuto che qualora
l'eccedenza della commissione rispetto alla c.m.s.-soglia sia inferiore a tale
"margine" non si determina un superamento delle soglie di legge
atteso che la natura usuraria del rapporto va desunta da una valutazione
complessiva delle condizioni applicate53 sicché la formula per il calcolo del
t.e.g.m. è allora la seguente54:
interessi x 365 + oneri + c.m.s. - c.m.s. soglia
(capitali + interessi trimestrali) accordato max scoperto
x numero giorni
Ove invece si ritenga di discostarsi dall'indicazione fornita dalla Banca
d'Italia la formula da utilizzare (con eliminazione della capitalizzazione e
l'inclusione della c.m.s. come voce autonoma di costo connessa al credito
erogato) è la seguente55:
(interessi + c.m.s. + oneri) x 365
capitali x numero giorni
Ulteriore questione applicativa concerne la applicazione dell'anatocismo anche
alla c.m.s.56.
10. Gli effetti del superamento del c.d. tasso soglia
Per quanto concerne gli effetti del superamento delle soglie usurarie, i rimedi
a disposizione della parte che sopporta l'imposizione di interessi iniqui
consistono a) nell'eccepire la nullità del mutuo usurario sin ab origine e
pretenderne la gratuità; b) nel dedurre la nullità delle clausole relative agli
interessi usurari (per tali intendendosi commissioni, remunerazioni a qualsiasi
titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse) ex artt. 1339 e 1419 II co.
c.c. (si tratta di eccezione rilevabile d'ufficio ex art. 1421 c.c.57) e
pretendere la restituzione del tantundem versato; c) nel richiedere -in via
negoziale o nei casi di specifica previsione legislativa- una rinegoziazione
del tasso d'interesse in modo da ricondurlo entro il tasso di legge; d)
nell'eccepire la nullità e pretendere l'applicazione del tasso di sostituzione
oltre alla ripetizione dell'indebito oggettivo.
Quanto al tasso di sostituzione da applicare secondo la Suprema Corte si
applica automaticamente il tasso di interesse conforme alla legge al momento
della sua entrata in vigore58: in proposito si rileva come appaia prevalente
fra i giudici di merito l'orientamento secondo cui la pretesa della banca vada
ricondotta nei limiti del tasso-soglia59 e ciò in quanto esso è l'unico
criterio normativo di riferimento. Da ciò consegue che al c.t.u. deve essere
affidato l'incarico, nel caso di accertato superamento del parametro di legge,
di ricalcolare quanto di spettanza della banca applicando ad ogni trimestre il
tasso-soglia.
Merita segnalare che è stata sostenuta in dottrina l'idea di applicare il
t.e.g.m. (tale valore non ha tuttavia un rilievo autonomo costituendo solo
l'addendo di una somma che nel suo complesso costituisce il tasso-soglia) e che
qualche decisione di merito ha fatto riferimento al tasso legale previsto
dall'art. 1284 c.c..
Va aggiunto che la legge n. 24/2001 ha previsto il tasso di sostituzione per i
mutui a tasso fisso in essere alla data del 2 gennaio 2001 e stipulati
anteriormente alla prima rilevazione trimestrale del tasso soglia per i quali
non sono scadute tutte le rate (non vale quindi per quelli a tasso variabile né
per quelli a tasso fisso con tutte le rate scadute): per essi non vale il tasso
antiusura ed il tasso di sostituzione si applica alle sole rate (a seguito
della decisione della Corte Costituzionale 25 febbraio 2002 n. 29) a scadenza a
decorrere dal giorno dell'entrata in vigore del decreto legge n. 394/200060.
*Lo scritto costituisce la rielaborazione dell'intervento tenuto al convegno su
"Anatocismo e Usura: questioni aperte, possibili sviluppi e soluzioni
operative" svoltosi a Padova il 30-31 ottobre 2009 organizzato dall'Ordine
dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova
1) Sul tema vedasi S. IADEVAIA, Squilibrio ed usura nei contratti. La tutela
civile, in Il nuovo diritto dei consumatori, Torino, 2009, 425 e segg..
Ulteriori disposizioni volte ad eliminare lo squilibrio contrattuale sono
contenute in norme speciali: v. art. 33 e segg. del d. lgs. 6 settembre 2005,
n. 206 (sulla tutela del consumatore); art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n.
287 (in tema di abuso di posizione dominante); art. 9 della legge 18 giugno
1998, n. 192 (in tema di abuso di dipendenza economica). Del tutto particolare
la fattispecie di cui all'art. 7 del d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 (in tema di
ritardo nei pagamenti) ove il legislatore si preoccupa di tutelare il
creditore.
2) Degno di menzione è anche l'art. 20 della legge 23 febbraio 1999, n. 44 che
prevede, in presenza di determinati presupposti, la sospensione delle procedure
esecutive nei confronti dei debitori vittime dell'usura (sulla disciplina del
rapporto fra autorità giudiziaria ed autorità amministrativa implicato da tale
disposizione v. Cass. 24 gennaio 2007, n. 1496 nonché Corte Cost. 23 dicembre
2005, n. 182). Mentre secondo Cass. 22 gennaio 2009, n. 1613 la sospensione dei
termini di decadenza prevista dall'art. 20 della legge n. 44/1999 trova
applicazione anche con riguardo alle cause inerenti alla dichiarazione e revoca
del fallimento, va segnalato che rimane controverso nella giurisprudenza di
merito se la sospensione prevista dalla predetta norma possa trovare
applicazione al procedimento per la dichiarazione di fallimento: si sono
pronunciati in senso favorevole Trib. Palmi 19 marzo 2007; Trib. Reggio
Calabria, 26 aprile 2007; Trib. Ascoli Piceno 9 ottobre 2008, inedite; in senso
contrario risultano invece orientati Trib. Palermo, 4 ottobre 2000 in Il Fall.,
2001, 1033 con nota di RUSSO LIBERTINO ALBERTO, Benefici della legge antiracket
e dichiarazione di fallimento; Trib. Udine 19 maggio 2008, inedita.
3) V. Cass. 12 luglio 2007, n. 15621.
4) Sui compiti tecnici della Banca d'Italia vedasi R. MARCELLI, Criteri e
modalità di determinazione del tasso d'usura: ambiguità e contraddizioni, in
Banche, consumatori e tutela del risparmio (a cura di S. AMBROSINI - P. G.
DEMARCHI), Milano, 2009, 433.
5) Si rammenta che costituisce solo una aggravante ai sensi dell'art. 644 V co.
c.p. la commissione del reato in danno di chi si trova in stato di bisogno.
6) Lo stato di bisogno va inteso non come assoluta indigenza, ma come una
situazione di difficoltà economica che incida sulla libera determinazione a
contrarre e costituisca, quindi, il motivo dell'accettazione della sproporzione
tra le prestazioni da parte del contraente danneggiato (cfr. Cass. 13 gennaio
2009, n. 3646).
7) In tal senso si è ripetutamente espressa la Suprema Corte in sede penale: v.
Cass. 13 novembre 2008, n. 45152; Cass. 30 ottobre 2008, n. 44899; Cass. 14
gennaio 2008, n. 6897; Cass. 1 settembre 1987, n. 9450; Cass. 31 gennaio 1987,
n. 1207. In senso contrario vedasi invece Cass. 14 gennaio 2008, n. 6897.
8) Altre interessanti disposizioni si rinvengono nel d. lgs. 206/2005 in
materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari.
Di rilievo anche le indicazioni in tema di "Trasparenza delle operazioni e
dei servizi bancari e finanziari - Correttezza delle relazioni tra intermediari
e clienti" emanate nel luglio 2009 dalla Banca d'Italia e reperibili sul
sito www.bancaditalia.it.
9) Sul tema vedasi B. INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso
"soglia" della disciplina antiusura e al divieto dell'anatocismo, in
Banca borsa titoli di credito, 1999, fasc. 3.
10) Sui profili di interpretazione dell'art. 1815 II c. c.c. vedasi B.
INZITARI, Le obbligazioni nel diritto civile degli affari, Padova, 2006, 239 e
segg..
11) Equipara espressamente le due fattispecie Cass. 12 novembre 2008, n. 27005.
Per una ampia disamina della dottrina e della giurisprudenza su tale aspetto
vedasi G. GIUSTI, Note in tema di sequestro liberatorio ed usurarietà
sopravvenuta del tasso di interesse, Banca, borsa e titoli di credito, 2001,1,
110.
12) Si veda in particolare la sentenza 17 novembre 2000, n. 14899 che consolida
l'orientamento già espresso con le decisioni 22 aprile 2000, n. 5286 e 2
febbraio 2000, n. 1126.
13) Si è ritenuto che l'art. 1938 c.c. nel testo introdotto con la legge 17
febbraio 1992, n. 154 non abbia efficacia retroattiva e non si applichi ai
rapporti già sorti; le fideiussioni stipulate anteriormente all'entrata in
vigore della legge di riforma sono tuttavia inoperanti rispetto alle
obbligazioni sorte in epoca successiva (v. Corte Cost. 27 giugno 1997, n. 204
nonché, ex multis, Cass. 3 settembre 2007, n. 18529 ove ampi richiami dei precedenti
di legittimità).
14) In dottrina era stata prospettata anche la tesi della inesigibilità
sopravvenuta: v. P. DAGNA, Profili civilistici dell'usura, Padova, 2008, 114 e
ss..
15) Cfr. Cass. 30 novembre 2007, n. 25016; Cass. 22 luglio 2005, n. 15497.
16) Si vedano in tema di mutui edilizi agevolati l'art. 29 della legge 13
maggio 1999, n. 133 e, più di recente, con riguardo agli immobili destinati a
prima abitazione, l'art. 3 del d.l. 27 maggio 2008, n. 93 convertito con legge
24 luglio 2008, n. 126.
17) Sottolinea particolarmente tale profilo, P. DAGNA, op. cit., 124 e ss..
18) Fra le poche decisioni edite sul punto si segnala Trib. Avellino 12 aprile
1999 in Dir. Fall., 1999, 916.
19) Per un esame dei profili concernenti gli interessi a tasso variabile vedasi
A. Turco, Il tasso soglia usurario e il contratto di mutuo, Riv. notariato,
2005, 2, 265.
20) Cfr. Cass. 4 aprile 2003, n. 5324; Cass. 22 aprile 2000, n. 5286; Cass. 17
novembre 2000, n. 14899; v. anche Corte Cost. 25 febbraio 2002, n. 29.
21) Tale norma stabilisce che si presumono vessatorie fino a prova contraria le
clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo
nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento,
clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo.
22) Va rilevato che l'art. 2 bis del d.l. 185/2008 convertito con la legge
2/2009 prevede l'emanazione di disposizioni transitorie per stabilire il limite
previsto dal terzo comma dell'art. 644 c.p..
23) In tal senso vedasi Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593; Cass. 6 maggio 1977,
n. 1724.
24) V. Cass. 21 ottobre 2005, n. 20449 che ha fatto applicazione dell'art. 120
t.u.l.b. come integrato dalla delibera CICR del 9 febbraio 2000; si vedano
anche Cass. 18 gennaio 2006, n. 870; Cass. 22 marzo 2005, n. 6187; Cass. 25
febbraio 2005, n. 6187; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4095; Cass. 25 febbraio
2005, n. 4092).
25) Cfr. Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140.
26) V. Trib. Pescara, 18 novembre 2005 in www.ilcaso.it.; nello
stesso senso v. anche Trib. Pescara 5 settembre 2008, inedita.
27) V. in proposito Cons. Stato 22 novembre 2001, n. 5933. Ha statuito che
"sui risultati non può incidere la clausola di capitalizzazione
trimestrale atteso che le rilevazioni di mercato in base a cui vengono emanati
i vari d.m. fanno riferimento ai tassi pattuiti in sé considerati, senza
commisurare la loro determinazione alle conseguenze delle clausole di
capitalizzazione, come si desume a contrario dall'art. 2 I co. della legge
108/1996 e successivi d.m. attuativi ove si precisa essere inglobato nel tasso
medio trimestrale, oggetto di rilevazione, l'effetto di "commissioni e di
remunerazioni a qualsiasi titolo", mentre nulla si dice con riferimento
alla capitalizzazione trimestrale, considerata pertanto estranea al conteggio
sulla soglia di raffronto e sulla usurarietà dei tassi" App. Torino, 14
febbraio 2002, n. 203, inedita.
28) V. Cass. 7 aprile 1992, n. 4251.
29) V. Cass. 19 aprile 2002, n. 5703.
30) Non può ritenersi che il piano di ammortamento costituisca un fatto
accessorio sicché deve escludersi che il c.t.u. possa acquisire tale documento
facendo leva sul principio secondo cui egli deve svolgere le necessarie
indagini per rispondere al quesito formulatogli dal giudice (v. art. 194
c.p.c.).
Per una recente disamina dei profili concernenti l'acquisizione di documenti da
parte del consulente d'ufficio v. P. WIDMANN, Produzione in fase istruttoria di
ulteriori documenti "di contorno": limiti della ammissibilità in Il
Corriere giuridico, 2009, 1090 e segg..
Va anche rammentato, quanto alla violazione di decreti ministeriali
determinativi del tasso previsto dalla legge 108/1996, che la loro natura di
atti amministrativi rende inapplicabile il principio iura novit curia di cui
all'art. 113 c.p.c., che va coordinato con l'art. 1 disp. prel. c.c. il quale
non comprende tali atti fra le fonti del diritto (v. Cass. 26 giugno 2001, n.
8472; in senso analogo con riguardo ai decreti ministeriali v. Cass. 26 agosto
2002, n. 12476; v. anche Cass. 5 luglio 1999, n. 6933): anche per tali atti si
pone dunque il problema della loro tempestiva produzione in giudizio.
31) L'unico rimedio sarebbe quindi quello della riduzione ad equità ex art.
1384 c.c. che il giudice può disporre anche d'ufficio (v. Cass. 28 marzo 2008,
n. 8071).
32) V. anche l'art. 33 del d. lgs. 206/2005 secondo cui si presumono vessatorie
fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: e)
consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal
consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza
prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio
della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure
a recedere; nonché g) riconoscere al solo professionista e non anche al
consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al
professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal
consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute,
quando sia il professionista a recedere dal contratto.
Si dubita che la c.d. multa penitenziale sia riducibile d'ufficio dal giudice
ex art. 1384 c.c..
33) Sul recesso dai contratti bancari di durata vedasi l'art. 10 del d.l.
223/2006 convertito con legge 248/2006 ove si prevede che il cliente possa
esercitare tale facoltà senza penalità e senza spese di chiusura.
34) V. in proposito anche l'art. 125 II co. del d. lgs. 385/1993.
35) In tal senso si vedano le Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi
globali medi emanate dalla Banca d'Italia nell'agosto 2009 al punto C4.
36) V. però l'art. 13 co. 8 bis della legge 40/2007 che ha introdotto il
divieto per gli operatori di servizi bancari di imporre ai clienti oneri,
comunque denominati, in qualche modo giustificati dalle banche come
controprestazione dovuta dal cliente per avere la banca svolto attività
asseritamente resesi necessarie a causa delle comunicazioni concernenti le
nuove disposizioni e cioè riguardanti l'estinzione anticipata nei mutui, il
divieto di clausole penali, la portabilità del mutuo, la surrogazione, le
disposizioni concernenti la cancellazione automatica dell'ipoteca: è stato
sottolineato come il legislatore abbia inteso evitare l'aggiramento della nuova
normativa applicando voci di spesa diversamente denominate.
37) Va evidenziato che nella circolare emessa dal Ministero per lo Sviluppo
Economico 21 febbraio 2007, n. 5574 si trova affermato che: "3. Il recesso
senza penalità e senza spese di chiusura. Il comma 2 dell'articolo 10 in esame
attribuisce ai clienti un diritto di recesso dai contratti di durata senza
penalità e senza spese di chiusura.
Si rammenta che l'articolo 10 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, nella
sua formulazione originaria, era limitato alla novella dell'articolo 118 TUB e
nella rubrica portava il riferimento alle condizioni contrattuali dei soli
conti correnti bancari.
Con la legge 4 agosto 2006, n. 248 di conversione, nella rubrica nell'articolo
10, la dizione "conti correnti" è stata sostituita da "modifica
unilaterale delle condizioni contrattuali", mentre la disposizione in
materia di recesso forma oggetto di uno specifico comma al di fuori
dell'articolo 118 del TUB.
Da un lato l'ambito di applicazione della disposizione risulta più ampio;
conseguentemente ne deriva la necessità di individuare i singoli contratti
ricompresi nella previsione.
Si ritiene che la disposizione sia volta ad attribuire al cliente un diritto di
recesso senza spese e penalità in quelle fattispecie contrattuali nelle quali
lo svolgimento del rapporto nel tempo non è incompatibile, sul piano causale,
con la possibilità, per una delle due parti, di porre liberamente fine al
rapporto. In particolare, la previsione trova applicazione nei contratti a
tempo indeterminato o, comunque, a esecuzione continuata o periodica, quali, ad
esempio:
- il conto corrente;
- il deposito titoli in amministrazione (c.d. conto titoli);
- il deposito (purché non sia previsto un termine di durata come, ad esempio,
nei depositi vincolati e nei certificati di deposito);
- l'apertura di credito;
- il bancomat;
- la carta di credito.
Il divieto di applicare spese di chiusura riguarda, in ogni caso, sia le spese
espressamente qualificate in contratto come costi di chiusura, sia quelle
relative a servizi aggiuntivi richiesti dal cliente alla banca in occasione
dell'estinzione del rapporto (es. trasferimento dei titoli presso altro
intermediario). Non contrasta peraltro con il divieto in esame la richiesta ai
clienti di un rimborso delle spese sostenute dall'intermediario in relazione a
un servizio aggiuntivo, qualora esso richieda l'intervento di un soggetto terzo
e a condizione che tali spese siano documentate e riportate dal contratto e
nella documentazione di trasparenza prevista dalla disciplina vigente (es.
documento di sintesi).
Pertanto, anche alla luce delle recenti misure varate dal Governo con il
decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 in materia di mutui bancari ed in
particolare con l'articolo 7 che ha sancito la nullità delle clausole penali
unicamente per l'estinzione anticipata di mutui per l'acquisto della prima
casa, ne deriva che risultano esclusi dal campo di applicazione della
disposizione in oggetto i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del
rapporto in un arco temporale concordato tra le parti costituisce un elemento
essenziale, a tutela degli interessi di entrambi i contraenti.
La ratio dell'esclusione si rinviene:
A) Nell'interpretazione letterale della legge. Al riguardo l'espressa volontà
del legislatore, in sede di conversione, è stata quella di ampliare la portata
della norma senza però ricomprendere i contratti di durata aventi una natura
peculiare e regolati da leggi speciali.
B) Negli articoli 40 e 125 del TUB, che stabiliscono una disciplina speciale
per l'estinzione anticipata, rispettivamente, delle operazioni di credito
fondiario e di credito al consumo. Tali disposizioni, unitamente alla Delibera
CICR del 09/02/2000, prevedono la corresponsione di un compenso omnicomprensivo
contrattualmente stabilito per l'estinzione".
Secondo alcuni autori oltre agli argomenti sviluppati nel testo della circolare
andrebbe aggiunta l'ulteriore considerazione secondo cui il legislatore, avendo
introdotto specifiche disposizioni sui mutui (si veda il d.l. 31 gennaio 2007,
n. 7 agli artt. 6 e segg., c.d. decreto Bersani bis), avrebbe inteso sottrarre
tale materia dalla sfera di applicazione della disposizione, ora inserita
nell'art. 118 del d. lgs. 185/1993, concernente la uscita dal contratto
"senza spese".
38) Merita di essere segnalata la decisione (v. Cass. 14 dicembre 2007, n.
26262) secondo cui in tema di contratto autonomo di garanzia, l'assunzione da
parte del garante dell'impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta
del beneficiario della garanzia comporta la rinunzia ad opporre le eccezioni
inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all'invalidità
del contratto da cui tale rapporto deriva, con il duplice limite
dell'esecuzione fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può
opporre l'exceptio doli, e del caso in cui le predette eccezioni siano fondate
sulla nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative o
per illiceità della sua causa, tendendo altrimenti il primo contratto ad
assicurare il risultato che l'ordinamento vieta (in applicazione di tale
principio la Suprema Corte ha affermato il dovere di accertare l'eventuale
previsione del tasso usurario sugli interessi passivi interessanti il rapporto
di conto corrente ai sensi degli art. 644 c.p. e 1815 c.c., e la conseguente
nullità ex art. 1418 c.c.).
39) Così appare orientato Trib. Monza, 12 dicembre 2005 in Banca borsa titoli
di credito, 2005, 204 con nota di P. DAGNA.
40) La scarna disciplina legale delle valute è contenuta nell'art. 120 del d.
lgs. 385/1993 e nell'art. 2 I co. del d.l. 78/2009 convertito con legge 3
agosto 2009, n. 102: tali norme regolano, in misura parziale, le operazioni
concernenti il versamento di denaro, la negoziazione di assegni circolari e
bancari ed i bonifici (è dubbio se tali disposizioni possano applicarsi agli
assegni postali: v. art. 7 del d.p.r. 14 marzo 2001, n. 144). Sul tema vedasi
App. Brescia 23 maggio 2007 nonché App. Brescia ord. 13 febbraio 2008 entrambe
in www.ilcaso.it.
Secondo Cass. 26 luglio 1989, n. 3507 la banca non è libera di effettuare la
registrazione degli accrediti senza limiti di tempo, ma deve a ciò provvedere
con la massima rapidità consentita dagli strumenti tecnici disponibili.
In proposito va osservato che è stata ritenuta nulla la clausola con la quale
si prevede genericamente che sono dovute le valute d'uso in relazione agli
interessi passivi sugli accrediti, posta l'inidoneità della stessa a
determinare con certezza la decorrenza degli interessi non esistendo un uso
bancario delle valute, con la conseguenza dell'applicazione a tutte le
operazioni della valuta di un giorno, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 1282
c.c., i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di
pieno diritto (cfr. Tribunale Roma, 5 marzo 1987 in Giust. civ. 1988, I,534).
Va anche evidenziato che, secondo App. Lecce 6 febbraio 2001, in www.studiotanza.it.
le valute delle singole operazioni in conto, in mancanza di diverso accordo tra
le parti, debbono essere determinate con decorrenza alle date in cui la banca
rispettivamente ha perso o acquistato la disponibilità del denaro,
conseguendone la illegittimità degli interessi computati dalla banca sulla
differenza in giorni - banca, mai autorizzata dal correntista, tra la data di
effettuazione delle singole operazioni e la data delle rispettive valute.
Sottolinea l'illegittimità del c.d. gioco delle valute G. COLANGELO,
Trasparenza, Concorrenza e Soglie Usurarie, Napoli, 2004, 106 e segg..
41) Cfr. Cass. 25 febbraio 2005, n. 4095.
42) In tal senso vedasi Trib. Monza, 12 dicembre 2005 cit..
43) V. Trib. Pescara 18 novembre 2005 in www.ilcaso.it.
44) Cfr. Cass. 18 gennaio 2006, n. 870; Cass. 6 agosto 2002, n. 11772. Per ampi
richiami della giurisprudenza di merito vedasi A. TANZA, Nota 22 giugno 2006 in
www.altalex.com.
45) La scarna disciplina del compenso per la voce in esame era contenuta
nell'art. 7 co. III delle norme bancarie uniformi. Va osservato che negli
ultimi anni numerose sono state le pronunce che hanno affermato la nullità
della clausola che prevedeva la c.m.s. o per indeterminatezza dell'oggetto non
essendo specificati i criteri per il suo calcolo ovvero anche per mancanza di
una causa giustificatrice: cfr. in proposito Trib. Mondovì, 17 febbraio 2009 in
www.ilcaso.it;
Trib. Mantova 21 aprile 2007 in www.ilcaso.it; Trib. Milano 4 settembre 2002 in
Banca borsa titoli di credito, 2003, 452.
46) E' stato subito evidenziato che non sono stati esattamente specificati
dalla nuova norma i criteri di calcolo della c.m.s., non essendo ad esempio
stato chiarito se il compenso vada calcolato sul valore massimo dell'importo a
debito ovvero su un valore medio: considerato che la disciplina di tale tipo di
remunerazione con atto normativo non consente più di ritenere la clausola che
la prevede priva di giustificazione causale, tuttavia la mancata esplicitazione
delle modalità di calcolo potrebbe comportarne la nullità sotto il profilo
della indeterminabilità dell'oggetto.
Occorre inoltre segnalare che assume notevole rilevanza la valuta con la quale
la singola partita contabile in addebito e in accredito viene annotata in conto
potendo da ciò dipendere il superamento o meno del periodo di trenta giorni
previsto come termine minimo per l'applicazione della commissione di massimo
scoperto.
47) Sul contenuto della commissione di massimo scoperto a seguito della
disciplina introdotta dal d.l. 185/2008 convertito con legge 2/2009 vedasi P.
CRISTOFORETTI, La Commissione di massimo scoperto e il corrispettivo per la
messa a disposizione di somme. Primi spunti interpretativi sull'art. 2 bis
della l. n. 2/2009: "Ulteriori disposizioni concernenti i contratti
bancari" in www.dirittobancario.it.
48) Sottolinea l'ambiguità della dizione legislativa nel senso che non appare
chiaro se, ai fini dell'usura, si debba tenere conto anche delle commissioni
commisurate al fido che non dipendono dall'effettivo utilizzo R. MARCELLI, Taeg
e Teg: la contraddizione non trova soluzione. Le nuove disposizioni della Banca
d'Italia in materia di trasparenza e rilevazione dei tassi d'usura, nota 11 in www.altalex.com.:
l'opinione preferibile è nel senso che anche di esse si debba avere riguardo ai
fini indicati atteso che la finalità perseguita dal legislatore è stata quella
di disciplinare compiutamente tale compenso e di includere tale tipo di onere
nel calcolo del t.e.g..
49) E' piuttosto estesa in dottrina la critica all'operato della Banca d'Italia
la quale, secondo alcuni autori, avrebbe travalicato i compiti assegnati dal
legislatore e introdotto modalità di computo del t.e.g.m. apertamente in
contrasto con le indicazioni ricavabili dall'art. 2 della legge 108/1996 (ciò
viene affermato con riguardo all'omessa considerazione nel computo sia del
fenomeno anatocistico che della applicazione delle valute ed inoltre con
riguardo al calcolo separato (finora) della commissione di massimo scoperto.
In proposito va osservato che il t.e.g.m. viene fissato con decreto del
Ministro dell'Economia il quale recepisce espressamente i criteri indicati
dalla Banca d'Italia nelle proprie Istruzioni: potrebbe allora ipotizzarsi la
disapplicazione, per violazione di legge, del decreto ministeriale, soluzione
peraltro che non appare facilmente percorribile in considerazione del fatto che
il decreto in questione è atto di alta amministrazione in ordine al quale la
discrezionalità dell'autorità emanante è assai ampia; va anche aggiunto che,
disapplicato il decreto, l'effetto sarebbe quello di non disporre più di un
parametro oggettivo di riferimento perché difetterebbero i dati in base ai
quali calcolare il t.e.g.m. con la conseguenza che, ai fini della verificazione
anche sotto il profilo civilistico dell'esistenza della fattispecie usuraria,
occorrerebbe fare riferimento alla fattispecie, caratterizzata da una ben più
ampia discrezionalità applicativa da parte del giudice, contemplata dal terzo
comma dell'art. 644 c.p..
50) Sui rapporti fra commissione di massimo scoperto e disciplina sull'usura
vedasi P. FERROLUZZI, Ci risiamo. (A proposito dell'usura e della commissione
di massimo scoperto), in Giur. comm., 2006,5, 671; P. DAGNA, Esclusione
dell'eccezione di obbligazione naturale per la ripetizione degli interessi
anatocistici, commissione di massimo scoperto e soglia d'usura nota a Trib.
Monza, 12 dicembre 2005 in Banca borsa, titoli di credito, 2005, 214; R.
MARCELLI, Dopo l'anatocismo trimestrale anche le commissioni di massimo
scoperto divengono lecite. Le cms smantellate dalla Magistratura vengono
ripristinate dalla legge N. 2/09 in www.ilcaso.it nonché, del
medesimo autore Taeg e Teg: la contraddizione non trova soluzione. Le nuove
disposizioni della Banca d'Italia in materia di trasparenza e rilevazione dei
tassi d'usura, cit.; C. SCRIBANO, La commissione di massimo scoperto tra
libertà contrattuale e duplicazione dell'interesse, in Banche, consumatori e
tutela del risparmio (a cura di S. AMBROSINI - P. G. DEMARCHI), Milano, 2009,
481.
Ha ritenuto che della commissione di massimo scoperto si debba tenere conto ai
fini della verifica della integrazione del reato di usura Trib. Palmi 8
novembre 2007, n. 1732, in Guida al Diritto, 2008, 5, 79.
51) In senso apertamente critico al riguardo vedasi R. MARCELLI, Taeg e Teg: la
contraddizione non trova soluzione. Le nuove disposizioni della Banca d'Italia
in materia di trasparenza e rilevazione dei tassi d'usura, cit., secondo cui se
gli interessi in senso stretto vengono rapportati al capitale erogato mentre
gli altri costi vengono rapportati al fido, con la formula adottata dalla Banca
d'Italia si ottiene un indicatore di costo spurio non idoneo a misurare né il
costo del credito né il costo del fido.
Si segnala che ulteriori indicazioni tecniche per il calcolo del t.e.g. sono
contenute nelle Risposte ai quesiti per venuti in materia di rilevazione dei
tassi effettivi globali ai sensi della legge sull'usura emanate dalla Banca
d'Italia il 16 ottobre 2009 e reperibili sul sito www.bancaditalia.it.
52) Secondo quanto previsto nelle Istruzioni della Banca d'Italia dell'agosto
2009 fino al 31 dicembre 2009 continuano a rimanere in vigore i criteri
indicati nelle Istruzioni del 2006 mentre le nuove modalità di calcolo si
applicheranno a partire dal trimestre gennaio-marzo 2010.
53) In tal senso appare orientato Trib. Udine 10 maggio 2008 n. 809/2008 in www.unijuris.it.
54) Vedasi P. DAGNA, Profili civilistici dell'usura, cit., pag. 410, ipotesi n.
1.
Afferma (con specifico riguardo alla commissione di massimo scoperto) che per
verificare il tasso usurario si deve avere riguardo al criterio di calcolo
elaborato dalla Banca d'Italia altrimenti verrebbero equiparati dati eterogenei
Trib. Verona Ufficio GUP, 21 settembre 2007, inedita.
55) Vedasi P. DAGNA, Profili civilistici dell'usura, cit., pag. 412, ipotesi n.
7.
56) Ha ritenuto nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale della
commissione di massimo scoperto Cass. 6 agosto 2002, n. 11772.
In proposito va anche segnalata una pronuncia di merito secondo la quale poiché
nel calcolo del tasso debitorio applicato dalla banca al conto corrente,
risulta compresa anche la commissione di massimo scoperto, la quale, subendo la
capitalizzazione trimestrale degli interessi, eleva il costo complessivo del
credito, ai fini dell'accertamento dell'eventuale superamento del tasso-soglia
di cui alla normativa antiusura, occorre effettuare, tramite l'espletamento di
c.t.u contabile, il ricalcolo degli importi a debito e a credito delle parti
nel rapporto di conto corrente in oggetto (v. Trib. Monza, 12 dicembre 2005 in
Banca borsa titoli di credito, 2007, 2, 204).
57) Il principio si trova affermato, quanto agli interessi anatocistici da
Cass. 1 marzo 2007, n. 4853; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4094, n. 4093 e n. 4092
e, per la commissione di massimo scoperto, da Cass. 6 agosto 2002, n. 11772.
58) V. Cass. 12 novembre 2008, n. 27005.
59) In tal senso risultano orientati i tribunali di Bari, Monza, Milano,
Mantova; v. anche App. Milano 6-3-2002 in Giur. It., 2003,93.
Va ricordato che alcuni giudici si sono espressi affermando che gli interessi
pattuiti anteriormente all'entrata in vigore della nuova legge, benché
superiori alla sopravvenuta soglia del tasso usurario, potevano legittimamente
corrispondersi nella misura concordata al tempo della conclusione del
contratto.
Sugli effetti del ius superveniens rispetto alla regolamentazione negoziale in
corso si sono pronunciate Cass. 13 giugno 2002, n. 8442; Cass. 17 novembre
2000, n. 14899; Cass. 22 aprile 2000 n. 5286; Cass. 2 febbraio 2000, n. 1126
che si richiamano ad un principio fatto proprio dalla Corte Costituzionale con
sentenza 27 giugno 1997, n. 204.
Alla rinegoziazione del tasso hanno fatto esplicito riferimento Cass. 22 aprile
2000, n. 5286; Cass. 13 giugno 2002, n. 8442.
60) In proposito vedasi V. FARINA, I rapporti di conto corrente bancario. Le
questioni controverse in giurisprudenza: il recesso, gli interessi passivi di
mora, gli interessi usurari e l'anatocismo relazione tenuta all'incontro di
studio organizzato in Roma dal C.S.M. il 5-7 marzo 2001 sul tema "Il
contenzioso con le banche".
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