Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6839 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione Sez. Un. Civili, 26 Luglio 2004, n. 13967. Est. Roselli.


Previdenza (assicurazioni sociali) - Contributi assicurativi - Soggetti obbligati - In genere - Società cooperativa - Soci lavoratori - Obbligo contributivo - Regime ex art. 2, comma terzo, del R.D. n. 1422 del 1924 - Obbligo contributivo per tutti i soci lavoratori secondo il tipo di lavoro effettivamente prestato - Necessità - Fondamento - Distinzione tra lavori per conto terzi e lavori rientranti nello scopo mutualistico - Irrilevanza - Fattispecie sottratta, "ratione temporis", alla disciplina "ex lege" n. 142 del 2001.



Anche con riferimento al regime anteriore all'entrata in vigore della legge n. 142 del 2001 le società cooperative devono ritenersi assoggettate all'obbligo contributivo nei confronti dei soci lavoratori, con la contribuzione propria del tipo di lavoro (subordinato o autonomo) effettivamente prestato, senza possibilità di distinguere tra lavori assunti dalla società per conto terzi e lavori rientranti nello scopo mutualistico, atteso che l'art. 2 comma terzo R.D. n. 1422 del 1924 (disciplinante la materia "ratione temporis"), è disposizione che, pur rimanendo immutata nella formulazione letterale, deve ritenersi trasformata nel significato normativo a causa dei profondi mutamenti del sistema in cui è inserita, con particolare riguardo, tra l'altro, al sopravvenire degli art. 38 e 45 Cost. e, da ultimo, delle leggi n. 142 del 2001 e n. 30 del 2003. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente Aggiunto -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. PAPA Enrico - Consigliere -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. LUPO Ernesto - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. ROSELLI Federico - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
I.N.P.S., ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, FABIO FONZO, FABRIZIO CORRERA, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
LA POPOLARE SOC COOP. A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 2, presso lo studio dell'avvocato CARLO MILANA, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 223/99 del Tribunale di SIENA, depositata il 27/10/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/04 dal Consigliere Dott. Federico ROSELLI;
uditi gli Avvocati Antonietta CORETTI, Carlo MILANA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Pretore di Siena la s.r.l. cooperativa "La popolare" proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo del 2 novembre 1993, emesso in favore dell'Inps ed avente ad oggetto contributi previdenziali per diciannove soci, impiegati seppure con prestazioni non continuative in attività di lavoro per la cooperativa. Trattavasi di contribuzione obbligatoria per lavoro dipendente. Con sentenza del 5 gennaio 1996 il Pretore accoglieva in parte l'impugnazione, negando la posizione di subordinazione di alcuni lavoratori ed affermandola per altri e solo nei confronti di costoro asserendo l'obbligo contributivo.
La decisione veniva in parte riformata con sentenza del 27 ottobre 1999 dal Tribunale, il quale riteneva che l'attività prestata dal socio per la cooperativa fosse assoggettata a contribuzione soltanto quando assumesse le oggettive caratteristiche del lavoro subordinato, o per essere simulato il contratto sociale o perché quell'attività si aggiungesse, con caratteri diversi, a quella richiesta dallo scopo mutualistico tipico della società. Nel caso di specie solo per alcuni soci, in minor numero di quelli ritenuti dal Pretore, potevano ravvisarsi quei caratteri, costituiti dall'orario di lavoro, dal compenso regolare e continuo, dalla soggezione a direttive ed ordini impartiti dagli organi societari, mentre l'attività di altri soci risultava saltuaria e comunque resa in regime d'autonomia (alcuni di loro lavoravano anche, quali imprenditori, all'esterno della cooperativa).
Contro questa sentenza ricorreva per Cassazione l'Inps mentre la s.r.l. coop. "La popolare" resisteva con controricorso. Nell'udienza del 17 gennaio 2003 la Sezione lavoro di questa Corte, constatando un contrasto di giurisprudenza circa l'assoggettabilità a contribuzione previdenziale delle somme percepite dai soci lavoratori in cooperative, trasmetteva gli atti al Primo Presidente per eventuale assegnazione del processo alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374 cod.proc.civ.. Il Primo Presidente decideva in conformità.
Memorie utrinque.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso l'Inps lamenta la violazione degli artt. 2, terzo comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, 2, secondo comma, r.d. 7 dicembre 1924 n. 2270, 1, secondo comma, d.P.R. 30 maggio 1955 n. 797 nonché vizi di motivazione, sostenendo che ai fini previdenziali le società cooperative sono datrici di lavoro nei confronti di tutti i soci lavoratori, senza che possa distinguersi, come ha fatto la sentenza impugnata, tra lavoratori autonomi e lavoratori subordinati, solo questi ultimi assoggettati all'obbligo contributivo. Indici di tale soggezione sarebbero l'art. 2, comma secondo, r.d. n. 2270 del 1924, che estende a tutti i soci, indistintamente, l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, l'art. 1, secondo comma, d.P.R. n. 797 del 1955, che attribuisce ai medesimi gli assegni familiari ed il r.d. n. 1343 del 1928, che li assicura contro il rischio della tubercolosi.
Che il ricorrente non abbia impugnato accertamenti di fatto non comporta, come vorrebbe la controricorrente, l'inammissibilità del ricorso, il quale prospetta soltanto la questione di diritto di cui ora si dirà.
2. Il motivo non è fondato.
Esso sottopone a questa Corte la questione se ed entro quali limiti le società cooperative siano soggette alla contribuzione previdenziale obbligatoria, in favore dei soci lavoratori nel regime anteriore all'entrata in vigore della legge 3 aprile 2001 n. 142, che ha sottoposto a revisione la legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione dei detti soci.
Le disposizioni di cui occorre tener conto per la soluzione della questione sono le seguenti.
L'art. 2, terzo comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422 (regolamento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3184, concernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia) stabilisce che "le società cooperative sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da esse assunti".
Identica disposizione è contenuta nell'art. 2, secondo comma, r.d. 7 dicembre 1924 n. 2270 (regolamento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3158, concernente provvedimenti per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria).
L'art. 1 d.P.R. 30 aprile 1970 n. 602 (riassetto previdenziale ed assistenziale di particolari categorie di lavoratori soci di società e di enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi) dice:
"ai lavoratori soci di società cooperative di lavoro, disciplinate dagli articoli 2511 e seguenti del codice civile e dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947. n. 1577, le quali svolgono le attività indicate nell'allegato elenco ed ai lavoratori soci di organismi di scopi mutualistici propri delle società cooperative, le seguenti forme di previdenza ed assistenza sociale si applicano secondo le norme, entro i limiti e le modalità stabiliti dalle disposizioni legislative che regolano dette forme, nonché secondo quanto disposto nei successivi articoli:
- assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, assicurazione contro la tubercolosi, assegni familiari, gestiti dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
- assicurazione contro le malattie e per la tutela delle lavoratrici madri, gestita dall'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;
- assistenza dell'Ente Nazionale assistenza orfani lavoratori italiani;
- provvidenze della gestione case per lavoratori.
L'allegato elenco di attività lavorative potrà essere modificato con decreto del Ministro per il lavoro e la Previdenza Sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate". Segue una tabella di lavorazioni protette. A queste disposizioni si è recentemente aggiunto l'art. 1, comma 3^, l. 3 aprile 2001 n. 142, secondo cui "il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale ...".
Il successivo art. 4 stabilisce nel comma 1^ che "ai fini della contribuzione previdenziale e assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti adottabili nel regolamento delle società cooperative nei limiti di quanto previsto dall'articolo 6". Il comma 3^ delega il Governo ad emanare un decreto legislativo, fra l'altro per equiparare la contribuzione previdenziale dei soci lavoratori a quella dei lavoratori dipendenti da impiegare.
Le parole "e distinto", contenute nell'art. 1, comma 3^, ult.cit. sono state soppresse dall'art. 9, comma 1^, l. 14 febbraio 2003 n. 30 (delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro). È opportuno altresì tenere presente l'art. 45, primo comma, Cost., secondo cui la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualistico senza fine di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
L'art. 2512 cod.civ., infine, nel testo novellato dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, prevede le "società cooperative a mutualità prevalente" ossia quelle che, tra l'altro, svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni e servizi e si avvalgono prevalentemente delle prestazioni lavorative dei medesimi.
3. Poiché i fatti della presente controversia risalgono al 1992, è necessario risolvere la questione come sopra formulata in base alle norme all'epoca vigenti, verificando però se sull'interpretazione di esse possano influire quelle sopravvenute.
Gli orientamenti giurisprudenziali formatisi in ordine a quelle norme sono diversi.
In tempo meno recente si ritenne in dottrina che lo scopo della mutualità, caratteristico delle cooperative e consistente nella fornitura di beni e servizi ai soci a condizioni più favorevoli di quelle del mercato, eliminasse la distinzione fra imprenditore datore di lavoro e lavoratori occupati nell'impresa e perciò la stessa configurabilità di un rapporto di lavoro: capitale e organizzazione del lavoro facevano capo agli stessi lavoratori, fra i quali erano poi ripartiti gli utili di gestione, onde l'apporto lavorativo del socio rimaneva assorbito dal vincolo associativo. Escluso il lavoro, subordinato ed autonomo, rimaneva altresì esclusa la tutela previdenziale.
Di questo orientamento può considerarsi espressione la sentenza delle Sezioni unite 29 marzo 1989 n. 1530, resa in materia di incompatibilità fra avvocatura e impieghi privati ed escludente l'astratta configurabilità di un rapporto di impiego privato fra cooperativa e socio avvocato.
La contrapposizione fra rapporto sociale e rapporto di lavoro è presente anche in Corte Cost, nn. 334 del 1995 e 30 del 1996, in materia di non spettanza al socio lavoratore dei diritti al trattamento di fine rapporto ed all'intervento del relativo fondo di garanzia, nonché in Corte Cost. n. 451 del 1998, in tema di privilegio generale sui beni mobili del datore di lavoro relativamente ai crediti per le retribuzioni ed il trattamento ora detto.
Un orientamento giurisprudenziale successivo ammise la compatibilità fra lavoro e rapporto associativo ma limitò la tutela previdenziale:
(a) ai soli soci lavoratori, subordinati o autonomi, impegnati in lavori assunti dalla società per conto terzi, vale a dire in lavori non immediatamente utilizzabili al fine mutualistico, oppure (b) ai soci lavoratori subordinati o ancora (c) alle particolari categorie di soli lavoratori ai quali il d.P.R. 30 aprile 1970 n. 602 attribuisce alcune forme di previdenza sociale. Questa giurisprudenza si fondava sull'art. 2, comma terzo, r.d. n. 1422 del 1924, secondo cui "le società cooperative sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci, che impiegano in lavori da esse assunti" (Cass. 2 settembre 1997 n. 8370).
La compatibilità ora detta è ammessa anche da sez. un. 30 ottobre 1998 n. 10906, che riconduce al rito del lavoro le controversie vertenti fra soci e cooperative di produzione e lavoro, in considerazione della progressiva estensione operata dal legislatore di istituti e discipline propri dei lavoratori subordinati (da ultimo ai fini della procedura dell'intervento straordinario di integrazione salariale e di quella di mobilità ex art. 8 d.l. 20 maggio 1993 n. 148, convertito in legge 19 luglio 1993 n. 236), dovendo alla graduale applicazione al socio cooperatore della tutela sostanziale propria del lavoratore subordinato corrispondere un'analoga estensione della tutela processuale.
Sempre nel senso della compatibilità fra scopo associativo e lavoro sono Cass. 21 febbraio 1989 n. 992, 21 marzo 1995 n. 3250, 1 agosto 1998 n. 7559.
Maggioritaria e più recente è la tesi secondo cui l'art. 2 r.d. n. 1422 del 1924, regolamento attuativo della legge delegata r.d. 30 dicembre 1923 n. 3184, equipara con una finzione e per i fini assicurativi la posizione dei soci lavoratori di società cooperative a quella dei lavoratori subordinati, con conseguente sussistenza dell'obbligazione contributiva a carico di tali società a prescindere dalla sussistenza degli estremi della subordinazione e dal fatto che la cooperativa svolga attività per conto proprio e per conto terzi. Nè rileva in senso contrario il disposto del d.P.R. n. 602 del 1970, che si limita ad indicare alcune categorie di lavoratori soci di società ed enti cooperativi (specificamente indicati in allegato elenco) assoggettandole, sia pure a determinate condizioni, agli oneri contributivi previdenziali, senza peraltro incidere sulla disciplina dettata in via generale dal citato art. 2 R.D. n. 1422 del 1924.
In tal senso si è espressa Cass. 16 luglio 2002 n. 10319, la quale ha aggiunto che il principio della equiparazione ai fini contributivi della posizione del socio lavoratore di società cooperativa al lavoratore subordinato assume una valenza generale che ne consente l'estensione alle assicurazioni cosiddette minori. Nello stesso senso ex multis Cass. 25 maggio 2002 n. 7668, 14 dicembre 2002 n. 17915, 1 agosto 2003 n. 3053, 7 marzo 2003 n. 3491, 28 marzo 2003 n. 4767, quest'ultima riferita soltanto a lavoratori subordinati.
La dottrina, anch'essa maggioritaria, che aderisce a questo indirizzo interpretativo, osserva come l'art. 2 r.d. n. 1422 del 1924 debba essere interpretato anche in base alla normativa sopravvenuta, tenendo conto specialmente della necessità di fornire una tutela previdenziale ad una categoria di soggetti più ampia di quelli originariamente ipotizzata ossia a tutti i lavoratori in diverso modo associati nell'impresa mutualistica.
L'esplicita attribuzione della tutela previdenzale, contenuta nel sopra riportato art. 1 d.P.R. n. 602 del 1970, ai soci di alcune cooperative di lavoro, viene estesa in via interpretativa anche alle lavorazioni non tabellate, superando così una precedente interpretazione, che considerava tassativo l'elenco contenuto nella tabella allegata al d.P.R..
Tra le norme sopravvenute sono, ancora, quelle tributarie, che assimilano i soci lavoratori ai prestatori d'opere subordinati (art. 47, lett. a), d.P.R. n. 597 del 1973, art. 11 d.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 ter d.l. 31 ottobre 1980 n. 693, conv. in l. 22 dicembre 1980 n. 891). L'art. 24, comma 2^, l. 24 giugno 1997 n. 196 (norme in materia di promozione dell'occupazione) estende l'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria ai lavoratori soci di cooperative di lavoro. L'art. 6, comma 7^, d.lgs. 2 settembre 1997 n. 314 estende i criteri di determinazione della base imponibile previsti nello stesso decreto al calcolo delle contribuzioni previdenziali dovute per i soci delle medesime cooperative. 4. Considerata la varietà degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali ora illustrati, ritengono le Sezioni unite che il significato dell'art. 2, terzo comma, r.d. n. 1422 del 1924, non possa essere definito senza tener conto della successiva evoluzione legislativa, a partire dall'art. 45 Cost. e fino alle leggi successive ai fatti di causa. Questa evoluzione rispecchia, con ogni verosimiglianza, i mutamenti economici e sociali intervenuti negli ultimi ottanta anni nel settore delle imprese cooperative nonché il necessario ampliamento della tutela previdenziale, che l'art. 38, secondo comma, Cost. garantisce, senza distinzioni, a tutti i lavoratori.
La necessità di interpretare la disposizione sopra detta anche alla stregua degli artt. 1 e 4 l. n. 142 del 2001; 9, comma 1^, l. n. 30 del 2003; 2512 cod.civ., nuovo testo, deriva non dal fatto che questi abbiano un contenuto di interpretazione autentica in senso proprio, ossia nel senso che il legislatore li abbia dichiaratamente e intenzionalmente posti al fine di sostituire un significato certo ad altro, già controverso, di una legge precedente: questa ratio è stata già negata da questa Corte con la citata sentenza n. 10319 del 2002 e del resto risulta dal già richiamato art. 4, comma 3^, l. n. 142 del 2001, che delega il Governo ad emanare decreti legislativi per adeguare il regime previdenziale per le cooperative di cui al d.P.R. n. 602 del 1970 cit. Il Governo provvedere, distinguendo per settori produttivi e per territori e comunque senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato nonché seguendo criteri di discrezionalità politica, ma questo non sottrae al giudice civile il potere di attenersi, fra i diversi ed attuali orientamenti interpretativi, quello più vicino alla sopravvenuta legge n. 142 del 2001.
Il reale contenuto degli articoli ivi contenuti, pur non inteso esclusivamente alla chiarificazione di disposizioni anteriori, nasce tuttavia dai problemi applicativi posti da esse e rispecchiati dal contrasto giurisprudenziale di cui sopra, onde non può essere trascurato nella soluzione di quei problemi.
Che all'interno dell'organizzazione societaria fosse dato di rinvenire, insieme al contratto di partecipazione alla comunità, quello commutativo di lavoro subordinato, era già affermato da Cass. 3 marzo 1998 n. 2315, secondo cui il rapporto di lavoro poteva essere ravvisato se il compenso fosse tale da escludere ogni rischio d'impresa e se il prestatore di opere fosse assoggettato al potere gerarchico e disciplinare dell'organo di amministrazione nonché privo, sostanzialmente, di controllo sulla gestione aziendale. Che poi la società cooperativa possa non essere caratterizzata esclusivamente dalla mutualità è detto nell'art. 2512 cit. novellato nel 2003, ma non si tratta di novità assoluta poiché quella possibilità era affermata anche nell'ordinamento precedente, quando si distinguevano, all'interno della cooperazione, diversi livelli di mutualità, si parlava di cooperative "costituzionalmente riconosciute" perché animate dal solo scopo mutualistico, e agli effetti tributari si ponevano i "requisiti mutualistici" nell'art. 26 d.lgs. C.p.S. 14 dicembre 1947 n. 1577 (provvedimenti per la cooperazione).
La necessità di assimilare qualsiasi regime lavorativo a quello della subordinazione porta ad una forzata unificazione, ossia ad una fictio iuris sostenuta dall'orientamento giurisprudenziale maggioritario sopra richiamato (Cass. 10319 del 2002 e le numerose altre citt.) ma in realtà non necessaria. Per tal motivo l'art. 1, comma 3^, l. n. 142 del 2001 permette al socio lavoratore di affiancare al rapporto associativo quello di lavoro, subordinato, autonomo o d'altro genere, compreso quello parasubordinato; l'art. 9, comma 1^, l. n. 30 del 2003 ammette la conclusione dei detti contratti anche non in forma distinta e, quel che più conta ora, l'art. 4, comma 1^, l. n. 142 del 2001 connette la contribuzione previdenziale, ai diversi tipi contrattuali lavoristici. Nè queste norme sono in contrasto con quelle che estendono ai soci lavoratori la tutela contro i licenziamenti collettivi (art. 8, comma 2^, d.l. 20 maggio 1993 n. 148, conv. in l. 29 luglio 1993 n. 236) oppure contro l'insolvenza del datore di lavoro (art. 24 l. 24 giugno 1997 n. 196) e che sono richiamate dal ricorrente Inps nella memoria depositata in prossimità dell'udienza.
5. Ritengono le Sezioni unite che la detta soluzione legislativa valga non solo pro futuro ma anche, a causa della sua evidente funzione ordinativa e chiarificatrice, per dissipare le incertezze interpretative generate col passar del tempo dall'art. 2, terzo comma, r.d. n. 1422 del 1924.
Trattasi dunque, per adoperare termini oggi consueti alla dottrina costituzionalistica, di "disposizione" rimasta bensì immutata nella formulazione letterale, ma trasformata nel significato normativo a causa dei profondi mutamenti del sistema in cui essa è inserita. Le incertezze interpretative vanno perciò risolte attraverso il principio di diritto che supera la distinzione fra lavori assunti dalla società per conto terzi e lavori rientranti nello scopo mutualistico e che attribuisce a ciascun socio lavoratore la tutela previdenziale, e la contribuzione, propria del tipo di lavoro effettivamente prestato.
La sentenza ora impugnata ha attribuito all'Inps la contribuzione obbligatoria propria dei lavoratori subordinati soltanto a quelli, dei numerosi soci impiegati dalla cooperativa in varie forme, che risultavano - secondo un accertamento ed una valutazione dei fatti incensurabile nel giudizio di legittimità - aver prestato opere in regime di subordinazione.
Essa non si è così discostata dal detto principio di diritto, onde il ricorso per Cassazione dell'Inps va rigettato.
Il contrasto di giurisprudenza giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2004.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2004