Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 385 - pubb. 01/01/2007

Dichiarazione di fallimento e regime transitorio

Tribunale Salerno, 10 Ottobre 2006. Pres. Chianese. Est. Jachia.


Fallimento – Sentenza dichiarativa di fallimento – Diritto transitorio – Artt. 150 e 153 d. lgv. 5/06 – Ricorso anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo – Sentenza pronunciata dopo l’entrata in vigore – Definizione secondo la legge anteriore



La disciplina transitoria della nuova legge fallimentare prevede una regola generale fissata nell’articolo 153 del d. lgv. 5/06, l’applicazione della nuova disciplina a tutte le fattispecie dalla data della sua entrata in vigore, ed una serie di deroghe tra cui quella prevista nell’articolo 150 ai sensi del quale in via eccezionale si applicherà la legge anteriore a tutte le procedure introdotte con un ricorso già pendente alla data di entrata in vigore della nuova legge. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI SALERNO, IV sezione Civile,


Collegio Fallimentare, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:


Dott. Alessandra Chianese - Presidente.

Dott. Giorgio Jachia - Giudice Est

Dott. Luigi Barrella - Giudice

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

Dichiarativa di Fallimento


Di X S.r.l. in liquidazione” con sede in Salerno

Resistente


1 Presupposti oggettivi e soggettivi

Letto il ricorso n. 278/06 con il quale più di venti dipendenti chiedono il fallimento della predetta società a responsabilità limitata in relazione ad un credito ammontante complessivamente ad oltre € 162.000,00 oltre accessori nonché le istanze rubricate ai nn. 344/06 e 346/06 avanzate per ulteriori crediti ammontanti ad oltre € 47.000,00;

dato atto che parte resistente è stata regolarmente citata in giudizio e che entrambi i liquidatori della società erano presenti all’ultima udienza avanti al giudice relatore nel corso della quale hanno dichiarato di non opporsi  alla dichiarazione di fallimento;

Esaminata la documentazione acquisita di ufficio e quella depositata dalle parti ed in particolare visti: il decreto ingiuntivo allegato al ricorso 346/06, il verbale dell’assemblea straordinaria tenutasi il giorno 7.09.06 dalla quale emerge che per la situazione debitoria esistente i liquidatori vengono autorizzati a presentare il ricorso per autofallimento ed a non opporsi alle istanze di fallimento in esame; il verbale dell’assemblea straordinaria tenutasi il giorno 9.02.06 con approvazione del bilancio e del conto economico, atti dai quali emergono perdite per oltre € 700.000,00  e debiti verso banche e verso fornitori per oltre 1.200.000,00;

ritenuto che questo Tribunale sia competente ai sensi dell’art. 9 del  R.D. 16.3.1942 n. 267 poiché la sede principale dell’impresa della debitrice si trova nel circondario del giudice adito;

esaminati gli indici risultanti dall’anagrafe tributaria per gli ultimi tre anni:

R. imponibile

 

2002

 

2003

 

2004

IRPeG

 

-58.501/00

- 359.957/00

Irap

 

4.561/00

5.323/00

IVA

 

 

 

 

 

 

Vol. d’affari

 

642.221/00

1.560.398/00

Totale acquisiti

 

686.118/00

1.606.398/00

 

Reddito imponibile

 

 

Anno 2002

 

 

Anno 2003

 

 

Anno 2004

IRPeF

18.772/00

44.588/00

53.058/00

Irap

 

11.240/00

 

16.450/00

 

Zero/00

Volume d’affari

1.926.942/00

2.069.295/00

1.626.747/00

Totale acquisiti

1.734.436/00

1.619.163/00

2.368.815/00

ritenuto che dal complesso degli elementi in atti emerga che il debitore è un imprenditore esercente attualmente attività commerciale con volumi di affari considerevoli e con investimenti significativi, tali da non renderlo un piccolo imprenditore;

ritenuto, che sussista, inoltre, anche il presupposto oggettivo per la pronuncia del fallimento atteso che lo stato di insolvenza emerge dall'entità complessiva degli inadempimenti e dei debiti  sociali nonché dalla cessazione dell’attività di impresa senza aver nemmeno saldato in precedenza le spettanze retributive dei dipendenti ed atteso che tale stato di assoluta illiquidità non è negato nemmeno dai legali rappresentanti della società e dall’assemblea della medesima; 


2 Norme transitorie

rilevato, in ordine alla disciplina da applicare, che il primo ricorso è stato presentato in data antecedente il 16 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5/06;

considerato che per questa ragione debba essere esaminata la disciplina transitoria posta in calce al citato decreto legislativo n. 5/2006 negli articoli 150 e seguenti;

in particolare ricordato che l’art. 150 del decreto legislativo dispone che:  “I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell'entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore.”;

ritenuto, preliminarmente, necessario precisare che tale disposizione vada esaminata in relazione al successivo art 153 della stessa legge ove in merito all’entrata in vigore della legislazione di riforma della legge fallimentare si dispone che:  “Il presente decreto entra in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, fatti salvi gli articoli 45, 46, 47, 151 e 152, che entrano in vigore il giorno della pubblicazione del medesimo decreto nella Gazzetta Ufficiale.;

ritenuto opportuno, sempre preliminarmente, dare atto che la relazione ministeriale a tale decreto legislativo si limita alle seguenti indicazioni:

a) in relazione all’art. 149 divenuto poi 150 del D. Lgv. “è  stato ritenuto opportuno inserire, come disciplina transitoria, la disposizione per la quale i ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo in commento, nonché le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore. La norma tende ad evitare che un concorso di discipline diverse susseguentisi nel tempo nell’ambito della stessa procedura possa determinare difficoltà e nuocere al corretto svolgimento della procedura stessa, alle ragioni dei creditori e alle esigenze di conservazione e recupero delle componenti attive dell’impresa.”;

b) in relazione all’art. 151 divenuto poi 152 del D. Lgv.: La  norma interviene sul tema delle limitazioni personali poste a carico del fallito. Si tratta di conseguenze di tipo sanzionatorio che poggiano su di una lunga tradizione storica, ormai priva di fondamento sostanziale, la cui funzione sembra essere quella di attribuire al fallimento un carattere infamante. ….

c) in relazione all’art. 152 divenuto poi 153 del D. Lgv.: La norma contiene un’ultima disposizione sull’entrata in vigore del decreto, che, si è ritenuto di rimettere al termine di sei mesi dopo la pubblicazione del decreto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale. Ciò in considerazione della portata della riforma, che pone l’esigenza di assegnare, sia alle strutture giudiziarie, che agli ordini professionali interessati un congruo lasso di tempo al fine di predisporre gli opportuni adeguamenti alle intervenute innovazioni normative in materia di procedure concorsuali. Entrano invece immediatamente in vigore  le disposizioni in materia di limitazioni personali per il fallito (articoli 48, 49 e 50 l. fall. e 151 decreto legislativo);

osservato che le norme introdotte dal decreto legislativo n. 5/06 non hanno però soltanto natura squisitamente processuale in quanto, ad esempio, il nuovo articolo 1 della legge fallimentare disciplinando (peraltro a contrario) la nozione di piccolo imprenditore attribuisce – ai soli fini della legge fallimentare – uno “statuto” speciale soltanto a determinate imprese;

rilevato che, ai fini che ci occupa, l’art. 150 del D. Lgv. sembra, infatti, vertere fondamentalmente in materia processuale indicando la disciplina da applicare ai ricorsi prefallimentari ed alle procedure pendenti;

ritenuto che tale articolo 150 debba interpretarsi in relazione all’art. 153 del medesimo decreto legislativo che è la norma di riferimento perché dispone, in applicazione al principio tempus regit actus tipico delle norme processuali, che tutti gli atti comunque compiuti a partire dal 16 luglio 2006 siano governati dalla nuova legge fallimentare;

considerato, conseguentemente, in quest’ottica, che le disposizioni fissate dall’art. 150 debbano ritenersi deroghe al principio fissato dall’art. 153 e quindi vadano considerate come eccezioni alla regola generale che è l’applicazione della nuova legge fallimentare;

rilevato che, paradossalmente, la regola diventa il caso più sporadico – almeno nel primo periodo - in quanto la prima eccezione è quella che sottrae tutte le procedure fallimentari pendenti al 16 luglio alla nuova normativa (salvo per quanto attiene alle norme “sostanziali” di cui all’art. 151 l.f. già entrate in vigore dal gennaio 2006 e, come di seguito esaminato, eventualmente anche per quanto attiene ad altre norme sostanziali);

ritenuto che nella disposizione esaminata, l’articolo 150 del decreto legislativo, vi siano – escludendo i riferimenti ai concordati fallimentari - soltanto precisi comandi espliciti: uno volto a disciplinare i ricorsi prefallimentari pendenti ed un altro volto a regolare le procedure fallimentari pendenti;

ritenuto che ogni altra regola in materia debba, quindi, derivare dalla norma generale;

considerato che, con ogni evidenza e come già ricordato, dal primo comando derivi esplicitamente che i ricorsi prefallimentari definiti prima del 16 luglio 2006 abbiano dato luogo a procedure che resteranno disciplinate dalla previgente normativa (perché all’epoca già pendente) e che, parimenti, non essendovi alcuna deroga per essi nell’art. 150, i ricorsi depositati dopo l’entrata in vigore delle nuove norme diano luogo, ovviamente, a procedure fallimentari regolate dalla nuova normativa in diretta applicazione della regola generale (fissata dall’art. 153 del D. Lgv. n 5/06);

dato atto che è, invece, controversa, nella seppur numericamente limitata giurisprudenza di merito, la tematica della disciplina da applicare alle procedure sorte dopo l’entrata in vigore della nuova normativa in conseguenza di un ricorso presentato prima del 16 luglio 2006;

rilevato, infatti, che secondo un primo orientamento giurisprudenziale sembrerebbe difforme dalla lettera dell’articolo 150 d. lgv. n. 5/06 applicare la disciplina previgente (stato passivo, insinuazioni tardive, modalità di liquidazione dell'attivo ecc.) ad una procedura fallimentare che non fosse pendente il 16 luglio 2006, solo perché era pendente il ricorso di fallimento;

ricordato – vedasi Tribunale di Pescara sentenze inedite n 45/06 e 46/06 – che secondo questo orientamento interpretativo “con riferimento ai ricorsi per dichiarazione di fallimento depositati prima del 16/7/06 e definiti in epoca successiva …  l’unica interpretazione della norma transitoria compatibile con il tenore letterale della stessa (cui nulla aggiunge la relazione di accompagnamento del decreto legislativo, la quale si limita a rappresentare che la disciplina transitoria è finalizzata ad procedura possa determinare difficoltà e nuocere al corretto svolgimento della procedura stessa, alle ragioni dei creditori e alle esigenze di conservazione e recupero delle componenti attive dell’impresa>) è quella secondo cui i ricorsi devono essere decisi facendo applicazione della disciplina processuale e sostanziale previgente, mentre i fallimenti eventualmente dichiarati in accoglimento di tali ricorsi dovranno essere disciplinati dalla nuova normativa; considerato che, pertanto, nei casi suddetti (tra i quali il presente) la dichiarazione di fallimento -in quanto atto che decide il ricorso- potrà essere pronunciata, all’esito del procedimento prefallimentare svoltosi conformemente alle prescrizioni del previgente art. 15 l.f., se ricorrono i presupposti previsti dagli artt. 1 e 5 della l.f. previgente, ma la relativa sentenza -in quanto atto di apertura della procedura di fallimento- dovrà contenere le indicazioni prescritte dall’attuale art. 16 l.f. e sarà soggetta al regime pubblicitario previsto dall’attuale art. 17 l.f.;”

rilevato che questo orientamento contrappone i ricorsi (per dichiarazione di fallimento) e le domande (di concordato fallimentare) alle procedure (di fallimento e di concordato fallimentare) e separa così la fase prefallimentare – pendente dal deposito del ricorso di fallimento fino all’emissione di un provvedimento giurisdizionale di rigetto o di accoglimento – dalla fase concorsuale - pendente dal deposito di un provvedimento giurisdizionale fino alla dichiarazione di chiusura della procedura –; rilevato che in quest’ottica si separa la fase cognitiva diretta all’emissione di una sentenza dichiarativa di fallimento dalla successiva fase prima decisoria e poi esecutiva;

rilevato che a questa impostazione possa essere metaforicamente contrapposta quella recepita da altra Autorità Giudiziaria secondo la quale “la procedura fallimentare va intesa come un unicum che inizia con l’istanza di fallimento” (vedere sentenza inedita Tribunale di Ravenna 2679/34 RG depositata il 24 luglio 2006)”;

dato atto che secondo questa diversa linea interpretativa la disposizione di cui al citato articolo 150 attribuirebbe al ricorso pendente la funzione di anticipare l'effetto, ai fini della fissazione delle norme applicabili, della dichiarazione di fallimento con la conseguenza che tutta la procedura pur dichiarata dopo il 16 luglio 2006 - con tutte le connesse procedure endoconcorsuali - sarebbe regolata dalla vecchia normativa;

dato atto che in questa direzione si colloca anche altra A.G. - si veda Tribunale di Mantova, decisione inedita del 25 agosto 2006 - la quale ritiene che la sentenza che definisce un ricorso pendente prima della data di entrata in vigore della nuova legge debba essere emessa secondo quanto previsto dalla normativa previgente atteso che tale tipo di provvedimento è l’atto che (unitamente al decreto di rigetto) definisce il procedimento instaurato ex art. 6 l.f. i cui contenuti ed effetti risultano integralmente regolati dal r.d. 267/42, interpretazione questa che appare conforme all’intenzione del legislatore quale emerge dalla relazione ministeriale ove si evidenzia che la finalità sottesa alla norma transitoria è quella di evitare il concorso di discipline diverse susseguentesi nel tempo nell’ambito della stessa procedura;

rilevato che anche in una ulteriore decisione (v. Trib. Terni 29.09.06, inedita) si è affermato che il definire con il vecchio rito le procedure instaurate prima del 16 luglio 2006 eviterebbe di “far dipendere l’applicazione dell’una o dell’altra disciplina dai tempi del giudizio (si pensi a riserve assunte prima del 16.7.06 e sciolte dopo) ovvero dall’esito della “definizione” (nel senso che solo il decreto di rigetto sarebbe da assoggettare in via esclusiva alla vecchia disciplina, mentre la sentenza di fallimento verrebbe scissa nella parte più strettamente “decisoria”, di chiusura del procedimento prefallimentare, che resterebbe disciplinata dalle vecchie norme -si pensi, appunto, ai presupposti della fallibilità- e nella parte “organizzatoria”, di apertura della procedura fallimentare -che verrebbe assoggettata invece alle nuove),” e, in ultima analisi eliminerebbe “quei profili di confusione ed incertezza (p.es. quanto ad effetti e regime di impugnazione della sentenza, modalità e termini di decadenza per l’insinuazione, poteri degli organi, ecc.) che -come si è visto nella relazione governativa- la menzionata disciplina transitoria voleva evitare (non può sfuggire la maggiore semplicità delle disposizioni transitorie in discussione rispetto a quelle, assai più articolate e dettagliate, dettate all’epoca dal r.d. 267/1942: v. art. 242 e ss., che prevedevano espressamente un complesso intersecarsi di effetti e forme tra vecchie e nuove previsioni normative, dettando al riguardo, però, regole ben precise);”

rilevato che l’orientamento giurisprudenziale dell’applicazione della vecchia normativa è stato recepito oltre che dai Tribunali citati anche dai Tribunali di Trento (Trib. Trento, Fallimento n 22/2006 del 02/08/2006), di Monza (Trib. Monza decisione inedita 141/06), di Verona (Trib. Verona decisione inedita n. 76/06 del 28 luglio 2006) e Cagliari (Trib. Cagliari decisione inedita 73/06 del 25 settembre 2006) ed è confortato anche dall’osservazione che il citato articolo 150 non attribuirebbe alcuna rilevanza alla data del deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, alla data dell’apertura della nuova procedura ma attribuisce dignità di fatti rilevante a derogare alla regola generale soltanto alla pendenza o meno del ricorso prefallimentare (e della procedura fallimentare);

ritenuto che tale orientamento dell’applicazione della vecchia normativa processuale alle nuove sentenze dichiarative di fallimento qualora esaminino ricorsi di fallimenti pregressi sia conforme alla ricostruzione del rapporto esistente tra le due norme del decreto legislativo essendo l’art. 153, la regola generale ed operando l’articolo 150 esclusivamente quale deroga;

considerato, invece, che per quanto attiene alla regole di giudizio - ed in particolare alla scelta se l’individuazione della categoria delle imprese dichiarabili fallite debba avvenire per tutti ricorsi, presentati prima o dopo il 16 luglio 2006, sulla base della nuova normativa o anche qui si debba accedere al doppio binario – si debba interrogarsi in merito ad una possibile disparità di trattamento atteso che con ogni evidenza la fallibilità o meno di un imprenditore è parte integrante del suo “statuto” e difficilmente si potrebbe ritenere che vigano nel nostro ordinamento più statuti, ad esempio, del piccolo imprenditore (peraltro ancorati ad un elemento esterno all’impresa  quale la pendenza nei suoi confronti di un ricorso di fallimento);

considerato, anche, quanto ai presupposti sostanziali del fallimento, sia opportuno ricordare che - come osservato nella già citata sentenza dichiarativa di fallimento del Trib. Terni depositata in data 29.09.06, inedita - è stata invero la recente riforma a recepire gli orientamenti giurisprudenziali ai quali la maggior parte dei tribunali aveva già da tempo aderito:

considerato che, comunque, nel caso di specie l’applicazione diretta della regola di giudizio nuova non porterebbe ad una modifica del giudizio di fallibilità dell’impresa avendo essa investito nell’azienda un capitale ben superiore ad euro trecentomila ed avendo realizzato ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni, per un ammontare complessivo annuo ben superiore a euro duecentomila;

 

3 Dispositivo


4 Visto il R. D.  16 –3 – 1942   N. 267 ,


P. Q. M.

DICHIARA IL FALLIMENTO di:

“X S.r.l. in liquidazione” con sede in Salerno,

Ordina al fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili entro 24 ore.

Nomina per la procedura: GIUDICE DELEGATO Dr. Giorgio Jachia

CURATORE Fallimentare:  Dr. G. S. Con studio a Salerno al

Assegna ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso della fallita società il termine di giorni trenta per la presentazione in Cancelleria delle relative domande;

Stabilisce il giorno 5.12 2006 ore 10.00,  ufficio del Giudice Delegato, per l’adunanza in cui si procederà alla Verifica dello Stato Passivo.

Così deciso in Salerno nella Camera di Consiglio del giorno 27.09.06 

Depositata in cancelleria in data 10.10.06