Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22500 - pubb. 12/10/2019
La costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito
Tribunale Vicenza, 18 Febbraio 2019. Pres., est. Limitone.
Fallimento – Garanzie posteriori al sorgere del credito – Mancanza di contestualità – Onerosità (esclusione) – Gratuità (sussistenza) – Inefficacia – Dilazione di pagamento – Semplice motivo – Irrilevanza
Fallimento – Garanzie infragruppo – Onerosità – Necessità di vantaggi compensativi per il garante – Onere della prova a carico del creditore – Mancanza – Gratuità
Fallimento – Interessi maggiorati ex d.lgs. n. 231/2002 – Non debenza
La costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza dello stato soggettivo del terzo, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento del debito, da ritenersi inerente non alla causa dell'accordo di garanzia, ma ad un motivo di esso.
La garanzia prestata a favore di una società del proprio gruppo di imprese si considera gratuita, salvo che sia data prova dal creditore dell’esistenza di vantaggi compensativi in favore del garante, il quale, privandosi di un valore patrimoniale concedendo la garanzia, abbia però compensato la perdita con altro vantaggio, che deve essere allegato e provato dal creditore.
Gli interessi aggravati ex d.lgs. n. 231/2002, benché maturati a carico del debitore inadempiente in bonis, non possono essere esatti nei confronti di un fallimento (e rimangono esigibili dopo la sua chiusura), per la stessa esclusione disposta dall’art. 1 del d.lgs. n. 231/2002, che non avrebbe senso per gli interessi maturati dopo il fallimento, perché a ciò già provvede l’art. 55 l.f. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
DECRETO
Con ricorso in opposizione allo stato passivo del 10.09.2013, INTERNATIONAL FACTORS ITALIA S.P.A. (brevemente, IFITALIA S.P.A.) chiedeva una parziale modifica del provvedimento emesso dal Giudice delegato del Fallimento ACEM S.P.A., nel senso di ammettere il suo credito per € 547.376,87 in via privilegiata ipotecaria.
La somma de qua comprendeva un primo credito pari ad € 289.635,60 ceduto dalla S.r.l. Meritors HVS e di cui debitrice era la S.p.a. Simp D. - poi divenuta ACEM S.P.A.
A IFITALIA S.P.A. era stato poi ceduto dalla S.r.l. Meritors HVS anche un ulteriore credito pari a € 213.143,21 nei confronti di Piacenza Industrie s.p.a., poi divenuta Tiber Industrie s.p.a., che era stata garantita dalla S.p.a. Simp D. - ACEM S.P.A. - fino all'ammontare di € 200.000,00.
A seguito della dichiarazione di fallimento di Tiber Industrie s.p.a., l’odierna ricorrente chiedeva ed otteneva l'ammissione al passivo del proprio credito.
In data 10.2.2010, la ricorrente concedeva una moratoria di 36 mesi del debito di ACEM S.P.A., la quale costituiva (asseritamente in cambio della moratoria) un'ipoteca di terzo grado a garanzia del pagamento del credito così dilazionato (iscritta il 16.2.2010).
In data 13.08.2010 ACEM S.P.A. era dichiarata fallita dal Tribunale di Bassano e il G.D., con riguardo alla posizione della ricorrente, ammetteva il capitale nell'ammontare richiesto, ma in via chirografaria, non riconoscendo il privilegio ipotecario, bensì accogliendo l'eccezione di revocabilità dell'ipoteca formulata dalla Curatela; gli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002 erano invece esclusi del tutto, perché non spettanti.
Avverso tale provvedimento, IFITALIA S.P.A. contestava in primis l’ammissibilità dell'eccezione di revoca della garanzia ipotecaria, essendo la revocatoria un’azione costituiva.
Quindi, con riguardo al credito originariamente sorto verso la Società fallita, la ricorrente contestava l'affermazione del G.D. circa la gratuità dell'ipoteca volontaria, dovendosi intendere quale sua contropartita la concessione di una moratoria di 36 mesi dei pagamenti.
Invece, con riguardo al credito originariamente sorto a carico di Piacenza (poi Tiber) Industrie s.p.a., la ricorrente contestava sia l'affermato carattere gratuito dell'ipoteca quale garanzia per un terzo, sia la sua revocabilità ex art. 67, co. 1, della Legge Fallimentare.
Infine, sugli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002, il ricorrente statuiva che essi erano già sorti e sussistenti al momento della dichiarazione del fallimento e che, quindi, non potevano essere disconosciuti con effetto retroattivo.
Si costituiva il FALLIMENTO ACEM S.P.A. IN LIQUIDAZIONE e chiedeva il rigetto delle domande avversarie in quanto infondate sia in fatto che in diritto.
Sull’eccezione di revocatoria.
Preliminarmente va chiarito che la revocatoria può essere sempre fatta valere in via di eccezione nella sede della verifica dello stato passivo: c.d. revocatoria in via breve, per cui non ha ragion d’essere il distinguo proposto dall’opponente tra azione ed eccezione basato sulla natura costitutiva della revocatoria.
Infatti, anche l’azione di annullamento ha natura costitutiva, ma non per questo si è mai sostenuto che la relativa eccezione non possa essere proposta, dato che essa è proponibile anche dopo la prescrizione dell’azione (quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum).
Sulla garanzia ipotecaria concessa a copertura del credito originario verso la Società fallita.
Il G.D. ha ammesso la ricorrente per € 289.635,60 ma solo in via chirografaria, ritenendo che "l'ipoteca volontaria concessa il 10 febbraio 2010 (ma iscritta il 16 febbraio) sia atto gratuito, in quanto la stessa è stata concessa quasi un anno dopo la cessione del credito (2 aprile 2009) da cui sorge il diritto di Ifitalia".
La ricorrente ha contestato tale decisione affermando che l'ipoteca era stata concessa a fronte di una ristrutturazione del debito della fallita che prevedeva una moratoria di 36 mesi dei pagamenti.
Deve confermarsi la decisione del G.D. in quanto IFITALIA S.P.A. non aveva né annunciato né tanto meno dato inizio ad alcuna azione giudiziaria e/o esecutiva per il recupero del credito de quo, e pertanto la concessione di una dilazione del pagamento non ha comportato alcun ulteriore vantaggio per il debitore, né la sua posizione ha subito alcuna sostanziale modifica.
Anche la stessa modalità con cui la fallita ha concesso l'ipoteca avvalora la ricostruzione del G.D.
Invero, soltanto dopo ben tre mesi dalla mera offerta di dazione di ipoteca (la quale non faceva alcun riferimento alla ristrutturazione del suo debito), ACEM S.P.A. aveva proposto una dilazione del pagamento del debito quale contropartita della concessione dell'ipoteca.
Secondo la Corte di Cassazione "la costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza dello stato soggettivo del terzo, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento del debito, da ritenersi inerente non alla causa dell'accordo di garanzia, ma ad un motivo di esso" (Cass. 9 novembre 2018 n. 28802; Cass. 8 maggio 2014 n. 9987; Cass. 12 marzo 2008 n. 6739; Cass. 2 febbraio 2006 n. 2325).
Nel caso di specie, non è ravvisabile in alcun modo il carattere della contestualità (intesa come concausalità sinallagmatica), attesa la cronologia delle vicende intercorse tra il momento in cui il credito è sorto, la sua successiva cessione alla Società ricorrente e, infine, la costituzione di un'ipoteca volontaria, con iniziale offerta della ipoteca senza alcun riferimento alla dilazione del debito (cfr. doc. 11), seguita solo dopo tre mesi da un riferimento alla dilazione (doc. 12), e solo a seguito delle “successive intese” intercorse tra le parti, durante le quali il creditore deve aver ben pensato di far sorgere ad arte un sinallagma, per porsi al riparo proprio dalle conseguenze della gratuità dell’ipoteca.
“In sostanza, in fattispecie di concessione di ipoteca a fronte di dilazione di pagamento, il negozio, quand'anche apparentemente oneroso quanto al motivo, è da considerare gratuito quanto alla causa, unico aspetto rilevante ai fini dello stato soggettivo del terzo.” (Cass. 9 novembre 2018 n. 28802).
La garanzia ipotecaria è pertanto priva di effetti, ex art. 64 l.f.
Sulla garanzia ipotecaria concessa da ACEM spa per il credito sorto originariamente verso Tiber Industrie s.p.a.
La ricorrente sostiene che il debito a garanzia del quale ha concesso l’ipoteca del 16.2.2010, era un debito proprio, essendo stata concessa per un debito di una società da sé controllata al 100%.
La Società fallita aveva prestato garanzia nei confronti di Tiber Industrie s.p.a. per un importo massimo di € 200.000,00, non per l'intero ammontare del debito, che non può considerarsi – anche per questo motivo - assunto in proprio da ACEM spa, in ragione quanto meno della differenza di importo.
In ogni caso, le medesime considerazioni svolte in ordine alla tardiva concessione dell’ipoteca rispetto al sorgere del debito valgono anche qui a caratterizzarne la gratuità, quand’anche si volesse accedere alla tesi della garanzia per un debito proprio.
E' evidente, dunque, che l'ipoteca volontaria costituita da ACEM S.P.A. sia da intendersi quale garanzia gratuita (per un debito proprio o anche di terzi), con la conseguente applicazione della disciplina di cui all'articolo 64 l.f. e la piena inefficacia della stessa.
Trattandosi, per vero, di garanzia infragruppo, la sua gratuità sarebbe esclusa solo dall’esistenza di vantaggi compensativi, di cui qui peraltro non si è fatto alcun cenno, non potendosi ricavare ciò dal semplice fatto di appartenere ad un gruppo di imprese (altrimenti, tutte le garanzie infragruppo sarebbero ipso facto onerose, e mai gratuite).
Era invero onere dell’opponente dare la prova dell’esistenza del vantaggio compensativo (Cass. 10 ottobre 2013 n. 23089).
Anche sotto questo profilo, perciò, la garanzia è stata correttamente considerata atto gratuito.
Correttamente poi la ricorrente è stata ammessa allo stato passivo della Società fallita, con la riserva di verificare quanto effettivamente da lei riscosso nella procedura Tiber Industrie s.p.a.
Interessi ex d.lgs. n. 231/2002:
L’art. 1 del d.lgs. n. 231/2002 stabilisce che “2. Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito;”.
Risulta evidente che la maggiorazione degli interessi dovuta al ritardo non può essere applicata alle procedure concorsuali non solo con riguardo agli interessi maturati post fallimento, che già non sono dovuti ex art. 55 l.f., ma anche e soprattutto con riguardo agli interessi anteriori al fallimento, altrimenti la norma non avrebbe senso pratico, bastando ad escludere gli interessi postfallimentari l’art. 55 l.f., che già esclude la maturazione degli interessi chirografari.
Un tanto, in considerazione del contrario avviso della Cassazione (8 febbraio 2017 n. 3300) sul punto (Il divieto di riconoscimento degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002 relativamente ai debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore opera, come nella generalità dei casi afferenti ai crediti chirografari, solo dal momento della dichiarazione di fallimento, fermo restando, quindi, il diritto al riconoscimento di quelli già maturati antecedentemente all'accertata insolvenza del debitore.).
Si osserva, a completamento dell’argomento, che gli interessi possono ben essere maturati ex lege ante fallimento, ma, semplicemente, non possono più essere fatti valere ove si apra una procedura concorsuale e finché questa rimanga aperta, potendo essere invece fatti nuovamente valere nei confronti dell’imprenditore tornato in bonis dopo il fallimento.
In tal modo, l’art. 1 del d.lgs. n. 231/2002 sterilizza la quota parte degli interessi, che potrebbero essere stati fatti maturare ad arte, per evitare eccessivi squilibri in danno della massa.
La norma, infatti, si spiega in funzione dissuasiva del debitore a pagare in ritardo, non giustificandosi invece nei confronti della massa, se non come immotivato privilegio a favore di un unico creditore.
La norma nazionale sorge dalla Direttiva Comunitaria n. 35/2000, la quale prevede, all'art. 6 co. 3 lett. a), che "3. Nell'attuare la presente direttiva gli Stati membri possono escludere: a) i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore;".
L’art. 1 del d.lgs. n. 231/2002 ripete: “2. Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito;”
La frase da interpretare è "debiti oggetto di procedure concorsuali".
In particolare, la parola chiave è "oggetto".
I debiti oggetto delle procedure concorsuali sono sia quelli anteriori (concorsuali), che quelli posteriori (prededuzione), ma per questi ultimi già si sa che la procedura di per sé non genera ritardi sanzionabili, a meno che il curatore non sia in mora colpevole, ad esempio perché ha i soldi e non procede al riparto in tempi ragionevoli o non effettua i pagamenti dovuti ("Con riguardo ai crediti ammessi al passivo fallimentare, non sono dovuti interessi moratori, neppure nella forma del risarcimento del maggior danno previsto dal secondo comma dell'art. 1224 cod. civ., neanche in riferimento a credito ammesso in prededuzione, per il tempo intercorso tra il riconoscimento del detto credito in sentenza esecutiva ed il suo pagamento ad opera del curatore fallimentare, atteso che nella procedura fallimentare non è concepibile una "mora debendi" in relazione a qualsiasi tipo di credito, al pagamento degli stessi provvedendosi esclusivamente secondo i piani di ripartizione stabiliti dal giudice delegato secondo poteri discrezionali, salvo il dovere di imprimere alla procedura fallimentare la massima speditezza possibile in relazione ai casi concreti e al potere di sollecitazione e di reclamo delle parti." - Cass. 27 marzo 1993 n. 3728).
(“Nelle procedure concorsuali non è configurabile la "mora debendi", e quindi non possono essere riconosciuti gli interessi maturati in relazione al ritardo colpevole nell'adempimento di un' obbligazione, ai sensi dell'art. 1224 cod. civ., ma possono essere invece computati - nella specie, per un debito imputabile al fallimento e non al fallito - gli interessi corrispettivi, dovuti a compensazione della mancata tempestiva disponibilità del denaro dovuto, a norma dell'art. 1282 cod. civ., ed aventi quindi la funzione di bilanciare il vantaggio di una parte, consistente nel trattenere somme di denaro produttive di utilità oltre il termine di spettanza." - Cass. 25 novembre 2003 n. 17932).
("In tema di fallimento, il ritardo nel pagamento della somma spettante al creditore ammesso in base al piano di riparto non gli attribuisce il diritto di percepire gli interessi compensativi o moratori per il periodo compreso tra la data di esecutività del piano ed il pagamento, in quanto l'ammissione del credito al passivo e l'inclusione del relativo importo nel piano di riparto non determinano una novazione del credito, né lo trasformano in un credito nei confronti della massa, con la conseguenza che gli interessi maturati e maturandi, dovendo considerarsi pur sempre accessori di un credito nei confronti del fallito, non possono dar vita ad un autonomo e distinto credito nei confronti della massa, ostandovi d'altronde sia la disciplina dettata dagli artt. 54 e 55 della legge fall., sia, per gli interessi moratori, il carattere satisfattivo della procedura concorsuale, incompatibile con la mora nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie." - Cass. 2 aprile 2010 n. 8185).
("In tema di fallimento, il principio secondo il quale non sono dovuti dalla procedura gli interessi moratori per i crediti immessi in prededuzione, relativamente al tempo intercorrente tra l'accertamento con sentenza esecutiva e il pagamento, non si applica ai debiti di massa contratti nello svolgimento della procedura e nell'interesse della medesima. Ne consegue che per tali crediti il trattamento di quello principale si estende agli accessori e la procedura è tenuta al pagamento degli interessi moratori. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto dovuti dalla massa gli interessi legali sulla somma indebitamente ricevuta dalla curatela, che aveva posto in esecuzione una sentenza esecutiva, poi annullata)." - Cass. 30 marzo 2012 n. 5169).
In ogni caso, i debiti di massa collocati in prededuzione non possono essere ricondotti alla categoria delle transazioni commerciali, a cui si esplicitamente ed esclusivamente si applica il d. lgs. n.231/2002, quindi queste norme non si applicano in nessun caso alle procedure aperte e per i debiti contratti successivamente alla loro apertura.
Per i debiti contratti anteriormente dal fallito, cioè quelli concorsuali, l'arresto degli interessi con l'apertura del concorso è già scritto nell'art. 55 l.f.
Non resta (per esclusione) che riferire la norma in commento ai soli interessi sui debiti concorsuali maturati ante fallimento.
Il che ha senso, proprio perché non è stato ritenuto giusto (dal Legislatore Comunitario), far pagare alla massa le sanzioni maggiorate dovute dal debitore al singolo creditore, con suo maggior vantaggio (a scapito degli altri creditori).
L’opposizione è, in definitiva, totalmente non fondata, ritenute incontestate o assorbite le questioni non trattate.
Le spese seguono, per legge, la soccombenza.
P. Q. M.
visto l’art. 99 l.f.;
ogni altra istanza rigettata;
rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il provvedimento impugnato;
condanna l’opponente al pagamento delle spese della presente fase, in favore del Fallimento, liquidate in complessivi e forfetari € 3.600,00, oltre agli accessori di legge.
Si comunichi a tutte le parti.
Vicenza, 14.2.2019.