Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 342 - pubb. 01/01/2007

Società a responsabilità limitata – Arbitrato - Materie compromettibili – Annullamento di delibera di aumento del compenso agli amministratori – Esclusione.

Tribunale Biella, 15 Gennaio 2005. Est. Eleonora Reggiani.


Società a responsabilità limitata – Arbitrato – Materie compromettibili – Annullamento di delibera di aumento del compenso agli amministratori – Esclusione.



La domanda di annullamento della delibera assembleare, con la quale i soci di maggioranza hanno disposto un aumento dei compensi degli amministratori non giustificato e non coerente con la situazione economica della società e con la finalità indiretta di ridurre gli utili sociali dei soci di minoranza, deve ritenersi sottratta alla devoluzione arbitrale, in quanto coinvolgente interessi superindividuali della società (contenimento delle spese) e della generalità dei soci (distribuzione degli utili). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


omissis

… ricorso ex art. ex artt. 2378 comma 3, 2479 ter c.c. e 24 d.lvo 5/03;

-    letto il ricorso ex artt. 2378 comma 3, 2479 ter c.c. e 24 d.lvo 5/03 con il quale parte attrice ricorrente ha chiesto in corso di causa la sospensione dell’esecuzione della deliberazione assembleare ordinaria della N.F. s.r.l. datata 27.09.04, limitatamente alla parte in cui si è approvato l’aumento del compenso all’organo amministrativo sino ad euro 105.000,00;

- letto il provvedimento presidenziale di designazione di questo giudice per la trattazione del procedimento in data 26.11.04;

- letta la memoria di costituzione della N.F. s.r.l. datata 16.12.04;

-    letta la memoria di replica di parte attrice, depositata in data 20.12.04;

-    sentita la parte ricorrente e i difensori comparsi all’udienza ex art. 669 sexies c.p.c. del 23.12.04;

-    letti gli atti e i documenti di causa,

a scioglimento della riserva che precede,

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

in ordine alle eccezioni di nullità dell’atto di citazione e del ricorso cautelare per difetto di valida procura al difensore

L’eccezione, sollevata nella comparsa di costituzione, si fonda sulla rilevata anteriorità delle procure alle liti, apposte in calce all’atto di citazione e al ricorso cautelare, rispetto agli atti cui accedono, circostanza ritenuta causa di nullità per assoluta incertezza in ordine alla riferibilità delle procure alla presente vertenza (di merito e cautelare).

All’udienza del 23.12.04, parte resistente ha aggiunto che, dovendo ritenersi le procure separate e autonome rispetto agli atti cui accedono, esse avrebbero dovuto avere il requisito di forma richiesto dall’art. 83 comma 2 c.p.c.

Le eccezioni sono infondate.

Con riguardo all’ultimo dei rilievi appena prospettati, effettivamente le procure alle liti - autenticate dal difensore e apposte su foglio a parte, spillato all’atto di citazione e al ricorso cautelare - risultano datate 11.11.04, mentre l’atto di citazione e il ricorso cautelare risultano datati 14.11.04.

Com’è noto tuttavia, l’art. 83 comma 3 ultima parte c.p.c. (periodo aggiunto dall’art. 1 l. 27.05.97 n. 141) statuisce che “La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce”.

Pertanto nella specie le procure devono ritenersi apposte in calce agli atti cui accedono, con la conseguenza che non è richiesta l’autentica ex art. 83 comma 2 c.p.c., essendo sufficiente la certificazione del difensore ex art. 83 comma 3 c.p.c., che in effetti risulta essere apposta.

Neppure può ritenersi che le procure abbiano un oggetto indeterminato, considerato che ex lege esse sono equiparate a quelle apposte in calce all’atto cui accedono e che il richiamo al relativo procedimento è nella specie espresso e chiaro.

Nessun rilevo assume la circostanza che la data delle procure appaia di pochi giorni anteriore alla data dell’atto di citazione e del ricorso, non richiedendo la legge che la procura debba essere necessariamente contestuale (o successiva) all’atto cui si riferisce, essendo per giurisprudenza invece necessario e sufficiente che essa sia anteriore alla costituzione della parte (nella specie quindi anteriore alla notificazione degli atti) (tra le tante, Cass. 15.02.00 n. 1705), circostanza senza dubbio nella specie verificata. 

In ordine all’eccezione relativa all’esistenza della clausola compromissoria

Parte resistente ha inoltre eccepito che la presente vertenza sia sottratta alla cognizione del giudice, per essere riconducibile alle controversie che nel nuovo statuto sono devolute ad arbitri rituali.

L’art. 16 del nuovo statuto, approvato in data 27.09.04 (doc. 1 fasc. conv.), prevede quanto segue: “qualsiasi controversia dovesse insorgere tra i soci e/o i loro aventi causa, o tra i soci e/o i loro aventi causa, o tra i soci e/o i loro aventi causa e la società, in ordine ai diritti disponibili relativi al rapporto sociale sarà rimessa ad un arbitro nominato dal Presidente della Camera di Commercio, industria, Artigianato e Agricoltura del luogo in cui avrà sede la società ad istanza della parte più diligente. La sede dell’arbitrato sarà presso la sede legale della società. L’arbitro deciderà entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina in via rituale secondo diritto senza l’osservanza di forme non imposte dalla legge. …omissis…”.

È incontestato che la clausola sia efficace e approvata senza il dissenso dell’attore (v. verb. ud. 23.12.04).

Occorre pertanto verificare se l’oggetto della presente vertenza rientri o meno nella nozione di diritto disponibile relativo al rapporto sociale.

Si tratta dell’azione di annullamento di una delibera assembleare ordinaria, con la quale i soci della N.F. s.r.l. hanno deliberato un aumento dei compensi agli amministratori.

A sostegno dell’impugnazione parte attrice ha allegato trattarsi di un aumento spropositato, ingiustificato e non coerente con la situazione economica della società, deliberato con la finalità indiretta di ridurre gli utili sociali da dividere con l’attore (socio di minoranza), pur garantendo entrate ai soci di maggioranza (componenti del consiglio di amministrazione insieme a Cappa Verzone Tarcisio) mediante la corresponsione di detti compensi.

Detti motivi sono per giurisprudenza costante riconducibili alla figura dell’eccesso di potere.

Come già rilevato da attenta giurisprudenza infatti, anche se non vi è la prova dell’adozione della deliberazione impugnata per provocare la lesione dei diritti patrimoniali del socio di minoranza, ipotesi tipica di sviamento di potere (così Trib. Milano 12.09.95), tuttavia la prova dell’ingiustificata eccessiva entità del compenso deliberato a favore degli amministratori costituisce di per sé un’ipotesi cd. sintomatica dell’eccesso di potere, dovendosi considerare presunto lo sviamento della discrezionalità dei soci quando una deliberazione onerosa è assunta in mancanza di giustificazione (così Trib. Milano 20.11.95).

Com’è noto la compromettibilità di questioni societarie, ed in particolare di quelle che riguardano la materia delle assemblee e della approvazione dei bilanci, viene risolta da una dottrina e una giurisprudenza oramai consolidate non già in base ad una considerazione di principio, con riferimento allo strumento formale di attuazione della volontà sociale, bensì volta per volta, con riguardo all'interesse dedotto in giudizio.

Gli interpreti hanno ritenuto non compromettibili le controversie aventi ad oggetto interessi superindividuali, riconducibili a quelli dei creditori, della collettività dei soci in quanto tale e a quelli della società stessa (Cass. 23.01.04 n. 1148; 21.12.00 n. 16056; 19.09.00 n. 12412).

Ovviamente nell’individuazione dell’interesse dedotto si deve guardare alla prospettazione ed in particolare alla causa petendi azionata e al petitum, indipendentemente dai profili di fondatezza o di infondatezza che la stessa prospettazione può far emergere.

Tale orientamento non è destinato a mutare in seguito all’entrata in vigore degli artt. 34 e ss. d.l.vo 5/03.

L’art. 12 comma 3 l. 366/01 (cd. legge delega) ha infatti autorizzato il governo a prevedere clausole compromissorie anche in deroga agli att. 806 e 808 c.p.c., ma il legislatore delegato ha colto solo in minima parte l’occasione offerta dalla l. cit. ed ha previsto la compatibilità tra misure cautelari e arbitrato irrituale, ha introdotto l’arbitrato cosiddetto economico e ha derogato all’art. 819 comma 1 c.p.c. per gli accertamenti incidentali, ma non ha espressamente indicato le materie compromettibili.

In altre parole il legislatore delegato non ha apportato alcun contributo innovativo al problema dei limiti oggettivi della clausola compromissoria in materia societaria, con la conseguenza che devono ritenersi ancora operativi i criteri interpretativi fin’ora adottati.

Passando al caso di specie, deve pertanto rilevarsi che, al di là dell'interesse individuale (agli utili) del socio, che lo abilita alla domanda di giustizia, viene individuato da parte dell’attore un vizio della deliberazione che attribuisce compensi spropositati, ingiustificati e non coerenti con la situazione economica della società, con la finalità indiretta di ridurre gli utili sociali da dividere con la minoranza.

Viene pertanto prospettata l’adozione di una deliberazione assembleare con finalità oggettive in conflitto con gli interessi della società al contenimento dei compensi e con quello collettivo dei soci alla distribuzione degli utili, materie che trascendono l’interesse individuale del socio e coinvolge la vita della stessa società (così Cass. 30.03.98 n. 3322, proprio con riguardo all’impugnazione di delibera con la quale ai soci di maggioranza, aventi la veste anche di amministratori, venivano attribuiti compensi sproporzionati e non coerenti con la situazione economica della società).

Sulla base della prospettazione attorea, la domanda proposta deve pertanto ritenersi sottratta alla devoluzione arbitrale, in quanto coinvolgente interessi superindividuali della società (contenimento delle spese) e della generalità dei soci (distribuzione degli utili). 

In ordine alla eccezione di nullità della domanda per indeterminatezza della causa petendi

Anche questa eccezione è infondata, essendo chiara la manifestazione dei motivi posti a fondamento dell’impugnazione.

Come già evidenziato, la delibera è stata infatti impugnata per ragioni riconducibili a vizi di eccesso di potere (v. supra).

In ordine al fumus boni iuris della richiesta cautelare

Non sussiste allo stato prova idonea del fumus boni iuris della pretesa avanzata.

È incontestato che il ricorrente, già amministratore unico della società, percepisse un compenso annuo di euro 37.800,00.

La deliberazione impugnata ha deciso (con il voto contrario dell’attore e il voto favorevole di C.B. L. e C.B.A.) di assegnare al consiglio di amministrazione (composto dai soci C. B. L. e C. B. A. oltre che dall’ex dipendente C. V. T.) l’emolumento annuo di euro 135.000,00 per l’anno 2005 e di euro 67.500,00 per l’anno 2004 (metà del compenso annuale, essendo il consiglio stato nominato a metà dell’anno 2004) (v. doc. 8 fasc. ric.).

Nel verbale di assemblea si legge a fondamento di tale deliberazione la seguente osservazione: “il Presidente fa presente che tutti i membri del Consiglio lavorano fattivamente ed esclusivamente per la società sia sotto il profilo amministrativo, che tecnico, intervenendo anche con prestazioni lavorative presso i clienti. D’altro canto continua il Presidente, non sarebbe possibile continuare proficuamente nell’attività con la forza lavoro attualmente in carico e rappresentata da un solo operaio”.

Si dà pertanto atto di un impiego a tutto campo degli amministratori, determinata dalla riduzione della forza lavoro, e ciò a giustificazione dell’aumento del loro compenso.

Come già evidenziato, parte attrice ha allegato che si tratta di un aumento spropositato, ingiustificato e non coerente con la situazione economica della società, deliberato con la finalità indiretta di ridurre gli utili sociali da dividere con l’attore (socio di minoranza).

In particolare parte attrice ha dedotto che in ragione dell’età avanzata di due componenti del consiglio di amministrazione e della giovane età dell’altro componente i nuovi amministratori non sarebbero stati in grado di arrecare alcun apporto fattivo alla gestione sociale e che comunque non avrebbero potuto garantire il mantenimento della gestione ai livelli ottenuti dall’attore. Ha inoltre aggiunto che l’aumento dei compensi era spropositata rispetto alle capacità patrimoniali della società.

Si deve tuttavia rilevare che l’età degli amministratori non è in sé significativa, non essendo né troppo avanzata quella degli amministratori più anziani (* di anni 59 e * di anni 65), né troppo giovane quella dell’amministratore meno anziano (* di anni 27).

Né parte attrice ha fornito specifici elementi che dimostrino la dedotta generica incapacità.

E la medesima non ha neppure concretamente provato la specifica inadeguatezza gestionale dei nuovi amministratori (risultano prodotte solo contestazioni provenienti tuttavia dal ricorrente: v. doc. 5 e 6 fasc. ric.).

Né risulta una attribuzione agli amministratori spropositata rispetto alla capacità patrimoniale della società.

Non vi è alcun elemento di prova in ordine ad un attuale peggioramento dell’andamento gestionale sociale.

L’unico bilancio prodotto è quello relativo al 2003, dal quale risulta un utile di euro 26.400,00, quando veniva corrisposto un compenso di euro 37.800 all’amministratore unico e vi erano dipendenti che comportavano alla società costi (per stipendi, contributi inps, indennità anzianità, assicurazione inail) di circa euro 230.000,00 (doc. 11 fasc. ric.).

Non è contestato che ora vi sia un solo dipendente e che ben quattro dipendenti abbiano dato le dimissioni per essere assunti da un’altra società di cui l’attore è direttore commerciale (doc. 9 fasc. resist., proveniente da parte ricorrente, soprattutto a p. 18).

La dimissione di questi quattro dipendenti comporta un diminuzione dei relativi costi, con la conseguenza che ragionevolmente la società può impiegare detto denaro per compensare gli amministratori, investiti a tutto campo dell’attività sociale, proprio come dichiarato nel verbale dell’assemblea impugnata.

In conclusione, manca allo stato la prova del dedotto eccesso di potere ed anche degli elementi sintomatici di tale vizio.

Al contrario la deliberazione impugnata allo stato appare giustificata dalla riduzione del personale dipendente e dall’impiego degli amministratori anche per attività a quest’ultimo in precedenza affidate. 

Le spese

Trattandosi di domanda cautelare proposta in corso di causa, ogni statuizione sulle spese è compiuta unitamente al merito.

P.T.M.

rigetta il ricorso.