CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 10/01/2025 Scarica PDF
Art 23 CCII: oggi la conclusione delle trattative può avvenire in alternativa con gli strumenti dell’art 23 secondo comma CCII
Tommaso Nigro, Dottore Commercialista in SalernoQuesto contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi
1. Il nuovo art. 23 CCII ed il tema dell’alternatività degli strumenti
La composizione negoziata trova il suo naturale epilogo, quantomeno con riferimento alle imprese sopra soglia, nell’articolata formulazione dell’art. 23 CCII che, regolamentando i diversi esiti, prevede l’ingresso nel nostro ordinamento di nuovi strumenti “tipici”, id est i contratti e gli accordi di cui al comma 1 lettera a) e lettera c), che si vanno ad aggiungere agli strumenti che l'imprenditore può alternativamente richiedere, ovvero: a) il piano attestato di risanamento di cui all'articolo 56; b) l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61 (quest’ultimo con la riduzione della percentuale al 60% se il raggiungimento dell'accordo risulta dalla relazione finale dell'esperto); c) la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies. Inoltre, è sempre possibile accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza disciplinati dal codice, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347; con un particolare regime per l'imprenditore agricolo che può utilizzare gli strumenti di cui all'articolo 25-quater, comma 4.
La struttura che si è inteso recepire è “bidirezionale” ed accomuna, nella declinazione degli exit da perseguire, sia i “nuovi” contratti e gli accordi di cui al primo comma, che rappresentano l’essenza e la vera novità della riforma del Codice[1], sia anche quegli strumenti che erano già presenti nel vecchio ordinamento e che vengono evocati, pur godendo già di espressa autonomia.
Qui il Legislatore del Correttivo ter, con un intervento chiarificatore, ha inteso esplicitamente sancire il principio dell’alternatività nella scelta del percorso da intraprendere, escludendo la necessaria “passarella” tra primo e secondo comma, così sconfessando quella tesi che individuava la necessità di esplorare gli accordi “tipici” prima di accedere ai restanti istituti [2].
Provando ad indagare il sottostante della scelta si potrebbe pensare ad una espressa volontà del legislatore di incentivare sempre e comunque l’accesso alla composizione negoziata, secondo il convincimento per il quale le trattative con i creditori, condotte sotto l’egida dell’Esperto, possano condurre, anche nelle ipotesi in cui esse non siano andate a buon fine, ad una soluzione fondata sull’accordo con i creditori [3]. Percorrendo tale strada si potrebbe ritenere che tutti gli exit previsti dall’articolo 23 CCII siano da considerarsi come esiti positivi.
Conforta ora tale tesi il tenore della Relazione illustrativa al decreto Correttivo ter che appare tranciante nel ritenere che la composizione negoziata “non deve essere vista come uno strumento che ha esito positivo solo se ed in quanto porta ad una delle soluzioni di risanamento di cui al comma 1 o al comma 2, lettera b)” posto che “Anche gli eventuali sbocchi giurisdizionali, infatti, vanno considerati come risultati positivi della composizione che, rispetto ad essi, è chiamata a svolgere un ruolo preparatorio tale da garantire ristrutturazioni più rapide ed efficienti”. In tal senso il Legislatore giunge a ritenere che “Anche il concordato semplificato non è, propriamente, un esito “negativo”, dato che nell’art. 25-sexies è stato cancellato il passaggio in cui si prevedeva “quando l’esperto nella relazione dichiara che le trattative (…) non hanno avuto esito positivo”, per sottolineare come anche in quel caso le trattative siano alla base della soluzione della crisi, e suppliscano alla mancanza della approvazione del concordato da parte dei creditori”.
Le conclusioni cui si è giunti meritano, tuttavia, un ulteriore approfondimento, anche per esplicitare meglio la scelta legislativa e la non del tutto motivata conclusione in esito alla “positività” di tutti gli strumenti del comma 2 dell’art. 23 CCII.
Se si guarda al contesto complessivo della norma vien da credere che sono da considerarsi “esiti favorevoli”, oltre, ovviamente, agli accordi e contratti “tipici” di cui al co.1, tutti gli strumenti declinati al comma 2, ivi inclusa la “domanda di concordato semplificato”, rientrando in essi anche gli strumenti di cui alla lettera d) che, utilizzando un indiretto richiamo al Titolo III, comprenderebbero anche le soluzioni liquidatorie e la stessa liquidazione giudiziale.
A tale prima conclusione si perviene considerando il fondante delle misure di riduzione fiscale di cui all’art. 25 bis CCII che individua, tra le altre, una premialità, al co.3, per “le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’articolo 17 e oggetto della composizione negoziata” che vengono ridotti della metà in tutte le ipotesi previste dall’articolo 23, comma 2. Ciò potrebbe significare che, quand’anche le trattative non abbiano condotto ad un superamento della crisi o dell’insolvenza, il tavolo “fecondo” delle relazioni abbia generato, in ogni caso, un vantaggio per l’impresa che ha richiesto l’accesso, indipendentemente dall’exit finale.
Questa chiave di lettura di “esito favorevole” va, dunque, utilizzata in una accezione più ampia del termine, premiando, in ogni caso, tutte le soluzioni dell’art. 23 CCII, in esso incluso anche il concordato semplificato.
Tuttavia, se si riflette sulla condizione principale ed assorbente dell’incipit del medesimo art. 23 CCII, che fa espresso rimando all’art. 12 co.1 CCII, non sfugge che il vero “esito positivo”, da ritenersi a questo punto con accezione “ristretta”, vada ricercato esclusivamente in quelle ipotesi che consentano il superamento delle “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” e solo nei casi in cui “risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”.
Così ragionando andranno inclusi tra gli “esiti favorevoli” i contratti e gli accordi di cui al co.1 dell’art. 23 CCII e, tra gli strumenti elencati al co. 2, solo quelli espressamente indicati al titolo VI come “strumenti di regolazione della crisi”, con una conclusione che, per vero, si porrebbe in antitesi con le indicazioni ritraibili dalla relazione illustrativa.
In conclusione, per trovare un senso ed una risposta al quesito, necessita, probabilmente, “sfumare” i contorni, abbandonando l’idea di una netta perimetrazione tra esiti positivi e negativi della composizione negoziata ed introducendo un concetto “stratificato” e “modulare” di “esito positivo” che può assumere diverse gradazioni a seconda del punto di osservazione e della finalità che si intende raggiungere ed indagare[4].
* Dottore commercialista, Revisore legale e Giornalista Pubblicista.
[1] Preceduta dal D.L.118/2021
[2] Per la non necessità di un passaggio obbligato per gli strumenti di cui al comma 1 si era già espresso, prima dell’introduzione della disposizione correttiva, il Tribunale di Avellino, 30.10.2023 in www.ilcaso.it, secondo il quale “la composizione negoziata è un percorso stragiudiziale che ben può essere prodromico ad una ristrutturazione mediante accesso agli strumenti di regolazione dell’insolvenza come è dato desumere dall’art. 23 co. 2 CCII , sicché non è escluso che l’imprenditore possa prospettare sin da subito come possibile mezzo di risanamento il ricorso alle procedure concorsuali” .
[3] L. Panzani, “Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso”, in Il Fallimento 12/2021, 1598
[4] A comprova si vedano le statistiche dei report di Unioncamere che continuano a catalogare come “esito negativo” tutte quelle archiviazioni che non abbiano visto, alla data di scadenza della composizione negoziata, una conclusione dello strumento coltivato, escludendo, così, dal perimetro degli “esiti favorevoli” quelle istanze che abbiano fatto registrare un esito positivo del percorso solo in epoca successiva. Così come qualifica come “esiti sfavorevoli” delle procedure post CN, le liquidazioni giudiziali, i concordati preventivi, gli accordi di ristrutturazione, le liquidazioni volontarie ed anche i concordati semplificati (Fonte: Osservatorio semestrale Unioncamere 14.11.2024 pag.12), quindi tutti quegli strumenti di cui al co.2 dell’art. 23 che la Relazione Illustrativa cataloga, invece, come “risultati positivi della composizione”
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