Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 32216 - pubb. 14/11/2024
Ripristino delle misure protettive e progetto di risanamento
Tribunale Forlì, 11 Ottobre 2024. Est. Vacca.
Composizione negoziata - Misure protettive - Reclamo - Ripristino
Pubblichiamo due provvedimenti del Tribunale di Forlì, relativi al medesimo procedimento di reclamo ex artt. 19 comma 7 CCII e 669-terdecies c.p.c. avverso il diniego delle misure protettive.
1) Il primo provvedimento è quello emesso l’11.10.2024 ed è sicuramente il più interessante.
Si tratta dell’ordinanza che il Presidente del Collegio ha emesso ai sensi del sesto comma dell’art. 669-terdecies c.p.c. per sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato e quindi ripristinare, in via provvisoria e urgente, nelle more della decisione finale sul reclamo, le misure protettive che il giudice monocratico non aveva confermato.
La decisione si fonda su una lettura ampia del sesto comma dell’art. 669-terdecies e coerente con la sua collocazione all’interno della tra le disposizioni che regolano le misure protettive. Sotto questo profilo l’espressione “sospensione dell’esecuzione” del provvedimento impugnato è stata interpretata in senso estensivo, ricomprendendovi anche la sospensione “degli effetti” o “dell’efficacia” del provvedimento medesimo.
Nella CNC le misure protettive hanno un’efficacia provvisoria subordinata alla conferma del Tribunale. Il provvedimento di revoca ha dunque l’effetto di privare il debitore della protezione acquisita con la domanda di cui all’art. 18 CCII. Di conseguenza per il Tribunale di Forlì sospendere gli effetti (o l’efficacia) di quel provvedimento, a norma del sesto comma dell’art. 669-terdecies c.p.c., significa decretare la temporanea riviviscenza delle misure protettive sino alla decisione sul reclamo.
2) Il secondo provvedimento è l’ordinanza di accoglimento del reclamo, con cui il Tribunale di Forlì – riformando la decisione monocratica di prima istanza (che parimenti allego, per un più chiaro raffronto delle tematiche discusse) – ha espresso alcuni importanti principi in tema di CNC:
a. anzitutto ha ricordato che “la composizione negoziata della crisi non è una procedura concorsuale ma un percorso di tipo negoziale, funzionale proprio ad instaurare, e proseguire, le trattative con i creditori o con alcune categorie di questi (come nel caso in esame il ceto bancario), per individuare una soluzione idonea al risanamento” (la sottolineatura è rilevante perché nel provvedimento di diniego delle misure protettive era stata data particolare enfasi alla mancanza di un piano e, più in generale, di una serie di documenti necessari per un concordato, ma non richiesti nella CNC);
b. ha di conseguenza affermato che l’imprenditore non ha l’onere di presentare un piano vero e proprio, ma più semplicemente un progetto di piano di risanamento, che deve contenere le “linee guida e assunzioni sufficientemente precise e chiare, in modo da permettere al Tribunale di effettuare il giudizio di astratta idoneità, o comunque di non manifesta inidoneità, dello stesso a perseguire la finalità del risanamento”;
c. ha tenuto a rimarcare che al Tribunale spetta (solo) il controllo circa l’astratta idoneità del progetto a risanare l’impresa, mentre la concreta attuabilità dello stesso (ossia le sue chance di successo) è riservata esclusivamente alla valutazione dei creditori (nell’ordinanza reclamata il giudice s’era invece spinto a sindacare il merito della proposta ai creditori). (Jam Czmil) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Jam Czmil
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