Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31288 - pubb. 28/05/2024

Esecuzione forzata ed usura: l’ordinamento non tollera di dare corso a una pretesa creditoria usuraria, ancorché su di essa sia sceso il giudicato

Tribunale Brindisi, 10 Maggio 2024. Est. Natali.


Processo esecutivo – Eccezione di usurarietà degli interessi – Principio del c.d. deducibile come dedotto – Esclusione


Processo esecutivo – Eccezione di usurarietà degli interessi – Anteriorità al giudicato – Spendibilità – Posteriorità al giudicato – Spendibilità


Processo esecutivo – Eccezione di usurarietà degli interessi – Posteriorità al giudicato – Spendibilità – Violazione del principio di intangibilità del giudicato – Esclusione


Processo esecutivo – Eccezione di usurarietà degli interessi – Principio di buona fede oggettiva – Complessiva coerenza dell’ordinamento – Strumentalità


Processo esecutivo – Eccezione di usurarietà degli interessi – Principio di buona fede oggettiva – Deriva etica – Esclusione


Criteri esegetici – Criterio sistematico – Principio di non contraddizione logica – Necessità



L’eccezione di usurarietà degli interessi è idonea a sottrarsi al principio del c.d. deducibile come dedotto, in quanto l’ordinamento non tollera di dare corso a una pretesa creditoria usuraria, ancorché su di essa sia sceso il giudicato; ragione per cui la stessa deve ritenersi spendibile, ex novo, in sede esecutiva.


La spendibilità dell’eccezione di usurarietà vale al di fuori dell’ipotesi di usura sopravvenuta, nel qual caso la correlata eccezione, in quanto formatasi in epoca successiva al giudicato, non avrebbe potuto essere proposta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e ciò in quanto la pretesa usuraria è da considerarsi inesigibile in ogni caso, sia se posteriore alla formazione del giudicato, sia se ad essa anteriore.


Non si pone un vero e proprio contrasto tra questa affermazione e il principio di intangibilità del giudicato, in quanto l’inesigibilità inerisce un piano diverso da quello della formazione del titolo ovvero quello della sua attuazione: il disvalore penale che inerisce alla pretesa al momento della sua pattuizione, così come della sua concreta esazione, rende contrario a buona fede oggettiva e, dunque, respingibile la richiesta di interessi usurari, per quanto l’importo dovuto dal mutuatario (sia esso banca o privato) sia stato cristallizzato.


L’incontestabile generalità assunta dal principio di buona fede nel nostro ordinamento – e ciò a prescindere se sia accolta o meno la tesi di un suo radicamento costituzionale – fa dello stesso veicolo preferenziale al fine di assicurare la complessiva coerenza dell’ordinamento che sarebbe conculcata ove si ritenesse esigibile una prestazione la cui promessa o dazione costituisce fatto destinatario di quel particolare giudizio di disvalore che è sotteso alla norma penale.


L’ancoramento al principio giuridico di buona fede oggettiva consente di escludere le critiche in termini di una deriva meramente etica della scelta interpretativa.


Appare evidente come tra i criteri esegetici assuma rilievo preminente anche quello sistematico, volto anche ad assicurare l’armonia complessiva dell’esegesi delle norme, qualunque sia l’ambito materiale di cui intervengano a conformare la disciplina per cui le stesse, ove afferenti alla medesima quaestio iuris, devono essere interpretate così da non entrare in insanabile contrasto l’una con l’altra, contraddicendosi vicendevolmente, dando luogo a soluzioni complessivamente ondivaghe e altalenanti a seconda dell’ambito materiale che venga in rilievo di volta in volta. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)




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