Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26146 - pubb. 10/11/2021
La dichiarazione di adottabilità del minore costituisce una 'extrema ratio' che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale
Cassazione civile, sez. I, 14 Settembre 2021, n. 24717. Pres. Valitutti. Est. Acierno.
Adozione - Situazione di abbandono - Presupposti - Accertamento - Indagine sui genitori e sui familiari entro il quarto grado disponibili - Modalità
La dichiarazione di adottabilità del minore costituisce una "extrema ratio" che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, da compiersi tenendo conto che il legislatore, all'art. 1 l. n. 184 del 1983, ha stabilito il prioritario diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare anche allargato di origine, quale tessuto connettivo della sua identità. La natura non assoluta, ma bilanciabile, di tale diritto impone un esame approfondito, completo e attuale delle condizioni di criticità dei genitori e dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore e delle loro capacità di recupero e cambiamento, ove sostenute da interventi di supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento. (massima ufficiale)
Fatto
1. La Corte d'appello di Bologna, confermando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato l'adottabilità del minore H.M..
2. Il grave fatto, avvenuto il (*), che ha condotto all'apertura del procedimento è stato la morte della sorellina del minore per defenestrazione. Al momento dell'accaduto erano in casa la madre del minore e della neonata deceduta, la zia e altri tre bambini cugini di H.. Il procedimento penale a carico della madre è stato archiviato. In seguito all'evento si è aperto presso il tribunale per i minorenni un procedimento che ha determinato con decreto l'immediata presa in carico del nucleo familiare da parte del servizio sociale cui è seguito con decreto del 2 luglio 2018 l'avvio di un progetto di sostegno alla genitorialità. Dopo poco madre e minore sono stati collocati in ambito protetto a causa di un altro episodio verificatosi qualche mese dopo la morte della sorella ad H., ritrovato solo per strada di sera, perché sfuggito alla sorveglianza dei genitori. In comunità sono intervenute altre criticità ed il minore è stato successivamente collocato in ambito protetto da solo a causa dell'inadeguatezza della madre rivelatasi incapace di accudire il figlio (relazione del (*)). L'accertamento svolto sulla madre dal giudice di primo grado ha evidenziato che la stessa aveva sempre disatteso le regole della comunità e le indicazioni degli operatori, aveva agito comportamenti maltrattanti verso il figlio, aveva reso la situazione insostenibile per il bambino e gli altri ospiti, vivendo il periodo come una punizione e non come un percorso educativo e di sostegno. Il bambino è apparso in grave difficoltà, ha manifestato comportamenti reattivi e violenti verso i pari ed in uno stato di persistente trascuratezza ed abbandono morale e materiale. La madre è risultata affetta da un ritardo cognitivo. Dalle relazioni dei Servizi Sociali è emerso un quadro costante di inadeguatezza e assoluta mancanza di protezione. Il padre del minore è risultato anch'esso inadeguato pur risultando in grado di manifestare un maggiore legame affettivo con il figlio. Non è apparso in grado di comprendere le incompetenze materne anzi su di esse l'atteggiamento è stato di negazione. Ulteriore elemento di conoscenza acquisito al processo di primo grado è stata la perizia svolta nel corso del procedimento penale sui minori ( H. e suo cugino) e i genitori. L'indagine che ha assunto conclusioni coerenti con quelle di parte ha evidenziato un quadro di grave inadeguatezza genitoriale ed in particolare materna e una condizione di grave deprivazione del minore di interventi educativi adeguati alla sua età.
2.1 Da questo quadro è stata desunta la condizione di abbandono, tenuto conto dell'ampio percorso di sostegno, del tutto inutilizzato dalla madre, dalla incapacità del padre di cogliere le criticità e dalla mancanza di figure familiari di riferimento.
2.2 La Corte d'Appello ha condiviso integralmente la soluzione e le argomentazioni del giudice di primo grado precisando in relazione ai motivi d'impugnazione: la signora U. ha avuto tutto il sostegno necessario da parte dei servizi per elaborare il lutto che l'ha così gravemente colpita e le sue condotte sono state esaminate nel tempo; sulla mancata partecipazione di un consulente di parte per la formulazione di un piano di sostegno alla genitorialità, la Corte ha affermato che i genitori di H. hanno potuto contare su una difesa tecnica (legale e psicologica) che non è stata esclusa dal programma dei Servizi ma al contrario ha trovato ampio spazio di confronto dal momento che I Servizi Sociali hanno ricevuto in più occasioni I genitori del minore, difensore e psicologa di parte. Il servizio sociale ha lavorato con i genitori congiuntamente e separatamente con passaggi graduali e restituzioni puntuali incontro dopo incontro. Il percorso valutativo è durato un anno con ritmi serrati e costanti. L'inidoneità dei genitori non deriva da una valutazione negativa della cultura di appartenenza ma è il frutto di un rigoroso accertamento di una situazione di pericolo per la stessa incolumità fisica del minore. In relazione ai parenti entro il quarto grado, la Corte d'Appello rileva l'inidoneità della zia materna, ancora sotto procedimento penale e che ha trasferito due figli minori a (*) e intende trasferirsi anche con la più piccola; la nonna materna, che ha impugnato la sentenza di primo grado ed ha partecipato agli incontri protetti con il minore ed è rientrata in Italia proprio per dare disponibilità all'affido del minore è ritentrata a (*) dal marito. Gli incontri peraltro non sono stati positivi perché il minore era vissuto dalla nonna come un oggetto familiare e non è stata mai messa in discussione la adeguatezza della madre del minore. La medesima fiducia è stata espressa dagli altri parenti. La disponibilità dimostrata si è fondata soltanto sulla ferma convinzione che il bambino dovesse rimanere all'interno della sua famiglia, e che non dovesse essere messa in discussione la relazione materna.
3. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione i genitori del minore, affidato a cinque motivi. Ha resistito con controricorso, accompagnato da memoria il tutore del minore.
4. Nel primo motivo viene dedotto che lo stato di abbandono e di adottabilità sia stato dichiarato in carenza dei presupposti di legge e senza che siano stati preventivamente attivati interventi di supporto alla genitorialità. Le parti ricorrenti censurano l'adesione acritica ed apodittica delle conclusioni del giudizio di primo grado, rilevando l'omessa risposta alle contestazioni svolte nei motivi d'appello. Non è stata fornita spiegazione del rigetto della richiesta di consulenza tecnica medico legale neanche sull'affermato deficit cognitivo che è stato oggetto di valutazione solo da parte dei servizi sociali. Non sono state prese in esame le difese svolte con le osservazioni del consulente di parte; non è stata data risposta sull'esigenza di sostegno specialistico, ampiamente documentata e supportata da argomentazioni scientifiche, in considerazione del deficit linguistico delle parti, della provenienza culturale, del deficit cognitivo lieve effettivamente riscontrabile nella madre. Fin dall'instaurazione del giudizio è stato richiesto, come da documentazione puntualmente indicata, di poter partecipare al progetto di sostegno genitoriale ma I servizi territoriali non hanno reso possibile questa partecipazione e la Corte d'Appello ha risposto in modo del tutto vago e generico. L'adesione al Protocollo Unificato delle Attività psicosociali, cui si sarebbero attenuti i servizi e la Ausl non risulta effettiva dal momento che anche nel protocollo è richiesto un progetto clinico ed una progettazione condivisa. I rilievi della consulente di parte sono stati ignorati. In particolare nella valutazione complessiva non si è tenuto conto della condizione di lieve ritardo cognitivo della madre e delle oggettive difficoltà di riflessione critica che ad esso si connettono. In questo contesto i colloqui psico-educazionali nei quali si sono sostanziati gli interventi di sostegno si sono rivelati del tutto inadeguati.
5. Nel secondo motivo la censura si concentra sull'omesso esame da parte del giudice d'appello delle considerazioni difensive ed in particolare delle osservazioni tecniche riprodotte nel corpus di essa quali in particolare l'utilizzo di un protocollo per il progetto di sostegno, dallo stesso psicologo referente del caso ritenuto inutilizzabile per la cultura (*). Non sono stati esaminati i rilievi relativi alle ragioni dell'atteggiamento difensivo della madre né l'urgente necessità di sostegno psicologico del bambino che, secondo quanto riferito dagli affidatari, non è scontento di vedere i genitori; non è stato valutato l'impatto del terribile trauma subito nel giudizio d'inadeguatezza attribuita ai genitori.
6. Nel terzo motivo la censura si concentra nella non corretta valutazione della capacità genitoriale del padre non coinvolto affatto nel recupero della genitorialità. Il padre era disponibile al collocamento in comunità e questo aspetto è stato ignorato, anzi si è accomunato il padre nel giudizio non collaborativo che ha colpito la madre, senza considerare che l'ipotesi non poteva realizzarsi per mancanza di comunità organizzate in questa prospettiva. Il padre ha dato disponibilità a separarsi dalla moglie per vedersi affidato il minore nonostante la inusualità della scelta nella propria cultura, ha reiteratamente affermato di essere disponibile a qualsiasi passo per avere suo figlio con sé ed infine si è reso disponibile. Il suo comportamento è stato ritenuto adeguato, e la valutazione finale d'inadeguatezza del tutto priva di giustificazioni.
7. Nel quarto motivo la censura è incentrata sulla mancanza di una valutazione tecnica oggettiva della condizione psicologica della madre e del minore e di un sostegno specifico e mirato al gravissimo lutto nel quale era coinvolta tutta la famiglia. L'iniziale rifiuto materno ad accedere al Centro di salute mentale non doveva determinare l'abbandono di questo supporto.
8. Nel quinto motivo viene censurata la valutazione d'inidoneità dei nonni materni. Il giudizio negativo è privo di giustificazioni, tenuto conto che quest'ultima si è dimostrata disponibile a riorganizzare la propria vita, a trasferirsi in Italia a tempo indeterminato. In più gli incontri sono stati positivi e sereni come attestato dalle operatrici di (*) del (*) e del (*).
9. Nella memoria il tutore ha evidenziato il percorso positivo del minore intrapreso da tre anni con la famiglia affidataria.
10. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perché logicamente connessi.
11. Il collegio ritiene che siano fondati nei limiti di cui in motivazione. Metodologicamente si procede all'esame separato della madre, del padre e della nonna materna, tutti coinvolti dalla valutazione negativa della Corte d'appello e dalle censure prospettate nel ricorso.
12. Deve in primo luogo essere puntualizzata la sequenza temporale dell'accertamento svolto dalla Corte d'Appello. L'evento da cui scaturisce l'intera vicenda è collocato nel (*). Il nucleo familiare è preso in carico dal servizio sociale che vigila sul collocamento presso i genitori. Ad (*) madre e minore vengono collocati in comunità protetta a seguito di episodio di difetto di vigilanza segnalato ed a (*) la madre viene allontanata dalla Comunità ed il minore collocato presso la famiglia affidataria.
Le condotte descritte nelle relazioni dei servizi sociali relative alla permanenza in comunità, unitamente all'episodio che ha determinato il trasferimento di madre e minore in comunità protetta, hanno costituito il nucleo costitutivo dell'accertamento della condizione di abbandono, nonostante la limitatezza temporale del campo di osservazione (per la cronologia pag. 7 sentenza impugnata) e la omessa considerazione della condizione soggettiva di grave sofferenza e disagio dei soggetti osservati. Il sostegno diretto alla genitorialità materna, molto enfatizzato nella decisione impugnata, si è concentrato in questo breve periodo (pag. 9 sentenza impugnata) ed è consistito, per quel che si afferma nel provvedimento impugnato, nella indicazione, di natura prescrittiva, delle modalità di comportamento adeguate nel rapporto con il minore. L'altro profilo che ha concorso alla valutazione di radicale incapacità genitoriale è il ritardo cognitivo della ricorrente, anch'esso fondato sull'esame condotto in questa prima fase successiva alla morte tragica della secondogenita e in parte tratto dalle risultanze del giudizio penale.
12.1 L'accertamento svolto risulta inemendabilmente carente sotto tre profili. Il primo riguarda la sua inattualità, trattandosi di una valutazione sostanzialmente cristallizzata all'inizio del (*), nonostante il giudizio di appello si sia chiuso nel (*); il secondo riguarda l'omessa considerazione, nella valutazione delle condotte ritenute così censurabili da determinare una irreversibile incapacità genitoriale, del gravissimo trauma subito dalla ricorrente e dal minore, della centralità del lutto e delle sue conseguenze nella relazione madre figlio che è seguita al fatto tragico; il terzo, eziologicamente collegato al secondo, riguarda l'assenza di una indagine medica e psicologica sulle condizioni psico fisiche della madre e del minore, con particolare riferimento sia al rilevato deficit cognitivo, non esaminato funditus da un consulente tecnico d'ufficio, che agli interventi di concreto supporto alla genitorialità, la cui efficacia non poteva andare disgiunta da un esame approfondito della peculiarità della situazione personale e socioculturale della parte.
12.2. La giurisprudenza di legittimità ha affermato con orientamento costante la necessità di una valutazione attuale e dell'effettività degli interventi di supporto alla genitorialità, accogliendo le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza Edu (cfr. Caso S.H. contro Italia, sentenza 13/1072015, specie punti 38,39; Caso Ajinnibosun c. Italia, sentenza del 16/672015; per una disamina accurata dei principi EDU in tema di adottabilità e violazione del diritto alla vita privata e familiare si richiama Cass. 20954 del 2018, non massimata.). Infine, nella pronuncia n. 7559 del 2018 in relazione all'attualità del giudizio prognostico posto a fondamento dell'accertamento della condizione di abbandono, la prima sezione di questa Corte ha affermato che "in tema di accertamento dello stato di adottabilità, posto che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una "soluzione estrema", essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1 il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell'intervento dei servizi territoriali.".
12.3 Nella specie la Corte d'Appello ha omesso di valutare l'esistenza dello stato di abbandono secondo gli indicatori stabiliti nella L. n. 184 del 1983, art. 8 così come interpretati nel coerente disegno interpretativo restrittivo delle ipotesi di definitiva recisione del rapporto genitoriale dalla Corte Edu e dalla giurisprudenza di legittimità. La mancanza di assistenza "morale" ex art. 8, deve essere fondata su una valutazione quanto più prossima alla decisione e, se confermativa di un accertamento meno recente deve fondarsi sul rilievo di tutti i fattori concomitanti a determinare la condizione genitoriale esaminata, ovvero nella specie a non ignorare il contesto socioculturale di partenza, l'assoluta inusualità del trauma vissuto da madre e minore ed il breve tempo di osservazione, in stretta connessione con la necessità di acquisire la certezza che la criticità riscontrata non abbia carattere transitorio.
13. I rilievi critici svolti sulla valutazione della condizione dell'abbandono materno possono essere posti a base del giudizio negativo effettuato sul padre del minore, fondato esclusivamente sulla rilevata incapacità dello stesso di dare un giudizio sulla moglie coerente con quello delle relazioni dei servizi territoriali e dei due gradi di giudizio. Non nega la Corte d'Appello che il padre del minore abbia un legame affettivo "maggiore" della madre ma la sua inadeguatezza è desumibile dall'incapacità di comprendere le incompetenze della moglie. Anche questa valutazione così scarna di riscontri fattuali probanti non è sostenuta da un'indagine tecnica sulla parte o sull'intero nucleo familiare, dalla quale fare emergere le criticità, anche dovute alla provenienza socioculturale della coppia, ed a prefigurare interventi mirati alla situazione effettivamente riscontrata. Inoltre, nell'escludere la presa di distanza dalla moglie, la Corte d'Appello ha ignorato la disponibilità del padre del minore a separarsi dalla moglie per occuparsi in via esclusiva del figlio, ovvero una circostanza oggettivamente contrastante con la valutazione svolta, oltre che le osservazioni critiche del consulente di parte, ed i rilievi della relazione datata (*) sottoscritta da operatrici (*) e puntualmente riprodotta nei documenti allegati al ricorso, rispetto alle quali manca interamente un confronto. In questo quadro è stata ignorato il rilievo della relazione positiva con il minore in quanto interamente soverchiata dal giudizio negativo relativo alla mancanza di consapevolezza delle problematiche della moglie.
14. Ad identica conclusione deve pervenirsi in relazione alla nonna materna, ritenuta irreversibilmente inadeguata perché "ha solo confermato una visione del minore come oggetto familiare", è ripartita per (*) dopo la dichiarazione di adottabilità contenuta nella sentenza di primo grado e non ha elaborato un giudizio critico sulla figlia. Nessun rilievo è stato dato alla disponibilità dimostrata nell'aver lasciato la propria famiglia in (*) per partecipare agli incontri protetti e dare la propria disponibilità all'affidamento del nipote così da non recidere definitivamente il suo legame con il nucleo familiare di origine. Non è stato precisato all'interno di quale contesto vi sia stato il colloquio (o i colloqui) che hanno condotto alla valutazione positiva della propria figlia come madre, e come per le altre parti, è mancata del tutto una valutazione tecnica e meno superficiale mirata di questa figura familiare, nonostante l'obbligo giuridico di verificarne rigorosamente le capacità di affidamento.
15. Il giudizio che conduce alla dichiarazione di adottabilità, in conclusione, deve conseguire ad un'indagine rigorosa ed attuale dei genitori e dei familiari disponibili entro il grado previsto dalla legge, ponendo al centro dell'esame la relazione con il minore nel suo sviluppo diacronico, tenuto conto che il legislatore nella L. n. 184 del 1983, art. 1 ha stabilito in via predeterminata il prioritario diritto del minore stesso di rimanere nel nucleo familiare anche allargato di origine, in quanto tessuto connettivo della sua identità. La natura non assoluta ma bilanciabile di tale diritto impone, tuttavia, un esame approfondito delle condizioni di criticità dei genitori e delle altre figure ex lege coinvolte perché disponibili all'affido e delle loro capacità di recupero e cambiamento, ove sostenute da interventi di supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento. Come più volte sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, la dichiarazione di adottabiità che consegue all'abbandono è una extrema ratio che deve fondarsi sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale. Per giungere a questa conclusione ed integrare il paradigma coordinato della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 non possono svolgersi valutazioni inattuali o gravemente incomplete sia perché non fondate su tutti gli elementi di valutazione disponibili, sia perché non conseguente ad indagini tecniche appropriate ai singoli casi, come accaduto nel caso di specie con riferimento a tutte le parti ricorrenti.
16. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione, la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna perché si attenga ai principi indicati nei paragrafi 12.1, 12.2, 12.3 in relazione a tutte le parti ricorrenti e decida anche sulle spese processuali del presente giudizio.
P.Q.M
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione anche in ordine alle spese processuali di questo grado.
In caso di diffusione omettere le generalità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021.