CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/04/2025 Scarica PDF
Il trattamento dei crediti fiscali e contributivi nel P.R.O.
Andrea Petteruti, Giudice delegato presso il Tribunale di FrosinoneQuesto contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.
Come è noto, il P.R.O. (acronimo di “Piano di Ristrutturazione soggetto ad Omologazione”) è uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza di nuova introduzione, la cui caratteristica fondamentale va unanimemente rinvenuta nel fatto che, a condizione che la proposta di ristrutturazione sia approvata da tutte le classi, è possibile non applicare le regole di allocazione delle risorse, tanto quelle indicate dal codice della crisi (A.P.R. ed R.P.R.), quanto quelle declinate dal codice civile. Ciò sebbene una parte, invero minoritaria, della dottrina abbia ritenuto che questa libertà non attiene all’allocazione di tutte le risorse, ma solo di quelle derivanti dallo svolgimento dell’attività di impresa (il c.d. “surplus o valore da continuità”).
Per quanto attiene al trattamento dei crediti fiscali e contributivi, prima del “correttivo-ter”, in assenza di una norma specifica, si poneva il problema di stabilire se fosse possibile proporre il loro pagamento dilazionato o parziale senza rispettare le regole di cui agli artt. 63 ed 88 CCI ed al riguardo correttamente si osservava che, siccome per detti crediti è ovviamente necessaria la formazione di (almeno) una classe, il che consente - con il voto negativo o la non espressione del voto - la mancata approvazione della proposta, la tutela apprestata era senz’altro sufficiente.
Il “correttivo-ter”, invece, ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 64-bis CCI, il quale attiene, appunto, alla c.d. “transazione fiscale”.
Ai sensi del nuovo comma, il debitore “… può ...” proporre, prima della presentazione della domanda di omologazione, il pagamento parziale e/o dilazionato di tributi e contributi previdenziali, nonché delle relative sanzioni ed interessi, con domanda proposta agli uffici territorialmente competenti, che sono quelli indicati dall’art. 86 CCI per il concordato preventivo, ed alla proposta va allegata una relazione del professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati aziendali e la sussistenza di un trattamento “… non deteriore ...” di questi crediti rispetto alla liquidazione giudiziale.
A differenza del concordato preventivo, invece, non è previsto il c.d. “cram down fiscale/previdenziale”, probabilmente sul presupposto che nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è sempre necessario il voto favorevole di tutte le classi.
Il procedimento è regolato con parziale rinvio alla disciplina dettata dall’art. 88 CCI, per cui il termine per l’adesione degli Uffici, la cui scadenza è necessario attendere, è di novanta giorni dal deposito della proposta, ma, nel caso di modifica di quest’ultima, esso è aumentato di sessanta giorni decorrenti dal deposito della modifica e, se quest’ultima si sostanzia in una nuova proposta, il termine è aumentato a novanta giorni.
Non è previsto che la proposta del debitore debba essere presentata rispettando determinate forme, come accade, invece, nel concordato preventivo, dove essa va presentata rispettando quelle di cui all’art. 86 CCI. Non è chiaro, di conseguenza, se la domanda, pur facendo parte in senso tecnico della proposta e del piano, debba seguire un iter separato e non possa essere sottoposta al tribunale qualora non vengano rispettati tutti i passaggi procedurali.
Nemmeno è utilizzato, come accade sempre nel concordato preventivo, l’avverbio “esclusivamente”, per cui è incerto se il pagamento parziale e/o dilazionato di tributi e contributi previdenziali e delle relative sanzioni ed interessi possa essere proposto solo attraverso la “transazione fiscale”. Difatti, se a favore della tesi positiva può osservarsi che, opinando diversamente, non avrebbe senso la nuova previsione normativa, a favore della tesi negativa milita il dato letterale: l’utilizzo del verbo “può”, infatti, lascia intendere che di obbligo non si tratti.
Se di obbligo non dovesse trattarsi, si riproporrebbe, sebbene sotto mutate forme, la questione che, come si è visto, si era posta prima dell’intervento del “correttivo-ter”, ossia se sia possibile proporre il pagamento dilazionato o parziale dei crediti di in questione anche senza rispettare regole predeterminate e la soluzione che potrebbe essere prospettata sarebbe, anche oggi, la medesima: siccome per i creditori che ne sono titolari è necessaria la formazione di (almeno) una classe, il che consente, con il voto negativo o la non espressione del voto, la mancata approvazione della proposta, la tutela fornita dal Legislatore è all’evidenza sufficiente.
Non si vedrebbe, allora, l’utilità, e prima ancora la necessità, della previsione normativa relativa alla “transazione fiscale”: siccome non è possibile pervenire al “cram down fiscale e previdenziale”, è possibile prevedere qualsivoglia trattamento dei crediti di cui si discute (non essendo richiamato il comma 1 dell’art. 88 CCI, in quanto nel P.R.O. non opera alcuna regola di allocazione delle risorse) ed è necessario l’assenso di tutte le classi, si tratta, nella sostanza, di un inutile aggravio per il debitore.
La conseguenza, sarebbe che i debitori che intendano ricorrere al P.R.O. assai raramente opteranno per la “transazione fiscale”: salvo che non vi sia già un accordo con gli Uffici interessati, infatti, non si vede quale sia il vantaggio concreto che ne potrebbe derivare.
Potrebbe sostenersi, tuttavia, che di vera e propria “transazione fiscale” non si tratti. Difatti, non essendo richiamate - e diversamente non potrebbe essere, attese le regole di allocazione delle risorse operanti - le norme cc.dd. “sostanziali” contenute nell’art. 88 CCI, ossia quelle sul trattamento dei crediti chirografari e privilegiati, ma solo, e per di più soltanto in parte, quelle procedurali, potrebbe ritenersi che si sia voluto introdurre non già una disciplina “completa” relativa al “trattamento dei crediti fiscali e contributivi”, bensì una normativa, di applicazione facoltativa, del tutto peculiare che regolamenta solo le modalità con cui è possibile avere rapporti giuridicamente rilevanti con gli uffici interessati.
Questi rapporti, infatti, potrebbero essere tutt’altro che inutili: in ipotesi di “conversione” del P.R.O. in concordato preventivo, infatti, uno dei passaggi procedurali più delicati di detta procedura sarebbe stato iniziato prima della modifica della domanda, e, almeno in alcuni casi, portato a termine, prima di essa, il che agevolerebbe l’imprenditore nel compiere i successivi passaggi del medesimo tipo, previa modifica del piano per adeguarlo alle norme “sostanziali” di cui all’art. 88 CCI.
Non sono menzionati divieti di alcun genere per quando attiene ai tributi propri dell’Unione Europea, laddove, invece, in tema di composizione negoziata della crisi vi è un’espressa previsione in tal senso: non è chiaro, di conseguenza, se ciò sia consentito e, qualora al quesito si dia risposta positiva, se una delle due norme (quella relativa al P.R.O. o quella alla composizione negoziata) debba essere considerata illegittima.
Pare possa sostenersi che si tratti di un problema, che di fatto, è di scarsa rilevanza: fra i tributi di cui si discute, infatti, è oramai sostanzialmente pacifico che non possa farsi rientrare l’I.V.A., con la conseguenza che la questione finisce per assumere concreto rilievo unicamente con riferimento alle imprese che hanno stretti rapporti con l’Agenzia delle Dogane.
* Questo contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.
Andrea Petteruti è Giudice delegato presso il Tribunale di Frosinone.
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