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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/04/2025 Scarica PDF

La nuova transazione fiscale nella composizione negoziata ex art. 23 comma 2 bis d. lgs. n. 14/2019

Erika Capobianco, Dottore commercialista in Napoli


Questo contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.



    

Sommario: 1. Premessa – 2. Tributi oggetto di transazione – 3. Le attestazioni richieste – 4. Il ruolo del Tribunale – 5. L’esclusione del meccanismo del cram down nel caso di composizione negoziata – 6. Conclusioni.



1. Premessa

Nel nostro ordinamento sussiste il principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria, secondo cui il credito tributario è da considerare indisponibile in assenza di norme che, in via specifica o generale, ne consentano la riduzione.

Prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 136/2024 (terzo correttivo al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) nell’ambito della composizione negoziata non era possibile ristrutturare i debiti fiscali oppure ottenere una dilazione di pagamento diversa da quella prevista dalle suddette misure premiali, né alcun tipo di beneficio relativamente ai debiti previdenziali e assicurativi, così come previsto dal D.M. del 28 settembre 2021 secondo il quale l’esperto nominato per la composizione negoziata, nell’indicare l’esito delle trattative, può suggerire il ricorso alla transazione fiscale e contributiva mediante un accordo di ristrutturazione dei debiti o un concordato preventivo.

La mancata previsione della possibilità di ristrutturare il debito tributario e previdenziale costituiva un ostacolo al risanamento delle imprese che volevano accedere alla composizione negoziata; di estremo interesse diventa, quindi, l’introduzione nella composizione negoziata dell’istituto della transazione fiscale[1] grazie al quale l’imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali, all’Agenzia delle Entrate-Riscossione finalizzato al pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori.

  

2. Tributi oggetto di transazione.

L’accordo transattivo da concludersi con le agenzie fiscali e l’agenzia della riscossione ha ad oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato di tutti i debiti tributari, inclusi quelli relativi ai tributi e non solo gli importi dovuti a titolo di sanzioni e interessi.

Il legislatore espressamente prevede che l’accordo non può riguardare i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea e questa precisazione ha fatto nascere negli operatori del settore un dubbio di interpretazione con riguardo all’Imposta sul Valore Aggiunto, tuttavia è stato chiarito dal Consiglio dell’Unione europea[2] che questo tributo non rientra tra le risorse proprie della stessa, pertanto, è possibile concordarne la falcidia.

Non rientrano, invece, nella ipotesi di ristrutturazione i debiti verso gli enti previdenziali e assicurativi, nonostante altri strumenti di risoluzione della crisi ammettono addirittura l’omologa “forzata” di accordi tramite il meccanismo del cram down, quindi falcidiando il debito anche senza il consenso del titolare del credito. Pare che l’esclusione dei debiti verso enti previdenziali e assicurativi dalla novella sia esclusivamente dovuta alla mancanza del tempo necessario per completare i confronti con le parti interessate entro il termine di definitiva approvazione del decreto correttivo, pertanto, si auspica una modifica che consenta di includere anche i contributi (e accessori) nelle ipotesi di ristrutturazione nell’ambito della composizione negoziata.

  

3. Le attestazioni richieste.

Un’altra rilevante novità contenuta nel comma 2-bis qui analizzato è rappresentata dall’obbligo di accompagnare la proposta di accordo transattivo dei debiti fiscali con due documenti:

Ø  una relazione di un professionista indipendente, che ne attesta la convenienza della proposta per il creditore pubblico cui questa è rivolta rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale;

Ø  una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali, redatta dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti, se esistente, altrimenti da un revisore legale, iscritto nell’apposito registro, a tal fine designato.

Tale previsione, pensata per tutelare ulteriormente i creditori fiscali, ha sollevato perplessità da molti autori della dottrina, ed in particolare la critica mossa più frequentemente è la presenza contemporanea di tre professionisti (il professionista indipendente, il revisore legale e l’esperto) che renderebbero più oneroso il ricorso all’istituto.

A chi osserva che l’esperto, nell’ipotesi di accordo stragiudiziale, deve dare «atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza» e che per rendere questa dichiarazione l’esperto potrebbe aver già svolto buona parte dei controlli sostanziali di completezza, veridicità e convenienza[3],si precisa che bisogna tenere conto dei confini delle incombenze attribuite all’esperto. Quest’ultimo, infatti, non solo non è tenuto a controllare la veridicità dei dati contabili ma potrebbe anche trovarsi nella condizione che l’impresa non voglia rendere pubblico il percorso di composizione negoziata e quindi una circolarizzazione ai creditori sarebbe impraticabile e dannosa; pertanto, l’attività complessa di revisione dei dati aziendali, che non è demandata per legge all’esperto, potrebbe essere condotta da quest’ultimo ma in aggiunta a quanto previsto dal D.M. 28/9/2021, avendone l’esperto i requisiti ex art. 2 co. 1 lett. o) D Lgs. n. 14/2019, prevedendo anche un ulteriore compenso per la nuova attività da rendersi.

Sembra, invece, più rapidamente accorpabile la figura del professionista indipendente con quella del revisore legale dei conti, così come già accade per l’attestatore nel concordato preventivo o accordo di ristrutturazione del debito, anche perché in mancanza di dati aziendali certi è complesso potersi esprimere sulla convenienza della proposta rispetto a uno scenario di liquidazione, anche se l’analisi riguarda solo il creditore qualificato.

L’eventuale riunione degli incarichi come sopra descritta non avrebbe, tuttavia, l’effetto di rendere più economico l’istituto ma di garantire maggiore speditezza e coordinamento alla procedura.

  

4. Il ruolo del Tribunale.

Ai fini del suo perfezionamento, l’accordo transattivo sottoscritto tra debitore e Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, su parere della Direzione regionale e comunicato all’esperto della composizione negoziata, deve essere depositato presso il Tribunale competente.

Il testo normativo prevede che “Il Giudice è tenuto verificare la regolarità dell’accordo e della documentazione allegata e ne autorizza l’esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l’accordo è privo di effetti”.

Volendosi interrogare, nello specifico, su quali funzioni sono demandate al Giudice e su come si possa verificare la regolarità dell’accordo, la relazione accompagnatoria del decreto correttivo parla di «una regolarità formale» che si traduce nella sottoscrizione da tutti i soggetti legittimati per l’impresa e per i creditori pubblici e dall’esperto.

Sulle altre verifiche che la dottrina suggerisce, ad esempio quella relativa al fatto che i creditori fiscali debbano aver ricevuto aggiornate e complete informazioni sulla situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale del debitore, si ritiene che la presenza di tre professionisti (esperto, revisore e professionista indipendente) sia sufficiente a sollevare il Tribunale da questa verifica.

Stessa sorte è da intendersi sulla valutazione che il piano di risanamento sottostante all’accordo sia coerente con la regolazione della crisi d’impresa o dell’insolvenza, per il quale tema è l’esperto che dovrà fornire il suo parere come previsto dal D.M. 28/9/2021 e non il Giudice.

Infine, sul tema – pure sollevato – che l’accordo con il Fisco non deve non risultare pregiudizievole per gli altri creditori, chi scrive ritiene che il Tribunale possa fare ben poco poiché la composizione negoziata lascia libero l’imprenditore di offrire trattamenti diversi ai creditori, anche non rispettando necessariamente la par condicio propria delle procedure concorsuali, proprio per lasciare flessibile lo strumento.

  

5. L’esclusione del meccanismo del cram down nel caso di composizione negoziata.

Se la proposta formulata dal debitore, nel corso delle trattative per la composizione negoziata della crisi, non riscontra l’adesione dei creditori fiscali, non è possibile invocare l’autorizzazione del Tribunale all’esecuzione “forzosa” (conosciuto come meccanismo del cram down).

Il motivo per cui non è stata estesa questa facoltà al Tribunale risiede nella necessità di non aggiungere ulteriori percorsi giurisdizionali alla composizione negoziata che ne andrebbero a condizionare il regolare e rapido svolgimento.

L’imprenditore potrà comunque perseguire il risanamento ricorrendo ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza di tipo giurisdizionale e, in quella sede, ottenere anche il c.d. cram-down del debito fiscale e previdenziale in presenza dei necessari presupposti, come ci ricorda la relazione illustrativa al decreto.

 

6. Conclusioni.

La nuova previsione normativa che apre le porte alla ristrutturazione dei debiti fiscali certamente regala un maggiore appeal alla composizione negoziata, tuttavia, la mancanza della previsione analoga per gli i contributi previdenziali rappresenta ancora un limite importante, visto che spesso la debitoria delle aziende in crisi è per gran parte composta proprio da debiti verso INPS/INAIL.

La mancata previsione del meccanismo del cram down fiscale è coerente con la natura flessibile della composizione negoziata e resta comunque operante in altre soluzioni a disposizione dell’imprenditore.

Si spera che le Agenzie fiscali, “protette” anche dalla presenza di tre professionisti operanti nella composizione che potranno fornire tutte le tutele del caso e anche dal vaglio finale del Tribunale, migliorino le loro interlocuzioni con l’imprenditore per tendere ad addivenire a un accordo anche al fine di evitare, con dinieghi mal motivati, di generare l’apertura di liquidazioni giudiziali dove i curatori destineranno poi al Fisco somme di gran lunga inferiori rispetto a quelle che potrebbero essere invece corrisposte in caso di accordo e probabilmente anche grazie alla continuazione dell’attività.



* Questo contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.

Erika Capobianco è Dottore commercialista in Napoli.

[1] Il d. lgs. 136/2024 introduce il comma 2-bis all’art. 23 CCI, il quale prevede che: «Nel corso delle trattative l’imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali, all’Agenzia delle entrate-Riscossione che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori. La proposta non può essere formulata in relazione ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. Alla proposta sono allegate la relazione di un professionista indipendente che ne attesta la convenienza rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale per il creditore pubblico cui la proposta è rivolta e una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale, se esistente, o da un revisore legale iscritto nell’apposito registro a tal fine designato. L’accordo è sottoscritto dalle parti e comunicato all’esperto e produce effetti con il suo deposito presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 27. Per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, l’accordo è sottoscritto dal Direttore dell’ufficio su parere conforme della competente Direzione regionale. Per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli l’accordo è sottoscritto dal Direttore delle Direzioni territoriali, dal Direttore della Direzione territoriale interprovinciale e, per gli atti impositivi emessi dagli uffici delle Direzioni centrali, dal Direttore delle medesime Direzioni centrali. Il giudice, verificata la regolarità della documentazione allegata e dell’accordo, ne autorizza l’esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l’accordo è privo di effetti. L’accordo si risolve di diritto in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure se l’imprenditore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti».

[2] La decisione UE- Euratom 2020/2053 del Consiglio dell’Unione europea del 14 dicembre 2020 ha individuato le entrate da considerare le risorse proprie dell’Unione Europea. Tra queste rientra l’applicazione di un’aliquota di prelievo dello 0,30 per cento per tutti gli Stati membri al gettito iva totale riscosso per tutte le forniture imponibili diviso per l’aliquota iva media ponderata calcolata per l’anno civile pertinente. Solo la percentuale dello 0,30 per cento è da considerare risorsa propria dell’Unione Europea.

[3] M. Bana, Transazione fiscale estesa alla composizione negoziata della crisi, Il Fisco 41/24.


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