CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/04/2025 Scarica PDF
L’attitudine al rischio e il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata
Fabio Cesare, Avvocato in MilanoQuesto contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.
Il mio intervento vuole offrire uno spunto di riflessione sulla distribuzione del rischio tra creditori e debitore e sulla sua valutazione da parte dell’esperto.
“Società del rischio” (Risikogesellschaft) è un volume pubblicato dal filosofo tedesco Ulrich Beck edito nel 1986 nel quale viene proposta la tesi secondo la quale lo sviluppo è proporzionale al rischio. La produzione di ricchezza è condizionata dallo sviluppo di nuove incertezze che creano conflitti distributivi che hanno per oggetto esattamente le conseguenze pregiudizievoli del rischio stesso.
Il rischio aumenta ogni volta che viene introdotta una nuova tecnologia: non vi era un rischio nucleare prima dell’invenzione della tecnologia atomica, e dopo l’introduzione dello smartphone i produttori dei cellulari tradizionali hanno dovuto chiudere.
Si cerca di mantenere distinti rischio e sviluppo, ma lo si fa in modo che i rischi siano oggetto di allocazione verso il più debole. A differenza del profitto che è desiderabile, i rischi sono un prodotto secondario della crescita e sono in indesiderabile abbondanza: la distribuzione del rischio segue secondo Beck una logica dello smaltimento, della negazione e della reinterpretazione.
Questo percorso di smaltimento fa sì che i rischi vengano reinterpretati per renderli accettabili socialmente e fatti assumere nella dinamica sociale dalle categorie più deboli.
Questo è il prezzo della crescita.
La manovra di risanamento deve prevedere un cambio di strategia, diversamente l’imprenditore è destinato a ripetere gli stessi errori di prima.
Modelli diversi di strategia operativa, modelli diversi di strategia competitiva e settori diversi influenzano il rischio nell'impresa.
La dottrina economica insegna che anche una correlazione tra rischio e rendimento (solo se il rischio aumenta può aumentare l'attesa di rendimento): esso è dunque una componente che si incrementa nella composizione negoziata per effetto dell’esistenza di un a manovra che contiene un action plan, cioè una proposta di mutamento di strategia da porre in essere.
E la doverosità dell’accesso alla composizione negoziata, prevederà che molte imprese si presenteranno dall’esperto con un progetto di piano indegno di questo nome che necessiterà del tempo per essere perfezionato.
L’esperto deve chiudere la porta subito prima di identificare un percorso di risanamento o deve identificare i rischi e in qualche modo farli assumere ai creditori?
Il codice prevede diverse norme che paiono prendere atto del rischio
L’art 47 CCII prevede che il concordato in continuità debba essere aperto se non è manifestamente inidoneo al soddisfacimento dei creditori e quindi la procedura prosegue se è inidonea, ma non manifestamente.
L’art. 7 CCII prevede la prioritaria trattazione egli strumenti di regolazione della crisi.
Il commissario non si deve più limitare ad allegare le criticità del piano ma può cooperare per migliorare il piano (art 92 bis CCII)
Le norme che sospendono gli obblighi di ricapitalizzazione,(art. 20 CCII).
Se l’esperto deve farsi interprete di questa impostazione non può arrestare il tentativo di risanamento in assenza di certezze.
E ciò vale per la relazione richiesta ai fini della conferma dele misure protettive, ma vale anche sul parere dell’esperto circa i presumibili valori di liquidazione e le garanzie offerte, nel quale deve essere indicato l’assenza di pregiudizio rispetto alla liquidatoria
Pertanto, l’attività dell’esperto è una attività di illustrazione del rischio ai creditori, non un ‘attività di delimitazione, se non nel caso della manifesta inammissibilità.
Non possono pertanto essere bloccate le procedure che presentino profili di incertezza perché il rischio è connaturale al percorso della composizione.
Un altro corollario da chiarire è il giudizio di comparazione con la procedura liquidatoria che l’esperto deve illustrare almeno nel semplificato.
La comparazione deve essere effettuata con gli stessi criteri, diversamente non sussisterebbe una relazione di equivalenza.
La liquidazione giudiziale deve essere quindi nella continuità prospettata con lo stesso grado di probabilità di realizzo richiesto allo scenario dello strumento di regolazione della crisi e ciò vale anche per le operazioni di massa, altrimenti si proporrebbe un‘operazione scorretta intellettualmente, si comparerebbero litri con centimetri.
L’action plan, la manovra di ogni piano è infatti un atto di massima discrezionalità: ogni azienda ha un suo grado di rischio e ogni cambio di strategia, che riguardi tutta l'azienda o un ramo di essa o anche solo un dipartimento influenza il rischio dell'impresa.
Nella distribuzione del rischio, il debitore è il soggetto debole al quale è più facile attribuire le conseguenze negative del rischio: ebbene l’esperto dovrebbe invece incoraggiarlo a intraprendere una attività intrinsecamente fonte di incertezza e non pretendere che il piano abbia elementi di incrollabile garanzia, perché altrimenti il piano non potrà avere successo.
Nella composizione negoziata, il ruolo dell’esperto, dei creditori e del debitore è intrinsecamente pericoloso.
* Questo contributo è stato realizzato all’interno del comitato scientifico di AIECC - Associazione Italiana Esperti della Composizione della Crisi ed è destinato alla raccolta degli atti del Convegno “Company Recovery Strategies nel Codice della Crisi e nella CNC: il correttivo 136/24, le prassi applicative ed il diritto concorsuale europeo”.
Fabio Cesare è Avvocato in Milano.
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