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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25786 - pubb. 06/08/2021
Contratto in frode alla legge e violazione della par condicio creditorum: distinzione e rimedi
Cassazione civile, sez. I, 22 Febbraio 2021, n. 4701. Pres. Cristiano. Est. Vella.
Contratto in frode alla legge – Violazione della par condicio creditorum – Distinzione – Rimedi
L’eventuale intento delle parti di recare pregiudizio ai terzi creditori, mediante accordi che violino la par condicio nell'ambito di procedure concorsuali, non integra la nullità del contratto, poichè, a differenza dal contratto in frode alla legge, per il contratto in frode a terzi l'ordinamento allestisce altri rimedi, tra i quali l'inefficacia relativa o l'inopponibilità dell'atto ai creditori concorsuali (cfr. Cass. Sez. U, 10603/1993; Cass. 20576/2010). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Fatto
1. In data 15/11/1984, P.P., ammesso con decreto del Tribunale di Bari 13/08/1984 alla procedura di concordato preventivo (con gli assuntori P.M., P.A.M. e B.R.), promise in vendita a V.M. - sotto condizione sospensiva dell'omologa del concordato - tre immobili al prezzo di Lire 540.000.000, di cui Lire 185.597.000 da pagarsi in contante e Lire 354.403.000 per compensazione con i crediti vantati dal V. verso il P., in parte a titolo personale (Lire 117.651.000) e in parte quale cessionario dei crediti di G.M. (per Lire 222.864.000) e D.G. (per Lire 13.388.000). Il tutto "in previsione dell'esito favorevole della proposta di concordato al 50% e della conseguente urgenza per il Sig. P. e per gli assuntori suddetti di disporre delle somme necessarie al pagamento nei termini e tempi formulati nella proposta di concordato alienando all'uopo i cespiti immobiliari del Signor P.P.". Dopo alterne vicende, la proposta di concordato fu omologata con sentenza della Corte d'appello di Bari del 13/06/1989, che passò in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione.
1.1. Con citazione del 20/12/1991 il V. propose contro il P. domanda di esecuzione in forma specifica della promessa di vendita e risarcimento dei danni; alla causa venne riunita quella successivamente introdotta dal V., con citazione del 02/11/1992 nei confronti degli assuntori e dei cedenti G. e D., per l'accertamento dell'avvenuta cessione dei crediti di questi ultimi in proprio favore e per l'esecuzione della promessa di vendita; dopo la morte di P.P., i giudizi riuniti vennero riassunti dal V. nei confronti della vedova C.L.I.A. e degli altri eredi P.L. e Pe.Pi. (che rinunziarono all'eredità). Il Tribunale accolse la domanda ex art. 2932 c.c. e la C. propose appello, cui resistettero il V. e il G., mentre P.A.M. propose appello incidentale sostenendo, come la C., l'invalidità o inefficacia del preliminare di vendita. Gli altri appellati rimasero invece contumaci.
1.2. La Corte di Bari accolse l'appello principale della C. e l'appello incidentale della P., ritenendo in particolare - con assorbimento delle ulteriori censure - che il contratto preliminare di vendita fosse nullo per illiceità del motivo determinante comune alle parti, in quanto con esso il V. aveva ottenuto, in violazione della par condicio creditorum, l'integrale soddisfazione del proprio credito chirografario, a fronte della minore percentuale concordataria (63%) ottenuta dagli altri creditori, e ciò rappresentava l'obbiettivo del contratto preliminare, che diversamente non sarebbe stato stipulato.
1.3. La decisione fu cassata con rinvio da questa Corte, su ricorso del V., con sentenza n. 8541 del 14/04/2011, nella quale si ritenne che la Corte territoriale avesse disatteso l'orientamento "secondo cui il motivo illecito che, se comune ad entrambe le parti e determinante per la stipulazione, comporta la nullità del contratto, si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento, poichè contraria a norma imperativa o ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poichè diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa; onde l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non è illecito, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale, come per il contratto in frode alla legge, l'invalidità del contratto in frode dei terzi, ai quali, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale (Cass. Sez. Un. 10603/1993). Nel caso di pregiudizio ai terzi creditori per violazione della par condicio nell'ambito di procedure concorsuali, la sanzione specifica prevista, nei congrui casi, dall'ordinamento è semmai l'inefficacia relativa o l'inopponibilità dell'atto ai creditori concorsuali, non certo la nullità (cfr., Cass. 20576/2010)". Inoltre, si precisò che le ulteriori questioni della nullità del contratto per contrarietà a norme imperative (art. 2744 c.c. o L.Fall., art. 233) o frode alla legge, presupponendo ulteriori accertamenti in fatto non contenuti nella sentenza impugnata, avrebbero dovuto essere riproposte ed esaminate nel giudizio di rinvio.
1.4. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Bari, quale giudice di rinvio, ha (tra l'altro): i) rigettato l'appello proposto dalla C. e accertato l'avvenuta cessione dei crediti con scritture private del 15/11/1984, ritenendo irrilevante il fatto che il cessionario V. e i cedenti G. e D. avessero votato autonomamente in sede concordataria, dovendosi ciò spiegare "con la volontà dei tre sottoscrittori di portare ad esito positivo il concordato, in modo da realizzare la condizione sospensiva contenuta nel contratto preliminare, ed ottenere il soddisfacimento dei propri interessi"; ii) escluso la nullità del contratto preliminare del 15/11/1984 per l'insussistenza della fattispecie penale di cui alla L.Fall., art. 233 ("mercato di voto"), ai cui fini "occorre che il creditore si obblighi a votare in una determinata maniera per un corrispettivo particolare, che ne costituisca la causa (cosa non verificatasi nel caso di specie, in cui il creditore, anche attraverso la cessione di crediti altrui, ha corrisposto una somma rilevante di denaro, servita al debitore per soddisfare gli altri creditori)", mentre "la convenzione collaterale al concordato, benchè stipulata con intento speculativo, non può di per sè considerarsi illecita, non essendovi prova che attraverso di essa sia stata effettuata una sottrazione di beni al fallimento, o si sia verificato un mercato di voto o sia stata realizzata una violazione della par condicio creditorum".
2. Avverso detta decisione la C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria, cui il V. resiste con controricorso, parimenti assistito da memoria.
Diritto
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 1343,1362 e 1418 c.c., nonchè L.Fall., art. 233, per avere la corte d'appello escluso la nullità del contratto per illiceità della causa in riferimento al reato di "mercato di voto", quando era invece evidente come il V. si fosse impegnato a votare a favore della proposta di concordato in quanto titolare - in forza di cessioni di crediti stipulate nella stessa data del preliminare - di "gran parte dei crediti concorrenti", con il significativo vantaggio di portare in compensazione i propri crediti di Lire 354.403.000 in misura integrale, piuttosto che con la falcidia del 50% (poi migliorata al 63%) prevista per i restanti chirografari.
2.2. Il secondo mezzo denunzia la violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, a fronte di una motivazione "perplessa e manifestamente illogica", poichè la Corte territoriale, per escludere l'illiceità L.Fall., ex art. 233, si limita ad affermare che non ne ricorrono i presupposti "in assenza di una stipula di vantaggi con un fallito, nell'interesse del fallito ed a proprio favore, per dare il suo voto nel concordato", quando invece la Cassazione avrebbe chiarito che per il cd. mercato di voto "occorre che il creditore si obblighi a votare in una determinata maniera per un corrispettivo particolare, che ne costituisca la causa".
3. I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, non possono trovare accoglimento, anche se la motivazione della sentenza impugnata va corretta ai sensi dell'art. 384 c.p.c., u.c..
4. E' noto come il sindacato di legittimità sulla motivazione sia attualmente esercitabile solo in presenza dei gravissimi vizi individuati da questa Corte fin da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014 - quali la "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", la "motivazione apparente", il "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e la "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" - restando esclusa la possibilità di denunziare in sede di legittimità la mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. U, 33017/2018; Cass. 34474/2019; Cass. Sez. U, 20867/2020).
4.1. Orbene, il tessuto motivazionale della sentenza impugnata non presenta i suddetti vizi, pur soffrendo di una certa ellitticità che merita di essere integrata, alla luce delle risultanze di causa.
4.2. Il nucleo argomentativo censurato risiede nell'esclusione, dagli accordi stipulati tra il creditore V. e il debitore concordatario P., di un "corrispettivo particolare" per il primo che abbia costituito la causa della sua espressione del voto (tale da integrare la fattispecie penale del "mercato di voto"), sul duplice rilievo: i) che "il creditore, anche attraverso la cessione di crediti altrui, ha corrisposto una somma rilevante di denaro, servita al debitore per soddisfare gli altri creditori"; ii) che "la convenzione collaterale al concordato, benchè stipulata con intento speculativo, non può di per sè considerarsi illecita, non essendovi prova che attraverso di essa sia stata effettuata una sottrazione di beni al fallimento, o si sia verificato un mercato di voto o sia stata realizzata una violazione della par condicio creditorum".
4.3 Il secondo rilievo - che rappresenta la pedissequa trascrizione di parte di una decisione massimata (Cass. 2511/1975) afferente la diversa fattispecie in cui, nell'ambito di un concordato fallimentare, il fideiussore si era reso cessionario di un credito - appare per un verso non pertinente e per altro verso tautologico, ma ne va valorizzato il profilo della mancanza di prova del "mercato di voto".
4.4. Il primo - fondato sul precedente per cui "La convenzione con la quale il creditore si impegna a desistere dall'insinuazione al passivo fallimentare per effetto di un nuovo regolamento del rapporto creditorio non integra il reato di mercato di voto previsto dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 233 che ricorre solamente quando, per un corrispettivo particolare che ne costituisce la causa, il creditore si obblighi a votare in una determinata maniera, ovvero, ove trattisi di creditore non avente diritto al voto, a rinunciare al diritto di prelazione, sempre per votare in una determinata maniera" (Cass. 3763/1980) - merita invece di essere meglio esplicitato.
5. la L.Fall., art. 236, comma 2, n. 4, stabilisce che, "nel caso di concordato preventivo", le disposizioni di cui alla L.Fall., artt. 232 e 233 "si applicano ai creditori" (donde la controversa esclusione secondo il tenore letterale della norma - della concorrente responsabilità penale del debitore o di terzi, a differenza dell'art. 233, comma 3, che invece applica espressamente "al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell'interesse del fallito" la stessa pena prevista dal comma 1 per "il creditore che stipula col fallito o con altri nell'interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori").
5.1. Nel lungo corso del presente giudizio, questa Corte ha già escluso, con la sentenza n. 8541 del 2011, che l'eventuale intento delle parti di recare pregiudizio ai terzi creditori, mediante accordi che violino la par condicio nell'ambito di procedure concorsuali, non integra la nullità del contratto, poichè, a differenza dal contratto in frode alla legge, per il contratto in frode a terzi l'ordinamento allestisce altri rimedi, tra i quali l'inefficacia relativa o l'inopponibilità dell'atto ai creditori concorsuali (cfr. Cass. Sez. U, 10603/1993; Cass. 20576/2010).
5.2. Non può quindi essere nuovamente messa in discussione in questa sede la (non) rilevanza, ai fini auspicati dalla ricorrente, del vantaggio economico conseguito dal V. rispetto agli altri creditori - quanto alla percentuale di soddisfacimento dei rispettivi crediti (100% a fronte del 63%) - peraltro frutto di più articolate pattuizione in forza delle quali il V. si è reso cessionario di crediti concordatari (con conseguente "alleggerimento" della massa passiva) che ha poi utilizzato, insieme al proprio, per pagare, mediante compensazione, parte del prezzo dovuto al P. per la vendita promessa di alcuni immobili. Peraltro, tale complesso di accordi non ha inficiato la procedura di concordato, che si è conclusa con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione.
5.3. L'ulteriore affermazione del giudice a quo circa la mancanza di prova che, attraverso codesta convenzione collaterale al concordato, sia pure di carattere speculativo, si sia verificato un "mercato di voto", va infine letta alla luce delle risultanze del relativo procedimento penale, conclusosi il 31/12/1997 con decreto di archiviazione del g.i.p. di Bari perchè "il fatto non sussiste", del cui contenuto si dà in parte atto a pag. 10 della sentenza impugnata, e che è stato più ampiamente (e incontestatamente) trascritto a pag. 16 del controricorso e a pag. 8 della memoria del controricorrente.
5.4. Da tali complessive risultanze processuali emerge dunque che in sede penale venne accertato, tra l'altro: i) che "gli accordi di cui alla scrittura del 15.11.84 furono il frutto di una libera trattativa", caratterizzata dall'interesse del V. "di massimizzare il soddisfacimento dei propri crediti" e da quello del P. "di minimizzare gli effetti delle proprie difficoltà economiche", "il tutto nell'ambito di convergenze di tipo transattivo"; ii) che "il prezzo convenuto era da considerarsi equo se non addirittura maggiorato rispetto al valore indicato nel bilancio concordatario"; iii) che alle "lunghe, complesse ed elaborate trattative di natura transattiva" partecipò personalmente il "fratello avvocato P.V.M., il quale disponeva del completo arsenale tecnico e professionale per tutelare il suo familiare".
5.5. Gli elementi che precedono danno consistenza alla conclusione della Corte territoriale per cui non si trattò di un accordo avente ad oggetto la promessa del voto favorevole in cambio di vantaggi indebiti per il creditore (s'intende, ulteriori rispetto al vantaggio "speculativo" di cui si è già detto), poichè la fattispecie penale richiede che si tratti di vantaggio ad esclusivo interesse del creditore e che esso costituisca l'unica ragione in base alla quale questi si determini a votare in un certo modo in sede concordataria.
9. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
10. Va infine dato atto - in difetto di ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 2424/2015) - della sussistenza dei presupposti processuali previsti dalla legge (rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per l'applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che impone il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per l'impugnazione da essa proposta, a norma del detto art. 13, comma 1-bis (Cass. Sez. U, 20867/2020 e 4315/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2021.