Diritto Tributario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23760 - pubb. 20/06/2020
Il notaio rogante è legittimato ad impugnare l’avviso di liquidazione emanato nei suoi confronti quale responsabile d’imposta
Commissione tributaria regionale Bologna, 05 Giugno 2020. Pres. Mainini. Est. Morlini.
Notaio – Pagamento imposta – Legittimazione ad impugnare la pretesa tributaria – Condizioni
Clausola penale – Natura accessoria e non autonoma rispetto al contratto principale – Non autonoma tassabilità
Il notaio rogante è legittimato ad impugnare l’avviso di liquidazione emanato nei suoi confronti quale responsabile d’imposta, proprio perché in tal caso la pretesa tributaria è stata avanzata direttamente nei confronti del notaio.
La clausola penale apposta ex art. 1382 c.c. ad un contratto di affitto di azienda, sotto il profilo tributario deve considerarsi rientrante nell’alveo dell’articolo 21 comma 2 D.P.R. n. 131/1986, con la conseguenza della sua non autonoma tassabilità. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RG. 1409/2017
FATTO
La controversia trae origine dalla stipula di un contratto di affitto di azienda, contenente una clausola penale ex articolo 1282 c.c., intervenuto tra due società e rogato dal notaio Claudio A..
In particolare, il notaio ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’articolo 21 comma 2 DPR n. 131/1986, opinando che la clausola penale derivasse necessariamente, per la sua intrinseca natura, dal contratto principale di affitto di azienda, e pertanto non dovesse essere autonomamente tassata.
L’Agenzia delle Entrate di Forlì-Cesena ha invece ritenuto applicabile l’articolo 21 comma 1 DPR n. 131/1986, considerando la clausola penale come autonoma e non strutturalmente collegata al contratto principale: pertanto, ha provveduto al recupero dell’imposta principale di registro della misura fissa ai sensi degli articoli 27 TUR e 11 tariffa prima parte, individuando il notaio quale destinatario dell’avviso di liquidazione in quanto responsabile di imposta.
L’avviso di liquidazione è stato impugnato dal notaio rogante avanti alla CTP di Forlì, la quale ha accolto il ricorso e compensato le spese di lite.
Avverso la pronuncia ha interposto appello l’Ufficio, in via preliminare di rito eccependo la mancanza di legittimazione ad agire del notaio ai fini della instaurazione del procedimento giurisdizionale, ed instando quindi per la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado; nel merito, ritenendo infondata la decisione di primo grado.
E’ rimasto contumace in appello il notaio A..
DIRITTO
a) Come esposto in parte narrativa, l’Ufficio ha preliminarmente contestato la legittimazione ad agire del notaio.
L’eccezione non è stata sollevata nel giudizio di primo grado ed è stata proposta per la prima volta in appello; ma, trattandosi di questione attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, la stessa ben può essere esaminata in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio.
Ciò premesso in rito, si osserva in merito che l’eccezione è infondata.
Infatti, il notaio, qualificato ex lege come responsabile d’imposta per gli atti che ha rogato ex artt. 57 DPR n. 131/1986 e 64 DPR n. 600/1973, e come tale chiamato a rispondere del pagamento del tributo insieme agli altri soggetti obbligati, è stato destinatario dell’avviso di liquidazione per cui è processo, ed ha quindi un interesse diretto a contrastare la pretesa tributaria.
Sarebbe quindi del tutto iniquo ed illogico, oltre che palesemente lesivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito, individuare un soggetto giuridico come tenuto ad una prestazione e non consentire allo stesso di sindacare giurisdizionalmente la correttezza della pretesa di tale prestazione.
Per tale ragione, la giurisprudenza di legittimità non ha mai revocato in dubbio il diritto del notaio ad impugnare l’avviso di liquidazione emanato nei suoi confronti, atteso che “nell’ipotesi in cui la pretesa tributaria venga avanzata direttamente nei confronti del notaio rogante, quale soggetto che l’Ufficio assume obbligato al pagamento dell’imposta… la legittimazione del notaio medesimo deriva incontestabilmente dalla circostanza stessa che la pretesa del fisco sia azionata nei suoi confronti” (Cass. n. 4954/2006).
A conferma di ciò, la Suprema Corte ha poi precisato che il medesimo avviso di liquidazione può essere “impugnato anche dalle parti contraenti”, ma ciò in aggiunta alla legittimazione del notaio e non certo in sua sostituzione (Cass. n. 18493/2010).
Laddove poi il notaio è stato ritenuto non legittimato all’impugnazione giurisdizionale, ciò è accaduto per la semplice e lineare circostanza che il professionista non era destinatario di alcuna richiesta di pagamento o avviso di liquidazione, così come nella evenienza di richiesta di rimborso effettuata dai contribuenti a seguito di indebito pagamento (Cass. n. 12759/2016, Cass. n. 9439/2005, Cass. n. 19172/2004, Cass. n. 16390/2002).
Trattasi, in quest’ultimo caso, di situazione del tutto differente da quella per cui è processo, laddove, proprio in ragione del fatto che l’avviso di liquidazione è stato direttamente emanato nei confronti del notaio, allo stesso non può certo essere negata la legittimazione alla tutela dei propri diritti attinti dall’atto dell’Ufficio.
In sostanza, mentre il notaio non può agire per l’eventuale ripetizione di imposte indebitamente versate, non può essere revocata in dubbio la legittimazione del notaio a agire contro un avviso di maggior liquidazione di un atto da lui ricevuto, ciò che è accaduto nel caso che qui occupa (in questi termini, cfr. la già citata Cass. n. 4954/2006).
b) Venendo al merito, si è detto che oggetto di causa è la questione in ordine al fatto che la clausola penale apposta ex art. 1382 c.c. ad un contratto di affitto di azienda per quantificare il risarcimento in caso di inadempimento, debba considerarsi sotto il profilo tributario rientrante nell’alveo dell’articolo 21 comma 1 D.P.R. n. 131/1986, con la conseguenza della sua autonoma tassabilità; oppure nell’ambito dell’articolo 21 comma 2 dello stesso DPR, con la conseguenza della sua non autonoma tassabilità.
La norma in questione prevede che: “1. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.
2. Se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”.
Tanto premesso in linea di diritto, si osserva che, così come condivisibilmente osservato dalla sentenza di primo grado, la clausola penale integra per sua natura una disposizione strettamente vincolata e dipendente dall’obbligazione principale, in relazione alla quale assume carattere non autonomo e del tutto accessorio, con la mera funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria.
Pertanto, in ragione della sua natura accessoria rispetto al contratto principale, l’obbligazione derivante dalla clausola penale non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale, tanto è vero che l’invalidità dell’obbligazione principale travolge anche la clausola penale; e se il debitore è liberato dall’obbligo di adempimento della prestazione per prescrizione del diritto del creditore, quest’ultimo non può conservare il diritto a pretendere la prestazione risarcitoria prevista dalla clausola penale, la quale viene meno proprio perché venuta meno l’obbligazione principale.
Non potendosi quindi riconoscere alla clausola penale una natura autonoma rispetto al contenuto ed alla causa del contratto principale, deve ritenersi applicabile il secondo comma dell’articolo 21 DPR n. 131/1986, ciò che, in assenza di giurisprudenza di legittimità sul punto, è condiviso da convincentemente motivate pronunce di secondo grado (CTR Lombardia n. 3488/2017, CTR Piemonte n. 98/2009) e di primo grado (CTP Varese n. 48/2019).
In sostanza, l’esclusione della debenza dell’imposta fissa per la clausola penale è coerente con il fatto che:
la clausola penale non ha causa autonoma e propria, ma accede a quella del negozio principale;
detta clausola costituisce un elemento del contratto principale, ciò che porta ad escludere l’applicabilità dell’articolo 21 comma 1, il quale fa riferimento a disposizioni plurime intese come negozi;
diversamente opinando, si sarebbe in presenza di un’imposta non legata alla capacità contributiva espressa dal contenuto patrimoniale dell’atto, essendo esso improduttivo di effetti al momento della tassazione, in quanto atto condizionato.
Pur nella consapevolezza che altra sezione di questa stessa CTR ha opinato diversamente (cfr. CTR n. 2089/2019 e 2090/2019), ad avviso del Collegio e per i motivi sopra indicati deve in conclusione ritenersi che correttamente la CTP ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione.
c) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello va rigettato.
Nulla sulle spese di lite, stante la contumacia della vittoriosa parte convenuta.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. XI
rigetta il ricorso;
nulla sulle spese di lite.
Bologna, 17/2/2020