Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23046 - pubb. 24/01/2020
Separazione: l’obbligo di pagare l’IMU ricade sul coniuge assegnatario anche se l’immobile è di proprietà di terzi
Commissione tributaria regionale Bologna, 10 Gennaio 2020. Pres. Mainini. Est. Morlini.
Articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012 - Traslazione soggettività passiva IMU da proprietario ad assegnatario - Imposizione in capo all’utilizzatore
Articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012 - Possibilità interpretazione estensiva - Sussiste
L’articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012 conv. in L. n. 44/2012, sancisce la traslazione della soggettività passiva dell’IMU dal proprietario all’assegnatario dell’alloggio a seguito di separazione, cosicché l’imposizione ricade sempre in capo all’utilizzatore, anche nel caso in cui la proprietà dell’immobile sia di un terzo e non già del coniuge non assegnatario.
La disposizione normativa in parola, non integrando una norma tributaria disciplinante un’ipotesi di agevolazione o di esenzione, ovvero di norma speciale, può essere interpretata estensivamente e non vale per la stessa il divieto di interpretazione analogica nonché di interpretazione estensiva ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni preliminari del codice civile. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
RG. 1421/2019
Fatto
I fatti rilevanti ai fini della decisione sono i seguenti, pacifici tra le parti e comunque provati per tabulas:
F. E. ha concesso in comodato gratuito al figlio M. M. un immobile allo scopo di destinarlo ad abitazione coniugale in vista del matrimonio del figlio stesso con A. A.;
l’immobile è stato effettivamente destinato ad abitazione coniugale da M. M. ed A. A. sino alla loro separazione del 2006;
in sede di separazione l’immobile è stato dal Tribunale assegnato ad A. A.;
la A. ha così successivamente iniziato a corrispondere al Comune di Forlì le somme richieste a titolo di IMU;
a partire dall’anno di imposta 2012 e disattendendo la posizione inizialmente assunta dal MEF anche con apposite circolari, il Comune ha però richiesto il pagamento dell’IMU anche alla proprietaria E. (senza peraltro pretendere interessi e sanzioni, in ragione della precedente diversa posizione dell’Ufficio, e decurtando le somme corrisposte dalla A.), e detta richiesta di pagamento è stata formulata anche per il 2013 ed il 2014.
Ciò posto, F. E. ha impugnato avanti alla CTP di Forlì gli avvisi di accertamento IMU con riferimento agli anni 2012-2014, eccependo che la richiesta di pagamento era in contrasto con il dettato dell’articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012 conv. in L. n. 44/2012, così come peraltro almeno inizialmente interpretato dallo stesso Ufficio.
La CTP, aderendo alle difese del Comune, ha rigettato il ricorso, argomentando che la norma in questione, avendo natura eccezionale e di deroga ai principi generali, deve essere interpretata in modo letterale e non estensivo; e quindi, in base al suo dettato letterale, deve ritenersi che essa attribuisca la soggettività passiva IMU al (solo) coniuge assegnatario dell’immobile a seguito di separazione, laddove sia l’altro coniuge ad essere proprietario o comproprietario; ma laddove, come nel caso che qui occupa, il coniuge non assegnatario non sia titolare di un diritto reale sull’immobile, non può essere esclusa la soggettività passiva IMU anche del proprietario che sia comodante e soggetto terzo rispetto alla separazione.
Avverso la sentenza di primo grado ha interposto appello F. E., ribadendo la propria tesi in ordine al fatto che, in base all’articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012, unico soggetto passivo ai fini IMU deve ritenersi il coniuge assegnatario dell’immobile, indipendentemente da ogni considerazione in ordine al fatto che proprietario sia l’altro coniuge od un terzo.
Costituendosi in giudizio, ha resistito il Comune di Forlì, sul presupposto della correttezza della sentenza di primo grado.
La controversia è stata discussa in pubblica udienza, così come da richiesta dell’appellante.
Diritto
a) Come esposto in parte narrativa, oggetto di causa è la pretesa impositiva del Comune di Forlì concernente un immobile di proprietà della signora E., concesso in comodato gratuito al figlio perché ne facesse la casa coniugale, ma, a seguito della separazione del figlio stesso, assegnato dal Tribunale alla moglie.
Ciò posto, l’appellante ritiene che, sulla base del disposto normativo di cui all’articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/2012, e così come peraltro inizialmente ritenuto anche da circolari del MEF, debba ritenersi la esclusiva soggettività passiva ai fini IMU del coniuge separato assegnatario; mentre la sentenza di primo grado ritiene che la norma stessa si applichi solo al caso in cui sia l’altro coniuge non assegnatario ad essere proprietario o comproprietario, non anche al caso in cui proprietario sia un terzo, e ritiene che la norma non possa essere oggetto di applicazione analogica od estensiva.
Tanto premesso, la ricostruzione giuridica effettuata dalla sentenza di primo grado, pur se accuratamente motivata, non può essere condivisa.
Si osserva in proposito che la disposizione normativa in questione recita che “ai soli fini dell’applicazione dell'imposta municipale… l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”.
Pertanto, il legislatore ha specificamente disciplinato il presupposto impositivo nell’ipotesi di scioglimento del vincolo coniugale, prevedendo che, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili, è soggetto passivo del tributo il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale.
Né può essere accolto il rilievo della CTP secondo il quale, alla luce del tenore letterale della norma, la soggettività passiva del coniuge assegnatario si verificherebbe solo laddove proprietario o comproprietario fosse l’altro coniuge: è infatti facile replicare che detta limitazione non è in alcun modo evincibile sulla base della piana analisi esegetica del testo normativo.
Detto quindi che il tenore letterale della norma non giustifica l’interpretazione restrittiva fornita dalla sentenza qui impugnata, va in ogni caso e comunque evidenziato che non può essere condiviso neppure il successivo snodo argomentativo, e cioè che la norma non può essere oggetto di un’interpretazione estensiva in quanto avente natura eccezionale, essendo tale conclusione risultata espressamente disattesa dalla recente pronuncia di Cass. n. 11416/2019.
Infatti, la Corte di Cassazione, con insegnamento del tutto persuasivo e dal quale non vi è motivo di discostarsi, ha innanzitutto spiegato che “il presupposto per l’applicazione dell’IMU è il medesimo di quello previsto dall’ICI”, id est “il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”; e che è “necessario che il rapporto che lega il soggetto all'immobile sia qualificato, riconducibile, quindi, alla proprietà, all’usufrutto o ad altro diritto reale di godimento, o ad un’altra situazione giuridica specificatamente stabilita dalla legge come nel caso di locazione finanziarie o concessione di beni demaniali”.
In particolare, con riferimento al caso che qui occupa, “il legislatore ha specificamente disciplinato il presupposto impositivo nell’ipotesi di scioglimento del vincolo matrimoniale, prevedendo che, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili, è soggetto passivo del tributo il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale”; ed in tal modo, “il legislatore ha sancito la traslazione della soggettività passiva dell’IMU dal proprietario all’assegnatario dell’alloggio, cosicché l’imposizione ricade in capo all’utilizzatore” (sottolineatura aggiunta).
Ciò posto, la Corte non solo non ha rinvenuto dei limiti operativi della norma nel caso di assegnazione a uno dei coniugi a seguito di separazione legale, e quindi non ha ritenuto che essa s’applica solo alla situazione in cui comproprietario o proprietario sia il coniuge non assegnatario; ma ha addirittura chiarito che detta norma deve essere “interpretata estensivamente”, includendo nel relativo ambito di applicazione anche le ipotesi riconducibili ad una eadem ratio, e per tali motivi ha concluso nel senso dell’applicabilità anche alle famiglie di fatto.
L’interpretazione estensiva è possibile perché, diversamente da quanto argomentato dalla pronuncia di primo grado, “non trattandosi di norma tributaria disciplinante un'ipotesi di agevolazione o di esenzione, ovvero di norma speciale, non vale per la stessa il divieto di interpretazione analogica nonché di interpretazione estensiva ai sensi dell'art.14 delle disposizioni preliminari del cod. civ.” (sottolineatura aggiunta).
Pertanto ed in conclusione, deve ritenersi che l’interpretazione restrittiva dell’articolo 4 comma 12 quinques D.L. n. 16/20121 seguita dalla sentenza di primo grado, per un verso non sia conforme al contenuto letterale della norma, e per altro verso non sia comunque conforme al canone interpretativo della possibilità di interpretazione estensiva della norma stessa.
b) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello va accolto, con conseguente annullamento degli atti originariamente impugnati in primo grado.
Le spese di lite del grado di giudizio vanno integralmente compensate ex art. 15 D.Lgs. n. 546/1992, dovendosi rinvenire le “gravi ed eccezionali ragioni” sia nell’assoluta novità della vicenda trattata, sia nell’oggettiva opinabilità della complessa questione in diritto affrontata.
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. XI
in accoglimento dell’appello, annulla gli atti originariamente impugnati;
compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Bologna, 13/12/2019.