Diritto della Famiglia e dei Minori
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 8943 - pubb. 15/05/2013
La Cassazione chiarisce contenuti (e impugnabilità) dei provvedimenti emessi dal giudice della famiglia, ex art. 156 codice civile
Cassazione civile, sez. I, 22 Aprile 2013, n. 9671. Est. Dogliotti.
Art. 156 cod. civ. – Ordine distrazione impartito a terzi – Sequestro dei beni del coniuge obbligato – Proposizione contemporanea – Ammissibilità – Sussiste (art. 156 c.c.).
Art. 156 cod. civ. – Presupposto applicativo – Pericolo nel ritardo – Esclusione – Inadempimento dell’obbligato – Sussiste (art. 156 c.c.).
Art. 156 cod. civ. – Ordine di distrazione a terzi – Individuazione del terzo – Necessità – Sussiste – Natura dei terzi suscettibili di ordine – Concetto ampio – Contestazioni eventuali del terzo – Rimedi (art. 156 c.c.).
Art. 156 cod. civ. – Strumenti di tutela – Forme per la richiesta – Prima, durante, dopo il processo – Revisione – Presupposti (art. 156 c.c.).
Art. 156 cod. civ. – Richiesta nel corso del procedimento di divorzio – Ammissibilità – Sussiste: invero, necessità (art. 156 c.c.).
Art. 156 cod. civ. – Ricorribilità in Cassazione – Esclusione (artt. 156 c.c., 111 Cost.).
L’art. 156 c.c. prevede varie garanzie in caso di inadempimento dell'obbligo di mantenimento verso il coniuge o i figli: l'ordine a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte venga direttamente versata all'avente diritto, ovvero il sequestro di beni del coniuge obbligato. È da ritenere che i due mezzi possano essere concessi anche contemporaneamente, a carico del medesimo obbligato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., la corresponsione diretta, così come il sequestro, non prevedono un generico pericolo nel ritardo, ma un preciso inadempimento dell'obbligato: questi non avrà corrisposto una o più rate dell'assegno di mantenimento. Il pericolo nel ritardo potrebbe avere qualche rilevanza, ma solo ad colorandum: l'obbligato potrebbe non aver pagato la rata di assegno per pura dimenticanza, e allora il giudice potrebbe non disporre immediatamente la misura di garanzia, ma il mancato pagamento di una rata, preceduto da ritardi nel pagamento delle precedenti e accompagnato da un generale disordine negli affari dell'obbligato, potrebbe indurre il giudice ad accogliere la domanda (tra le altre, Cass. n. 11062 del 2011). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
In merito agli strumenti di tutela apprestati dall’art. 156 c.c., quanto ai terzi cui si ordina di corrispondere al beneficiario somme di spettanza dell'obbligato, può trattarsi del suo datore di lavoro o dell'ente erogatore della pensione, ma pure del conduttore di immobile di sua proprietà o addirittura del debitore di una somma determinata, non necessariamente di prestazioni periodiche. Il terzo deve comunque essere individuato esattamente (non avrebbe valore una domanda di corresponsione diretta dell'assegno da parte del datore di lavoro, senza specificare chi egli sia). Egli non è comunque parte del procedimento e può rifiutarsi di ottemperare all'ordine, eccependo ad esempio l'inesistenza del debito: in tal caso non resta al coniuge che promuovere, nelle forme ordinarie, giudizio di accertamento del debito, chiedendo eventualmente la condanna del terzo debitore al risarcimento dei danni. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
I mezzi di tutela ex art. 156 c.c., possono essere richiesti (e concessi) nel corso del procedimento, con semplice istanza riportata nel processo verbale ovvero con ricorso separato, oppure, concluso il giudizio di merito, utilizzando il rito della camera di consiglio. È ammessa possibilità di revisione, prevista dall'art. 156 c.c. che fa riferimento a tutti i provvedimenti "emessi ai sensi dei commi precedenti". E’ necessario, anche in tal caso, un mutamento delle circostanze, una variazione della situazione di fatto che ha costituito il presupposto della pronuncia. Può trattarsi di un venir meno, un attenuarsi del pericolo di futuri inadempimenti, ad es. perché il disordine degli affari dell'obbligato è stato superato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Pur in pendenza di procedimento di divorzio, viene richiamato del tutto correttamente l'articolo 156 c.c., relativo alla separazione tra i coniugi. E infatti l'assegno divorzile presuppone necessariamente la pronuncia di divorzio, trattandosi ancora, nella specie, di assegno di mantenimento del coniuge separato (al riguardo Cass. n. 8113 del 2009). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
L’ultimo comma dell'art. 739 c.p.c. esclude che, nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio, avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo, possa proporsi ricorso per cassazione. Tale scelta legislativa veniva giustificata sostanzialmente con il carattere stesso dei provvedimenti, non incidenti su posizioni di diritto soggettivo, modificabili e revocabili in ogni tempo. L'uso sempre più diffuso del procedimento camerale, previsto dal Legislatore anche per risolvere controversie afferenti diritti soggettivi e status, ha condotto progressivamente la giurisprudenza ad ammettere il ricorso straordinario per cassazione avverso decreti, emessi in sede di reclamo. Ciò in virtù del disposto dell'attuale comma 7 (in precedenza comma 2) dell'art. 111 Cost., e attribuendo rilevanza alla sostanza piuttosto che alla forma del provvedimento. Si è pervenuti così ad affermare che l'ammissibilità del ricorso è subordinata alla presenza di vari requisiti: posizioni di diritto soggettivo o di status, decisorietà e definitività (tra le altre, Cass., n 21718/2010; Cass., S.U. n. 28873/2008). Quanto alla corresponsione diretta di assegno, a carico del terzo debitore, ex art. 156 c.c., il provvedimento, all'evidenza, non risolve una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso, non ha dunque carattere di decisorietà, e non è definitivo, potendo essere modificato, seppur a seguito di mutamento delle circostanze (al riguardo, Cass. N. 23713 del 2004). Il provvedimento in esame non può dunque essere impugnato con ricorso per cassazione. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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