Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20135 - pubb. 10/07/2018
Scioglimento di contratto preliminare relativo ad immobile abusivo sottoposto a confisca
Cassazione civile, sez. I, 09 Ottobre 2017, n. 23583. Est. Ceniccola.
Fallimento - Contratto preliminare relativo ad immobile abusivo sottoposto a confisca ex l. n. 47 del 1985 - Scioglimento ex art. 72 l.fall. - Legittimazione del fallimento - Esclusione - Fondamento
Non sussiste la legittimazione attiva della curatela fallimentare allo scioglimento del contratto preliminare stipulato dalla società “in bonis” avente ad oggetto un immobile abusivo sottoposto a confisca ex l.n. 47 del 1985 ed acquisito al patrimonio del Comune, atteso che, stante la natura originaria e non derivativa dell’acquisto da parte dell’ente pubblico, è solo quest’ultimo il soggetto avente diritto alla restituzione del bene, con conseguente inapplicabilità dell’art. 111 c.p.c., non ricorrendo il fenomeno della successione a titolo particolare nel diritto controverso e competendo i diritti, di natura reale e patrimoniale, inerenti al bene non alla curatela ma all’ente pubblico beneficiario del provvedimento acquisitivo, essendo in ogni caso irrilevante l’eventuale godimento da parte del possessore dell’immobile nonostante la condizione di irregolarità urbanistica dello stesso. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria - Presidente -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere -
Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -
Dott. CENICCOLA Aldo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Rilevato che:
con sentenza n. 1083 del 2010 la Corte di Appello di Palermo respingeva il gravame proposto da C.R. avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Palermo, a fronte della manifestazione di volontà espressa dalla curatela del fallimento della (*) s.p.a. di sciogliersi da un contratto preliminare stipulato dal convenuto con la società in bonis ed avente ad oggetto un immobile sito in (*), lo condannava al pagamento della somma di Euro 45.755,44 a titolo di indennità di occupazione, decorrente dalla data della conoscenza della volontà del curatore di sciogliersi dal contratto (fatta coincidere con la data della notifica dell'atto di citazione) fino al 30.6.2004, oltre ulteriori canoni maturandi;
osservava la Corte, per quanto ancora di interesse, che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva, sollevata dal convenuto sul presupposto che l'immobile fosse abusivo e fosse stato oggetto prima di sequestro penale e successivamente di confisca e pertanto acquisito dal Comune di Palermo in qualità di nuovo proprietario, non poteva essere condivisa, ciò perchè la natura derivativa dell'acquisto conseguente alla confisca (rimarcato da Cass. n. 5988 del 1997) comportava l'applicazione dell'art. 111 cod. proc. civ., per cui, dovendosi considerare il Comune di Palermo alla stregua di un successore a titolo particolare, le indicate vicende non incidevano nell'ambito del procedimento, rimanendo immutate le parti e l'oggetto del processo;
del resto, osservava la Corte, la condizione di irregolarità urbanistica dell'immobile non aveva precluso l'effettivo godimento del possessore, emergendo dagli atti di causa che, nonostante il sequestro, gli immobili erano stati utilizzati da coloro che ne avevano conseguito il possesso anticipato, sicchè in alcun modo il sequestro aveva interferito sulle controversie relative all'utilizzazione del bene e sulle conseguenze economiche che da tale utilizzo derivavano;
avverso tale sentenza C.R. propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, mentre la curatela è rimasta intimata; in data 29.5.2017 il P.G. ha depositato la propria requisitoria chiedendo l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Considerato che:
con l'unico motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione dell'art. 1418 cod. civ. e/o della L. n. 47 del 1985, art. 18 e succ. modif., nonchè il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, avendo la Corte di merito trascurato di esaminare la questione della validità o meno del contratto preliminare e di considerare che la confisca costituisce un provvedimento che comporta l'acquisto a titolo originario e la piena disponibilità del bene da parte della P.A., con conseguente azzeramento del precedente rapporto giuridico esistente sul bene ed infondatezza di qualsiasi pretesa della curatela per carenza di legittimazione;
il motivo è fondato;
come condivisibilmente osservato dal P.G., nella richiamata requisitoria scritta, "nella specie, non occorre affrontare la questione dell'applicabilità della nullità ex L. n. 47 del 1985 al preliminare (sulla quale, con differenti soluzioni, per le più recenti, Cass. n. 28456, n. 2204 e n. 23591 del 2013; n. 10297 del 2013), per la dirimente considerazione che già anteriormente alla pronuncia di primo grado (del 9/11/2004) era sopravvenuta la definitiva confisca del bene oggetto del contratto preliminare (a seguito della richiamata sentenza della Cassazione penale del 19/12/2001).
La confisca in ipotesi di lottizzazione abusiva, L. n. 47 del 1985, ex art. 19 (norma applicata alla fattispecie; ora D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44), a lungo definita dalla giurisprudenza sanzione amministrativa "reale", alla luce di quanto affermato nella sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 20 gennaio 2009, Sud Fondi, deve ritenersi sanzione sostanzialmente penale (per tutte, Cass. n. 21398 del 2013; ma vedi anche Corte cost. n. 49 del 2015). Peraltro, nel caso in esame non interessano i presupposti di applicabilità della sanzione ed il profilo della tutela dei terzi (approfonditi da Corte Cost. n. 49 del 2015), tra i quali non sarebbe riconducibile il ricorrente, tenuto conto che è incontroverso (e non contestato) lo scioglimento del preliminare (in data anteriore alla confisca) e la definitività della confisca.
Un'ulteriore questione concernente la disciplina della confisca riguarda la natura dell'acquisto. Ad un orientamento favorevole a ritenerlo a titolo originario (Cass. pen. n. 1868 del 1999) si era infatti contrapposto un indirizzo, richiamato dalla sentenza impugnata, che lo riteneva invece a titolo derivativo (Cass. n. 5988 del 1997 e S.U. n. 9 del 1999). Quest'ultimo orientamento deve, tuttavia, ritenersi superato da quello successivamente espresso in sede penale (Cass. pen. n. 21125 del 2007; implicitamente, Cass. pen. n. 52736 del 2014; n. 34428 del 2001), e civile, anche con specifico riferimento alla confisca disposta per violazione della legge urbanistica, che appare convincente in considerazione delle argomentazioni svolte a conforto, alle quali sembra opportuno rinviare, per ragioni di sintesi, senza soffermarsi ulteriormente sul punto (Cass. n. 1693 del 2006) sia in sede amministrativa (T.a.r. Sicilia, sez. 2, 16-11-2006, n. 3039).
Pertanto, come ha precisato la giurisprudenza di legittimità in ambito penale, il passaggio in giudicato della sentenza che contiene l'ordine di confisca comporta "il trasferimento della proprietà deí beni confiscati al Comune (quale patrimonio disponibile), così che i precedenti proprietari perdono con quei beni ogni legame giuridico" (Cass. pen. n. 34881 del 2010) e deve dunque essere individuato nel solo Comune "il soggetto avente diritto alla restituzione, determinandosi, altresì, con l'atto ablatorio l'estinzione di qualsiasi diritto in precedenza sorto a favore di eventuali acquirenti delle opere edilizie" (Cass. pen. n. 50189 del 2015).
Nel quadro di detti principi, non sembra dunque corretta la ritenuta irrilevanza della confisca (disposta con sentenza passata in giudicato ben prima della pronuncia di primo grado). Infatti, anche tenendo conto della natura contrattuale dell'azione proposta dal Fallimento, la sopravvenuta sanzione ha inciso sulla titolarità del diritto di proprietà del bene in capo al Fallimento (estinguendolo) e, quindi, sul diritto alla restituzione dello stesso, dato che quest'ultimo non è più (e non lo era neppure alla data della pronuncia di primo grado) proprietario dell'immobile.
La considerazione che la confisca L. n. 47 del 1985, ex art. 19, ha natura sostanzialmente penale, che nella specie non è in questione il diritto di un terzo sul bene (è infatti pacifico ed incontroverso l'avvenuto scioglimento del preliminare), la cui tutela avrebbe potuto peraltro essere chiesta al giudice penale (Cass. n. 21398 del 2013), e che la stessa determina l'incommerciabilità del bene esclude la rilevanza delle questioni del rapporto tra confisca e procedura fallimentare (peraltro risolte dalla giurisprudenza penale; per riferimenti Cass. n. 26329 del 2016).
L'accoglimento di tale assorbente profilo rende, peraltro, non necessario approfondire l'orientamento della Corte secondo cui la mancanza di una causa adquirendi, per incommerciabilità del bene promesso in vendita (che appare riferibile anche al caso di incommerciabilità conseguente alla lottizzazione abusiva) e la nullità del contratto preliminare per violazione di norme imperative incidono sul diritto al compenso per l'uso che della cosa abbia fatto il compratore nel tempo in cui ne ebbe il possesso (Cass. n. 16757 del 2014; Cass. 3612 del 1972)".
A tali condivisibili considerazioni il Collegio intende prestare piena adesione, altresì considerando che la natura di acquisto a titolo originario, propria della confisca, è stata condivisa da Cass. n. 1693 del 2006 che, assimilando l'ipotesi della confisca alla fattispecie del perimento del bene, ha affermato che "con riguardo alla specifica fattispecie sanzionatoria ex L. n. 47 del 1985, art. 7, essa colpisce il duplice comportamento illecito del privato che, dopo avere edificato un immobile in difformità della concessione (o in assenza di essa, senza aver ottenuto alcun provvedimento in sanatoria), non ottemperi poi all'ordinanza di demolizione. Tale vicenda ablativo-sanzionatoria, caratterizzata dalla gratuità dell'acquisto in capo all'ente pubblico e dall'acquisizione ipso iute dell'immobile abusivo ("il bene e l'area di sedime... sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune"), si connota altresì per la natura originaria del relativo titolo d'acquisto, essendo inconfigurabile, nella specie, una qualsivoglia vicenda di trasferimento dal precedente titolare del bene (ciò che caratterizza invece gli acquisti a titolo derivativo del diritto dominicale o di altro diritto reale limitato): questo, e non altro, risulta il significato da attribuire al sintagma normativa che predica l'acquisizione di diritto";
comportando, dunque, la confisca l'acquisizione del bene al patrimonio dell'ente pubblico a titolo originario, il richiamo operato dalla Corte di merito al disposto di cui all'art. 111 cod. proc. civ. rimane privo di rilevanza pratica, non essendo configurabile, in tal caso, alcuna successione a titolo particolare nel diritto controverso;
come recentemente statuito da questa Corte, infatti, sia pure con riguardo all'acquisto, da parte dello Stato, di un bene sottoposto alla misura di prevenzione della confisca ex L. n. 575 del 1965, la confisca ha natura originaria e non derivativa "con conseguente inapplicabilità dell'art. 111 c.p.c., essendosi al di fuori del fenomeno della successione a titolo particolare nel diritto controverso, ed esclusione, per il prevenuto il cui immobile sia stato confiscato, di continuare ad esercitare, come sostituto processuale dello Stato, le azioni a tutela del diritto di proprietà" (Cass. n. 12586 del 2017); deve pertanto condividersi l'eccezione di carenza di legittimazione attiva fin dall'inizio del giudizio svolta dall'attuale ricorrente, competendo nel caso in esame tutti i diritti, di natura reale e patrimoniale, inerenti al bene non alla curatela fallimentare ma all'ente pubblico beneficiario del provvedimento acquisitivo;
non essendo pertanto necessari ulteriori accertamenti o valutazioni fattuali, questa Corte decide nel merito e rigetta la domanda proposta dalla curatela fallimentare;
le spese processuali della presente fase e dei precedenti gradi di giudizio vengono compensate atteso che la questione concernente i rapporti tra l'art. 72 L. Fall. ed il provvedimento di confisca presenta obiettivi profili di novità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda; dichiara compensate tra le parti le spese della presente fase e dei precedenti gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017.