Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31482 - pubb. 28/06/2024

Il Tribunale di Brindisi sulle ricadute della disciplina emergenziale di cui al decreto liquidità

Tribunale Brindisi, 08 Giugno 2024. Est. Natali.


D.L. n. 41/2021 - “Obbligo a contrarre” in capo al creditore - Inconfigurabilità


D.L. liquidità n. 41/2021 - Obbligo di contrattare in capo al creditore - Configurabilità


D.L. n. 41/2021 - Diritto soggettivo del debitore istante di ricevere una motivata risposta - Configurabilità - Buona fede ex art. 1375 c.c. - Fondamento


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Sopravvenienze - Obbligo generale di rinegoziare


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Sopravvenienze - Obbligo generale di contrattare in modo ‘efficiente’


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Obbligo generale di rinegoziare - Inadempimento - Art. 2932 c.c. - Esperibilità


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Obbligo di rinegoziazione - Contenuto ‘ideale’


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Obbligo di rinegoziazione - Inadempimento - Rimedio - Sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c. - Configurabilità


Relazione n. 56/2020 dell'8 luglio 2020 - Potere sostitutivo del giudizio - Criteri - Equilibrio prefigurato in origine dalle parti


Decreto liquidità - Valutazione giudiziale del “merito creditizio” della richiesta del debitore - Inammissibilità - Dovere di effettuare un’istruttoria effettiva e specifica dell’istanza - Configurabilità


Esecuzione - Istanza di rinegoziazione - Inerzia serbata dall’istituto di credito - Istanza di riassunzione della procedura dopo la sospensione - Inammissibilità - Configurabilità


Opposizione a precetto - Inerzia serbata dall’istituto di credito - Possibilità di parte debitrice di rifiutare l’adempimento - Configurabilità


Art. 1460 c.c. - Esclusione operativa per effetti di carattere legale - Inconfigurabilità


Eccezione ex art. 1460 c.c. - Pericolo di abuso - Inconfigurabilità - Limite - Contrarietà a buona fede oggettiva



Sotto l’aspetto delle ricadute della disciplina emergenziale sul contenuto del rapporto in essere tra le parti, il D.L. n. 41/2021 non contempla un vero e proprio obbligo a contrarre in capo al creditore, in quanto il legislatore, per quanto abbia procedimentalizzato la richiesta di rinegoziazione del debitore così come la conseguente condotta della banca, creando una pluralità di limiti all’esercizio dell’autonomia negoziale, ha mantenuto in capo all’istituto di credito la sua usuale discrezionalità tecnica nella valutazione del merito creditizio, nel rispetto della disciplina prudenziale in materia di vigilanza bancaria.


La norma speciale pone un obbligo di contrattare ai fini di un’eventuale e ipotetica rinegoziazione; obbligo conformato, nella sua operatività, dai principi generali dell’ordinamento giuridico, ivi compreso quello di buona fede oggettiva e correttezza.


Da una lettura sistematica (e raccordata ai principi) delle norme di cui al suindicato D.L. n. 41/2021, si evince il diritto soggettivo del debitore istante di ricevere una motivata risposta positiva o negativa, in ragione del canone fondamentale della buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c., con la conseguente illegittimità della condotta dell’istituto di credito, ogniqualvolta tal ultimo, omettendo di attivare l’iter della contrattazione, non fornisca riscontro alcuno in ordine alla richiesta rinegoziazione.


Invero, la relazione sistematica della S.C. perviene all’esito di individuare, fondandolo sul principio di buona fede oggettiva, quale limite interno di ogni situazione giuridica, un vero e proprio obbligo di rinegoziare, avente portata generale e non operante solo ove espressamente previsto - che ‘è un obbligo di contrarre le modifiche del contratto primigenio suggerite da ragionevolezza e buona fede’.


Ove si volesse escludere un vero e proprio obbligo de contrahendo, limitando il vincolo in relazione al piano della doverosità delle trattative, rinegoziare vorrebbe dire ‘impegnarsi a porre in essere tutti quegli atti che, in relazione alle circostanze, possono concretamente consentire alle parti di accordarsi sulle condizioni dell'adeguamento del contratto, alla luce delle modificazioni intervenute’.


La Suprema Corte prospetta, per l’ipotesi di inadempimento dell’obbligo generale di rinegoziare, ravvisabile se la parte tenuta alla rinegoziazione si opponga in maniera assoluta e ingiustificata ad essa o si limiti ad intavolare delle trattative di mera facciata, ma senza alcuna effettiva intenzione di rivedere i termini dell'accordo, che ‘la parte che per inadempimento dell'altra non ottiene il contratto modificativo, cui ha diritto, può chiedere al giudice che lo costituisca con sua sentenza’.


Sotto il profilo contenutistico, l’obbligo di rinegoziazione implicherebbe l’obbligo di contrarre sulla base di criteri e rapporti di equilibrio desumibili dalla stessa disamina del regolamento contrattuale ‘secondo le condizioni che risultano “giuste” avuto riguardo ai parametri risultanti dal testo originario del contratto, riconsiderati alla luce dei nuovi eventi imprevedibili e sopravvenuti’.


Sotto il profilo rimediale, è invocabile la sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c. che, però, viene solitamente adoperata allorché l'oggetto del contratto da concludere sia già determinato prima dell'intervento del magistrato, la cui pronuncia si limita a tenere il posto di una volontà già definita nel suo oggetto o di una previsione di legge; laddove, nel caso della rinegoziazione, l'intervento giudiziale viene ad assumere una doppia valenza, solo in parte sovrapponibile a quelle tradizionale: 1. tiene luogo della volontà delle parti, 2. è preordinato a determinare il contenuto del negozio, con funzione rinegoziativa, senza poter mutuare un regolamento dettagliatamente precostituito.


Il potere giudiziale sostitutivo ex art. 2932 c.c. - ribadisce la S.C., mutuando la preminente dottrina - non può avvenire sulla scorta di un metro casuale, soggettivo o arbitrario, dovendo calibrarsi su elementi rigorosamente espressi dal medesimo regolamento negoziale, cosi come desumibili dall'(eventuale) attività di contrattazione svolta dalle parti prima che il processo rinegoziativo si interrompa, potendo residuare da esso spiccati elementi per decidere.


In forza del generale principio della buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c., non può sottacere il dovere giuridico e cogente, a carico dell’istituto di credito, se non di rinegoziare, comunque, di effettuare un’analisi accurata dell’istanza, accogliendo la stessa in presenza delle condizioni di legge ovvero motivando adeguatamente l’eventuale suo rigetto.


Come pure ritenuto dalla giurisprudenza più recente, sotto il profilo delle ricadute sulla vicenda processuale esecutiva, deve ritenersi che tale inerzia serbata dall’istituto di credito, si traduca nell’inammissibilità dell’istanza di riassunzione della procedura dopo la sospensione e ciò, in quanto, diversamente:
1. il ‘diritto’ alla rinegoziazione (o, meglio, la facoltà di richiedere un’attivazione in tale senso dell’istituto di credito), sarebbe destinato ad assumere la configurazione di un vuoto simulacro giuridico, privo di contenuti effettivi in termini di tutela dell’interesse sotteso alla normativa;
2. la sospensione della procedura, prevista dal predetto 7° comma dell’art. 41 bis, rischierebbe di diventare un inutile e distorsivo strumento, azionabile ad libitum dal debitore esecutato, per paralizzare la procedura esecutiva immobiliare.


Proprio la evidenziata configurabilità di un obbligo (seppur in termini di mero obbligo di contrattare) consente di ritenere che, a fronte del rifiuto della banca, parte debitrice possa rifiutare di adempiere alle proprie obbligazioni, ricorrendo all’exceptio inadimplenti non est adimplendum, venendo in rilievo una speciale ipotesi applicativa del più generale fenomeno di eterointegrazione del contratto previsto dall’art. 1374 c.c. che disciplina le fonti di integrazione del contratto e, in virtù del quale, il contenuto dell’originario regolamento contrattuale viene, cioè, ad essere arricchito dall’obbligo legale che, dunque, per effetto di tale inserimento ex lege, concorre a individuare le reciproche obbligazioni delle parti.


L’art. 1460 c.c. non pone limiti al suo operare e non distingue, in alcun modo, fra effetti obbligatori contrattuali, ovvero espressamente pattuiti fra le parti e effetti di carattere legale e, peraltro, ove si sostenesse tale limitazione operativa. si fornirebbe della norma un’interpretazione incostituzionale perché contraria al principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.


La possibilità che l’avvalersi di tale facoltà da parte del consumatore possa prestarsi ad un uso abusivo viene ad essere neutralizzata dall’eventuale controeccezione di contrarietà a buona fede oggettiva, secondo il modello operativo delineato dall’art. 1460 c.c. il quale fa salva, comunque, una valutazione di contrarietà a correttezza e buona fede oggettiva, da effettuarsi, secondo una logica comune al giudizio secondo equità, tesa a valorizzare ogni circostanza del caso di specie. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)




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