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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/03/2016 Scarica PDF

Contratti pendenti nel concordato preventivo: natura cautelare e precaria della sospensione e audizione dell'altro contraente

Franco Benassi, Direttore della Rivista IL CASO.it. Co-Direttore della Rivista Ristrutturazioni aziendali. Avvocato


Sommario: 1. Istanza di sospensione e audizione dell’altro contraente. - 2. Natura cautelare e precaria della sospensione. - 3. Scioglimento, modalità di audizione del contraente e sommarie informazioni.


   

1. Istanza di sospensione e audizione dell’altro contraente

Il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 e la successiva legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132 hanno apportato significative modifiche all’art. 169-bis legge fallim., introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 allo scopo di disciplinare la sorte dei contratti pendenti al momento dell’apertura della procedura di concordato preventivo.

Di particolare rilievo, in ragione dei risvolti di immediata applicazione ed operatività, si presenta la regolamentazione del procedimento attraverso il quale è possibile ottenere l’autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data della presentazione del ricorso per concordato. La nuova disposizione prevede, infatti, che il giudice chiamato a decidere se concedere o meno l’autorizzazione allo scioglimento di detti contratti debba, prima di decidere, “sentire” la controparte contrattuale del debitore.

La previsione è stata inserita nel primo comma dell’art. 169-bis legge fallim. che già prima della novella disciplinava lo scioglimento e la sospensione dei contratti, due fattispecie, queste, che sono ancora oggi contemplate in distinti periodi, il primo dedicato allo scioglimento, il secondo alla sospensione.

Il D.L. n. 83/2015 e la legge di conversione[1] sono intervenuti modificando il primo periodo del primo comma dell’art. 169-bis legge fallim. disegnando un procedimento semplificato che prevede l’obbligo di sentire l’altro contraente, mentre il secondo periodo, quello che regolava ed ancor oggi regola la sospensione, è rimasto intatto.

La prima domanda che viene allora spontaneo porsi sulla base delle modalità di intervento di cui si è detto è se il legislatore abbia voluto prescrivere l’audizione dell’altro contraente solo quando si tratti di decidere sull’autorizzazione allo scioglimento e l’abbia, invece, ritenuta non necessaria per autorizzare la sospensione.

Ai fini che ci interessano, può essere utile chiedersi se, al di là del dato sistematico al quale abbiamo fatto cenno, siano individuabili altre ragioni in grado di sostenere questa interpretazione.

Un primo argomento potrebbe trarre spunto dalla diversa natura delle due figure dello scioglimento e della sospensione laddove si consideri che la sospensione ha carattere temporaneo, in quanto può essere concessa per un periodo non superiore a sessanta giorni, prorogabile una sola volta, mentre lo scioglimento ha carattere definitivo, quanto meno nell’ambito della vicenda concordataria. La sospensione, pertanto, incide solo temporaneamente sugli interessi del terzo contraente.

Non va, al riguardo, dimenticato che buona parte della giurisprudenza successiva all’introduzione della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo ha ritenuto che non potesse essere autorizzato lo scioglimento durante la fase di concordato con riserva, motivando questa scelta con l’affermazione che lo scioglimento, a differenza della sospensione, avrebbe carattere definitivo e che potrebbe, quindi, essere molto rischioso autorizzarlo in un momento in cui non sono ancora noti i termini della proposta e del piano[2].

Si noti, poi, che la giurisprudenza è orami concorde sul fatto che, durante il concordato con riserva, anche quando viene chiesta l’autorizzazione alla sola sospensione, il ricorrente debba effettuare una disclosure sulle linee essenziali del piano e debba, quindi, offrire al giudice elementi di conoscenza che gli consentano di valutare la pertinenza della richiesta con la soluzione della crisi che l’impresa intende proporre ai creditori[3].

La scelta del legislatore del 2015 di prevedere l’audizione del contraente, unita alla facoltà per il giudice di raccogliere informazioni, può quindi essere letta come una risposta a questa preoccupazione che ha visto nello scioglimento un intervento destinato ad incidere in modo unilaterale ma soprattutto definitivo sulla sorte del contratto e sul diritto del terzo contraente, in una fase durante la quale non è possibile sapere quale sia la soluzione della crisi proposta ai creditori o anche soltanto se essa verrà in effetti formulata, se sarà ammissibile ed omologata[4].

Appare evidente che tale problema non si pone quando si tratta di decidere della sospensione dei contratti, posto che il legislatore ha espressamente delineato tale fattispecie come una vicenda a carattere temporaneo, destinata a mutare l’equilibrio contrattuale per un tempo assai limitato, determinato con una unità di misura analoga a quella che, nel concordato con riserva, definisce il termine per la presentazione della proposta e del piano e la sua eventuale proroga.

Per quanto, inoltre, anche la sospensione sia di per sé in grado di produrre effetti sfavorevoli per il contraente in bonis, la stessa, a ben vedere, si rivela la soluzione meno invasiva sull’equilibrio contrattuale, in quanto si limita a fermare l’esecuzione del rapporto congelandolo e ponendolo in uno stato di quiescenza. La sospensione, sul piano degli effetti imposti al contraente, rappresenta evidentemente una soluzione di cautela diametralmente opposta allo vicenda dello scioglimento.

Sennonché, dalla natura temporanea della sospensione è forse possibile trarre una seconda argomentazione a sostegno della interpretazione che abbiamo ipotizzato.

Una volta ottenuta l’autorizzazione alla sospensione del contratto pendente, al momento del deposito della proposta o comunque alla scadenza del periodo di sospensione, il proponente dovrà comunque prendere una decisione in ordine al rapporto: potrà rinunciare ad incidere su di esso, così che il contratto proseguirà[5], oppure, dopo aver chiesto la sospensione, con il piano, o anche successivamente (la nuova disposizione prevede, infatti, che l’istanza possa essere presentata anche dopo il decreto di ammissione alla procedura), il proponente potrà chiedere di potersi definitivamente sciogliere. Ed allora, in questa seconda ipotesi, verrà recuperata la possibilità di decidere con le garanzie offerte dall’audizione dell’altro contraente ed assumendo le necessarie informazioni, in sostanza con le garanzie offerte dal procedimento delineato dal nuovo primo periodo del primo comma dell’art. 169-bis legge fallim. La mancata audizione dell’altro contraente quando si debba decidere se autorizzare la sola sospensione si potrebbe, pertanto, giustificare con il fatto che la decisione definitiva, quella che incide sul contratto, verrà comunque adottata con le modalità previste per lo scioglimento.

Un ulteriore argomento a favore della tesi che stiamo esaminando è rintracciabile nel dato letterale della norma transitoria contenuta nell’art. 23 del D.L. n. 83/2015, articolo che disciplina l’entrata in vigore delle modifiche apportate dalla riforma di cui stiamo parlando.

È agevole constatare che la disposizione prescrive l’applicazione delle nuove disposizioni del 169-bis alle sole istanze di scioglimento presentate successivamente all’entrata in vigore del decreto legge e che nulla dice delle istanze per ottenere l’autorizzazione alla sospensione.

Parrebbe allora che il legislatore abbia ritenuto che le innovazioni apportate all’art. 169-bis siano solo quelle relative alle istanze di scioglimento.

Sennonché, il decreto legge non ha apportato al 169-bis solo la modifica di cui abbiamo parlato, in quanto ha aggiunto anche l’ultimo periodo del primo comma, l’ultimo del secondo e l’intero quinto comma. Ma quale può essere allora la ragione per cui la norma transitoria non ha detto semplicemente che tutte le modifiche all’art. 169-bis si applicano alle istanze presentate successivamente alla entrata in vigore del decreto legge?

Ebbene, non è escluso che il legislatore abbia voluto dirci, e in tal modo sottolineare, che le uniche disposizioni che necessitano di una norma transitoria sono quelle introdotte in tema di scioglimento, e ciò in quanto le altre, sempre nelle intenzioni del legislatore, non dovrebbero avere portata innovativa, bensì interpretativa, norme che, come tali, non richiedono alcuna regolamentazione di diritto transitorio.

Le norme interpretative, dette anche di interpretazione autentica, non introducono nuove disposizioni, ma si limitano a chiarire il significato di quelle già esistenti, suscettibili di essere interpretate in quel dato modo. Per questo genere di disposizioni non si pone, pertanto, il problema della decorrenza degli effetti, perché, esse non innovano, non introducono una nuova regola la cui vigenza nel tempo deve essere disciplinata: esse si limitano a dire come deve essere interpretata una norma ed esprimono, quindi, principi che hanno effetto retroattivo, applicabili anche ai casi sorti in epoca anteriore alla loro promulgazione[6].

Il legislatore, pertanto, prendendo in considerazione, nella norma transitoria, solo lo scioglimento, ha voluto probabilmente dirci che hanno natura innovativa solo le disposizioni che riguardano tale fattispecie, mentre le altre vorrebbero essere norme di interpretazione autentica.

Venendo alla modifica costituita dall’aggiunta del quinto comma, per disciplinare lo scioglimento del contratto di locazione finanziaria con un sistema molto simile a quello adottato nel fallimento, notiamo che essa contempla espressamente la sola ipotesi dello scioglimento e che è all’evidenza una diposizione innovativa, al pari di quella, analoga, a suo tempo introdotta dalla nuova formulazione dell’art. 72-quater legge fallim.

Le altre due modifiche riguardano una la decorrenza degli effetti del provvedimento autorizzativo, l’altra la prededuzione delle prestazioni eseguite in corso di procedura.

La prima, contenuta nell’ultimo periodo del comma 1, chiarisce che gli effetti dello scioglimento o della sospensione si producono dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all’altro contraente. Tale principio era, però, già prima d’oggi deducibile dalla disciplina dell’istituto, tanto che la giurisprudenza più accorta e parte della dottrina si erano già espresse in questi termini[7]. E non si vede come possa essere diversamente, posto che l’istituto in esame parla di autorizzazione al contraente a sciogliere o sospendere il contratto e non stabilisce, invece, che il giudice chiamato a concedere l’autorizzazione disponga direttamente lo scioglimento o la sospensione. Sarà, quindi, il proponente il concordato che, una volta ottenuta l’autorizzazione, dovrà decidere se avvalersi della stessa, ponendo in essere un atto di natura negoziale che incide sul rapporto contrattuale con l’altro contraente. In mancanza dell’iniziativa del proponente, di un atto negoziale dell’impresa che propone il concordato, l’autorizzazione concessa dal giudice non avrebbe potuto, anche nel vigore della previgente normativa, spiegare alcun effetto[8].

Analoga osservazione può essere fatta per la disposizione aggiunta alla fine del comma 2, secondo la quale le prestazioni eseguite dopo l’inizio della procedura e che trovano titolo nei contratti ancora pendenti generano crediti prededucibili. È, infatti, possibile affermare la natura interpretativa anche di questo intervento, perché se il contratto pendente tra le parti non viene inciso da un provvedimento di scioglimento o di sospensione, esso prosegue anche per il tempo successivo all’inizio della procedura, anche in caso di concordato con riserva, e la prosecuzione non potrà che generare obbligazioni che godono del trattamento della prededuzione in base ai criteri dettati dall’art. 111 legge fallim.

Questa regola era già stata affermata dalla dottrina e da alcuni giudici particolarmente attenti[9]. Si noti, poi, che le stesse parole utilizzate dal legislatore nel periodo aggiunto alla fine del primo comma, le parole “fermo restando”, tendono ad evocare un concetto, come fosse un principio acquisito e scontato, che già appartiene alla disciplina dell’istituto.

 

2. Natura cautelare e precaria della sospensione

Benché la sospensione prevista dall’art. 169-bis legge fallim. incida sull’assetto contrattuale in misura ridotta rispetto allo scioglimento e le conseguenze sfavorevoli subite dal terzo contraente siano meno incisive, è tuttavia innegabile che anche la sospensione è in grado di arrecare un pregiudizio all’altro contraente.

Si pensi al caso, piuttosto frequente, della sospensione del contratto di locazione finanziaria, dove il concedente, per tutto il periodo di sospensione, non può pretendere il pagamento dei canoni né la restituzione del bene concesso in uso, il quale rimane, pertanto, nella disponibilità del debitore concordatario.

Si ricorda, inoltre, come si è detto, che l’ultimo comma dell’art. 169-bis legge fallim., introdotto dal D.L. n. 83/2015 per regolare in modo specifico il contratto di leasing pendente al momento della dichiarazione di fallimento, prende in considerazione esclusivamente la vicenda dello scioglimento e non quella della sospensione.

Appare, allora, evidente che il legislatore ha ritenuto che gli effetti dello scioglimento siano gli unici che debbano essere disciplinati sia, come abbiamo visto, per quanto attiene alla necessità di stabilire il contraddittorio con l’altro contraente, sia per quanto attiene agli effetti che tale vicenda produce nell’ambito del rapporto tra i contraenti e, di riflesso, all’interno della vicenda concordataria.

E questa scelta del legislatore può spiegarsi solo con la considerazione che la sospensione del contratto pendente alla data di presentazione della domanda di concordato non ha solo natura temporanea, ma anche precaria perché è destinata a trasformarsi in scioglimento o perché non potrà che esaurirsi qualora lo scioglimento non venga chiesto o non venga autorizzato.

In quest’ultima ipotesi, la sospensione non seguita dallo scioglimento perderà, quindi, efficacia con effetto ex tunc e le obbligazioni che il debitore concordatario avrebbe dovuto adempiere durante il periodo di sospensione si trasformeranno in debiti che dovranno essere pagati in prededuzione.

Pertanto, ove alla sospensione faccia seguito lo scioglimento, gli effetti prodotti nel periodo di sospensione si salderanno con quelli successivamente prodotti dallo scioglimento e potranno essere trattati in modo uniforme, secondo la regola stabilita dal comma 2 dell’art. 169-bis legge fallim., come indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento da soddisfarsi come credito anteriore al concordato. Qualora, invece, alla sospensione non segua lo scioglimento ed il contratto prosegua, le prestazioni eseguite legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali durante il periodo di sospensione daranno luogo a crediti prededotti dei quali il piano dovrà necessariamente tener conto[10].

Sulla scorta di queste brevi considerazioni è possibile concludere che la sospensione ha, in sostanza, natura cautelare e funzionale allo scioglimento, in quanto assolve principalmente allo scopo di evitare che sorgano crediti prededotti durante il periodo necessario alla predisposizione del piano[11]. L’imprenditore che progetta la soluzione concordataria della crisi dispone quindi di uno strumento di agile applicazione per prevenire gli effetti negativi sul patrimonio dei contratti pendenti e che gli consente di valutare se sciogliersi o meno da tali contratti mano a mano che il piano concordatario prende forma.

 

3. Scioglimento, modalità di audizione del contraente e sommarie informazioni

La disposizione che regola il procedimento di autorizzazione allo scioglimento, contenuta nel primo periodo del comma 1 dell’art. 169-bis legge fallim., non prevede espressamente la fissazione di un’udienza, ma solamente che il terzo contraente venga “sentito”, il che potrà certamente avvenire nel corso di un’udienza, ma potrà anche aver luogo mediante l’assegnazione da parte del giudice di un termine per la produzione di scritti e di documenti[12].

Del resto, se dovessimo ritenere sempre necessaria un’udienza, dovremmo concludere per un irrigidimento del procedimento che di certo il legislatore non ha voluto, posto che non ha parlato espressamente di un’udienza e non ha fatto, come avrebbe potuto, esplicito richiamo ad un determinato tipo di procedimento, anche sommario, già codificato, ma ha delineato un sistema autonomo e semplificato, i cui tratti essenziali e caratterizzanti sono costituiti dalla necessaria consultazione dell’altro contraente, dalla facoltà per il giudice di assumere informazioni e dall’adozione di un provvedimento motivato.

Pertanto, se la locuzione “sentito l’altro contraente”, come credo, non prevede necessariamente un’udienza, è forse possibile ipotizzare un procedimento particolarmente agile, ove il debitore che formula istanza di autorizzazione allo scioglimento dei contratti notifichi l’istanza medesima direttamente alla controparte contrattuale invitandola a replicare entro un determinato termine mediante deposito in cancelleria di memorie e documenti.

Quanto alla facoltà per il giudice di assumere sommarie informazioni, la stessa si rivela certamente opportuna, specialmente nei casi di inerzia del terzo contraente pur avvertito o convocato o di carenza di informazioni riconducibile allo stesso ricorrente che chiede l’autorizzazione. Il giudice potrà ora richiedere integrazioni prima di tutto allo stesso proponente ma anche, ritengo, direttamente al terzo contraente o alle pubbliche amministrazioni, in analogia a quanto già avviene, per quest’ultima facoltà, nel processo ordinario mediante l’apposito strumento previsto dall’art. 213 c.p.c.[13].

   

Abstract: The new art. 169-bis of Insolvency law states that the trader who makes a proposal for composition with creditors during bankruptcy proceedings, has the faculty to get the termination or the suspension of pending contracts. The author highlights that the amendment to this provision given by Decree-Law n. 83/2015 requires the hearing of the other contracting party only when the trader applies for the termination of the contract, not for the simple suspension. This thesis is supported by various arguments: the literal one, the logic one and the one derived by the transitional provisions of art. 23 Decree-Law n. 83/2015. The author, in consideration of the temporary limitation of the suspension, asserts that the suspension’s effects will retroactively disappear if the judge grants the requested termination of the suspended contract.

 


[1] La maggior parte delle modifiche è stata introdotta già dal D.L. n. 83 del 2015, la legge di conversione ha sostituito, alla fine del primo periodo del primo comma, le parole “in corso di esecuzione” con le parole “contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti”.

[2] Si sono pronunciati in termini contrari alla possibilità di autorizzare lo scioglimento durante il concordato con riserva: Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012; Trib. Verona, 31 ottobre 2012; Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012; Trib. Monza, 16 gennaio 2013; App. Brescia, 19 giugno 2013; Trib. Vicenza, 25 giugno 2013; App. Venezia, 20 novembre 2013; App. Venezia, 20 novembre 2013; Trib. Prato, 8 agosto 2014; Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014; Trib. Pavia, 24 novembre 2014; Trib. Firenze, 23 aprile 2015, reperibili in www.ilcaso.it. Altre pronunce hanno, invece, ritenuto ammissibili, senza particolari requisiti, l’istanza di scioglimento nella fase citata allo scopo di liberare da subito il patrimonio del debitore da costi non necessari: Trib. Como, 5 novembre 2012; Trib. Modena, 30 novembre 2012; Trib. Piacenza, 5 aprile 2013; App. Genova, 10 febbraio 2014; Trib. Venezia, 27 marzo 2014, ivi. In dottrina, sulla applicabilità della disciplina del 169-bis al concordato con riserva di cui all’art. 161, comma 6, legge fallim. In dottrina, in senso favorevole alla operatività del 169-bis anche nel concordato con riserva, Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Fallimento, 2013, p. 1231. Contrario Bozza, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, ivi, 2013, p. 1121.

[3] Hanno ritenuto ammissibile lo scioglimento anche durante la fase di concordato c.d. con riserva a condizione che il debitore effettui una disclosure sugli elementi del piano: Trib. Mantova, 27 settembre 2012; Trib. Monza, 21 gennaio 2013; Trib. Vercelli, 20 settembre 2013; Trib. Terni, 27 dicembre 2013; Trib. Rovigo, 6 marzo 2014; Trib. Venezia, 27 marzo 2014; Trib. Busto Arsizio, 24 luglio 2014; Trib. Cassino, 29 ottobre 2014; App. Milano, 4 febbraio 2015, in www.ilcaso.it.

[4] Già prima del D.L. n. 83/2015 si era sostenuta in dottrina e in giurisprudenza la non necessità, fatti salvi i casi di particolare urgenza, di convocare l’altro contraente anche nell’ipotesi in cui veniva chiesto lo scioglimento dei contratti pendenti, in questo senso Trib. Ravenna, 28 gennaio 2014, in www.ilcaso.it, I, p. 9989; in dottrina, non ha ritenuto necessaria la convocazione del terzo anche Inzitari-Ruggiero, Scioglimento e sospensione del contratto in corso di esecuzione nel concordato ai sensi dell’art. 169-bis legge fallim: il contraddittorio deve essere esteso alla controparte contrattuale in bonis?, in questa Rivista, 2014, p. 17; così anche F. Benassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell’imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, in questa Rivista, 2014, p. 554 ss. A favore della convocazione, invece, App. Venezia, 20 novembre 2013, con nota di F. Benassi, Concordato preventivo e contratti pendenti: applicabilità dell’art. 169-bis legge fallim. al concordato con riserva e convocazione del terzo contraente, in questa Rivista, 2014, p. 147. Sul tema dei contratti pendenti nel concordato preventivo anche G. Rebecca, I contratti bancari nel concordato preventivo, in www.ilcaso.it.

[5] La regola generale, in mancanza di autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento è, infatti, la prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione: Trib. Terni, 12 ottobre 2012, in www.ilcaso.it.

[6] R. Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998; Corte cost. n. 79/1977; 118/1957; 175/1974; 167/1986; 123/1988, 373/1988; Cass. 168/1967; 843/1957; 1110/1972; 2162/1980.

[7] App. Genova, 10 febbraio 2014; App. Milano, 28 maggio 2014; Trib. Busto Arsizio, 24 luglio 2014, tutte in www.ilcaso.it, l’ultima ivi così massimata:«Poiché la domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 169 bis L.F. deve essere proposta nel ricorso per concordato e che quest’ultimo va pubblicato nel registro delle imprese entro il giorno successivo al suo deposito in cancelleria, deve ritenersi che l’assolvimento di detto di adempimento, il quale garantisce l’astratta conoscibilità del contenuto del ricorso ai terzi, tra i quali innanzitutto i creditori e le controparti contrattuali dell’imprenditore, sia sufficiente a costituire idonea comunicazione della volontà del ricorrente di esercitare la facoltà di scioglimento di cui all’articolo 169 bis L.F., con conseguente produzione dei relativi effetti da tale momento».

[8] Il contenuto del piano è rimesso alla valutazione del debitore in piena autonomia, laddove ai creditori è rimesso il potere di esprimere il proprio parere attraverso il voto, così Fimmanò, Contratti d’impresa in corso di esecuzione e concordato preventivo in continuità, in questa Rivista, 2, 2014, p. 227; F. Benassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell’imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, cit.; M. Martinelli, L’art. 169 bis l.f. dopo la novella del d.l. 83/2015 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015): the king is dead?, in www.ilcaso.it, il quale precisa che “...l’effetto sul sinallagma contrattuale [è] comunque da ricondursi all’atto di parte”.

[9] Trib. Modena, 7 aprile 2014, in www.ilcaso.it, I, 10335; in dottrina F. Benassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell’imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, cit.

[10] Sul rapporto tra sospensione successivo scioglimento si è pronunciato Trib. Milano, 28 settembre 2015 (in www.ilcaso.it, con commento di L. Cipolla, La fideiussione escussa è un rapporto pendente ai sensi dell’art. 169bis l.f.?), affermando che “Il mancato verificarsi dell’effetto sospensivo impedisce che possa anche in via puramente logica saldarsi l’effetto dello scioglimento a quello della sospensione dei contratti in oggetto, che hanno continuato a produrre i loro effetti sino (quanto alla fideiussione) all’avvenuta escussione” (corsivo nostro).

[11] La natura “cautelare” della sospensione in quanto “funzionale” allo scioglimento è stata acutamente delineata da M. Martinelli, L’art. 169 bis l.f. dopo la novella del d.l. 83/2015 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015): the king is dead?, in www.ilcaso.it.

[12] Non ritengono sempre necessaria la fissazione dell’udienza L. Varotti, Appunti veloci sulla riforma 2015 della legge fallimentare, in www.ilcaso.it; M. Martinelli, L’art. 169 bis l.f. dopo la novella del d.l. 83/2015 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015): the king is dead?, in www.ilcaso.it.

[13] In questi termini, già prima della riforma di cui al D.L. n. 83/2015, Trib. Roma, 3 luglio 2015, reperibile in www.ilcaso.it e così massimata: «Il giudice richiesto dell’autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti pendenti ex articolo 169-bis legge fallim. ha facoltà di chiedere informazioni alla pubblica amministrazione ai sensi dell’articolo 213 c.p.c.».



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