Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 17/10/2008 Scarica PDF
Il direttore di banca investitore retail e l'"inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob 11522/98
Franco Benassi, Direttore della Rivista IL CASO.it. Co-Direttore della Rivista Ristrutturazioni aziendali. AvvocatoLo scritto è stato pubblicato ed è dunque reperibile anche in "Banche, consumatori e tutela del risparmio. Servizi di investimento, market abuse e rapporti bancari. 2009, ISBN 8814149690, GIUFFRÈ.
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Sommario: 1. Il caso; 2. Adeguatezza dell'operazione ed applicazione
"elastica" dei criteri di individuazione dell'esperienza
dell'investitore; 3. L'"inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob
n. 11522/98; 4. I tentativi di riforma, la MIFID e la riduzione del margine di
intervento del giudice; 5. Conclusioni.
1. Il caso
Una recente sentenza del Tribunale di Torino1 offre lo spunto per una sintetica
riflessione sulla nozione di operatore qualificato contenuta nell'art. 31 del
reg. Consob n. 11522/1998. La fattispecie sottoposta all'esame dei giudici
presenta, invero, aspetti del tutto peculiari in quanto sono abbastanza rare le
decisioni in cui si applica la normativa dettata per la persona fisica che sia
inquadrabile nella categoria dell'«operatore qualificato».
Non è dunque la tipologia dello strumento finanziario che ci porta ad esaminare
il caso: sappiamo che buona parte delle decisioni delle corti italiane in
questa materia traggono origine dal default delle obbligazioni argentine.2 E
neppure il vizio posto dall'attore a fondamento della domanda di nullità
dell'operazione di negoziazione (la mancata stipulazione per iscritto del
contratto quadro) costituisce, di per sé, una novità. Non sono, infatti, rare
le decisioni che fondano la dichiarazione di nullità delle operazioni sulla
violazione del requisito della forma scritta previsto dalle norme del T.U.F. e
del regolamento per i contratti relativi ai servizi di investimento.3
Ciò che ci induce ad utilizzare questa decisione come pretesto di riflessione è
il fatto che chi ha agito per ottenere la dichiarazione di nullità
dell'operazione e la restituzione della somma investita, è niente meno che il
direttore della filiale della banca presso la quale, nel luglio e nell'ottobre
del 2000, sono stati eseguiti gli ordini di acquisto delle obbligazioni.
La banca convenuta in giudizio si è difesa deducendo il rapporto professionale
dell'attore e sottolineando che lo stesso, non essendo di certo inesperto e
privo di conoscenza dei mercati finanziari, avrebbe dovuto essere considerato
un operatore qualificato ai sensi dell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/98. Al
caso in esame, secondo la difesa della banca, avrebbero dovuto pertanto essere
applicate le disposizioni contenute in tale articolo, tra le quali quella che
esonera l'intermediario dall'uso della forma scritta per la stipula dei
contratti di investimento.4
Com'è noto, il citato regolamento prevede che molte delle norme poste a tutela
dell'investitore non trovino applicazione qualora la controparte
dell'intermediario sia un operatore qualificato. Questa forte attenuazione
delle forme di tutela, che normalmente devono essere applicate a tutti gli
investitori, troverebbe la sua giustificazione nel fatto che i soggetti che,
secondo il disposto dell'art. 31 del regolamento, possono essere definiti
operatori qualificati sono muniti di una esperienza e conoscenza in mercati e
strumenti finanziari tali da rendere superflue buona parte delle tutele
informative ed operative approntate dalla legislazione speciale.5
Ma ciò che interessa in questa sede - e che di sicuro appare a prima vista
quanto meno sorprendente - è che il tribunale ha accolto la domanda del
direttore e condannato la banca al risarcimento dei danni dallo stesso patiti.
In particolare, la sentenza torinese ha affermato che l'attore, nonostante
avesse il titolo di ragioniere e, quale direttore della banca, fosse ben lungi
dal poter essere considerato un soggetto inesperto, non possedeva tuttavia i
requisiti richiesti dall'art. 31 del regolamento intermediari perché la persona
fisica possa essere inquadrata nella categoria delle controparti qualificate.
Le persone fisiche possono, infatti, essere ritenute operatori qualificati solo
qualora abbiano conseguito il titolo di promotori finanziari o qualora
documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal T.U.F.
per coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo
presso società di intermediazione mobiliare.6
Insomma, secondo il regolamento n. 11522/98 emanato dalla Consob, l'investitore
persona fisica che non abbia svolto funzioni di amministrazione e controllo di
una SIM deve essere sempre considerato come un investitore inesperto e ciò
anche se si tratta di un espertissimo trader con un'operatività di svariate
operazioni in strumenti sofisticati ed anche se tale circostanza sia evidente e
facilmente documentabile.
Nei rapporti con questo genere di persone, l'intermediario dovrà dunque
applicare le norme poste a garanzia dell'investitore sprovveduto, operare anche
a tutela dei suoi interessi, effettuare la consegna del documento sui rischi
generali di investimento, interrogare il soggetto sulla sua propensione al
rischio, informarlo dei rischi specifici di determinati strumenti, nonché
avvertirlo ed ottenere la sua autorizzazione scritta (o verbale registrata su
nastro) qualora egli debba dar corso ad operazioni inadeguate.
La norme sull'adeguatezza dell'operazione richiedono l'elaborazione di un
giudizio con margini di discrezionalità, che consente ad intermediari e giudici
di adattare al singolo caso concreto le norme e principi che ispirano la
speciale normativa di settore.
2. Adeguatezza dell'operazione ed applicazione "elastica" dei criteri
di individuazione dell'esperienza dell'investitore
Le norme a tutela dell'investitore sono state applicate dai giudici di merito
in molteplici occasioni e la giurisprudenza che ne è scaturita ha rivelato come
la disciplina abbia lasciato all'interprete un certo margine di discrezionalità
nell'ambito della valutazione dell'esperienza degli investitori.
Molte delle decisioni che negli ultimi anni hanno impegnato la giurisprudenza
hanno dovuto pronunciarsi, infatti, sull'adeguatezza delle operazioni di
negoziazione e le corti chiamate a questo compito hanno elaborato regole di
giudizio finalizzate a stimare, caso per caso, il livello di informazione e di
consapevolezza del risparmiatore in rapporto al tipo di operazione e ai rischi
ad essa connessi.7
Dall'esame delle fattispecie nelle quali sono state applicate queste regole,
emerge che il giudizio relativo all'adeguatezza dell'operazione, anziché
scaturire dall'utilizzo di rigidi criteri definiti in astratto dalla legge, è
in realtà caratterizzato da una elasticità che ha consentito alle corti di
coniugare ed adattare al singolo caso concreto i principi che ispirano la
speciale normativa di settore.
L'intermediario, forte della propria esperienza e conoscenza dei mercati
finanziari, è chiamato ad assistere e tutelare l'investitore al momento della
negoziazione, valutando l'adeguatezza dell'operazione in rapporto alla sua
propensione al rischio ed alla strategia di investimento da questi prescelta.
L'intermediario dovrà quindi adempiere ai propri obblighi informativi che
dovranno essere «diversamente calibrati ... soddisfando le specifiche esigenze
informative proprie del singolo rapporto»8, valutando se il tipo di strumento
negoziato e la sua quantità siano adeguati al profilo di rischio del
risparmiatore e, nell'esprimere questo giudizio, dovrà tenere conto delle
caratteristiche del mercato, dello strumento finanziario prescelto9 e di tutte
le informazioni di cui dispone sul proprio cliente.10 Dovrà pertanto valutare
la pregressa operatività, il grado di istruzione, la professione, l'età, le
specifiche richieste del cliente e la composizione del suo portafoglio; dovrà
servirsi, insomma, per esprimere il giudizio di adeguatezza di ogni singola
operazione, di molteplici elementi.
Appare allora evidente come una simile valutazione, che peraltro presuppone una
approfondita conoscenza degli strumenti finanziari in capo allo stesso
intermediario, venga operata attraverso l'elaborazione di un giudizio che
presenta margini di discrezionalità all'interno dei quali è possibile muoversi
ricorrendo alle proprie competenze e soprattutto applicando le regole della
diligenza professionale.
La valutazione dell'adeguatezza dell'operazione, in sostanza, è oggetto di un
esame assolutamente svincolato da rigidi criteri formali, ma che si esprime
attraverso la combinazione di svariati fattori, che l'interprete deve di volta
in volta coniugare in base alle caratteristiche del caso concreto sottoposto al
suo giudizio11, facendo ricorso alle regole ed ai principi dell'informazione,
della trasparenza, della competenza professionale e della buona fede.
L'intermediario prima ed il giudice poi sono chiamati a compiere scelte
discrezionali di notevole rilevanza12, scelte che, nella maggior parte dei
casi, fanno la differenza tra la corretta applicazione delle norme di
comportamento e la loro violazione.
3. L'"inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/98
Nel caso dell'operatore qualificato persona fisica, diversamente da quanto la
legge prevede per la clientela retail, l'intermediario prima ed il giudice poi
non hanno alcun margine per stabilire se l'investitore sia in effetti un
soggetto esperto in possesso di quelle conoscenze e soprattutto di quelle
informazioni che potrebbero in teoria consentirgli di operare in modo
consapevole sui mercati finanziari.
Se la persona fisica non ha svolto funzioni di direzione o di controllo in una
SIM è sempre comunque un normale investitore, al quale deve essere applicata la
policy di tutela prevista dalla legislazione speciale.
Questa rigidità della normativa porta però a conseguenze che appaiono
necessariamente stonate, come quelle scaturite dalla decisione del Tribunale di
Torino. La sentenza, che ha appunto applicato l'art. 31 del regolamento, ha
concluso affermando che il direttore di banca, nonostante non sia un soggetto
inesperto, non può comunque essere classificato nella categoria degli operatori
qualificati e deve pertanto essere trattato alla stregua di un qualsiasi altro
investitore.
La tesi, corretta sul piano formale, si pone tuttavia in stridente contrasto
con la realtà fattuale ed evidenzia in modo manifesto come l'art. 31 del
regolamento, concepito, nella parte che stiamo esaminando, in modo da non
lasciare all'interprete alcun margine di valutazione, porti in concreto ad
esiti sorprendenti e forse contrari allo spirito ed ai principi che informano
la normativa contenta nel T.U.F.
L'organo di vigilanza, nell'indicare nell'art. 31 del regolamento il
trattamento della persona fisica in possesso di una determinata preparazione in
strumenti finanziari, avrebbe dovuto attenersi al criterio a tal fine dettato
dall'art. 6, comma 2 del TUF e «tener conto delle differenti esigenze di tutela
degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei
medesimi». La necessità di tener conto di differenti esigenze di tutela avrebbe
dovuto portare ad una disciplina con una graduazione degli obblighi informativi
e di comportamento idonea a regolamentare una più ampia gamma di ipotesi, nella
quale obblighi informativi e tutela fossero calibrati in base al diverso
livello di esperienza e di informazione degli investitori.
L'organo di vigilanza ha invece dettato una norma che prevede solo due
possibilità: o l'investitore è un professionista del settore (promotore
finanziario, dirigente o controllore di SIM) o è una persona normale che, come
tale, è con tutta probabilità sprovvista di esperienza di mercati finanziari.
Il direttore di banca dispone, nella stragrande maggioranza dei casi, di una
esperienza in strumenti finanziari che gli deriva non solo dall'attività
quotidiana svolta presso la propria agenzia, ma anche dal fatto che, quale
dirigente, è tenuto a verificare che il personale a lui sottoposto applichi in
modo corretto la normativa di settore. La sua non è, quindi, una semplice
conoscenza di quei fattori che connotano il rischio inevitabilmente connesso
alle operazioni di negoziazione, bensì una conoscenza anche giuridica della
disciplina che deve essere di volta in volta applicata. Nell'ambito e nei
settori subordinati alla sua direzione, l'esperienza del direttore di filiale è
altresì organizzativa e gestionale, nel senso che egli è tenuto a controllare e
organizzare il personale affinché, nello svolgimento della attività di
intermediazione mobiliare, massimizzi il proprio rendimento.
Il direttore dunque, nella maggior parte dei casi, è in grado non solo di
comprendere i rischi connessi alle operazioni che decide di porre in essere, ma
pure di utilizzare la propria conoscenza ed esperienza giuridica ed
organizzativa a fini strumentali, per sottrarsi, nel caso di esito infausto
della operazioni compiute, alle conseguenze negative che ne conseguono.13
Il potere direttivo sui sottoposti lo pone, infine, in condizione di agire
senza un immediato controllo, consentendogli di operare sui mercati finanziari
senza sottoscrivere - come è accaduto nel caso di specie - alcun contratto.
Ma la scelta trasfusa nell'art. 31 del regolamento con riguardo alla
graduazione degli obblighi informativi e di tutela della persona fisica rivela
la sua criticità non solo perché, come si è detto, tenta di ricondurre tutte le
fattispecie a due sole categorie di soggetti, ma anche perché la disciplina
emanata abbandona in modo deciso la possibilità per l'interprete di operare
quella valutazione discrezionale di cui abbiamo parlato con riferimento alla
adeguatezza dell'operazione.
L'intermediario non avrà quindi nessun margine di manovra, non potrà far
ricorso alla propria competenza professionale né alle informazioni di cui
dispone in relazione alle caratteristiche dell'investitore ed alla sua
pregressa operatività. L'intermediario prima e il giudice poi non potranno tener
conto del fatto che quell'investitore abbia in precedenza operato, magari con
successo, in sofisticati strumenti finanziari derivati o che disponga di un
portafoglio composto in modo tale da gestire con equilibrio ed oculatezza il
rischio.14
Qualora l'investitore sia una persona fisica, nessuna circostanza al di fuori
di quelle previste dalla norma varrebbe a definire il cliente
dell'intermediario controparte qualificata esperta in strumenti finanziari.
Il margine di discrezionalità utilizzato dall'intermediario allorché esprime
una valutazione sull'adeguatezza dell'operazione proposta ad un normale
investitore consente, come abbiamo detto, di adeguare la normativa al caso
concreto, ovvero di soppesare elementi di vario genere quali professione dell'investitore,
età, pregressa operatività, composizione ed entità del portafoglio ed anche
dichiarazioni rese dallo stesso cliente al fine di comprendere se una
determinata operazione sia o meno adeguata al suo profilo di rischio.
La giurisprudenza in più occasioni ha fatto uso di queste regole adattando al
caso concreto i principi dettati in tema di adeguatezza dell'operazione.
Significative al proposito sono le decisioni che esprimono tale giudizio sulla
scorta del criterio, elaborato dai giudici, della composizione e dimensione del
portafoglio del cliente.
E' stata ritenuta adeguata l'operazione d'acquisto di obbligazioni a carattere
speculativo (Cirio ed Argentina) da parte di un cliente che doveva ritenersi
munito di una certa esperienza per avere in passato investito in obbligazioni
per oltre 900 milioni di lire e per aver chiesto informazioni su contratti
derivati.15 E' stato poi considerato adeguato l'acquisto di obbligazioni di
natura speculativa da parte di un soggetto che destinava ad investimenti
rischiosi una percentuale variabile tra il 14 e il 28 per cento della
liquidità.16
Particolarmente significativa, in questo contesto, è la decisione con la quale
si è ritenuta adeguata l'operazione di acquisto da parte di un maresciallo
della Guardia di Finanza, da poco in pensione, di obbligazioni della Repubblica
Argentina per un importo non superiore a 10.000,00 euro a fronte di un
patrimonio investito di circa 60.000,00 euro costituito anche da azioni.17
Il Tribunale di Venezia ha affermato in ispecie che il profilo di rischio
dell'investitore può variare nel corso del rapporto, per cui l'adeguatezza di
ogni singola operazione deve tener conto dei mutamenti del profilo
dell'investitore ricavabili dagli acquisti dallo stesso mano a mano posti in
essere.18 In questi casi, la valutazione dell'interprete si prospetta quindi
come dinamica e soprattutto, ciò che in questa sede preme evidenziare,
indipendente e svincolata dal dato puramente formale acquisito con la
modulistica sottoscritta al momento della stipula del contratto.19
Di fronte a casi di questo genere, riesce difficile negare che l'interprete non
disponga di una importantissima funzione in grado di superare il dato formale
acquisito con la modulistica e che si alimenta della effettività del caso concreto
che si presenta sottoposto alla sua valutazione con tutte le sfaccettature
tipiche della realtà fattuale.
L'importante funzione svolta in questa materia dal concetto di adeguatezza
dell'operazione è stata da tempo messa in evidenza da autorevole dottrina:
«...il riferimento alle informazioni adeguate può essere utilizzato come
strumento per rafforzare le regole informative previste a livello regolamentare
e allo stesso tempo per attenuarne la rigidità. Il concetto di adeguatezza
costituisce, dunque, nel settore in esame, il momento di congiunzione con i
principi generali, così che gli obblighi informativi possono far leva sul
principio di buona fede oggettiva e di professionalità ed essere applicati con
gradazioni e intensità diverse in tutte le fasi del rapporto tra le parti».20
Moltissime sono le sentenze che si sono pronunciate sull'adeguatezza
dell'operazione e tutte le corti chiamate a decidere in merito hanno fatto
largo uso del margine discrezionale lasciato dalla normativa.21
I precedenti giurisprudenziali cui si è fatto cenno testimoniano come
l'attività interpretativa dell'applicazione della norma al caso concreto si
risolva di fatto in una modalità di graduazione degli obblighi informativi
rimessa all'intermediario nella fase di operatività ed al giudice nella fase
contenziosa.
Ed allora non si comprende il motivo per il quale siffata regola di giudizio
sia stata esclusa con riferimento all'operatore qualificato persona fisica,
posto che la sua applicazione avrebbe consentito di «tener conto delle
differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e
l'esperienza professionale dei medesimi», così come richiesto dall'art. 6,
comma 2, del TUF.
La scelta della Consob che ha redatto la disposizione di cui si discute è
quindi criticabile da un lato perché pone l'alternativa rigida che non consente
di inquadrare nella fattispecie normativa astratta la fattispecie
dell'operatore non direttore di SIM, ma comunque esperto in strumenti
finanziari, e dall'altro perché la sua rigidità contraddice lo spirito che
caratterizza la normativa di protezione dell'investitore, arricchita, come si è
detto, dalla facoltà data all'interprete di valutare in concreto e di volta in
volta la effettiva esperienza dell'investitore.
4. I tentativi di riforma, la MIFID e la riduzione del margine di intervento
del giudice
La stessa Consob, nella bozza di riforma del regolamento 11522/98, ha proposto
che le disposizioni dell'art. 31 riguardanti la definizione dell'operatore
qualificato persona fisica venissero modificate prevedendo che tale soggetto,
per essere considerato operatore qualificato, dovesse documentare il possesso
di particolari requisiti, quali l'aver effettuato un certo numero di operazioni
in un dato tempo per un determinato controvalore, l'avere disponibilità liquide
e strumenti finanziari per un ammontare non inferiore a 0,5 milioni di euro e
l'avere una esperienza lavorativa nel settore finanziario di almeno un anno in
posizioni che presuppongano il possesso di una specifica competenza ed
esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari. 22
La proposta di riforma - che tuttavia non ha avuto seguito - era però
evidentemente ancora caratterizzata da una certa rigidità, posto che si basava
su requisiti formali solo in teoria facilmente verificabili e persisteva
nell'escludere l'intervento del giudice.
Per le ragioni già esposte, non si può che criticare questa modalità di
regolamentazione, che toglie ogni spazio di discrezionalità all'interprete e
che, come si è detto, «conduce a situazioni paradossali e pregiudizievoli per
il mercato»23
Benché sia presto per esprimere un giudizio sulle problematiche che emergeranno
dall'applicazione delle norme introdotte dalla MIFID24, pare opportuno sin
d'ora segnalare che la direttiva ha cercato di rimediare al problema
determinato dall'art. 31 del regolamento nella parte in cui non consente
all'interprete di individuare diverse "categorie" di investitori
"qualificati" in base all'effettivo grado di esperienza e conoscenza
dei mercati.
La normativa scaturita dall'applicazione della direttiva 25 ha introdotto, tra
le molte innovazioni, una ripartizione dei clienti investitori che si presenta
sicuramente assai più variegata di quella prevista dalle disposizioni
previgenti. E tale ripartizione appare, almeno in linea astratta, più adatta a
tener conto del diverso grado di preparazione degli investitori.
La categoria delle controparti qualificate26 è stata suddivisa in due
sotto-categorie che pongono da una parte soggetti quali imprese di investimento,
banche, imprese di assicurazione, S.G.R., fondazioni ecc.27 e dall'altra i
clienti professionali28. Tra i clienti professionali vi sono quelli che tali
sono di diritto, sulla base dei parametri di individuazione contenuti nelle
disposizioni normative e che comprendono clienti professionali privati29 e
clienti professionali pubblici (le controparti qualificate individuate
dall'art. 31 del "vecchio" regolamento rientrano tra i clienti
professionali di diritto).
Nella categoria dei clienti professionali rientrano, poi, sia persone fisiche
sia persone giuridiche che soddisfano requisiti quali frequenza e dimensione
delle operazioni poste in essere, entità del portafoglio e professione svolta.
Ne potranno far parte altresì i clienti al dettaglio che lo richiedano
espressamente. Questi soggetti, debitamente informati, potranno, infatti,
optare per essere trattati come clienti professionali e rinunciare alle tutele
a loro vantaggio previste.
A loro volta, i clienti professionali potranno chiedere di essere trattati come
clienti al dettaglio. In questo caso, però, non sarà sufficiente la loro
semplice dichiarazione di volontà, ma dovrà essere espresso anche il consenso
dell'intermediario.
Sia pur in modo molto sintetico conviene accennare altresì al fatto che la
MIFID ha apportato rilevanti innovazioni anche con riferimento agli obblighi di
informazione che variano in modo considerevole in base al tipo di cliente del
cui livello di conoscenza l'intermediario non potrà non tener conto.30 Anche
l'informazione (disclosure) dovuta dall'intermediario sarà diversa non solo in
base al cliente ma pure al tipo di servizio prestato, come nel caso della
gestione di portafogli.
Assai rilevanti sono le innovazioni relative al giudizio di adeguatezza
dell'operazione.
Va subito detto che qualora l'intermediario si limiti a prestare il servizio di
ricezione e trasmissione ordini per conto dei clienti (execution only) egli non
sarà tenuto ad effettuare alcuna verifica di congruità.31 Se si pon mente al
fatto che buona parte delle questioni approdate in tribunale avevano ad oggetto
la pura e semplice ricezione e trasmissione di ordini (che vincolava pur sempre
l'intermediario a tutelare il cliente ed a stimare l'adeguatezza
dell'operazione32) non sarà difficile rendersi conto della circostanza che la
nuova norma dovrebbe portare da una parte ad una considerevole deflazione del
contenzioso e dall'altra ad una situazione di minor tutela dell'investitore.
La MIFID ha ora previsto che una vera e propria valutazione di adeguatezza dell'operazione
venga effettuata dall'intermediario soltanto nell'ambito della prestazione dei
servizi di gestione di portafogli ed in quelli di consulenza in materia di
investimenti.33 Nella prestazione degli altri servizi di investimento - esclusa
l'execution only - l'intermediario sarà tenuto ad una valutazione non di
adeguatezza ma di appropriatezza, che attiene solo alla compatibilità del tipo
di investimento con l'esperienza e le conoscenze dell'investitore.34
A differenza da quanto accadeva in passato, qualora l'intermediario giudichi
l'operazione inadeguata, dovrà astenersi dall'eseguirla e ciò anche in presenza
di una eventuale richiesta scritta in tal senso del cliente.
Qualora invece, nei servizi diversi dalla consulenza e dalla gestione,
l'intermediario ritenga che l'operazione scelta dal cliente non sia appropriata
alla conoscenza ed esperienza del medesimo, potrà ugualmente darvi corso purchè
avverta il cliente di tale circostanza. Diversamente dal passato, non sarà in
tal caso necessario il consenso scritto del cliente, così come non sarà
necessario che l'intermediario indichi le ragioni per le quali ritiene di
sconsigliare l'operazione.
Come è agevole constatare da questi brevi cenni, la nuova disciplina si
presenta sicuramente più flessibile e duttile di quella abrogata.
Con particolare riferimento all'operatore qualificato, è possibile dire che la
distinzione di tale categoria in più sottocategorie, la possibilità che il
soggetto migri da una categoria all'altra, la corrispondente graduazione degli
obblighi informativi, il giudizio di adeguatezza e di appropriatezza
costituiscono elementi che dovrebbero, almeno in astratto, porre rimedio ai
problemi di rigidità dell'art. 31 del reg. 11522/98 di cui si parlato.
Ma vi è un aspetto della nuova normativa che merita di essere sin d'ora
evidenziato.
Si è detto che qualora all'intermediario sia richiesto un servizio di mera
esecuzione e trasmissione degli ordini (execution only), egli non sarà più
tenuto ad effettuare la valutazione di adeguatezza o di appropriatezza
dell'operazione.
Orbene, è noto che la maggior parte delle operazioni sottoposte al giudizio dei
tribunali in questi ultimi a seguito dei recenti scandali finanziari
(obbligazioni argentine, Cirio, Parmalat, ecc.), erano semplici operazioni di
esecuzione e trasmissione degli ordini.
E' possibile, quindi, affermare che se la normativa introdotta dalla MIFID
fosse già stata in vigore a quell'epoca, i risparmiatori non avrebbero trovato
la tutela che in molti casi è stata loro accordata dai giudici, i quali, come
sappiamo, hanno potuto, spesso avvalendosi del giudizio di adeguatezza,
valutare la correttezza del comportamento degli intermediari.
Nella MIFID, invece, il giudizio di adeguatezza è limitato ad ipotesi (attività
consulenza o di gestione) che, dal punto di vista statistico, si sono rivelate
non molto frequenti. A ciò si aggiunga che l'intermediario, nell'esprimere il
giudizio di appropriatezza, non è tenuto a comunicare per iscritto le
specifiche ragioni che sconsigliano l'operazione35 e che, qualora
l'investitore, nonostante tale avvertenza, intenda procedere ugualmente, egli
non è tenuto a richiedere alcuna autorizzazione scritta.
Risulta palese che le nuove disposizioni hanno da una parte alleggerito gli
oneri dell'intermediario e dall'altra limitato l'area d'intervento del giudice.
Viene da chiedersi allora se l'attenuazione, nelle ipotesi esaminate degli
oneri formali a carico degli operatori del settore, non finisca per togliere
vigore al principio di trasparenza, che, come è noto, trova nel riscontro
documentale uno dei modi più efficaci di promanare i suoi effetti.36
Siamo sicuri che gli intermediari faranno il possibile per far capire agli
investitori che l'investimento diretto, attuato tramite l'execution only, li
espone al rischio del "fai da te"?.
5. Conclusioni
Se da un lato è possibile affermare che i principi e le norme contenute nella
MIFID contribuiscono ad evidenziare l'"inadeguatezza" della
formulazione del vecchio art. 31 del regolamento intermediari, dall'altro lato
non pare possibile ricorrere a tale nuova impostazione per ricercare una
soluzione interpretativa che vi ponga rimedio.37
L'art. 31 è stato emanato dalla Consob in forza della deroga alla riserva
relativa di legge contenuta nell'art. 6, comma 2 del T.U.F.38, per cui la
normativa primaria (il T.U.F.) e quella secondaria (il Regolamento) hanno
entrambe efficacia di norme di legge e devono essere considerate un corpus
unicum.39
Le norme del T.U.F. sono, poi, immediatamente e direttamente applicabili anche
nelle parti in cui si presentano come generiche ed anche in presenza di
disposizioni regolamentari emanate dalla Consob.40 Dal che si deduce - e sul
punto la dottrina appare concorde - che le regole di condotta elaborate
dall'organo di vigilanza completano e non esauriscono la disciplina normativa,
così che principi di carattere generale quali i doveri di informazione,
trasparenza, correttezza e buona fede possono essere di volta in volta adattati
al caso concreto.
E' stato pure sostenuto che, in caso di contrasto tra norme del TUF e norme del
regolamento, le prime dovranno prevalere sulle seconde41 e che l'interprete di
queste dovrà fare in modo che la loro applicazione sia conforme alle
disposizioni di rango legislativo alla cui esecuzione le stesse sono
preordinate.42
In dottrina ed anche in giurisprudenza vi è divergenza di opinioni sulla
possibilità di sottoporre a sindacato di costituzionalità i regolamenti aventi
forza pari a quella delle leggi ordinarie;43 non sembra tuttavia vi siano dubbi
sul fatto che il giudice ordinario possa (debba) limitarsi a disapplicare la
norma regolamentare che ritenga incostituzionale44, essendo il controllo di
legittimità, in tale ipotesi, esercitato in forma «diffusa» dai giudici comuni
in via incidentale e con effetti circoscritti al caso deciso.45
In linea di principio, dunque, si può sostenere che, ove vi siano antinomie tra
norme appartenenti ai due diversi gruppi di disposizioni, si dovrà ricorrere ad
una interpretazione sistematica così che ogni norma venga interpretata avendo
riguardo al contesto entro cui si colloca ed alla presunzione di coerenza del
sistema giuridico.46
Se i principi ed i criteri interpretativi cui si è fatto cenno vanno tenuti
presenti nella materia di cui si discute, ciò nonostante non ci sembra
condivisibile l'opinione che, nel caso sottoposto al Tribunale di Torino,
ravvisa un palese contrasto tra la norma del regolamento ed il TUF.
Secondo tale impostazione, i criteri dettati dall'art. 31 per la
classificazione della persona fisica nella categoria degli operatori
qualificati si porrebbero in contraddizione con l'elasticità delle norme sulla
valutazione delle operazioni inadeguate e darebbero luogo, al momento della
loro applicazione, ad una antinomia in concreto. La contrapposizione
risiederebbe nella circostanza che un operatore effettivamente qualificato (e
che per di più occupa una posizione del tutto particolare all'interno della
struttura organizzativa dell'intermediario) verrebbe di fatto trattato come un
investitore inesperto, quando invece un operatore realmente inesperto che
disponesse di un portafoglio compatibile con l'operazione contestata non
godrebbe di analoga tutela ove l'intermediario, violando i propri doveri
comportamentali, abbia omesso di avvertirlo dei rischi connessi allo strumento
negoziato ed all'operazione.
Non sarebbe insomma accettabile che un investitore particolarmente esperto
ottenga la tutela giudiziale, mentre quello meno esperto nei cui confronti
l'intermediario si sia reso inadempiente47 sia costretto a sopportare le
conseguenze dell'operazione dannosa.
Chi sostiene questa tesi afferma che il principio in base al quale gli obblighi
informativi ed il comportamento degli intermediari devono essere graduati
tenendo conto della qualità e dell'esperienza dell'investitore è contenuto nel
TUF e, come tale, è applicabile autonomamente ed indipendentemente dalle
disposizioni regolamentari. Dunque, il giudice avrebbe la possibilità di
stimare in concreto, caso per caso, il reale grado di conoscenza ed esperienza
dell'investitore e valutare se sanzionare o meno l'intermediario in rapporto al
tipo di operazione contestata.
Tale impostazione non ci pare tuttavia immune da critiche.
Deve rilevarsi, invero, che la scelta operata da Consob con riferimento
all'operatore qualificato persona fisica va nella direzione di estendere al
maggior numero di soggetti il regime di protezione dell'investitore.
E siffatta impostazione appare coerente con i principi che ispirano e fondano
la normativa del settore, in base ai quali la protezione dell'investitore
costituisce un passaggio obbligato per la stessa integrità dei mercati. Le
deroghe alla speciale disciplina protettiva dovranno pertanto essere
eccezionali e giustificate da ragioni particolarissime.48
Una cosa è quindi dire che Consob, nel regolamentare la fattispecie oggetto di
riflessione, avrebbe dovuto tener conto della varietà dei casi concreti e
dell'opportunità di lasciare all'interprete un margine di valutazione, così
come ha fatto con il giudizio di adeguatezza dell'operazione, altra cosa è dire
che la scelta di Consob è sanzionabile sul piano interpretativo tanto da
giustificare un'interpretazione adeguatrice o addirittura la sua
disapplicazione.
Tra il principio, sicuramente presente nel TUF, che permette all'interprete di
valutare l'adeguatezza dell'operazione e quello che tutela gli investitori
facendo in modo che la maggior parte di loro venga posta sotto l'ombrello
protettivo della normativa speciale, il regolamento ha scelto di far prevalere
il secondo, con una opzione che, per quanto discutibile a causa della scarsa
duttilità e delle conseguenti difficoltà applicative, non può certo dirsi in
contrasto con la normativa di settore, posto che anzi, come detto, ne realizza
uno degli scopi primari.49
Nell'esaminare la sentenza del Tribunale di Torino, non va, poi, trascurato il
fatto che l'investitore nella fattispecie non aveva sottoscritto il contratto
quadro e che la sentenza basi espressamente su tale aspetto la soluzione
adottata; occorre altresì ricordare che il requisito della forma scritta è
richiesto a pena di nullità dall'art. 23 del TUF.50
L'obbligo della forma scritta è, infatti, uno dei modi di attuare ed applicare
il principio della trasparenza51 al cui rispetto gli intermediari sono tenuti
per «realizzare l'interesse dei clienti e l'integrità del mercato».52 La forma,
nel caso dell'intermediazione mobiliare, consente quindi di verificare se il
comportamento dell'intermediario è rispettoso delle regole imposte dalla
normativa, tra le quali assumono sicuramente rilevanza quelle che impongono il
contenuto negoziale obbligatorio.53
Alla luce di queste considerazioni appare sensato affermare che l'abbandono
della forma scritta debba essere giustificato da situazioni del tutto
eccezionali.
La formulazione dell'art. 31 del regolamento che, in questa particolare
fattispecie, esonera l'intermediario dall'applicazione di molte delle norme
poste a tutela dell'investitore rende di fatto impossibile un'interpretazione
adeguatrice che, a sua volta, andrebbe incontro al rischio di creare squilibri
sistematici più gravi di quelli cui tenta di porre rimedio.
Pare insomma che la problematica di cui si discute non potesse che essere
risolta con la formulazione di una nuova normativa che, così come ha fatto la
MIFID, ha introdotto una più vasta gamma di categorie, con possibilità per
l'investitore di essere catalogato in base a criteri che, almeno ad un primo
esame, risultano piuttosto flessibili.
A conclusione di questa breve riflessione, vorremmo sottoporre al lettore i
nostri dubbi sulla scelta che di fatto, per le motivazioni esposte, tende a
ridurre l'ambito del giudice nella fase di controllo del comportamento
dell'intermediario.
E' ben vero che l'alto numero degli investimenti attuati mediante acquisto
diretto delle azioni da parte dei risparmiatori (execution only) è un'anomalia
tipicamente italiana e che negli altri stati europei l'investitore è più
propenso ad affidarsi a servizi di consulenza.
Ma ciò che in questa delicata materia dovrebbe indurre a maggiore prudenza è la
considerazione che il mercato finanziario italiano è caratterizzato dalla
presenza di pochissimi consulenti indipendenti e che la maggior parte dei
prodotti offerti dagli intermediari (le banche) sono emessi da società in
qualche modo vicine allo stesso intermediario.54
Si dovrebbe, poi, anche tener conto del problema della indipendenza delle
agenzie di rating, le cui entrate sono correlate ai compensi delle stesse
società che richiedono la valutazione e che hanno quindi interesse a che la
stessa sia favorevole.
La giurisprudenza ha sottolineato la fondamentale importanza della valutazione
di rating nella valutazione del rischio relativo a ciascun prodotto
finanziario, tanto che in alcune decisioni è stato affermato che il rating può
essere considerato un elemento essenziale dell'informazione dovuta
dall'intermediario all'investitore.55
Se le agenzie che effettuano la valutazione del rischio operano in condizioni
di potenziale conflitto di interessi riesce difficile credere che le stesse possano
agire in modo realmente indipendente.56
Nel mercato italiano, a dispetto degli enunciati normativi, il conflitto di
interessi degli intermediari è attualmente una realtà assai radicata e
difficilmente eliminabile.
I recenti scandali finanziari, nonché la crisi dei mercati che tutto il pianeta
sta in questi giorni vivendo - e che presenta risvolti che non potranno essere
sottovalutati - sono eventi che dovrebbero indurre ad interrogarci sulla reale
efficienza degli organi di vigilanza nei vari stati preposti a tale funzione ed
ai quali la legge assegna una potestà normativa di notevole portata.
In questo particolare momento, in cui il sistema dei controlli ha dimostrato la
propria insufficienza a vigilare sui mercati, viene da chiedersi se esista
veramente un mercato maturo e stabile quale quello sul quale la direttiva pare
voler fare affidamento e se sia giusta la scelta di emarginare il ruolo di
controllo che, tramite il sistema giustizia, l'ordinamento può esercitare non
solo sugli intermediari ma anche sull'efficienza degli organismi di vigilanza.
1) Trib. Torino 11 marzo 2008, in www.ilcaso.it, I, 1237.
2) La prima sentenza in tema di obbligazioni argentine è Trib. Mantova 18 marzo
2004, in Banca, borsa tit. cred., 2004, II, 440, con nota di MAFFEIS, Conflitto
di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza
sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, commentata da SARTORI,
Il mercato delle regole e la questione dei bonds argentini in Giur.it., 2005,
55 e da FIORIO, Doveri di comportamento degli intermediari, suitability rule,
conflitto di interessi e nullità virtuale dei contratti di investimento in bond
argentini, in Giur It. 2004, 2125; sempre in tema di obbligazioni argentine si
segnala Trib. Mantova, 12 novembre 2004, in Giur. it., 2005, 754; a queste
prime decisioni è seguita una copiosa giurisprudenza in parte reperibile su www.ilcaso.it.
3) L'art. 23 t.u.f. dell'art. prevede l'obbligo della forma scritta per «i
contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento». La norma non
specifica tuttavia se la prescrizione della forma riguardi i contratti di
negoziazione e trasmissione ordini o anche i singoli ordini posti in essere in
esecuzione del contratto. Numerose sono le pronunce giurisprudenziali sul
punto. Nel senso che la forma scritta imposta dall'art. 23 del T.U.F. riguarda
solo il cd. "contratto quadro" si segnalano Trib. Venezia 22 novembre
2004, in Giur. It., 2005, 754; Trib. Genova, 2 agosto 2005, in Danno e Resp.
2005, 1225; Trib. Milano 25 luglio 2005, ibidem; Trib. Venezia 8 giugno 2005,
ibidem; Trib. Mantova 22 marzo 2007, in www.ilcaso.it, I, 594, la
quale esclude la convalida per gli ordini posti in essere senza previa
sottoscrizione del contratto di negoziazione; Trib. Arezzo 17 aprile 2007, Ivi,
I, 549; Trib. Milano 26 aprile 2007, Ivi, I, 546; Trib. Santa Maria Capua
Vetere 4 ottobre 2007, Ivi, I, 1019; Trib. Parma 10 ottobre 2007, Ivi, I, 1032,
la quale afferma che sono nulli, ai sensi dell'art. 1418, I comma, cod. civ.,
gli ordini di negoziazione posti in essere sulla base di un contratto quadro
stipulato in data antecedente l'entrata in vigore delle disposizioni del TUF e
che non sia stato aggiornato secondo le nuove norme che prevedono oneri formali
ed ulteriori a carattere inderogabile; Trib. Venezia 25 ottobre 2007, Ivi, I,
1120; Trib. Taranto 8 gennaio 2008, Ivi, I, 1196; Trib. Milano 11 aprile 2008,
Ivi, I, 1195. Nel senso di ritenere necessaria la forma scritta anche per gli
ordini di negoziazione: Trib. Milano 7 ottobre 2004, in Giur. It., 2005, 754;
Trib. Torino, 25 maggio 2005, in Giur. It., 2005, 1857; Trib. Bari 27 marzo 2006,
in Corriere del Merito, 2006, 1000; Trib. Genova, 26. giugno 2006, in www.ilcaso.it,
I, 398; Trib. Monza 4 giugno 2008, Ivi, I, 1258, che, pur ritenendo
indispensabile la forma scritta, ammette la validità di ordini in assenza di
contratto quadro purché impartiti per iscritto.
4) L'art. 30 del reg. Consob n. 11522/98 prescrive che gli intermediari
autorizzati possano fornire i propri servizi solo sulla base di un contratto
scritto avente un determinato contenuto (Art. 30 Contratti con gli investitori.
1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non
sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è
consegnata all'investitore. [Omissis]) e l'art. 23 del T.U.F. prevede la
sanzione della nullità per l'inosservanza della forma scritta nella stipula dei
contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori
(Art. 23 Contratti. 1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di
investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato
ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento
che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei
contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in
altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
[Omissis])
5) Tra le disposizioni di esonero contenute nell'art. 31 del regolamento
spiccano quelle che consentono la disapplicazione dei doveri di informazione
previsti dagli artt. 27, 28 e 29 e quella di cui si è detto relativa all'uso
della forma scritta nei contratti di investimento.
Art. 31 (Rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori)
1. A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo
diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e
operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27,
28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e
3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39,
40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere
b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le
società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di
assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in
vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui
sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in
mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli
106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori
finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di
professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni
di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione
mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in
possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in
strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale
rappresentante.
6) L'art. 13, comma 1 del T.U.F. (D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164) dispone che
"I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e
controllo presso Sim, società di gestione del risparmio, Sicav devono possedere
i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti dal
Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la
Banca d'Italia e la Consob.". Il regolamento n. 468/1998, recante norme
per l'individuazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità dei
soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso
SIM, società di gestione del risparmio e SICAV (Adottato dal Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica con decreto dell'11
novembre 1998, n. 468), all'art. 1, comma 1, prescrive che:
"I consiglieri di amministrazione ed i sindaci delle società di
intermediazione mobiliare (di seguito "SIM"), delle società di
gestione del risparmio (di seguito "SGR") e delle società di
investimento a capitale variabile (di seguito "SICAV") devono essere
scelti secondo criteri di professionalità e competenza fra persone che abbiano
maturato una esperienza complessiva di almeno un triennio attraverso
l'esercizio di:
a) attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso
imprese;
b) attività professionali in materia attinente al settore creditizio,
finanziario, mobiliare, assicurativo o comunque funzionali all'attività della
SIM, della SGR o della SICAV;
c) attività d'insegnamento universitario in materie giuridiche o economiche;
d) funzioni amministrative o dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche
amministrazioni aventi attinenza con il settore creditizio, finanziario,
mobiliare o assicurativo ovvero presso enti pubblici o pubbliche
amministrazioni che non hanno attinenza con i predetti settori purché le
funzioni comportino la gestione di risorse economico-finanziarie."
7) Recente è l'intervento di Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, in www.ilcaso.it,
I, 1344. Per una approfondita disamina del concetto di adeguatezza
dell'operazione si rimanda a SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 198 e a
FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento, in Ivi, II, 71. In
giurisprudenza sono numerose le decisioni che hanno espresso una valutazione
sulla adeguatezza dell'operazione, tra le quali: Trib. Trani 30 maggio 2006,
Ivi, I, 346; Trib. Trani 20 luglio 2006, Ivi, I, 548; Trib. Trani 28 settembre
2006, in Ivi, I, 471; Trib. Genova 3 novembre 2006, Ivi, I, 432; Trib. Savona
11 luglio 2007, Ivi, I, 1042; App. Torino 19 ottobre 2007, Ivi, I, 1075; Trib.
Foggia 13 novembre 2007, Ivi, I, 1086; Trib. Venezia 28 febbraio 2008, Ivi, I,
1169; Trib. Padova 17 marzo 2008, Ivi, I, 1174; Trib. Livorno 20 giugno 2008,
Ivi, I, 1308.
8) ALPA, Commento all'art. 21, in Alpa e Capriglione (a cura di), Commentario
al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria,
225.
9) Know your merchandise rule, cfr. SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 206;
FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento,cit.
10) Know your customer rule, cfr. SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 202;
FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento,cit.; Cass. Sez., I
civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit, la quale afferma che la regola di cui
all'art. 21, comma 1, lett. b, (i soggetti abilitati "devono acquisire le
informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre
adeguatamente informati") «impone all'operatore il dovere sia di farsi
parte attiva nella richiesta all'investitore di notizie circa la sua esperienza
e la sua situazione finanziaria, gli obiettivi di investimento e la propensione
al rischio, sia di informare adeguatamente il cliente, al fine di porre il
risparmiatore nella condizione di effettuare consapevoli e ragionate scelte di
investimento o disinvestimento»; sul principio di adeguatezza si veda anche
INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti
finanziari, 2008, Padova, p. 71 ss.
11) S. GRUNDMANN, L'autonomia privata nel mercato interno: le regole
d'informazione come strumento, in Eur. Dir .priv., 2001, 295 s., il quale pone
l'accento sulla attività interpretativa svolta dall'intermediario allorché
assolve ai propri doveri infornativi: «...Gli intermediari dell'informazione
devono quindi adeguare un'informazione complessa, e per lo più standardizzata,
all'orizzonte recettivo dello specifico cliente, devono cioè ridurne la
complessità ed inoltre applicare questa informazione al singolo caso».
12) SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004,
p. 199, il quale evidenzia come il concetto di adeguatezza - che trova la
propria fonte nell'art. 11, punto 5 della direttiva 93/22/CEE - è assimilabile
all'analogo concetto d'oltre oceano di material fact, che consente di
prescindere dalle aprioristiche specificazioni della Consob circa la
definizione degli obblighi informativi. L'Autore afferma quindi che anche in
Italia vi è spazio per una interpretazione elastica della disciplina
dell'informazione che sia in grado di evitare sia di circoscrivere
l'informazione richiesta a quella prevista a livello regolamentare, sia di
travolgere l'investitore con una massa ingestibile di informazioni che
porterebbe ad inevitabili distorsioni.
13) Fortemente critico sulla formulazione della norma è SARTORI, Le regole di
condotta, cit, p. 169: «Nel formulare la norma la Commissione presuppone, a
torto, che vi sia una identità tra persona fisica ... e contraente debole.
L'erroneità della suddetta opinione si spiega osservando come non sia
"difficile additar casi in cui il private investor esibisce un'expertice
in grado di mettere alle corde gli esperti del settore". La parte in
corsivo è tratta da CARRIERO, Statuto dell'impresa di investimento e disciplina
del contratto nella riforma del mercato finanziario, Milano, 1997, p. 43,
citata da Sartori.
14) In proposito si veda INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella
negoziazione di strumenti finanziari, cit. p. 99 ove con riferimento
all'operatore qualificato persona giuridica si afferma che lo staus di
operatore qualificato dovrebbe riguardare solo coloro che «per effettiva
capacità, competenza ed esperienza, e quindi per ragioni obiettive» possono
essere considerati tali.
15) Trib. Savona 11 luglio 2007, in www.ilcaso.it, I, 1042;
Trib. Savona 9 maggio 2007, ivi, I, 1079.
16) Trib. Mantova 11 aprile 2006, in www.ilcaso.it, I, 290;
Trib. Massa 21 giugno 2007, Ivi, I, 978; Trib. Milano 24 settembre 2008, Ivi,
I, 1343.
17) Trib. Vasto 9 novembre 2006, in www.ilcaso.it, I, 420.
18) Trib. Venezia 28 febbraio 2008, in www.ilcaso.it, I, 1169:
«...va affermato il principio per il quale ove vengano impugnate una pluralità
di operazioni compiute in un certo arco di tempo, la percentuale di titoli
speculativi da considerarsi come base per stabilire l'adeguatezza di ogni
successiva operazione non coincide necessariamente con quella esistente
precedentemente al primo acquisto ma può variare ed aggiornarsi in relazione
alle caratteristiche dei successivi acquisti dell'investitore, il quale può
cambiare il suo profilo di rischio nel corso del rapporto di investimento.»
19) Si pensi, a puro titolo di esempio, ad un investitore che inizi con
acquisti di titoli di stato e si sposti successivamente su prodotti a maggior
rischio quali azioni ed eventualmente derivati. Ad ogni operazione che non sia
in sintonia con il profilo di rischio inizialmente prescelto, l'intermediario
avrà l'onere di segnalare per iscritto l'inadeguatezza dell'operazione, ma dopo
un certo numero di operazioni di questo genere tale obbligo dovrebbe venir meno
avendo il cliente dimostrato, con i fatti, di aver mutato consapevolmente il
proprio profilo di rischio. Con riferimento all'adeguatezza dell'operazione e
quindi alla possibilità che le operazioni compiute dall'investiori ne mutino il
profilo, Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit., ha affermato
l'irrilevanza di operazioni a carattere occasionale in titoli a rischio.
20) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 199, sottolineatura nostra;
INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari,
cit, p. 71, ove si afferma che il principio di adeguatezza costituisce uno
degli «aspetti fondamentali» della negoziazione di strumenti finanziari.
21) Tra le decisioni che hanno ritenuto adeguate le operazioni di investimento
si segnalano le seguenti sentenze: Trib. Monza, 16 dicembre 2004, in www.ilcaso.it,
I, 699; Trib. Milano 25 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1227; Trib. Torre
Annunziata 27 giugno 2007, in www.ilcaso.it, I, 986; Trib. Ancona 2 marzo 2007,
Ivi, I, 986; Trib. Vigevano 7 agosto 2006, Ivi, I, 586; Trib. Padova 17 maggio
2007, Ivi, I, 351; Trib. Catania 5 maggio 2006, Ivi, I, 319; Trib. Mantova 11
aprile 2006, Ivi, I, 290; Trib. Milano 15 marzo 2006, Ivi, I, 324; Hanno invece
ritenuto non adeguate le operazioni: Trib. Torino, 7 novembre 2005, in Giur.
it., 2006, 521; Trib. Livorno 21 novembre 2007, in www.ilcaso.it,
I, 1118; Trib. Padova 31 ottobre 2007, Ivi, I, 1128; App. Torino 19 ottobre
2007, Ivi, I, 1075; Trib. Roma 20 agosto 2007, Ivi, I, 1081, la quale afferma
che qualora l'intermediario non abbia provveduto ad assumere informazioni sulla
situazione economica e sull'esperienza dell'investitore, si deve presumere che
l'operazione di negoziazione posta in essere costituisca l'intero patrimonio
dell'investitore; Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 21 giugno 2007, Ivi, I, 1046;
Trib. Vicenza 15 giugno 2007, Ivi, I, 1050; Trib. Mantova 8 febbraio 2007, Ivi,
I, 541, la quale afferma che «l'inosservanza della soglia minima di ingresso
fissata dall'intermediario finanziario per la stipula di contratti di gestione
patrimoniale destinati all'investimento in futures costituisce un'operazione
inadeguata per tipologia ed oggetto ed integra violazione della norma di cui
all'art. 29 reg. Consob n. 11522/98».
22) Documento di consultazione Consob 2003 (reperibile su www.consob.it
sezione documenti di consultazione - Regolamento intermediari).
Così era formulata la proposta di modifica della parte dell'art. 31 relativa
alla persona fisica: [omissis]
2. Per operatori qualificati si intendono: [omissis]
- le persone fisiche che documentino il possesso di quantomeno due dei seguenti
requisiti:
- aver effettuato almeno dieci operazioni in ciascuno dei quattro trimestri
precedenti, per un controvalore complessivo annuo non inferiore a un milione di
euro;
- avere disponibilità liquide e strumenti finanziari per un ammontare
complessivo non inferiore a 0,5 milioni di euro;
- avere un'esperienza lavorativa nel settore finanziario di almeno un anno, in
posizioni che presuppongano il possesso di una specifica competenza ed
esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari;
23) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 238. L'Autore pone in evidenza come
la tendenza al formalismo debba, nel campo della regolamentazione dei servizi
finanziari, essere attentamente valuta nel rapporto costi/benefici e che la
formalizzazione dei rapporti tra intermediario e cliente non deve condurre a
neutralizzare lo spazio di interevento del giudice. Critico nei confronti del
formalismo è anche MAFFEIS, Forme informative e cura sostanziale dell'interesse
del cliente, in Riv. dir. privato, 2005, 587, nota 43, il quale, con
riferimento all'informazione che deve essere data all'investitore, afferma che
la stessa «non è uguale a sé stessa nei diversi ambiti di mercato bensì cambia
al mutare della natura del bene o del servizio».
24) Dall'acronimo inglese "Marked in Financial Instrument Directive",
è la direttiva n. 2004/39/CE del 21 aprile 2004 sui Mercati di Strumenti
Finanziari che rientra nel Piano d'azione degli strumenti finanziari (FSAP
dall'inglese Financial Services Action Plan) adottato dalla Commissione Europea
nel maggio 1999.
Il FSAP è un insieme di 42 direttive finalizzate alla creazione di un mercato
europeo dei capitali integrato, che dovrebbe in certo senso contrapporsi, in
termini concorrenziali, con i mercati statunitensi e nell'ambito del quale la
Direttiva MiFID è considerata l'intervento di maggiore rilevanza.
25) Alla direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004 hanno fatto seguito il
regolamento attuativo n. 1287/2006/CE e la direttiva «di secondo livello»
2006/73/CE del 10 agosto 2006, quindi l'art. 10 della l. 6 febbraio 2007, n. 13
che contiene la delega al Governo per il recepimento della direttiva
2004/39/CE. La delega è stata poi attuata con il d.lgs. 17 settembre 2007, n.
164, che ha apportato rilevanti modifiche al T.U.F. (d. lgs. 24 febbraio 1998,
n. 58). Sono poi seguiti i regolamenti Consob di attuazione del d. lgs. n.
58/1998, e precisamente il regolamento n. 16190 ed il regolamento n. 16191 (cd.
Nuovo Regolamento Mercati), che contiene le innovazioni di maggior rilievo in
materia di mercati finanziari. La nuova normativa è entrata in vigore dal 1
novembre 2007 (il reg. 16191 il 2 novembre 2007) e sostituisce la precedente
legislazione comunitaria che ha la sua fonte nella direttiva n. 93/22/CEE sui
"Servizi di investimento nel settore degli strumenti finanziari"
(Investment Services Directive - ISD), in vigore dal 10 maggio 1993. L'ISD era
stata recepita nell'ordinamento italiano dal d. lgs 415/1996 poi confluito nel
D.Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza - TUF), nonché dalla
regolamentazione attuativa CONSOB (delibere n. 11522/1998, n. 11768/1998, e n.
11971/1999).
26) Art. 24 dir. 2004/39/CE e art. 50 dir. 2006/73/CE.
27) Art. 6, comma 2 quater, lett. d), nn. 1), 2), 3) e 5) T.U.F. (nuovo testo).
28) Art. 6, comma 2 quater, lett. d), n. 4) T.U.F., all. n. 3, parte 1 e 2
Nuovo Reg. Intermediari.
29) All. n. 3 Nuovo Reg. Intermediari
30) Art. 31, comma 2 Nuovo Reg. Intermediari.
31) Art. 43 Nuovo Reg. Intermediari.
32) Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit., confermando
l'orientamento della precedente giurisprudenza di merito, ha affermato che
l'ambito oggettivo delle disposizioni concernenti le informazioni e le
operazioni non adeguate è destinato a trovare applicazione anche là dove il
servizio prestato dall'intermediario consista nell'esecuzione degli ordini
dell'investitore.
33) Art. 40 Nuovo Reg. Intermediari.
34) Art. 42 Nuovo Reg. Intermediari.
35) In base all'art. 42 del reg. 16190/2007, l'avvertenza relativa alla non
appropriatezza dell'operazione può essere fornita utilizzando un formato
standardizzato.
36) ALPA, Quando il segno diventa comando: la trasparenza dei contratti
bancari, assicurativi e dell'intermediazione finanziaria, in Riv. Trim. dir.
Proc. civ. 2003, 2, 465, il quale, con riferimento al T.U. delle leggi
bancarie, afferma che la trasparenza include anche l'obbligo della forma
scritta dei contratti e che la trasparenza, in questo caso consente al
contraente di conoscere e valutare l'operazione economica al momento della
conclusione del contratto e, una volta concluso, di controllare il
comportamento della controparte; l'A. prosegue osservando che l'uso della forma
scritta consente altresì di limitare la modificazione unilaterale delle
condizioni contrattuali; INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella
negoziazione di strumenti finanziari, cit, p. 4, ove si afferma che la forma
scritta nel diritto dei contratti è finalizzata a garantire l'informazione e
che, con specifico riferimento ai contratti bancari e finanziari caratterizzati
da formazione unilaterale, il requisito della forma soddisfa una funzione che
più che di informazione è di trasparenza perché consente al cliente di
verificare in qualsiasi momento con certezza il contenuto degli obblighi.
37) Trib. Milano 2 aprile 2004, in www.ilcaso.it, I, 668, al
fine di attribuire valore alla dichiarazione di competenza dell'operatore
qualificato persona giuridica, ha indicato i criteri dimensionali proposti dal
progetto di riforma dell'art. 31 del regolamento, Documento Consob 2003, cit..
In proposito si veda anche F.BRUNO-A.ROZZI, Il destino dell'operatore
qualificato nell'ordinamento domestico alla luce della disciplina della Markets
in financial instruments directive (MIFID), in Le Società, 2007, 277.
38) D.MAFFEIS, Forme informative e cura sostanziale dell'interesse del cliente,
in Riv. dir. privato, 2005, 587.
39) Trib. Roma 8 ottobre 2004, in www.ilcaso.it, I, 702 ove
si afferma che le norme del T.U.F. e quelle del regolamento configurano un
regime multiforme e sempre aperto alla concreta regolamentazione di
funzionamento del mercato deliberata dalla Consob, tenendo conto delle
differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e
l'esperienza dei medesimi; G.GRECO, Intermediazione finanziaria: la
"nullità virtuale" per violazione degli obblighi di informazione, in www.ilcaso.it.
40) ALPA, Commento all'art. 21, in Alpa e Capriglione (a cura di), Commentario
al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria,
cit.; F.SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, cit. p.
139.
41) Di notevole rilievo appare sul punto Trib. Roma 24 maggio 2007, in www.ilcaso.it,
I, 1338, che affronta il problema del rapporto tra la legge primaria ed i
regolamenti indipendenti. Il contenuto della decisione - a quanto ci risulta la
prima sul tema - è di particolare rilevanza perché afferma che i regolamenti
delle autorità indipendenti non possono assurgere al rango di atti normativi
primari e che i regolamenti Consob in particolare sono legittimi in quanto
emanati in virtù della riserva relativa di legge contenuta nell'art. 41 Cost.,
secondo il quale "la legge determina i programmi e i controlli opportuni
perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali"; In argomento anche D.MAFFEIS, Forme
informative e cura sostanziale dell'interesse del cliente, cit. 2005, 587.
42) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano 1998, p. 224. Sui
rapporti tra autorità indipendenti e giudici si veda L.ENRIQUES, Il ruolo delle
Autorità di vigilanza sui mercati mobiliari nelle controversie economiche,
intervento al convegno "Il contenzioso in Italia e in Europa" Roma 26
settembre 2008, in www.consob.it; F.ANNUNZIATA, Regole di
comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993.
43) P.G. DEMARCHI, L'eccezione di incostituzionalità: profili processuali,
Delli PriscoliDemarchi, Bologna, 2008, p. 58, il quale evidenzia che si è
espressa a favore della sindacabilità dei regolamenti parlamentari Cass. Sez.
un. 23 marzo 1981, in Foro It., 1981, I, 1331, mentre Corte Cost. 23 maggio
1985, n. 154, in Foro It., 1985, I, 2173, ha affermato il contrario. Lo stesso
autore sostiene poi che, per quanto riguarda le norme emanate in sede di
delegificazione, il controllo di costituzionalità deve essere individuato nella
legge di abilitazione all'emanazione del regolamento o nel controllo di
legittimità del regolamento stesso operabile dai giudici ordinari e
amministrativi.
44) P.G. DEMARCHI, L'eccezione di incostituzionalità, cit.
45) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 583.
46) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 222, l'Autore
definisce sistematica quella interpretazione che previene le antinomie
nell'ambito di un singolo documento normativo, evitando di ricavare da una data
disposizione una norma che sarebbe in conflitto con un'altra norma, previamente
ricavata da un'altra disposizione del medesimo documento normativo.
47) Sulle conseguenze della violazione degli oneri informativi da parte
dell'intermediario va segnalato il recente intervento di Cass. Sez. Unite
Civili 19 dicembre 2007, n. 26724, in Foro it., 2008, I, 784, con nota di E.
SCODITTI, La violazione delle regole di comportamento dell'intermediario
finanziario e le sezioni unite, la quale ha affermato che la violazione dei
doveri suddetti da luogo ad inadempimento. Le Sez. Unite della S.C. hanno
composto il contrasto tra le decisioni che hanno ritenuto applicabile la
sanzione della nullità e coloro che hanno ritenuto applicabile la
responsabilità per inadempimento. In argomento si segnalano: D.MAFFEIS
Discipline preventive nei servizi di investimento: Le sezioni unite e la notte
(degli investitori) In cui tutte le vacche sono nere, in www.ilcaso.it,
II, 97; F.SARTORI, La (ri)vincita dei rimedi risarcitori: note critiche a
Cassazione, (S.u.) 19 dicembre 2007, n. 26725, Ivi, II, 97; A.A.DOLMETTA
Strutture rimediali per la violazione di «obblighi di fattispecie» da parte di
intermediari finanziari (con peculiare riferimento a quelli di informazione e
di adeguatezza operativa) Ivi, II, 83; D.MAFFEIS, Contro l'interpretazione
abrogante della disciplina preventiva del conflitto di interessi (e di altri
pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento, Ivi, II, 80.
48) E.RIMINI, Giur. Comm., 2004, II, 532.
49) «La realizzazione di un mercato unico per i servizi finanziari, che offra
ai consumatori un alto livello di tutela, costituisce un obiettivo prioritario
per la Comunità...» Così la raccomandazione del 1 marzo 2001 della Commissione
dell'Unione europea sull'informativa precontrattuale fornita ai consumatori
dagli istituti di credito che offrono mutui per la casa di abitazione (C 2001,
n. 477).
50) Trib. Torino 11 marzo 2008, cit., a pag. 8, afferma che la validità del
singolo negozio posto in essere dall'intermediario con il cliente presuppone
l'avvenuto rispetto del principio sancito dall'art. 23 del TUF e che l'assenza
del contratto quadro per mancanza della forma prescritta ad substantiam non può
che comportare la nullità dell'ordine.
51) Sul principio di trasparenza nel nostro sistema giuridico, ALPA, Quando il
segno diventa comando: la trasparenza dei contratti bancari, assicurativi e
dell'intermediazione finanziaria, in Riv. Trim. dir. Proc. civ. 2003, 2, 465.
52) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 152.
53) Art. 30 reg. Intermediari 11522/98.
54) La maggior parte delle banche gestisce fondi o altri strumenti finanziari
tramite le società di gestione risparmio (SGR), nonostante l'invito della Banca
d'Italia alla eliminazione delle situazioni di conflitto di interesse, cfr.
Deliberazione 29 luglio 2008, in www.bancaditalia.it, sez.
Vigilanza.
55) Trib. Roma 11 marzo 2005, in www.ilcaso.it, I, 83; Trib. Genova 12 aprile
2005, Ivi, I, 38, Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005, Trib. Catania, 5 maggio 2006
e Trib. Cagliari, 2 gennaio 2006, n. 43, in Resp. civ. Prev., 2007, fasc. IV,
912, con nota di G.FACCI, Il rating e la circolazione del prodotto finanziario:
profili di responsabilità; Trib. Mantova 5 aprile 2005, in www.ilcaso.it,
I, 64; Trib. Biella 12 luglio 2005, Ivi, I, 444; Trib. Milano 26 aprile 2006,
Ivi, I, 287; Trib. Catania 5 maggio 2006, Ivi, I, 319; Trib. Prato 11 maggio
2007, Ivi, I, 584; Trib. Firenze 6 luglio 2007, Ivi, I, 1102; Trib. Roma 11
ottobre 2007, Ivi, I, 1085.
56) TONELLO, Le agenzie di rating finanziario. Il dibattito su un modello
economico esposto al rischio di conflitto di interessi. Verso un sistema
pubblico di controllo?, in Contratto e impr., 2005, p. 929. Sull'accusa alle
agenzie di rating per la percentuale troppo alta di rating favorevoli alle
cartolarizzazione dei mutui subprime, G.FACCI, Le agenzie di rating e la
responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1/2008 e in www.ilcaso.it,
II, 99.
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