Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/09/2006 Scarica PDF
Intermediazione finanziaria: la "nullità virtuale" per violazione degli obblighi di informazione
Fernando Greco, Professore1) Il
problema; 2) Difetto d'accordo e nullità del contratto; 3) L'allargamento
dell'area della responsabilità precontrattuale ed il quantum del risarcimento.
1) Il problema
Uno dei profili più controversi delle recenti decisioni giurisprudenziali in
materia di intermediazione finanziaria è senz'altro quello della "nullità
virtuale." In particolare occorre tentare di fare chiarezza sulle
conseguenze derivanti dal mancato adempimento degli obblighi di informazione da
parte dell'intermediario.
Val la pena rilevare come non poche decisioni della giurisprudenza di merito
abbiano individuato come sanzione conseguente alla reticenza dell'intermediario
nei confronti dell'investitore quella della nullità virtuale del contratto[1].
Di particolare interesse in questa sede è la decisione del Tribunale di
Venezia[2] che ha ritenuto sussistere la nullità dell'operazione di
negoziazione di strumenti finanziari (si trattava di obbligazioni Parmalat
Finance Corporation BV) conclusa tra intermediario ed investitore poiché
l'intermediario non aveva informato ex art. 27, comma 3, Reg. Consob 11522/1998
dell'esistenza di un conflitto di interessi presente nell'operazione. Per i
giudici veneziani tale inosservanza dà luogo ad una grave violazione degli
obblighi di trasparenza e corretta informazione, violazione che comporta la
nullità dell'ordine.
Deve ritenersi - osservano i giudici - che il Tuf ed il suo regolamento
attuativo che costituisce con il primo un corpus unicum da valutarsi
unitariamente in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango
costituzionale (art. 47 Cost.) che mirano a realizzare, ed identificabili non
solo nella tutela dei risparmiatori uti singuli ma anche in generale del
risparmio come elemento di valore dell'economia nazionale, sono norme
imperative a norma dell'art. 1418 c.c. (formula già utilizzata dalla giurisprudenza
della Suprema Corte nella sentenza del 7 marzo 2001, n. 3272 con riferimento
alle disposizioni della legge 2.01.1991, n. 1 sull'intermediazione mobiliare).
Nella stessa direzione si è recentemente pronunziato il Tribunale di Termini
Imerese[3],che nel decidere in ordine ad un'operazione di collocamento di
obbligazioni argentine ha ribadito che le regole che sovrintendono la fase
costitutiva del contratto e quella prodromica al compimento delle singole
operazioni di investimento (denominate know your customer rule e suitability
rule), sono da considerarsi norme imperative; da tale qualificazione - osserva
il Tribunale - ne discende ai sensi dell'art. 1418 comma I e III c.c. la
nullità degli ordini negoziali.
V'è da rilevare che, recentemente, la Corte di Cassazione[4] è sembrata andare
nella direzione opposta ovvero nel riconoscere l'operatività della nullità
virtuale solo quando la contrarietà a norme imperative riguardi elementi
intrinseci del contratto, e cioè struttura o contenuto del medesimo. Andrebbe
dunque esclusa la nullità virtuale quando contrari a norme imperative siano
comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l'esecuzione
del contratto, salvo che il legislatore lo preveda espressamente.
Questa decisione si colloca in sintonia con alcuni orientamenti dottrinari che
ritengono che il contrasto con il divieto che intervenga nella fase
precontrattuale conduca generalmente a negare la nullità del negozio[5].
Obiettivo della Cassazione sembrerebbe dunque quello di porre un argine al
proliferare delle "nullità virtuali" sul presupposto che i
comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante
l'esecuzione del contratto debbano rimanere estranei alla fattispecie negoziale
e la loro eventuale illegittimità - quale che sia la natura delle norme violate
- non può dar luogo alla nullità del contratto a meno che non ci sia
un'espressa previsione normativa.
In altri termini, come è stato osservato in dottrina, il contratto non può
considerarsi nullo perché le dichiarazioni sono esterne al contratto, anche se
ad esso preliminari e funzionali[6].
Ad una più attenta lettura la Corte sembra rinnovare nella sua decisione la
distinzione tra regole di validità e regole di responsabilità, allineandosi
all'orientamento della dottrina tradizionale che si è sempre dimostrata poco
incline a ritenere che le regole del comportamento possano avere ricadute sulla
validità del contratto[7].
Si è già avuto modo di ricordare in altra sede[8] come una revisione di tale
impostazione era stata già auspicata in passato sulla scorta di una attenta
lettura delle norme codicistiche ed in particolare dell'art. 1337 c.c.[9]
Tale indirizzo, val la pena evidenziarlio, era avversato da parte di altra
dottrina[10] che sottolineava come le regole di validità e quelle di
comportamento avessero statuti normativi e funzioni alquanto diversi:
riferendosi le prime alla vincolatività dell'accordo e le seconde alla moralità
delle contrattazioni.
Sulla scorta di tali considerazioni si ritiene che proprio in quanto la
correttezza in contrahendo è il punto di riferimento finale della tutela che il
legislatore accorda con i sistemi dei vizi del consenso, ove essa venisse resa
tout court e indistintamente oggetto di protezione, non si realizzerebbe tanto
l'effetto di ampliare il novero delle ipotesi di invalidità, quanto piuttosto
si introdurrebbe, sotto mentite spoglie, un principio antagonista che,
togliendo qualsiasi significato alla loro disciplina, sarebbe in grado di
scardinare l'intero sistema dei vizi del consenso. In questa prospettiva si è
sottolineata, con estrema fermezza, l'autonomia delle regole di validità e di
responsabilità proprio negando che il sistema delle invalidità negoziali possa
essere integrato da ipotesi di invalidità desunte dalla violazione di regole
comportamentali, rilevanti solo sul piano risarcitorio[11].
In realtà già nello stesso codice civile si possono individuare alcune ipotesi
in cui problematiche di validità del contratto e di responsabilità si
intrecciano. Basti pensare all'area in cui le regole sui vizi del volere
interferiscono con quelle sulla responsabilità contrattuale[12]. Il referente
normativo fondamentale è l'art. 1338 c.c. che impone alla parte che conosce o
dovrebbe conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, di
darne notizia alla controparte, pena il risarcimento del danno da questa
risentito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. E'
stato correttamente osservato, a tal proposito, che i criteri in base ai quali
giudicare se la parte non errante conosceva o avrebbe potuto non conoscere
l'errore essenziale del partner contrattuale sono gli stessi cui l'art. 1431
c.c. affida l'accertamento della riconoscibilità dell'errore invalidante[13].
Quanto basta per sostenere, insomma, la combinazione di regole di validità e
regole di responsabilità.
In realtà, tutta la legislazione più recente posta a tutela del contraente più
debole, assecondando l'idea che l'informazione precontrattuale costituisca
parte dell'operazione economica, può leggersi alla luce di questa premessa per
risolvere il dubbio se la reticenza dell'intermediario in ordine
all'informazione che la legge gli impone di fornire possa o meno condurre
all'invalidità del contratto.
Nel settore indagato, quello dell'intermediazione finanziaria, sarebbe
riduttivo immaginare che le regole comportamentali previste dal legislatore si
limitino alla fase precontrattuale. Se così fosse basterebbero le norme
generali previste dal codice civile; a ben guardare, tali regole paiono
incidere sul profilo contenutistico del contratto.
Nelle discipline settoriali le informazioni fornite precedentemente alla
stipulazione del contratto subiscono una sorta di attrazione nel contratto
perfezionato. Basti pensare, a tacer d'altro, all'art. 28 Reg. Consob
11522/1998 che stabilisce l'impossibilità per l'intermediario di effettuare
operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito
all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle
implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia
necessaria per effettuare consapevoli scelte d'investimento. Ciò vuol dire, in
altri termini, che l'informazione deve specificare la natura, il servizio, i rischi
e le implicazioni dell'investimento e laddove questa manchi l'operazione o il
servizio non potrà essere prestato.
Appare pertanto corretto ritenere che dette informazioni integrino il contenuto
del contratto. Obiettivo del legislatore nella materia indagata è quello di
proteggere la corretta formazione della volontà di aderire all'operazione
contro rappresentazioni incomplete ed inattendibili dell'operazione che non
possono che mettere in crisi la vicenda contrattuale.
Inoltre, dette informazioni non hanno solo una dimensione protettiva con
specifico riferimento alla formazione della volontà e del convincimento ma
assurgono ad un ruolo attivo di conformazione del rapporto, spostandosi così
nella definizione di un modello ottimale ed efficiente di scambi di
mercato[14].
Se si parte da questo dato ovvero che queste informazioni si riferiscano al
contenuto del contratto appare evidente come si giustifichi pienamente
l'operatività dell'istituto della nullità virtuale[15]. Inoltre, giova
ricordare in questa sede che la giurisprudenza - anche datata - riconosce
l'operatività della nullità virtuale ex art. 1418, comma 1° c.c.
"indipendentemente da una espressa comminatoria di legge, dell'esistenza
cioè, di una norma proibitiva perfetta, la quale contenga non solo uno
specifico divieto ma altresì la sanzione civilistica dell'invalidità del
negozio, dovendo riconoscersi alla norma citata l'enunciazione di un principio
di indole generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui
alla violazione dei precetti imperativi non corrisponda una specifica sanzione
di nullità del relativo negozio"[16].
Ragionando in questi termini può ritenersi che un contratto concluso in
violazione di una norma imperativa che non preveda expressis verbis una
specifica sanzione possa considerarsi nullo.
2) Difetto d'accordo e nullità del contratto
Ma la decisione della Corte di Cassazione[17] innanzi richiamata affronta un
altro delicato aspetto che merita di essere segnalato.
Per il giudice di legittimità non determina nullità del contratto per difetto
di accordo - in forza del combinato disposto degli artt. 1418, comma 2° e 1325
n. 1 c.c., la mancanza di informazioni che non riguardino direttamente la
natura o l'oggetto del contratto, ma solo elementi utili per valutare la
convenienza dell'accordo.
La Cassazione ritiene - ragionando a contrario - che la carenza informativa
antecedente alla fase di conclusione del contratto sia idonea a comportarne la
nullità, tutte le volte in cui dette informazioni abbiano un'incidenza sulla
natura o sull'oggetto del contratto.
Seppur estremamente sintetica la motivazione della decisione - a prima vista
dirompente - prende atto di un dato di non scarsa rilevanza ovvero che la
disciplina dell'obbligo precontrattuale di informazione nella materia
dell'intermediazione finanziaria presenta una maggiore e più dettagliata
articolazione rispetto a quanto previsto nel codice nella parte generale del
contratto. Nel codice civile la teoria degli obblighi precontrattuali di
informazione fa perno, fondamentalmente, sugli artt. 1337 e 1338 c.c.
Più precisamente l'obbligo codicistico di informare implica che le parti si
scambino tutte le conoscenze finalizzate a rafforzare la consapevolezza delle
loro scelte sull'assetto contrattuale e della sua adeguatezza rispetto agli
obiettivi realmente perseguiti[18]. Il legislatore del 1942 ha però evitato di
predisporre una elencazione tassativa delle comunicazioni da effettuare e si è
astenuto da prefissare schemi rigidi[19].
La dottrina, a tal proposito, non ha mancato di sottolineare che il riferimento
all'art. 1337 c.c. in virtù del quale le parti devono comportarsi secondo buona
fede nello svolgimento e nella formazione del contratto[20], e l'obbligo ex
art. 1338 c.c., di dare notizia alla controparte delle cause di invalidità note
ad un solo contraente, rivelano la loro inadeguatezza nell'ambito delle
discipline settoriali connotate da uno squilibrio di conoscenza e
consapevolezza tra le parti contrattuale oltre che dallo squilibrio economico di
forze economiche e poteri contrattuali.
E proprio nella materia dell'intermediazione finanziaria l'informazione assume
una distinta fisionomia ed un peso ben maggiore connotandosi per un
irrigidimento del modello duttile ed aperto di matrice codicistica.
L'informazione, assecondando i lineamenti del nuovo modello così configurato,
persegue fini diversi, ma essa è certamente funzionale all'esigenza di rendere
quanto più possibile chiaro il contenuto dei rapporti contrattuali,
attribuendo, per conseguenza, ad essi maggiore certezza.
In questa direzione si comprende come l'obiettivo del legislatore sia quello di
far sì che le scelte dei singoli siano libere e razionali espressioni di
preferenze, perché basate sulla conoscenza di dati oggettivi e comparabili
piuttosto che su una situazione di inesistente informazione[21].
In altri termini, l'introduzione di precisi obblighi di informazione, con
particolare riferimento alla disciplina indagata, è finalizzata ad agevolare la
corretta formazione della volontà contrattuale; il perseguimento di questo
risultato non può prescindere dalla acquisizione da parte del contraente dei
termini esatti della contrattazione in itinere.
Basti, a tal proposito, ricordare la formulazione del già richiamato art. 28,
comma 2°, del Reg. Consob 11522/1998, ove è stabilito che gli intermediari
autorizzati non possano effettuare o consigliare operazioni o prestare il
servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni
adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica
operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare
consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.
Tale imposizione a carico degli intermediari apre uno scenario di grande
rilievo vietando la stipulazione di contratti in vigenza di una situazione di
disinformazione.
E' chiara in questi casi la valenza dell'informazione. L'obiettivo è che il
cliente-risparmiatore esprima un consenso quanto più meditato e consapevole,
per aver acquisito conoscenza esatta della natura del contratto.
Nelle misure miranti al riequilibrio delle posizioni contrattuali attraverso
prescrizioni di specifici obblighi di informazione è implicata una decisione
politica incidente sull'organizzazione del mercato: l'aspirazione a far sì che
il consenso raggiunto tra le parti sia supportato da un livello alto di
consapevolezza, puntando a limitare il rischio di sopraffazione di una parte
sull'altra, conforma il modo di agire dei soggetti operanti sul mercato e la
fisionomia dei loro rapporti.
Attenta dottrina[22] ha fortemente criticato questa impostazione perché
caricherebbe l'elemento dell'accordo - quale requisito del contratto ex art.
1325 c.c. - di un significato o di un attributo estranei al tradizionale
orizzonte concettuale entro cui la categoria è sempre stata pensata. In questa
prospettiva si ritiene che elemento essenziale del contratto sarebbe non già il
mero accordo delle parti, bensì il loro "accordo informato", con la
conseguenza che un accordo non informato sarebbe insufficiente a integrare il
requisito dell'art. 1325 c.c.
In particolare si evidenzia la difficoltà di comprendere quale sia il livello
minimo essenziale dell'informazione su natura e oggetto del contratto,
necessaria per rendere l'accordo contrattuale davvero informato[23].
A questa perplessità una prima risposta potrebbe fornirla l'art. 28, comma 2°,
Reg. Consob 11522/1998 che contiene un espresso riferimento al requisito
dell'adeguatezza dell'informazione. E' chiaro che il livello minimo essenziale
dell'informazione andrà accertato di volta in volta dal momento che il
legislatore - attraverso la previsione del "requisito"
dell'adeguatezza - ha imposto all'intermediario una modulazione dell'attività
informativa in relazione all'esperienza dell'investitore, tanto più elevandola
quanto minore dovesse manifestarsi questa esperienza che l'intermediario ha
l'obbligo di accertare ex art. 28, comma 1°, lett. A Reg. Consob
11522/1998[24].
Si evince da quanto detto che l'informazione contrattuale non potrà essere
predeterminata in astratto, ma dovrà essere (coerentemente) modulata in
relazione alle informazioni ricevute dal cliente nella specifica
contrattazione: ciò al fine di evitare la standardizzazione delle informazioni
e favorire la flessibilità del flusso informativo in relazione alla tipologia
del cliente[25].
3) L'allargamento dell'area della responsabilità precontrattuale ed il quantum
del risarcimento
E' sempre la Corte di Cassazione nella decisione richiamata a sottolineare che
la responsabilità per violazione del dovere di buona fede durante le
trattative, o di più specifici obblighi precontrattuali (ad esempio
informativi) riconducibili a quel dovere, non è limitata ai casi in cui alla
trattativa non segua la conclusione di un contratto o segua la conclusione di
un contratto invalido o inefficace, bensì si estende ai casi in cui la
trattativa abbia per esito la conclusione di un contratto valido ed efficace,
ma pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto.
In altri termini, i giudici di legittimità ritengono ammissibile la
compatibilità tra la validità del contratto e sussistenza di una responsabilità
per violazione della regola di buona fede in contrahendo[26]. Tale
compatibilità - a detta di una parte della dottrina - sarebbe confermata da
significative ipotesi prese in considerazione dal legislatore nella disciplina
di taluni contratti tipici[27], e soprattutto, dalla norma dell'art. 1440 c.c.
(dolo incidente) che assumerebbe il ruolo di una fattispecie paradigmatica,
espressione di una generale compatibilità tra rimedio risarcitorio - legato ad
una condotta scorretta in fase di trattative - e validità del contratto[28].
In questa prospettiva il risarcimento del danno può essere richiesto non solo
nell'ipotesi in cui la condotta illecita di controparte non sia stata tale da
determinare l'invalidità del contratto ma anche perchè (nel caso di contratto
annullabile) la vittima preferisca all'annullamento del contratto la sua
manutenzione[29].
Opportunamente i giudici della Cassazione - chiarito che l'ambito di rilevanza
della clausola di buona fede ex art. 1337 c.c. va ben oltre l'ipotesi di
rottura ingiustificata della trattativa e che assume il valore di clausola
generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa -
sottolineano che il dovere di trattare in modo leale impone alla parte di
astenersi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti ed obbliga a
fornire ogni dato rilevante, conosciuto o anche conoscibile con l'ordinaria
diligenza ai fini della stipulazione del contratto.
Questa prospettiva va condivisa soprattuto se collocata nell'ambito settoriale
(quello dell'intermediazione finanziaria) dove i profili legati
all'informazione assumono primario rilievo che può cogliersi principalmente
nella tensione della normativa alla completezza dell'informazione, nel rapporto
stretto tra essa e la trasparenza, nella valorizzazione dell'adeguatezza
dell'informazione.
[1] Sul punto si rinvia a F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità
del promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob. In Resp. civ.
prev., 2005, 980 ove si riportava anche la necessità evidenziata in dottrina
(ROPPO, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione, in Danno resp.,
6, 2005, 626 di aprire un dibattito intorno alla sanzione della nullità ex art.
1418, comma 1°, c.c.)
[2] Trib. Venezia, 22 novembre 2004.
[3] Trib. Termini Imerese, 7 marzo 2006; ma nella stessa direzione v. anche
Trib. Treviso, 26 novembre - 16 dicembre 2004; Trib. Ferrara, 25 febbraio 2005;
Trib. Palermo, 16 marzo 2005.; Trib. Genova, 22 aprile 2005. Per un
approfondimento si riniva a F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità
del promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob, op. cit., 978
ss.
[4] Il riferimento è a Cass. Civ., sez. I°, 29 settembre 2005, n. 1902, in
Resp. civ. prev., 6, 2006, (con nota di F. GRECO).
[5] Il dato è stato evidenziato da LUCCHINI GUASTALLA, Danno agli investitori e
responsabilità delle autorità di vigilanza e degli intermediari finanziari, in
Resp. civ. prev., 2005, 27.
[6] Sul punto ROPPO e AFFERNI, Dai contratti finanziari al contratto in genere:
punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità
precontrattuale, in Danno Resp., 1, 2006, 30.
[7] Per ROPPO e AFFERNI, cit., 31, la giurisprudenza riafferma implicitamente
il valore di quella fondamentale distinzione tra regole di validità del
contratto e regole di responsabilità dei contraenti, che la giurisprudenza di
merito finisce per intorbidare. Ciò appare sano dal punto di vista della
coerenza e della limpidità del sistema e come tale va lodato.
E' sempre Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a
proposito di Cirio Bond & tango Bond), in Danno Resp., 6, 2005, 626 ed in
Contr. Impr., 3, 2005, ad affermare - a proposito della nullità virtuale - che
la distinzione non è mai stata assolutamente netta e millimetricamente
rigorosa, bensì ha sempre conosciuto parziali interferenze e commistioni tra i
due campi di regole, anche se per lungo tempo la distinzione è stata netta e
rigorosa. Del resto è lo stesso A. ad affermare di aver ritenuto applicabile il
rimedio della nullità virtuale in situazioni non dissimili da quelle
considerate dalla recente giurisprudenza. Da qui la necessità di aprire una
discussione.
[8] F. GRECO, Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, 67.
[9] Per un approfondimento sul punto v. R. SACCO, Il consenso, in E. GABRIELLI
(a cura di), I contratti in generale, I, t. 1, in P. RESCIGNO, (diretto da),
Trattato dei contratti, Torino, 1999, 404 ss.
[10] G. D'AMICO, Le regole di validità e principio di correttezza nella
formazione dei contratti, Napoli, 1996, 44 ss.
[11] D'AMICO, cit., 68.
[12] In argomento v. ROPPO, Il contratto nel 2000, Torino, 2002, 46.
[13] ROPPO, op. ult. cit., 46-47.
[14] Sul punto v. LIACE, La finanza innovativa e la tutela del risparmiatore:
il caso 4You, in Danno Resp., 2, 2006, 191.
[15] In argomento v. anche PERINU, op. cit., 36 ove si evidenzia che
"l'insieme della disciplina contenuta nel d.lgs. 58/1998 e nei regolamenti
di attuazione, in particolare nel regolamento 11522/1998 abbiano natura
imperativa ed inderogabile. Conseguentemnente, dal mancato rispetto di tale
norma deriva la nullità del contratto di investimento o la nullità dei singoli
ordini di negoziazione dei bond eseguiti in contrasto con le prescrizioni del
decreto legislativo o del regolamento della Consob.
[16] Cass. 17 giugno 1960, n. 1591, in Giust. Civ., 1961, I, 138.
[17] Il riferimento è a Cass. Civ., sez. I°, 29 settembre 2005, n. 1902, in
Resp. civ. prev., 6, 2006, con nota di F. GRECO.
[18] Sul punto si rinvia a F. GRECO, Profili del contratto del consumatore,
Napoli, 2005, 42.
[19] In argomento v. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963,
44. Per DE POLI, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002,
164-165, la scarsa attenzione del legislatore del codice civile per la
disciplina dei doveri informativi precontrattuali trova la sua spiegazione nel
fatto che la scelta legislativa sottovaluta le vicende di differente forza
contrattuale tra soggetto e soggetto. Il legislatore non si è posto il suddetto
problema perché "ideologicamente e culturalmente non era portato a
porselo, e comunque perché i redattori del codice - pur lavorando all'interno
di un regime dittatoriale e corporativo quale quello fascista - erano
tecnocrati imbevuti di liberalismo economico (...) scarsamente incline a
calmierare il diverso potere contrattuale con interventi nella fase delle trattative".
[20] Per un approfondimento della vastissima letteratura sul punto v., tra gli
altri, C.M. BIANCA, La nozione di buona fede quale regola di comportamento
contrattuale, in Riv. dir. civ., 1981, I, 211; F. MESSINEO, Il contratto in
generale, in A. CICU - F. MESSINEO (a cura di), Trattato di diritto civile e
commerciale, I, Milano, 1968, 301; L. MENGONI, Sulla natura della
responsabilità contrattuale, in Riv. dir. civ., 1956, II, 368.
[21] Sul punto SCALISI, Dovere di informazione e attività di intermediazione
mobiliare, in S. MAZZAMUTO - G: TERRANOVA, (a cura di), L'intermediazione
mobiliare, Studi in memoria di A. MAISANO, Napoli, 1993, 71-72 ove si
sottolinea che l'obbligo di informazione è finalizzato all'unico obiettivo
ripetutamente dichiarato dal legislatore di assicurare al contraente debole il
massimo di conoscenze qualificate utili e rilevanti, che valgano a porlo nella
condizione ideale di effettuare consapevoli e ragionate scelte.
[22] ROPPO, Dai contratti finanziari ai contratti in genere: punti fermi della
Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Danno
Resp., 1, 2006, 32.
[23] ROPPO, op. ult. Cit., 32. Per l'A. la lacuna è da poco, "se la
(nuova) regola di cui parliamo ha l'ambizione di essere una regola
operativa".
[24] V. sul punto la decisione dei giudici del Tribunale di Pama del 7 febbraio
2005, in Danno Resp. 2/2006 (con nota di LIACE cit.), che ha accertato
l'adeguatezza dell'informazione fornita dalla banca al cliente, prima di dare
esecuzione al contratto di acquisto di strumenti finanziari, circa la natura e
le caratteristiche strutturali dell'investimento così come risulta dalla
sottoscrizione dei moduli contrattuali. V. anche Trib. Brindisi, 21 febbraio
2005, in www.ilcaso.it.
[25] F. GRECO, op. cit., 10.
[26] In linea con questa posizione è MANTOVANI, Vizi incompleti del contratto e
rimedio risarcitorio, Torino, 1995, 135 ss.
[27] Il riferimento è all'art. 1494 c.c., all'art. 1578 c.c., agli artt. 1812 e
1821 c.c.
[28] MANTOVANI, op. cit., 18. Fortemente critico a questa impostazione è
D'AMICO, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del
contratto, Napoli, 1996, 137 per il quale proprio la circostanza di un valido
rapporto contrattuale induce ad escludere la sopravvivenza di una
responsabilità precontrattuale in capo ad una delle parti.
[29] Il dato è evidenziato da SACCO - DE NOVA, Il contratto, in Trattato di
diritto civile, (diretto da R. SACCO), Torino, 2004, 548. Osservano
opportunamente ROPPO e AFFERNI, op. cit., 33 che, naturalmente, la misura del
danno risarcibile sarà diversa a seconda che la parte interessata chieda anche
l'annullamento del contratto, ovvero chieda il solo risarcimento del danno,
analogamente a quanto pacificamente riconosciuto per il rapporto tra
risoluzione e risarcimento in caso di inadempimento.
Scarica Articolo PDF