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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/09/2006 Scarica PDF

Intermediazione finanziaria: la "nullità virtuale" per violazione degli obblighi di informazione

Fernando Greco, Professore


1) Il problema; 2) Difetto d'accordo e nullità del contratto; 3) L'allargamento dell'area della responsabilità precontrattuale ed il quantum del risarcimento.


1) Il problema
Uno dei profili più controversi delle recenti decisioni giurisprudenziali in materia di intermediazione finanziaria è senz'altro quello della "nullità virtuale." In particolare occorre tentare di fare chiarezza sulle conseguenze derivanti dal mancato adempimento degli obblighi di informazione da parte dell'intermediario.

Val la pena rilevare come non poche decisioni della giurisprudenza di merito abbiano individuato come sanzione conseguente alla reticenza dell'intermediario nei confronti dell'investitore quella della nullità virtuale del contratto[1].


Di particolare interesse in questa sede è la decisione del Tribunale di Venezia[2] che ha ritenuto sussistere la nullità dell'operazione di negoziazione di strumenti finanziari (si trattava di obbligazioni Parmalat Finance Corporation BV) conclusa tra intermediario ed investitore poiché l'intermediario non aveva informato ex art. 27, comma 3, Reg. Consob 11522/1998 dell'esistenza di un conflitto di interessi presente nell'operazione. Per i giudici veneziani tale inosservanza dà luogo ad una grave violazione degli obblighi di trasparenza e corretta informazione, violazione che comporta la nullità dell'ordine.


Deve ritenersi - osservano i giudici - che il Tuf ed il suo regolamento attuativo che costituisce con il primo un corpus unicum da valutarsi unitariamente in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 47 Cost.) che mirano a realizzare, ed identificabili non solo nella tutela dei risparmiatori uti singuli ma anche in generale del risparmio come elemento di valore dell'economia nazionale, sono norme imperative a norma dell'art. 1418 c.c. (formula già utilizzata dalla giurisprudenza della Suprema Corte nella sentenza del 7 marzo 2001, n. 3272 con riferimento alle disposizioni della legge 2.01.1991, n. 1 sull'intermediazione mobiliare).


Nella stessa direzione si è recentemente pronunziato il Tribunale di Termini Imerese[3],che nel decidere in ordine ad un'operazione di collocamento di obbligazioni argentine ha ribadito che le regole che sovrintendono la fase costitutiva del contratto e quella prodromica al compimento delle singole operazioni di investimento (denominate know your customer rule e suitability rule), sono da considerarsi norme imperative; da tale qualificazione - osserva il Tribunale - ne discende ai sensi dell'art. 1418 comma I e III c.c. la nullità degli ordini negoziali.

V'è da rilevare che, recentemente, la Corte di Cassazione[4] è sembrata andare nella direzione opposta ovvero nel riconoscere l'operatività della nullità virtuale solo quando la contrarietà a norme imperative riguardi elementi intrinseci del contratto, e cioè struttura o contenuto del medesimo. Andrebbe dunque esclusa la nullità virtuale quando contrari a norme imperative siano comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l'esecuzione del contratto, salvo che il legislatore lo preveda espressamente.


Questa decisione si colloca in sintonia con alcuni orientamenti dottrinari che ritengono che il contrasto con il divieto che intervenga nella fase precontrattuale conduca generalmente a negare la nullità del negozio[5]. Obiettivo della Cassazione sembrerebbe dunque quello di porre un argine al proliferare delle "nullità virtuali" sul presupposto che i comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l'esecuzione del contratto debbano rimanere estranei alla fattispecie negoziale e la loro eventuale illegittimità - quale che sia la natura delle norme violate - non può dar luogo alla nullità del contratto a meno che non ci sia un'espressa previsione normativa.

In altri termini, come è stato osservato in dottrina, il contratto non può considerarsi nullo perché le dichiarazioni sono esterne al contratto, anche se ad esso preliminari e funzionali[6].

Ad una più attenta lettura la Corte sembra rinnovare nella sua decisione la distinzione tra regole di validità e regole di responsabilità, allineandosi all'orientamento della dottrina tradizionale che si è sempre dimostrata poco incline a ritenere che le regole del comportamento possano avere ricadute sulla validità del contratto[7].


Si è già avuto modo di ricordare in altra sede[8] come una revisione di tale impostazione era stata già auspicata in passato sulla scorta di una attenta lettura delle norme codicistiche ed in particolare dell'art. 1337 c.c.[9]

Tale indirizzo, val la pena evidenziarlio, era avversato da parte di altra dottrina[10] che sottolineava come le regole di validità e quelle di comportamento avessero statuti normativi e funzioni alquanto diversi: riferendosi le prime alla vincolatività dell'accordo e le seconde alla moralità delle contrattazioni.

Sulla scorta di tali considerazioni si ritiene che proprio in quanto la correttezza in contrahendo è il punto di riferimento finale della tutela che il legislatore accorda con i sistemi dei vizi del consenso, ove essa venisse resa tout court e indistintamente oggetto di protezione, non si realizzerebbe tanto l'effetto di ampliare il novero delle ipotesi di invalidità, quanto piuttosto si introdurrebbe, sotto mentite spoglie, un principio antagonista che, togliendo qualsiasi significato alla loro disciplina, sarebbe in grado di scardinare l'intero sistema dei vizi del consenso. In questa prospettiva si è sottolineata, con estrema fermezza, l'autonomia delle regole di validità e di responsabilità proprio negando che il sistema delle invalidità negoziali possa essere integrato da ipotesi di invalidità desunte dalla violazione di regole comportamentali, rilevanti solo sul piano risarcitorio[11].


In realtà già nello stesso codice civile si possono individuare alcune ipotesi in cui problematiche di validità del contratto e di responsabilità si intrecciano. Basti pensare all'area in cui le regole sui vizi del volere interferiscono con quelle sulla responsabilità contrattuale[12]. Il referente normativo fondamentale è l'art. 1338 c.c. che impone alla parte che conosce o dovrebbe conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, di darne notizia alla controparte, pena il risarcimento del danno da questa risentito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. E' stato correttamente osservato, a tal proposito, che i criteri in base ai quali giudicare se la parte non errante conosceva o avrebbe potuto non conoscere l'errore essenziale del partner contrattuale sono gli stessi cui l'art. 1431 c.c. affida l'accertamento della riconoscibilità dell'errore invalidante[13]. Quanto basta per sostenere, insomma, la combinazione di regole di validità e regole di responsabilità.

In realtà, tutta la legislazione più recente posta a tutela del contraente più debole, assecondando l'idea che l'informazione precontrattuale costituisca parte dell'operazione economica, può leggersi alla luce di questa premessa per risolvere il dubbio se la reticenza dell'intermediario in ordine all'informazione che la legge gli impone di fornire possa o meno condurre all'invalidità del contratto.


Nel settore indagato, quello dell'intermediazione finanziaria, sarebbe riduttivo immaginare che le regole comportamentali previste dal legislatore si limitino alla fase precontrattuale. Se così fosse basterebbero le norme generali previste dal codice civile; a ben guardare, tali regole paiono incidere sul profilo contenutistico del contratto.

Nelle discipline settoriali le informazioni fornite precedentemente alla stipulazione del contratto subiscono una sorta di attrazione nel contratto perfezionato. Basti pensare, a tacer d'altro, all'art. 28 Reg. Consob 11522/1998 che stabilisce l'impossibilità per l'intermediario di effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte d'investimento. Ciò vuol dire, in altri termini, che l'informazione deve specificare la natura, il servizio, i rischi e le implicazioni dell'investimento e laddove questa manchi l'operazione o il servizio non potrà essere prestato.

Appare pertanto corretto ritenere che dette informazioni integrino il contenuto del contratto. Obiettivo del legislatore nella materia indagata è quello di proteggere la corretta formazione della volontà di aderire all'operazione contro rappresentazioni incomplete ed inattendibili dell'operazione che non possono che mettere in crisi la vicenda contrattuale.

Inoltre, dette informazioni non hanno solo una dimensione protettiva con specifico riferimento alla formazione della volontà e del convincimento ma assurgono ad un ruolo attivo di conformazione del rapporto, spostandosi così nella definizione di un modello ottimale ed efficiente di scambi di mercato[14].

Se si parte da questo dato ovvero che queste informazioni si riferiscano al contenuto del contratto appare evidente come si giustifichi pienamente l'operatività dell'istituto della nullità virtuale[15]. Inoltre, giova ricordare in questa sede che la giurisprudenza - anche datata - riconosce l'operatività della nullità virtuale ex art. 1418, comma 1° c.c. "indipendentemente da una espressa comminatoria di legge, dell'esistenza cioè, di una norma proibitiva perfetta, la quale contenga non solo uno specifico divieto ma altresì la sanzione civilistica dell'invalidità del negozio, dovendo riconoscersi alla norma citata l'enunciazione di un principio di indole generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non corrisponda una specifica sanzione di nullità del relativo negozio"[16].

Ragionando in questi termini può ritenersi che un contratto concluso in violazione di una norma imperativa che non preveda expressis verbis una specifica sanzione possa considerarsi nullo.

2) Difetto d'accordo e nullità del contratto
Ma la decisione della Corte di Cassazione[17] innanzi richiamata affronta un altro delicato aspetto che merita di essere segnalato.

Per il giudice di legittimità non determina nullità del contratto per difetto di accordo - in forza del combinato disposto degli artt. 1418, comma 2° e 1325 n. 1 c.c., la mancanza di informazioni che non riguardino direttamente la natura o l'oggetto del contratto, ma solo elementi utili per valutare la convenienza dell'accordo.

La Cassazione ritiene - ragionando a contrario - che la carenza informativa antecedente alla fase di conclusione del contratto sia idonea a comportarne la nullità, tutte le volte in cui dette informazioni abbiano un'incidenza sulla natura o sull'oggetto del contratto.

Seppur estremamente sintetica la motivazione della decisione - a prima vista dirompente - prende atto di un dato di non scarsa rilevanza ovvero che la disciplina dell'obbligo precontrattuale di informazione nella materia dell'intermediazione finanziaria presenta una maggiore e più dettagliata articolazione rispetto a quanto previsto nel codice nella parte generale del contratto. Nel codice civile la teoria degli obblighi precontrattuali di informazione fa perno, fondamentalmente, sugli artt. 1337 e 1338 c.c.

Più precisamente l'obbligo codicistico di informare implica che le parti si scambino tutte le conoscenze finalizzate a rafforzare la consapevolezza delle loro scelte sull'assetto contrattuale e della sua adeguatezza rispetto agli obiettivi realmente perseguiti[18]. Il legislatore del 1942 ha però evitato di predisporre una elencazione tassativa delle comunicazioni da effettuare e si è astenuto da prefissare schemi rigidi[19].

La dottrina, a tal proposito, non ha mancato di sottolineare che il riferimento all'art. 1337 c.c. in virtù del quale le parti devono comportarsi secondo buona fede nello svolgimento e nella formazione del contratto[20], e l'obbligo ex art. 1338 c.c., di dare notizia alla controparte delle cause di invalidità note ad un solo contraente, rivelano la loro inadeguatezza nell'ambito delle discipline settoriali connotate da uno squilibrio di conoscenza e consapevolezza tra le parti contrattuale oltre che dallo squilibrio economico di forze economiche e poteri contrattuali.

E proprio nella materia dell'intermediazione finanziaria l'informazione assume una distinta fisionomia ed un peso ben maggiore connotandosi per un irrigidimento del modello duttile ed aperto di matrice codicistica. L'informazione, assecondando i lineamenti del nuovo modello così configurato, persegue fini diversi, ma essa è certamente funzionale all'esigenza di rendere quanto più possibile chiaro il contenuto dei rapporti contrattuali, attribuendo, per conseguenza, ad essi maggiore certezza.

In questa direzione si comprende come l'obiettivo del legislatore sia quello di far sì che le scelte dei singoli siano libere e razionali espressioni di preferenze, perché basate sulla conoscenza di dati oggettivi e comparabili piuttosto che su una situazione di inesistente informazione[21].

In altri termini, l'introduzione di precisi obblighi di informazione, con particolare riferimento alla disciplina indagata, è finalizzata ad agevolare la corretta formazione della volontà contrattuale; il perseguimento di questo risultato non può prescindere dalla acquisizione da parte del contraente dei termini esatti della contrattazione in itinere.

Basti, a tal proposito, ricordare la formulazione del già richiamato art. 28, comma 2°, del Reg. Consob 11522/1998, ove è stabilito che gli intermediari autorizzati non possano effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.

Tale imposizione a carico degli intermediari apre uno scenario di grande rilievo vietando la stipulazione di contratti in vigenza di una situazione di disinformazione.

E' chiara in questi casi la valenza dell'informazione. L'obiettivo è che il cliente-risparmiatore esprima un consenso quanto più meditato e consapevole, per aver acquisito conoscenza esatta della natura del contratto.

Nelle misure miranti al riequilibrio delle posizioni contrattuali attraverso prescrizioni di specifici obblighi di informazione è implicata una decisione politica incidente sull'organizzazione del mercato: l'aspirazione a far sì che il consenso raggiunto tra le parti sia supportato da un livello alto di consapevolezza, puntando a limitare il rischio di sopraffazione di una parte sull'altra, conforma il modo di agire dei soggetti operanti sul mercato e la fisionomia dei loro rapporti.

Attenta dottrina[22] ha fortemente criticato questa impostazione perché caricherebbe l'elemento dell'accordo - quale requisito del contratto ex art. 1325 c.c. - di un significato o di un attributo estranei al tradizionale orizzonte concettuale entro cui la categoria è sempre stata pensata. In questa prospettiva si ritiene che elemento essenziale del contratto sarebbe non già il mero accordo delle parti, bensì il loro "accordo informato", con la conseguenza che un accordo non informato sarebbe insufficiente a integrare il requisito dell'art. 1325 c.c.

In particolare si evidenzia la difficoltà di comprendere quale sia il livello minimo essenziale dell'informazione su natura e oggetto del contratto, necessaria per rendere l'accordo contrattuale davvero informato[23].

A questa perplessità una prima risposta potrebbe fornirla l'art. 28, comma 2°, Reg. Consob 11522/1998 che contiene un espresso riferimento al requisito dell'adeguatezza dell'informazione. E' chiaro che il livello minimo essenziale dell'informazione andrà accertato di volta in volta dal momento che il legislatore - attraverso la previsione del "requisito" dell'adeguatezza - ha imposto all'intermediario una modulazione dell'attività informativa in relazione all'esperienza dell'investitore, tanto più elevandola quanto minore dovesse manifestarsi questa esperienza che l'intermediario ha l'obbligo di accertare ex art. 28, comma 1°, lett. A Reg. Consob 11522/1998[24].

Si evince da quanto detto che l'informazione contrattuale non potrà essere predeterminata in astratto, ma dovrà essere (coerentemente) modulata in relazione alle informazioni ricevute dal cliente nella specifica contrattazione: ciò al fine di evitare la standardizzazione delle informazioni e favorire la flessibilità del flusso informativo in relazione alla tipologia del cliente[25].

3) L'allargamento dell'area della responsabilità precontrattuale ed il quantum del risarcimento
E' sempre la Corte di Cassazione nella decisione richiamata a sottolineare che la responsabilità per violazione del dovere di buona fede durante le trattative, o di più specifici obblighi precontrattuali (ad esempio informativi) riconducibili a quel dovere, non è limitata ai casi in cui alla trattativa non segua la conclusione di un contratto o segua la conclusione di un contratto invalido o inefficace, bensì si estende ai casi in cui la trattativa abbia per esito la conclusione di un contratto valido ed efficace, ma pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto.

In altri termini, i giudici di legittimità ritengono ammissibile la compatibilità tra la validità del contratto e sussistenza di una responsabilità per violazione della regola di buona fede in contrahendo[26]. Tale compatibilità - a detta di una parte della dottrina - sarebbe confermata da significative ipotesi prese in considerazione dal legislatore nella disciplina di taluni contratti tipici[27], e soprattutto, dalla norma dell'art. 1440 c.c. (dolo incidente) che assumerebbe il ruolo di una fattispecie paradigmatica, espressione di una generale compatibilità tra rimedio risarcitorio - legato ad una condotta scorretta in fase di trattative - e validità del contratto[28].

In questa prospettiva il risarcimento del danno può essere richiesto non solo nell'ipotesi in cui la condotta illecita di controparte non sia stata tale da determinare l'invalidità del contratto ma anche perchè (nel caso di contratto annullabile) la vittima preferisca all'annullamento del contratto la sua manutenzione[29].

Opportunamente i giudici della Cassazione - chiarito che l'ambito di rilevanza della clausola di buona fede ex art. 1337 c.c. va ben oltre l'ipotesi di rottura ingiustificata della trattativa e che assume il valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa - sottolineano che il dovere di trattare in modo leale impone alla parte di astenersi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti ed obbliga a fornire ogni dato rilevante, conosciuto o anche conoscibile con l'ordinaria diligenza ai fini della stipulazione del contratto.

Questa prospettiva va condivisa soprattuto se collocata nell'ambito settoriale (quello dell'intermediazione finanziaria) dove i profili legati all'informazione assumono primario rilievo che può cogliersi principalmente nella tensione della normativa alla completezza dell'informazione, nel rapporto stretto tra essa e la trasparenza, nella valorizzazione dell'adeguatezza dell'informazione.


[1] Sul punto si rinvia a F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità del promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob. In Resp. civ. prev., 2005, 980 ove si riportava anche la necessità evidenziata in dottrina (ROPPO, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione, in Danno resp., 6, 2005, 626 di aprire un dibattito intorno alla sanzione della nullità ex art. 1418, comma 1°, c.c.)
[2] Trib. Venezia, 22 novembre 2004.
[3] Trib. Termini Imerese, 7 marzo 2006; ma nella stessa direzione v. anche Trib. Treviso, 26 novembre - 16 dicembre 2004; Trib. Ferrara, 25 febbraio 2005; Trib. Palermo, 16 marzo 2005.; Trib. Genova, 22 aprile 2005. Per un approfondimento si riniva a F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità del promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob, op. cit., 978 ss.
[4] Il riferimento è a Cass. Civ., sez. I°, 29 settembre 2005, n. 1902, in Resp. civ. prev., 6, 2006, (con nota di F. GRECO).
[5] Il dato è stato evidenziato da LUCCHINI GUASTALLA, Danno agli investitori e responsabilità delle autorità di vigilanza e degli intermediari finanziari, in Resp. civ. prev., 2005, 27.
[6] Sul punto ROPPO e AFFERNI, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Danno Resp., 1, 2006, 30.
[7] Per ROPPO e AFFERNI, cit., 31, la giurisprudenza riafferma implicitamente il valore di quella fondamentale distinzione tra regole di validità del contratto e regole di responsabilità dei contraenti, che la giurisprudenza di merito finisce per intorbidare. Ciò appare sano dal punto di vista della coerenza e della limpidità del sistema e come tale va lodato.
E' sempre Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio Bond & tango Bond), in Danno Resp., 6, 2005, 626 ed in Contr. Impr., 3, 2005, ad affermare - a proposito della nullità virtuale - che la distinzione non è mai stata assolutamente netta e millimetricamente rigorosa, bensì ha sempre conosciuto parziali interferenze e commistioni tra i due campi di regole, anche se per lungo tempo la distinzione è stata netta e rigorosa. Del resto è lo stesso A. ad affermare di aver ritenuto applicabile il rimedio della nullità virtuale in situazioni non dissimili da quelle considerate dalla recente giurisprudenza. Da qui la necessità di aprire una discussione.
[8] F. GRECO, Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, 67.
[9] Per un approfondimento sul punto v. R. SACCO, Il consenso, in E. GABRIELLI (a cura di), I contratti in generale, I, t. 1, in P. RESCIGNO, (diretto da), Trattato dei contratti, Torino, 1999, 404 ss.
[10] G. D'AMICO, Le regole di validità e principio di correttezza nella formazione dei contratti, Napoli, 1996, 44 ss.
[11] D'AMICO, cit., 68.
[12] In argomento v. ROPPO, Il contratto nel 2000, Torino, 2002, 46.
[13] ROPPO, op. ult. cit., 46-47.
[14] Sul punto v. LIACE, La finanza innovativa e la tutela del risparmiatore: il caso 4You, in Danno Resp., 2, 2006, 191.
[15] In argomento v. anche PERINU, op. cit., 36 ove si evidenzia che "l'insieme della disciplina contenuta nel d.lgs. 58/1998 e nei regolamenti di attuazione, in particolare nel regolamento 11522/1998 abbiano natura imperativa ed inderogabile. Conseguentemnente, dal mancato rispetto di tale norma deriva la nullità del contratto di investimento o la nullità dei singoli ordini di negoziazione dei bond eseguiti in contrasto con le prescrizioni del decreto legislativo o del regolamento della Consob.
[16] Cass. 17 giugno 1960, n. 1591, in Giust. Civ., 1961, I, 138.
[17] Il riferimento è a Cass. Civ., sez. I°, 29 settembre 2005, n. 1902, in Resp. civ. prev., 6, 2006, con nota di F. GRECO.
[18] Sul punto si rinvia a F. GRECO, Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, 42.
[19] In argomento v. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 44. Per DE POLI, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova, 2002, 164-165, la scarsa attenzione del legislatore del codice civile per la disciplina dei doveri informativi precontrattuali trova la sua spiegazione nel fatto che la scelta legislativa sottovaluta le vicende di differente forza contrattuale tra soggetto e soggetto. Il legislatore non si è posto il suddetto problema perché "ideologicamente e culturalmente non era portato a porselo, e comunque perché i redattori del codice - pur lavorando all'interno di un regime dittatoriale e corporativo quale quello fascista - erano tecnocrati imbevuti di liberalismo economico (...) scarsamente incline a calmierare il diverso potere contrattuale con interventi nella fase delle trattative".
[20] Per un approfondimento della vastissima letteratura sul punto v., tra gli altri, C.M. BIANCA, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in Riv. dir. civ., 1981, I, 211; F. MESSINEO, Il contratto in generale, in A. CICU - F. MESSINEO (a cura di), Trattato di diritto civile e commerciale, I, Milano, 1968, 301; L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. civ., 1956, II, 368.
[21] Sul punto SCALISI, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in S. MAZZAMUTO - G: TERRANOVA, (a cura di), L'intermediazione mobiliare, Studi in memoria di A. MAISANO, Napoli, 1993, 71-72 ove si sottolinea che l'obbligo di informazione è finalizzato all'unico obiettivo ripetutamente dichiarato dal legislatore di assicurare al contraente debole il massimo di conoscenze qualificate utili e rilevanti, che valgano a porlo nella condizione ideale di effettuare consapevoli e ragionate scelte.
[22] ROPPO, Dai contratti finanziari ai contratti in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Danno Resp., 1, 2006, 32.
[23] ROPPO, op. ult. Cit., 32. Per l'A. la lacuna è da poco, "se la (nuova) regola di cui parliamo ha l'ambizione di essere una regola operativa".
[24] V. sul punto la decisione dei giudici del Tribunale di Pama del 7 febbraio 2005, in Danno Resp. 2/2006 (con nota di LIACE cit.), che ha accertato l'adeguatezza dell'informazione fornita dalla banca al cliente, prima di dare esecuzione al contratto di acquisto di strumenti finanziari, circa la natura e le caratteristiche strutturali dell'investimento così come risulta dalla sottoscrizione dei moduli contrattuali. V. anche Trib. Brindisi, 21 febbraio 2005, in www.ilcaso.it.
[25] F. GRECO, op. cit., 10.
[26] In linea con questa posizione è MANTOVANI, Vizi incompleti del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, 135 ss.
[27] Il riferimento è all'art. 1494 c.c., all'art. 1578 c.c., agli artt. 1812 e 1821 c.c.
[28] MANTOVANI, op. cit., 18. Fortemente critico a questa impostazione è D'AMICO, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 137 per il quale proprio la circostanza di un valido rapporto contrattuale induce ad escludere la sopravvivenza di una responsabilità precontrattuale in capo ad una delle parti.
[29] Il dato è evidenziato da SACCO - DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto civile, (diretto da R. SACCO), Torino, 2004, 548. Osservano opportunamente ROPPO e AFFERNI, op. cit., 33 che, naturalmente, la misura del danno risarcibile sarà diversa a seconda che la parte interessata chieda anche l'annullamento del contratto, ovvero chieda il solo risarcimento del danno, analogamente a quanto pacificamente riconosciuto per il rapporto tra risoluzione e risarcimento in caso di inadempimento.



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