Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/06/2011 Scarica PDF
Il consumatore-risparmiatore e gli obblighi informativi "continuativi" tra fonte legale e fonte convenzionale
Fernando Greco, ProfessoreIn una recente decisione del Tribunale di Torino1 si afferma che l'interpretazione dell'art. 21 Tuf 58/1998 (in correlazione all'art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998) va intesa nel senso che l'obbligo di informativa sulla natura e sulle caratteristiche del titolo sia fatta, unicamente, sino al tempo dell'investimento. A sostegno di questa tesi si evidenzia come in assenza di un rapporto di gestione patrimoniale ed in presenza di semplici disposizioni di negoziazioni di prodotti finanziari deve escludersi l'obbligo per l'intermediario di monitorare l'andamento dei titoli presenti nel portafoglio dei clienti. Per i giudici torinesi è altresì pacifico si è in presenza di un rapporto tra consumatore ed un professionista, tale potendo essere definiti rispettivamente il risparmiatore e l'intermediario ex art. 3 Codice del Consumo.
Sommario 1. Premessa - 2. La fonte degli obblighi informativi
"continuativi" - 3. Il risparmiatore è consumatore?
1. Premessa
La decisione del Tribunale di Torino affronta il problema del mancato
adempimento da parte della Banca degli obblighi informativi cosiddetti
"continuativi" in ordine all'andamento negativo dei titoli della
Lehmann Brothers FRN. Si tratta, nello specifico, di comprendere se in capo
alla banca, in relazione all'attività di negoziazione, gravi un obbligo di
informazione di fonte legale (ex art. 21 TUF 58/1998 applicabile ratione
temporis ai fatti di causa) ovvero di fonte convenzionale.
Nella vicenda in esame l'attore aveva sottoscritto il modulo d'ordine delle obbligazioni
ove era riportato che il cliente sarebbe stato tempestivamente informato ove il
titolo avesse subito una variazione significativa del livello del rischio;
ancora, le Obbligazioni Lehmann erano state incluse nell'elenco titoli a basso
rischio del Consorzio Patti Chiari, a cui la Banca aderiva. A seguito delle
note vicende, il titolo Lehmann aveva avuto significative oscillazioni a
partire dal 10 settembre 2008 e la Banca non aveva tempestivamente informato il
cliente onde consentirgli di disinvestire e vendere al meglio i titoli. Per i
giudici tale omissione, è fonte di responsabilità della Banca idonea a
giustificare l'obbligo di risarcimento in favore dell'attrice.
2. La fonte degli obblighi informativi "continuativi"
Per il Tribunale di Torino l'interpretazione dell'art. 21 Tuf 58/1998 (in
correlazione all'art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998) va intesa nel senso che
l'obbligo di informativa sulla natura e sulle caratteristiche del titolo sia
fatta, unicamente, sino al tempo dell'investimento. A sostegno di questa
affermazione il giudice torinese evidenzia come in assenza di un rapporto di
gestione patrimoniale ed in presenza di semplici disposizioni di negoziazioni
di prodotti finanziari deve escludersi l'obbligo per l'intermediario di
monitorare l'andamento dei titoli presenti nel portafoglio dei clienti2. In
altre parole il dovere di successiva informazione si imporrebbe solo nel caso
in cui al servizio di negoziazione si affianchi la prestazione del servizio di
gestione dato che è quest'ultima ipotesi ad esporre il risparmiatore ad un più
elevato rischio di abusi da parte dell'intermediario3.
E' opportuno tuttavia ricordare, in questa sede, l'orientamento
giurisprudenziale, ancorché non pacifico, che, sotto il vigore della precedente
disciplina (applicabile alla vicenda in commento), traeva proprio dal dovere
generale di correttezza e trasparenza nell'esecuzione del contratto e dalla
formulazione letterale dell'art. 21, comma 1°, lett. b), l'obbligo
dell'intermediario di mantenere la controparte stabilmente informata delle
notizie riguardanti i prodotti sottoscritti o acquistati4. Così ragionando è
stato ritenuto che gli obblighi di informazione "postcontrattuale"
costituiscano espressione dei generali principi di correttezza e buona fede.
In questa prospettiva troverebbero piena attuazione le regole contenute
nell'art. 26, 1° co., lett. e, Reg. Consob n. 11522/1998 (know your merchandise
rule), nel combinato disposto degli artt. 21, 1° co., lett. b, t.u.f. e 28, 1°
co., lett. a, Reg. Consob n. 11522/1998 (know your customer rule) e nell'art.
29, 1° co., Reg. Consob n. 11522/1998 (suitability rule). Trattasi dei doveri
di informarsi ed informare, sussistenti sia nella fase prenegoziale che durante
la fase esecutiva del relativo rapporto.
In altre parole la previsione dell'art. 21 comma 1) lett. b) del TUF nella
parte in cui dispone che nella prestazione dei servizi di investimento gli
intermediari debbano operare in modo che essi siano sempre adeguatamente
informati , legittimerebbe un'estensione dell'obbligo di informazione5. Nel
dettaglio proprio l'avverbio sempre, lascerebbe pensare che gli obblighi
informativi non possano mia ritenersi conclusi con l'esaurirsi del momento
della negoziazione.
A questo orientamento si contrappone la giurisprudenza che ritiene che
l'intermediario non sia tenuto a dare alcuna informazione all'investitore circa
la perdita di valore dei titoli verificatasi in data successiva all'acquisto, a
meno che non si versi nell'ambito della gestione patrimoniale. Sono gli stessi
giudici torinesi a ricordare una decisione del Tribunale di Parma secondo cui
l'attività di consulenza finanziaria trova un limite invalicabile nella
negoziazione finalizzata all'acquisto o al disinvestimento dovendosi escludere
che gravi sull'intermediario un obbligo specifico di monitorare l'andamento del
titolo al fine di suggerire all'investitore di intervenire sul mercato per
ridurre eventuali conseguenze negative collegate a probabile default6.
In realtà, a nostro avviso, è molto difficile poter fornire una soluzione
astrattamente idonea alla soluzione del problema dato che il riflesso di tali
considerazioni è che l'informazione adeguata è quella flessibile. Non può
parlarsi, dunque, di informazione per l'investitore tout court, ma piuttosto di
informazione adeguata, cioè di informazione che valorizza la specificità di
ciascuna contrattazione e quindi del profilo di ciascun investitore7. Si
promuove, dunque, una modulazione dell'attività informativa in relazione
all'esperienza dell'investitore: tanto più elevandola quanto minore dovesse
manifestarsi tale esperienza8. In altre parole il riferimento all'adeguatezza
presuppone che le informazioni debbano essere modellate dall'intermediario alla
luce della peculiarità del rapporto con il cliente con la conseguenza che, a
seconda della controparte, l'operatore finanziario dovrà calibrare diversamente
gli obblighi informativi soddisfacendo le specifiche esigenze informative
proprie del singolo rapporto9. In questa prospettiva può essere collocata la
logica fiduciaria intrinseca allo scambio finanziario e che contribuisce ad uno
spontanea autolimitazione dei comportamenti opportunistici da parte degli
intermediari attraverso il rispetto degli obblighi di informazione.
Ma il ragionamento del giudice torinese è piuttosto rigido ed azzera questa
possibile fonte legale dell'obbligo di informazione postcontrattuale
nell'attività di negoziazione riconoscendola - unicamente - sul piano
convenzionale. Infatti, come detto, nella vicenda in commento il Tribunale
osserva che l'ordine sottoscritto dal cliente conteneva una espressa sezione
denominata "Clausole e note diverse" ove era testualmente previsto
che il titolo faceva parte dell'elenco delle obbligazioni a basso rischio, rendimento
emesso alla data dell'ordine e redatto nell'ambito del progetto Patti
Chiari" ed ancora che in base agli andamenti di mercato il titolo potrà
uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà
tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del
livello di rischio".
Per il giudicante è l'inserzione di questo ulteriore contenuto, sottoscritto in
calce all'ordine da entrambe le parti ed aggiuntivo rispetto a quello
standardizzato, tipico dell'ordine di investimento, a costituire una vera e
propria pattuizione contrattuale ed integra una fonte di obblighi di natura
convenzionale specificamente assunti dalla banca nei confronti del suo cliente
investitore". Si puntualizza, poi, nella parte motiva della decisione che
il Regolamento del consorzio Patti Chiari prevede che, nel caso di aumento
rilevante del rischio il titolo ovvero nel caso di passaggio del rischio da
basso a significativo, il cliente deve essere informato entro due giorni. Per
il Tribunale di Torino l'utilizzo dell'avverbio "tempestivamente"
lascia sottintendere anche un termine più severo di quello dei "due
giorni" previsto dal regolamento Patti Chiari.E' proprio la peculiare
portata della clausola contenuta nell'ordine di investimento ad affinare gli
obblighi informativi della banca (in senso più favorevole all'investitore) non
solo nel rispetto della normativa nel settore dell'intermediazione finanziaria
ma anche avendo alla disciplina del Consorzio Patti Chiari.
Per di più, si legge in motivazione, che l'interpretazione più favorevole
all'investitore è riscontrabile sotto il profilo strettamente giuridico alla
luce dell'art. 35 del Codice del Consumo ove si legge che nel caso di dubbio
sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al
consumatore. Dunque, nel caso di specie l'uso dell'avverbio tempestivamente non
assume un significato diverso del termine dei due giorni (previsto dal
Regolamento Patti Chiari), consentendo maggiore immediatezza e celerità e
dunque anche più breve.
3. Il risparmiatore è consumatore?
Quello che appare particolarmente interessante dalla lettura di questo
passaggio della decisione è la completa assimiliazione dell'investitore al
consumatore ex art. 3 del Codice del Consumo. Trattasi, in realtà, di una
questione assai dibattuta ed ancora aperta10, e non solo in Italia11.
Già una ricognizione approssimativa del dato normativo evidenzia una
modulazione diversa degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario
finanziario secondo la qualità soggettiva del suo partner: l'operatore
qualificato, la controparte qualificata non necessitano, infatti, d'essere
tutelati attraverso l'imposizione di obblighi informativi.
Ciò consente di avanzare una serie di considerazioni che qui possono essere
solo accennate - irrilevanza della tesi secondo cui la disciplina dell'attività
dovrebbe essere diversa da quella del singolo atto12, sottrazione
dell'argomento degli obblighi di informazione alla categoria del terzo
contratto13 - salvo dover dar risalto ad una di esse: accertare se la
presunzione assoluta di carenza informativa del risparmiatore non professionale
consenta di predicare la debolezza in generale per l'intera categoria di
soggetti che operano in quello specifico settore di mercato in modo non
professionale14. C'è insomma una premessa ideologica che conforma il
ragionamento: il risparmiatore è disinformato, quindi è debole, la
disinformazione è ciò che rende strutturalmente debole il consumatore, quindi,
per concludere il ragionamento sillogistico, il risparmiatore è consumatore.
La ragioni per credere che vi sia una insinuante, spesso inespressa,
assimilazione tra risparmiatore e consumatore non mancano né rappresentano una
novità. Se ne cominciò a discutere con una certa insistenza sul finire degli
anni ottanta15; da allora il formante dottrinario e quello giurisprudenziale,
sempre più conquistati dal consumerismo, hanno puntellato l'impalcatura
normativa che ha tracciato la strada per ravvisare nel risparmiatore, ma
soprattutto - ai fini che qui interessano - nella intermediazione finanziaria
un settore di mercato omogeneo in cui debbono essere ripristinate, con norme
imperative, alcune regole del gioco - pienezza del consenso, principio di
autodeterminazione, uguaglianza sostanziale delle parti - insomma, quelle che
la standardizzazione e la alterazione della forza nei rapporti contrattuali
hanno azzerato.
Un ruolo decisivo hanno assunto, sin dai primi studi in materia, due
considerazioni: a) il rapporto che viene ad instaurarsi con l'intermediario
finanziario risponde a logiche di spinta standardizzazione;16 b) il dominio del
contraente professionale nella definizione dei suoi contenuti è
indiscutibile17.
Dal punto di vista normativo, dopo la svolta rappresentata dalla legge 17
febbraio 1992, n. 15418 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi
bancari e finanziari, i dati recenti più significativi sono due ed in qualche
modo sembrano aver messo la parola fine alla questione.
In primo luogo, il legislatore, attraverso l'introduzione dell'art. 32 bis nel
Tuf (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia
di intermediazione finanziaria) ed il riconoscimento della tutela degli
interessi collettivi degli investitori, attribuisce alle associazioni dei
consumatori (inserite nell'elenco di cui all'art. 137 cod.cons.: d.lgs. 6
settembre 2005, n. 206, Codice del consumo) la legittimazione ad agire per la
tutela degli interessi collettivi degli investitori. Trova conferma, per questa
via, la necessità di ampliare la nozione di consumatore al fine di racchiudere
al suo interno anche l'investitore/risparmiatore che - agendo per scopi
estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta - si
rivolge ad un intermediario per la realizzazione di operazioni finanziarie19.
E' pur vero che il codice del consumo, nella sua prima stesura, non si occupava
dei servizi finanziari se non marginalmente; in particolare l'art. 33, commi 3
e 4, già stabiliva, con riguardo ad alcune clausole vessatorie, una disciplina
derogatoria laddove il contratto avesse ad oggetto la prestazione di servizi
finanziari; ancora, il successivo comma 5 affermava che non si presumono nulle
ulteriori clausole della grey list ove esse siano previste in contratti aventi
ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi
il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso o di un indice di borsa
o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista.
Cionondimeno, le disposizioni in esso contenute riguardavano in generale colui
che si poneva in maniera non professionale come interfaccia dell'imprenditore e
dunque anche il contraente risparmiatore, assicurato, investitore e così via20.
Ad ogni modo, il secondo indice rivelatore della volontà legislativa di
assimilare il risparmiatore al consumatore è costituito dalla modifica al
codice del consumo, operata con l'art. 9 del d.lgs. 23 ottobre 2007, n. 221,
che sembrerebbe aver eliminato in via definitiva ogni equivoco attraverso
l'introduzione di un'apposita sezione, la IV bis (comprendente gli articoli da
67 bis a 67 vicies bis), dedicata integralmente alla disciplina della
commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori21.
Non mancano tuttavia problemi interpretativi. Proprio di recente il Consiglio
di Stato22, chiamato a formulare un parere in ordine alla ripartizione di
competenze riguardo alla disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa
nel settore finanziario tra l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(Agcm) e la Consob, sia pure obiter, ha affermato che il risparmiatore (cioè
l'investitore non professionale) si presenta, conformemente alla tendenza del
diritto comunitario, come una specie del genere consumatore, in quanto
destinatario finale di un prodotto standardizzato seppur finanziario: un
consumatore, cioè, di servizi finanziari.
Riguardo alla questione specifica relativa alle pratiche commerciali scorrette
poste in essere dai professionisti che operano nei servizi finanziari
(emittenti, intermediari finanziari e così via), il Consiglio di Stato però,
pur riconoscendo al risparmiatore lo status di consumatore, ha ritenuto che
debbano trovare applicazione le disposizioni del Tuf e non quelle del codice
del consumo.
La ragione è stata individuata nella circostanza che la disciplina speciale si
rivela la più idonea a mantenere elevato il livello del controllo pubblico
sull'informazione elargita agli investitori, posto che la Consob, a differenza
dell'Agcm23, è capace tanto di cogliere tempestivamente i segnali che si
manifestano nel mercato - riguardo a situazioni anomale o critiche sotto il
profilo della trasparenza, della completezza e della asimmetria informativa
nonché sotto il profilo dell'integrità dei mercati e dell'offerta di servizi di
intermediazione24 - quanto di garantire il controllo dell'informazione elargita
agli investitori25.
Indipendentemente dalla questione specifica, ciò che non può essere messo in
dubbio è che anche la disciplina dell'intermediazione finanziaria sia stata in
buona misura «consumerizzata», allo scopo di mettere le parti in una posizione
contrattuale di partenza26 non asimmetrica.
Accedere all'idea della consumerizzazione del contratto, tuttavia, significa
esclusivamente prendere atto che gli interventi normativi sulla disciplina in
esame costituiscono un momento di rottura rispetto all'impianto originario del
codice del 1942 - dove (tralasciando gli status familiari e le regole contenute
nel libro V) non è riservato alcuno spazio alla rilevanza delle condizioni
soggettive delle parti27 - e non già adagiarsi sull'idea che lo «status» di
consumatore28 si attagli perfettamente al risparmiatore (come proprio il parere
del Consiglio di Stato appena evocato dimostra).
Per quanto sia opinabile che il concetto di status si adatti a definire la
condizione giuridica del consumatore29, non si può negare che il risparmiatore
- a differenza del consumatore - sia tale, cioè debole nei confronti dell'altra
parte, esclusivamente in occasione della singola contrattazione, mai
indipendentemente da quella; anche quando partecipa ad un'attività giuridica
del resto non è sempre destinatario dello statuto protettivo30 .
In sostanza, se per il consumatore - tanto secondo la definizione normativa
(cfr. art. 3 cod.cons.) quanto per l'interpretazione prevalente31 - vale una
presunzione assoluta di debolezza32 che non consente di far prevalere una
differente definizione situazionale33, viceversa, per il risparmiatore assumono
rilievo il ruolo e la qualità assunte volta per volta nella singola
contrattazione34 .
In aggiunta, solo il fatto che il risparmiatore non si identifichi con il
consumatore spiega come mai solo quando l'operazione economica coinvolga il
risparmiatore sia previsto l'obbligo a carico del partner professionale di
acquisire informazioni: in nessun'altra disciplina di settore fra quelle
confluite nel Codice del consumo è infatti dato riscontrare un obbligo analogo.
In materia di intermediazione finanziaria o di commercializzazione a distanza
di servizi finanziari, invece, gli indici normativi in tal senso sono numerosi
e trovano la loro ratio nella peculiare fiduciarietà del rapporto, nella
singolarità della contrattazione nonché nella natura degli interessi coinvolti.
In questa direzione già si orientava la disciplina contenuta nell'art. 28 del
Regolamento Consob 1° luglio 1998, n. 11522, il cui comma 1, lett. a), imponeva
espressamente agli intermediari di chiedere all'investitore notizie circa la
sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua
situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento nonché la sua
propensione al rischio. L'obiettivo era proprio quello di modulare il contenuto
degli obblighi di comportamento dell'intermediario facendo sì, per un verso,
che il risparmiatore maturasse un consenso avveduto, per altro, che si evitasse
la commutazione, di fatto, del debito informativo in un vacuo stilema
offendente la sua ratio essendi35. Ciò non è sfuggito a quella parte della
dottrina che ha scorto nell'art. 28 del Reg. Consob 11522/1998 il veicolo
attraverso cui è stata introdotta nel nostro ordinamento la know your customer
rule, conosciuta anche come l'undicesimo comandamento di Wall Street, per la
quale l'obbligo di informarsi è strettamente funzionale al successivo obbligo
costituito dalla soddisfacente realizzazione dell'informazione alla
clientela36. E' agevole intuire che la mancata acquisizione delle informazioni
impedirà all'intermediario di adempiere correttamente la sua prestazione, posto
che il nesso di strumentalità tra il dovere informativo e l'obbligo di acquisire
le informazioni necessarie dai clienti è palese, "così come manifesto è il
loro sinergico operare"37.
Ad escludere che il risparmiatore ed il consumatore si identifichino
contribuiscono ulteriori considerazioni: non si può negare infatti che il
risparmiatore sia un consumatore un po' "anomalo". Egli acquista un
bene che non vede, che non è tangibile e che quindi non rileva per le sue
caratteristiche strutturali, in quanto si tratta di un bene immateriale
destinato, normalmente, ad appagare l'aspettativa di mettere a profitto il
denaro investito38. Normalmente lo scambio che lo vede protagonista si
caratterizza come scambio di un bene presente con un bene futuro, "la cui
esistenza e consistenza sfugge in larga misura al controllo del soggetto che
attende la futura prestazione"39. Il risparmiatore formula il proprio
convincimento e dunque aderisce alla contrattazione confidando - sic et
simpliciter - sulle informazioni resegli dalla controparte professionale, la
quale non è affatto detto che gliele fornisca "anche" in ragione del
suo personale profilo di cliente; là dove il consumatore agisce negozialmente
per scopi connessi al soddisfacimento di bisogni o di interessi personali; di
conseguenza, il bene o la prestazione richiesta, siano essi di modico o medio
valore, ed il relativo regolamento, anche se vessatorio, possono (al più)
comportare un pregiudizio, ma non certo il tracollo della situazione
patrimoniale del contraente40.
Ben diversa è, nella maggior parte dei casi, la posizione del risparmiatore,
posto che quest'ultimo - nel rapporto negoziale con la banca - può affidarle
buona parte o tutto il proprio patrimonio41.
1) Trib. Torino 22 dicembre 2010, Sez. I°, Giudice Tassone, X contro INTESA SAN
PAOLO SPA.
2) M. CIAN, Gli obblighi informativi degli intermediari, Nuove Leggi Civ.
Comm., 2009, 6, 1197. In questa direzione v. Trib. Milano 18 ottobre 2006,
Trib. Venezia, 4 maggio 2006 in www.ilcaso.it.
3) Sul punto v. INZITARI-PICCINNINI, La tutela del cliente nella negoziazione
di strumenti finanziari, Padova, 2008, 65.
4) Del dibatto in giurisprudenza v. M. CIAN, op. cit., 1197 ss.
5) Così Trib. Roma 25 maggio 2005 e Trib. Cosenza, 1 marzo 2006 in www.ilcaso.it.
6) Così Trib. Parma, 9 gennaio 2008 richiamato nella decisione in commento.
7) Per una più articolata disamina del ruolo dell'informazione in materia di
intermediazione anche con riferimento al recepimento della direttiva Mifid si
veda: GRECO, Informazione precontrattuale e rimedi nella disciplina
dell'intermediazione finanziaria, in Quaderni di Banca Borsa Titoli di Credito,
Milano, 2010.
8) Il dato è ribadito in una recente decisione del Tribunale di Gorizia, 19
febbraio 2009, in www.ilcaso.it, secondo la quale una generica
prospettazione di inadeguatezza di investimento non soddisfa l'obbligo di
informazione. Sul punto v. anche Trib. Mantova, 31 marzo 2009, in www.ilcaso.it.
9) Cfr. SARTORI, Autodeterminazione e formazione eteronoma, cit., 20, ove si
evidenzia che si tratta di un'impostazione ribadita con fermezza dal
legislatore comunitario con la direttiva n. 39/04 laddove impone alle imprese
di investimento di fornire ai clienti o potenziali clienti informazioni
appropriate e in forma comprensibile su tutti gli elementi rilevanti, in modo
da metterli nelle condizioni di prendere le decisioni in materia di
investimenti con cognizione di causa. In argomento v. anche CAPRIGLIONE,
Intermediari finanziari investitori mercati,, Padova, 2008, 165.
10) Spunti di riflessione, ex multis, in GORGONI, Regole generali e regole
speciali nella disciplina del contratto, cit., 60 ss.; F. GRECO, Informazione
pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell'intermediazione finanziaria,
op. cit., 1ss.; Id., Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, 1 ss.
11) La dottrina tedesca nega che all'investitore possa applicarsi la disciplina
del consumatore, stante la diversità degli interessi sottesi da un'operazione
di investimento, con cui si tende a massimizzare il profitto rispetto a quella
con cui si soddisfano bisogni personali o familiari. Cfr. ASSMANN SCHÜTZE,
Handbuch des Kapitalanlagerechts, III ed., Monaco, 2007, 7, 103 ss-
12) I fautori della tesi dell'attività sostengono, infatti, che l'attività, a
differenza del singolo atto, in cui è implicata una connotazione di esaurimento
e completezza, sia un concetto dinamico, aperto alla continuità ed alla
proiezione futura che richiede risposte differenti da quelle affidate alle
regole di invalidità o risarcitorie, occorrendo controlli ex ante: AULETTA,
Attività (dir. priv), in Enc. dir., Milano, 1958, III, 986; ALCARO, L'attività.
Profili ricostruttivi e prospettive applicative, Napoli, 1999.
13) D'AMICO, La formazione del contratto, in GITTI, VILLA (a cura di), Il terzo
contratto, Bologna, 2008, 58
14) AMADIO, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema
di «abuso della libertà contrattuale»), in Riv.dir.priv., 2005.
15) Cfr. ALLEGRI, Nuove esigenze di trasparenza nel rapporto banca-impresa
nell'ottica di tutela del contraente-debole, in Banca, borsa, tit.cred., 1987,
38 ss.; AA.VV., La tutela del consumatore di servizi finanziari, RUOZI (a cura
di), Milano, 1990; ALPA, L'informazione del risparmiatore, in Banca, borsa,
tit.cred., 1990, 476 ss.; P.L. CARBONE, La trasparenza bancaria e la tutela del
consumatore, in Corr.giur., 1992, 478 ss.; GALGANO, I rapporti di scambio nella
società postindustriale, in Vita notar., 1992, 52 ss.; MARTI, La vendita «porta
a porta» di valori mobiliari e il sistema delle fonti, in BUSNELLI, BESSONE (a
cura di), La vendita porta a porta di valori mobiliari, Milano, 1992, 33;
GORGONI, Contratti negoziati fuori dei locali commerciali, in Enc.giur., 1994.
Piuttosto interessante, soprattutto in considerazione del background del
periodo, risulta una decisione del Giurì del Cap del 28 gennaio 1988 (in
UBERTAZZI (a cura di), Giurisprudenza completa del Giurì di Autodisciplina
Pubblicitaria, Milano, 1988, 280) che respinge l'idea che il consumatore medio
di prodotti e servizi finanziari, non essendo quello del pubblico in generale
perché rispetto al consumatore puro e semplice è particolarmente smaliziato,
non abbia bisogno di tutela: la sua appartenenza ad un pubblico medio-alto e
sufficientemente attrezzato non ne fa, infatti,un esperto proteso alla ricerca
di significati tecnico-giuridici.
16) CAVALLI, Contratti bancari su modulo e problemi di tutela del contraente
debole, Torino, 1976; ID, Le clausole vessatorie nei contratti bancari, in
PORTALE (a cura di), Le operazioni bancarie, I, Milano, 1978, 103 ss.
17) In questa direzione DE POLI, op.cit., 168 ss.; GRISI, Informazione
(Obblighi di), cit., 6; CAVAZZUTTI, Conflitti di interessi e informazioni
asimmetriche nell'intermediazione finanziaria, in BIS, 1989, 357 ss.; CLARIZIA,
Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e obblighi di
informazione, in Riv.it.leasing, 1992, 213 ; COSTI, Informazione e contratto
finanziario, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1993, 719 ss.; DOLMETTA, Per
l'equilibrio della trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla
legge n. 154/1992, in Banca, borsa, tit.cred, 1992, 375; MARTORANO, Trasparenza
e parità di trattamento nelle operazioni bancarie, in Banca, borsa, tit.cred.,
1991, 697; RESCIGNO, Trasparenza bancaria e diritto comune dei contratti, in
Banca, borsa, tit. cred., 1990, 297 ss.; SCHLESINGER, Problemi relativi alla
c.d. trasparenza bancaria, in Corr. giur., 1989, 229 ss.
18) Su cui cfr. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio delle operazioni bancarie,
Milano, 1993; ALPA, La "trasaprenza" del contratto nel settore
bancario, finanziario e assicurativo, in Giur. it., 1992, IV, 409; FERRO LUZZI,
CASTALDI, La nuova legge bancaria, il t.u. delle leggi sulla intermediazione
bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione, 1788 ss.; PELLEGRINI,
Controversie in materia bancaria e finanziaria, Padova, 2007, 3; PICCININI, I
rapporti tra banca e clientela, cit., 24.
19) In argomento CAPOBIANCO, Contrattazione bancaria e tutela dei consumatori,
Napoli, 2000, 36;
20) In questi termini BLANDINI, Il codice del consumo e i servizi finanziari:
riflessioni sulla posizione del consumatore, in Riv.dir.priv., 2007, I, 19. Sul
punto v. anche BESSONE, Servizi di investimento e disciplina del contratto. Il
principio di separazione patrimoniale, "sana e prudente" gestione del
portafoglio, conflitto di interessi, in Giur. mer., 2002, 1411, ove si osserva
che a tutela degli investitori-risparmiatori operano anche le normative di
disciplina generale del contratto pensate secondo una più generale ratio legis
di protezione dei contraenti in posizione negoziale inevitabilmente debole.
Anche a tutela dell'investitore, osserva l'A., in questo senso rilevano le
normativa sui contratti del consumatore poste a generale protezione di chi
conclude contratti con un professionista non essendo a sua volta operatore
professionale.
21) Sul significato di tale collocazione disciplinare cfr. CAPRIGLIONE,
Intermediari finanziari investitori mercati. Il recepimento della MiFID.
Profili sistematici, Padova, 2008, 169 ss.
22) Consiglio di Stato, Adunanza della Sezione Prima 3 dicembre 2008, n.
3999/2008, in www.personaedanno.it.
23) I giudici amministrativi riconoscono che l'Agcm agisce per la tutela della
concorrenza nel mercato in generale e per il contrasto delle pratiche
commerciali sleali o scorrette, anch'esse riferite alla concorrenzialità del
mercato generale: perciò il beneficiario tipico dei suoi interventi è il
"consumatore". La Consob agisce invece per la tutela degli
investitori e della efficienza, della trasparenza e dello sviluppo del mercato
mobiliare: perciò il beneficiario tipico è l'"investitore".
Sul rapporto tra Agcm e Consob cfr. CALABRÒ, Autorità garante della concorrenza
e del mercato e i suoi rapporti con le autorità di vigilanza, in AA.VV., Tutela
del risparmio, authorities, governo societario, Milano, 2008, 87 ss.
24) In generale sull'enforcement delle attività di vigilanza ed in particolare
della Consob, cfr. STELLA, L'enforcement nei mercati finanziari, Milano, 2008,
59 ss.;
25) Così M. BARCELLONA, Mercato mobiliare...,op. cit., 133 ss.;
CLARICH-CAMILLI, L'evoluzione del controllo dei rischi finanziari - Le
competenze della Banca d'Italia e della Consob, in I nuovi equilibri mondiali:
imprese, banche, risparmiatori, Milano, 2009, 131 ss.; RABITTI BEDOGNI, Le
nuove funzioni e i nuovi poteri di vigilanza della Consob, in Tutela del
risparmio, authorities, governo societario, Milano, 2008, 36
26) BENEDETTI, La formazione del contratto e l'inizio di esecuzione: dal codice
civile ai principi di diritto europeo dei contratti, in AA.VV., Scritti in
onore di Vincenzo Buonocore, IV, Milano, 2005, 4270.
27) Infatti, sarebbe vano ricercare, nel modello di obbligazione configurato
nel libro IV, indici chiari dell'attribuzione ad una delle parti del rapporto
di una posizione differenziata in relazione alla peculiare qualità soggettiva
rivestita. Per un approfondimento si rinvia a M. BARCELLONA, I soggetti e le
norme, Milano, 1984; DI MAJO, I cinquant'anni del libro delle obbligazioni, in
Riv.crit.dir.priv., 1992, 161 ss. Sul punto v. anche F. GRECO, Profili del
contratto, cit., del consumatore, Napoli, 2005, 126 ss., il quale rileva che
"un'eccezione parrebbe essere rappresentata dall'art. 1435 c.c. che dà
rilievo alla condizione delle persone, ma è la classica eccezione che conferma
la regola. Ogni assimilazione, poi, tra "condizione" soggettiva che
trovasi incarnata nelle qualità del consumatore e professionista e quella delle
persone su cui è esercitata violenza sembra implicare una forzatura, giacché
esse operano su piani non coincidenti. Vero è che il riferimento alla
condizione delle persone di cui all'art. 1425 c.c. offre la possibilità di
tenere conto di ogni e qualsiasi circostanza idonea a rendere più grave un
male, o più impressionante una minaccia, nei confronti di una determinata
vittima; ma la considerazione di questo dato non può indurre a mutare la conclusione
raggiunta".
28) Cfr. per tutti KLESTA DOSI, Lo status del consumatore: prospettive di
diritto comparato, in Riv. dir. civ., 1997, 667; ALPA, Status e capacità - la
costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993, 43.
29) GATT, Art. 1469-bis comma 2- Ambito soggettivo di applicazione della
disciplina. Il consumatore ed il professionista, in Nuove leggi civ.comm.,
1997.
30) Cfr., per tutti, ROPPO, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal
contratto del consumatore al contratto asimmetrico, cit., 267 ss., il quale
proprio dalla regolamentazione introdotta con la Mifid che, alla disciplina
protettiva standard, applicabile in generale a qualsiasi "cliente",
affianca discipline differenziate, in relazione a diverse tipologie di clienti:
discipline meno protettive (basate su uno standard meno rigoroso e stringente)
per le "controparti qualificate" e per i "clienti
professionali"; discipline più protettive (basate su uno standard più
rigoroso e stringente) per i "clienti al dettaglio", inferisce che
ciò non significa riflusso nel modello del "consumatore". Per l'A.
siamo sempre nella logica di protezione del "cliente": semplicemente,
il legislatore ha voluto graduare il livello della protezione, in relazione al
grado di asimmetria con l'impresa di investimento, che può variare da tipo di
cliente a tipo di cliente. E perfino il cliente caratterizzato dal massimo
grado di asimmetria, e per questo beneficiario del massimo livello di
protezione - il "cliente al dettaglio" -, non si identifica con il
"consumatore": cliente al dettaglio è qualsiasi cliente che non sia
un "cliente professionale"; può essere tale, pertanto, anche una
persona giuridica; e anche un soggetto che operi nel quadro della propria attività
imprenditoriale o professionale.
31) Cfr. DI SABATO, Contratti dei consumatori, contratti d'impresa, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1995, 665. Per un approfondimento v., tra gli altri,
CALVO, La tutela del consumatore alla luce del principio di eguaglianza
sostanziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 869.
Per alcuni autori, cfr. ad es., BIGLIAZZI GERI, Art. 1469-bis, in
BIANCA-BUSNELLI (a cura di), Commentario al capo XIV del codice civile, cit.,
84, non ci si dovrebbe fermare al dato formale, ma si dovrebbe mettere in
evidenza la centralità di un criterio sostanziale, quello della debolezza,
idoneo a determinare la posizione dell'aderente all'interno di contratti
unilateralmente predisposti.
32) FERRI, La cultura del contratto e le strutture del mercato, in Diritto
Privato Europeo e categorie civilistiche, (a cura di) LIPARI, Napoli, 1998,
167. Ma in argomento cfr. anche IRTI, L'ordine giuridico del mercato, cit., 49
ss., il quale sottolinea che su una negoziazione non si costruisce uno status.
33) Cfr. GORGONI, Regole generali e regole speciali, cit., 221, per la quale la
condizione di strutturale inferiorità del consumatore proprio perché fondata su
una presunzione legislativa tipizzante non basta e deve essere integrata dalla
c.d. dimensione situazionale, cioè dal riferimento alla situazione specifica in
cui l'agente viene a trovarsi di volta in volta.
Per M. V. DE GIORGI, Principi, cit., 652, "la figura del consumatore si
sta rivelando sempre più socio-culturalemnte inafferrabile ed esteticamente
squallida ... il consumatore è anonimo, non ha volto ...è debole per definzione
a prescindere dalle sue condizioni economiche; non vuole faticare, è passivo,
semplice, a volte ingenuo, disinformato anche se sommerso da voluminosi
libretti di istruzioni".
34) Sul punto v. F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità del
promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob, in Resp. civ.
prev., 2005, 4-5, 990.
35) CALVO, Il risparmiatore informato tra poteri forti e tutele deboli, in
Banche, consumatori e tutela del risparmio, a cura di AMBROSINI-DEMARCHI,
Milano, 2009, 54.
36) SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari. finanziari. Disciplina e
forme di tutela, Milano, 2004, 203.
37) Trib. Palermo, 15 marzo 2005, in Foro it., 2005, I, 1, 2539
38) CARRIERO, MiFID, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Diritto
della banca e del merc. fin., 3, 2008, I, 431.
V., nella dottrina francese, LEROYER, L'investisseur...un consommateure pas
comme les autres, Droit & Patrimoine, 2006, 106 ss. per cui on ne spécule
pas sur le marchés financiers comme on fait ses corse dans un supermarché.
39) Così COSTI, Informazione e contratto nel mercato finanziario, cit., 720.
40) PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di
prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in
Corr. giur., 2005, 1028.
41) Per PIAZZA, op.cit., 1028, "quanto più modesta è la consistenza
economica del risparmiatore tanto più elevata è la probabilità che egli affidi
all'investimento mobiliare il proprio gruzzolo non potendo accedere, come forma
di risparmio alternativo, al mercato degli immobili, specie oggi attesi gli
elevati valori di scambio. Qui non si tratta, come nel caso del semplice
consumatore, di subire ingiusti squilibri contrattuali, bensì di subire la
perdita di tutto o buona parte del proprio patrimonio e quindi compromettere la
stessa complessiva qualità della vita". Nello stesso senso anche
GAGLIARDI, Il contratto di assicurazione. Spunti di atipicità ed evoluzione del
tipo, Torino, 2009, 135.
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