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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/11/2007 Scarica PDF
Contro l'interpretazione abrogante della disciplina preventiva del conflitto di interessi (e di altri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento
Daniele Maffeis, Professore Ordinario di Diritto PrivatoCass., 29
settembre 2005, n. 19024, Pres. Losavio, rel. Marziale : << La nullità
del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418,
primo comma, cod. civ., postula che la violazione attenga ad elementi
intrinseci della fattispecie negoziale. La violazione da parte della società di
intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto
del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse
conflittuale nell'operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la
natura e l'estensione del suo interesse nell'operazione ed il cliente abbia
preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all'operazione (art.
6, comma 1 lett. g), applicabile nella specie 'ratione temporis'), non
determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato,
ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod.
civ. >> *.
* Massima non ufficiale.
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Conflitto di interessi e rimedi nel codice civile.
- 3. Conflitto di interessi e rimedi nella prestazione dei servizi di
investimento. - 4. La diffusione del modello della disciplina della situazione
di conflitto di interessi. - 5. La generale tendenza alla disapplicazione delle
discipline preventive del conflitto di interessi. - 6. La mancata previsione
del rimedio nella disciplina del conflitto di interessi nella prestazione dei
servizi di investimento. - 7. La ricostruzione in via interpretativa del
rimedio. - 8. La posizione della giurisprudenza di merito. - 9. La posizione
della giurisprudenza di legittimità: la disapplicazione della disciplina nella
sentenza in commento. - 10. L'opinione, conforme alla giurisprudenza di
legittimità, di una parte della dottrina. - 11. Una critica interna degli
argomenti della dottrina e della sentenza in commento contrari alla tesi della
nullità. Nullità e restituzioni. - 12. (segue). Regole di validità e regole di
responsabilità. - 13. Dal conflitto di interessi alla nullità per violazione
della disciplina secondaria sull'adeguatezza dell'operazione (art. 29
Regolamento 11522/1998). - 14. L'ambito in cui opera esclusivamente il rimedio
risarcitorio: cura sostanziale dell'interesse (art. 21 T.U.F.) ed informazione
sulla natura ed i rischi dell'operazione (art.28). - 15. Riflessione
conclusiva: i rimedi ed il cliente spavaldo.
1. Premessa
La teoria dei formanti[1] mostra che una scelta del legislatore può faticare a
divenire effettiva - o può non divenirlo mai - a causa delle premesse,
esplicite o implicite, del ragionamento dei giudici, variamente mediate dalle
interpretazioni dottrinali.
Spesso il legislatore ci mette del suo: come quando sceglie di enumerare
precetti imperativi sulla condotta dei contraenti, sulle forme del contratto,
sul contenuto del contratto, sul procedimento di formazione della volontà, ma
tace completamente dei rimedi, dando la fastidiosa sensazione di considerare
ugualmente importanti momenti diversissimi, ad es. un'autorizzazione necessaria
per il compimento dell'operazione come l'informazione sulla natura del servizio
e l'informazione come il rispetto di un termine per la consegna di documenti
superflui.
La cosa non è grave se il precetto non tocca un momento nevralgico, come accade
per l'obbligo di consegna al cliente di una copia del contratto di
investimento, bancario, di credito al consumo, di viaggio, perché il
contenzioso sul punto non esiste o è marginale.
La cosa è grave, invece, se il precetto è realmente importante e dà luogo ad un
ampio contenzioso, o ad un contenzioso di massa.
Servirebbero un precetto semplice ed un rimedio chiaro[2] e, invece, la
giurisprudenza e la dottrina si dividono.
È la vicenda della disciplina del conflitto di interessi (e di altri pericoli)
nella prestazione dei servizi di investimento, sulla quale si pronuncia oggi la
Corte di cassazione con la sentenza la cui massima è oggetto del presente
commento.
2. Conflitto di interessi e rimedi nel codice civile
La risposta al quesito quale regola, secondo il legislatore, è idonea a
governare il conflitto di interessi nel contratto è certa: "una regola di
validità"[3].
Il conflitto di interessi nel contratto concluso dal rappresentante volontario
è disciplinato dal codice civile con la previsione testuale di un rimedio
impugnatorio: l'annullamento del contratto, svantaggioso per il rappresentato
perché inciso da un interesse in conflitto, quando l'incidenza dell'interesse
sul contratto era conosciuta o riconoscibile dal terzo contraente (art. 1394
cod.civ.)[4].
Oltre all'annullamento del contratto, il rappresentato può ottenere il
risarcimento del danno dipendente dalla violazione dell'obbligo del
rappresentante di agire nel suo interesse[5].
In assenza di potere di rappresentanza, il mandante può respingere gli effetti
del contratto gestorio concluso dal mandatario, ai sensi dell'art. 1711, comma
1 cod.civ., che si riveli contrario al suo interesse (anche se il carattere
svantaggioso non dipenda dall'incidenza di un interesse in conflitto)[6].
Anche qui, il mandante può ottenere il risarcimento del danno dipendente dalla
violazione dell'obbligo del mandatario di agire nel suo interesse[7].
Una disciplina del risultato dell'azione posta in essere in conflitto di
interessi, non della situazione di conflitto di interessi.
La Corte di cassazione - al di là di frequenti massime mentitorie[8] - fa buon
governo di queste regole, incentrate sulla previsione testuale di un rimedio
impugnatorio e sulla ricostruzione in via interpretativa di un rimedio
risarcitorio, destinati entrambi a trovare applicazione nel solo caso che il
risultato dell'azione si riveli contrario all'interesse del dominus[9].
Il dato che si registra, alla luce del condivisibile orientamento
giurisprudenziale, è che i contratti annullati per conflitto di interessi, come
i rifiuti efficacemente opposti dal mandante al trasferimento degli effetti
dell'atto gestorio, sono pochi[10].
E ciò è un bene per la sicurezza dei traffici: perché è preferibile addossare
al dominus commoda et incommoda della scelta di farsi sostituire nel compimento
di atti giuridici, e non intaccare la fiducia dei terzi che, per una scelta di
altri, contrattano con sostituti volontari[11].
3. Conflitto di interessi e rimedi nella prestazione dei servizi di
investimento
Diverso è il quadro quando i traffici, e la fiducia nei cooperatori, riguardano
la prestazione di servizi essenziali per l'economia ed al tempo stesso
pericolosi, per loro natura e, talvolta, per la natura dei beni che formano
oggetto dell'attività di cooperazione[12].
È il caso dei servizi di investimento.
La disciplina del conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento
è, sulla carta, molto articolata e severa.
Ferma restando l'applicabilità residuale della disciplina di cui all'art. 1394
cod.civ.[13], incentrata sul risultato dell'azione, il legislatore, fin dalla
legge 1 gennaio 1991, n. 1 ha ritenuto di predisporre una disciplina preventiva
incentrata sulla situazione di conflitto di interessi (c.d. disclose or
abstain)[14]. Così, è attualmente previsto dall'art. 27 del Regolamento
11522/1998 - ed era previsto dalla l. 1/1991 - che la banca (o la s.i.m., ma
potrebbe essere anche una S.G.R. per servizi di gestione individuale) debba
previamente informare per iscritto il cliente della situazione di conflitto di
interessi e non possa concludere il contratto se non dopo avere ricevuto
un'autorizzazione scritta. Si legge nell'art. 27 del Regolamento che "Gli
intermediari autorizzati non possono (il corsivo è mio) effettuare operazioni
con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente
un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla
prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di
società del gruppo, a meno a meno che non abbiano preventivamente informato per
iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione
e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto
all'effettuazione dell'operazione" (il corsivo è mio). La disciplina,
incentrata sulla prevenzione dell'incidenza dell'interesse in conflitto, vieta
alla banca di concludere il contratto senza previa informazione e senza previa
autorizzazione. Lo vieta: perché essendo in gioco un interesse pubblico,
l'incidenza dell'interesse in conflitto deve essere prevenuta.
Sembrerebbe legittimo aspettarsi che i contratti conclusi dalla banca per conto
del cliente nell'ambito della prestazione di servizi di investimento,
sanzionati per la violazione del divieto, non siano pochi come quelli conclusi
da un normale mandatario o rappresentante volontario, e coincidano con quelli
non preceduti da informazione ed autorizzazione.
Il dato che si registra, tuttavia, non è questo. La sanzione per la violazione
del divieto non è infatti considerata applicabile dalla Corte di cassazione,
come dimostra la massima in commento, è applicata da una parte soltanto della
recente giurisprudenza di merito e, in dottrina, è poco o punto approfondita
dai più.
Vediamo perché, facendo precedere all'esame una breve ricognizione degli altri
ambiti in cui opera una disciplina preventiva del conflitto di interessi nel
contratto.
4. La diffusione del modello della disciplina della situazione di conflitto di
interessi
Il modello della disciplina preventiva, incentrata sulla situazione di
conflitto di interessi - adottato per i servizi di investimento, non in via
generale dall'art. 1394 cod.civ. -, è molto diffuso.
La diffusione del modello si spiega perché il pericolo dell'incidenza di
interessi in conflitto non è, ovviamente, una peculiarità dei servizi di
investimento, né lo è la presenza di un interesse pubblico che presidia la
tutela dell'interesse del dominus.
Nello stesso codice civile del 1865, da ben prima che il legislatore ideasse la
disciplina contenuta nell'art. 1394 del codice civile it. del 1942, erano
contenute, e sono ora contenute nel codice civile del 1942, discipline del
conflitto di interessi nel contratto incentrate sulla situazione e cioè sulla
prevenzione dell'incidenza dell'interesse in conflitto. Si tratta delle
discipline del contratto concluso in conflitto di interessi dal rappresentante
legale in violazione del dovere di astenersi e di far nominare un curatore
speciale (artt. 320, comma 6, 347, 360, 394, comma 4, 424 cod.civ.).
E lo stesso modello troviamo anche in assenza di un interesse pubblico terzo,
nella norma immediatamente successiva all'art. 1394, l'art. 1395 cod.civ., che
disciplina il contratto concluso dal rappresentante volontario con se stesso,
che è, testualmente, annullabile in difetto di una specifica autorizzazione del
rappresentato (e così di un accordo tra rappresentante e rappresentato
quantomeno sugli elementi essenziali del contratto, che richiede una preventiva
informazione da parte del rappresentante sulle caratteristiche dell'affare di
cui si tratta)[15].
Troviamo il modello, fuori dall'ambito contrattuale, anche in materia di
deliberazioni delle assemblee di società di capitali (art. 2391 cod.civ.) dove
sono disciplinati molto analiticamente gli obblighi di informazione a carico
dell'amministratore che abbia un interesse nell'operazione. Ed in materia di
divieto di concorrenza (art. 2390 cod.civ.), la cui ratio è il conflitto di
interessi. E l'elenco potrebbe arricchirsi di molto.
Ora, in tutti i casi, il rimedio alla violazione della disciplina tesa a
prevenire l'incidenza dell'interesse in conflitto, previsto testualmente, è un
rimedio impugnatorio, l'annullamento.
5. La generale tendenza alla disapplicazione delle discipline preventive del
conflitto di interessi
Il modello della disciplina della situazione di conflitto di interessi è
diffuso ma sfortunato.
I giudici, infatti, muovono dalla premessa - implicita, nella sentenza in
commento, ma spessissimo esplicita - che, anche se è in gioco un interesse
pubblico, ad es. la tutela dell'interesse del minore o dell'incapace, il
conflitto di interessi non esiste se non c'è un danno (è l'approdo al quale
conduce l'operazione consistente nell'inserire come medio logico il concetto di
"compatibilità" degli interessi in conflitto). I giudici sono, per
così dire, appiattiti sulla fattispecie dell'art. 1394 cod.civ., in cui
rilevante è il risultato dell'azione, non la situazione. E pertanto essi sono
propensi a non far discendere alcuna sanzione dalla violazione delle regole
incentrate sulla situazione.
Così, la giurisprudenza tende a non annullare il contratto con se stesso per il
solo fatto che sia mancata l'autorizzazione[16] e tende a non annullare il
contratto del rappresentante legale, per il solo fatto che esso sia stato
concluso dal rappresentante legale, invece che dal curatore speciale[17].
In breve, per la giurisprudenza il pericolo dell'incidenza sul contratto (e,
più in generale, su un atto) di un interesse in conflitto è irrilevante: i
rimedi impugnatori, anche se previsti testualmente, non sono applicati, se
l'interesse non finisce per incidere sul contratto rendendolo contrario
all'interesse del dominus. Né al mancato riconoscimento del rimedio
impugnatorio supplisce il rimedio risarcitorio, che presuppone anch'esso - in
assenza, nel nostro ordinamento, del disgorgement[18] - la contrarietà
all'interesse del dominus.
6. La mancata previsione del rimedio nella disciplina del conflitto di
interessi nella prestazione dei servizi di investimento
Se la tendenza giurisprudenziale a disapplicare i rimedi testualmente previsti
dimostra che il modello della situazione è in generale sfortunato, nei servizi
di investimento il destino del modello appare ancora più gramo e la ragione,
anticipata in premessa, è la mancanza della previsione testuale del rimedio
(già nella l. 1/1991 ed ora nell'art. 27 del Regolamento 11522 del 1998), che
offre al giudice uno spazio di ampia discrezionalità.
Ed infatti a partire da più di quindici anni orsono (l. 1/1991) e sotto la
vigenza del Regolamento 11522 del 1998 i giudici, adusi a non applicare i
rimedi previsti, non li avevano ricostruiti in sede applicativa con la
conseguenza che per lungo tempo la disciplina incentrata sull'obbligo della
banca di informare il cliente e sul divieto di contrattare senza autorizzazione
del cliente è rimasta lettera morta. Vuota declamazione di rituali formalistici
privi di sanzione[19].
7. La ricostruzione in via interpretativa del rimedio
In dottrina è stata prospettata la tesi che la violazione dell'art. 27 del
Regolamento, in particolare la violazione dell'obbligo di informare il cliente
e di ricevere espressa autorizzazione preventiva, sia assistita da un rimedio
impugnatorio ed in particolare comporti la nullità del contratto concluso dalla
banca e dell'atto di ritrasferimento dalla banca al cliente del risultato
dell'operazione[20]. Cave: non ovviamente la nullità del contratto fra banca e
cliente relativo alla prestazione dei servizi[21].
Nullità, e non annullabilità, non soltanto per essere la disciplina finalizzata
alla protezione dell'interesse pubblico alla tutela della fiducia nel risparmio
prima che alla protezione dell'interesse del cliente[22], bensì per una ragione
direttamente attinente alla riprovazione del contratto da parte
dell'ordinamento[23].
La riprovazione dipende dal fatto che in assenza di previa informazione sull'esistenza
di un interesse in conflitto è precluso al cliente di conoscere se il contratto
concluso dalla banca per suo conto sia meno vantaggioso di quanto sarebbe stato
se la banca non fosse stata portatrice di un interesse in conflitto e se questo
interesse non avesse inciso sul contratto nonché dal fatto che senza espressa
autorizzazione preventiva risulta mancante il necessario consenso al compimento
dell'operazione nella situazione di pericolo che dipende dalla presenza
dell'interesse in conflitto[24].
Così, in un contratto di gestione l'acquisto di 1000 azioni Alfa o la vendita
di 500 obbligazioni Beta può essere più o meno rispondente all'interesse del
cliente a seconda che la banca avesse o meno interesse a favorire un altro
cliente o a liberarsi di titoli in portafoglio o nel portafoglio della s.i.m.
del gruppo. Così, in un contratto di negoziazione la stessa identica operazione
può essere più o meno rispondente all'interesse a seconda che la banca, per
essere interessata, abbia modulato ad arte la consulenza incidentale, o,
ipotizzando che il dipendente della banca abbia prestato una cooperazione muta
limitandosi a ricevere un ordine e ad eseguirlo, si sia astenuta, proprio
perché interessata, dal comunicare al cliente il carattere inadeguato dell'operazione
oggetto dell'ordine.
Insomma l'ordinamento riprova il contratto non preceduto da informazione ed
autorizzazione in ordine al conflitto sia perché manca il necessario consenso
del cliente sia perché l'ignoranza dell'interesse in conflitto in capo alla
banca comporta, sotto non indifferenti profili, l'impossibilità per il cliente
di valutare se sussistano i presupposti per l'esercizio di numerosi diritti e
ciò - si ritiene - è rilevante sul piano della conformità all'ordinamento
dell'atto gestorio (e quindi dell'atto di ritrasferimento degli effetti)
compiuto dalla banca.
Scelte legislative, tutto sommato, chiare: disclose or abstain. E che poi
l'informazione e l'autorizzazione siano affidate a forme si spiega, per
l'insopprimibile esigenza di consentire la sveltezza dell'operato della banca e
pure per facilitare l'assolvimento dell'onere della prova - con la semplice
produzione del documento - da parte del cliente e da parte della stessa banca
(art. 23, comma 6 T.U.F.)[25].
8. La posizione della giurisprudenza di merito
Una parte della giurisprudenza di merito ha mostrato di recepire la
ricostruzione appena sintetizzata e così ha dato effettività al meccanismo di
prevenzione dell'incidenza dell'interesse: diverse sentenze statuiscono che il
contratto concluso dalla banca per conto del cliente, in violazione dell'art.
27 del Regolamento 11522 del 1998, è nullo[26]. La soluzione della nullità è
accolta anche da una parte della dottrina[27]. Non si tratta di nullità
relativa, bensì di nullità assoluta, che dunque anche la banca - se vi abbia
interesse - può fare valere[28].
Il novello orientamento giurisprudenziale, tuttavia, non è univoco, anzi è
contrastato da talune sentenze di merito che continuano ad appiattire la
disciplina sul modello dell'art. 1394 cod.civ. così ignorando il meccanismo di
prevenzione dell'incidenza dell'interesse sul contratto[29]. Peraltro, si
tratta di una corrente giurisprudenziale tutt'altro che consolidata, la quale,
in una prima fase, ha ritenuto applicabile, per la violazione di qualsiasi
regola di condotta della banca, il solo rimedio del risarcimento del danno, ad
esclusione del rimedio impugnatorio, ma ora comincia a distinguere sulla base
dell'argomento - che può far pensare ad un prossimo rovesciamento della
soluzione - secondo cui opera la nullità se le norme della cui violazione si
tratta sono imperative[30].
Le nuove disposizioni sulla tutela del risparmio, sul punto, non sembrano
innovare né preludere ad innovazioni di diritto positivo in sede di
attuazione[31] mentre nel dibattito, sempre vivissimo, l'espressione
"conflitto di interessi" risuona, ma talmente spesso da far
sospettare che l'istituto si sia trasformato in un esercizio retorico.
9. La posizione della giurisprudenza di legittimità: la disapplicazione della
disciplina nella sentenza in commento
La sentenza in commento - che non recepisce la soluzione della nullità del
contratto per la mancanza di previa informazione ed autorizzazione scritta - è
destinata a suscitare un istintivo e diffuso apprezzamento per l'ammonimento a
rifuggire da un'espansione incontrollata dei fulmini della nullità, ma in
realtà non controlla se quello di cui si tratta sia o meno un caso in cui la
sanzione della nullità si giustifichi (ed il difetto di approfondimento è
testimoniato bene dall'assoluta mancanza di un dialogo con i giudici di merito
e la dottrina).
Eppure la motivazione, assai autorevolmente redatta, è tutt'altro che
improvvisata: la Corte Suprema conferma la vocazione alla totale
disapplicazione delle discipline del conflitto di interessi inteso come
situazione. La Corte di cassazione, così, adotta un'interpretazione che, a mio
avviso, può essere utile - anche per la chiarezza dei termini del dibattito -
definire "abrogante" della disciplina preventiva del conflitto di
interessi[32]. Abrogante: perché il precetto, incentrato sulla situazione, non
è presidiato da alcun rimedio.
La motivazione, laddove respinge la tesi della nullità per la mancanza di forma
ad substantiam[33], è di facciata: la vera ratio decidendi risiede nella più
generale affermazione secondo cui le regole di informazione sul conflitto di
interessi sarebbero regole di condotta della banca e così in generale la loro
violazione sarebbe rilevante sul piano dell'inadempimento e della conseguente
responsabilità, non sul piano della nullità. L'affermazione, per come è
formulata, appare apodittica, se non altro perché ignora del tutto il momento
dell'autorizzazione, che integra una condotta del cliente, non della banca.
Così decidendo la sentenza in commento ignora che la disciplina del conflitto
di interessi riguarda il contratto concluso dalla banca con il terzo, o con se
stessa, e la prevenzione dell'incidenza su di esso, non su un contratto fra
banca e cliente, dell'interesse in conflitto.
L'osservazione che sembra opportuno formulare è che ricondurre alla violazione
di regole di condotta, segnatamente al dovere di correttezza nella fase
precedente al contratto, ai sensi dell'art. 1337 cod.civ., regole che
disciplinano la situazione di conflitto di interessi appare tesi inedita, come
sarebbe sostenere che il contratto concluso dal rappresentante con se stesso,
senza avere informato il rappresentato ed averne ricevuta autorizzazione, non
sarebbe annullabile, bensì esporrebbe il rappresentante al solo risarcimento
dell'eventuale danno per scorrettezza nelle trattative, o come lo sarebbe
sostenere che il contratto concluso in conflitto di interessi dal
rappresentante legale, senza avere informato il giudice ed ottenuto la nomina
di un curatore speciale, non sarebbe annullabile, bensì, di nuovo, esporrebbe
il rappresentante legale al solo eventuale risarcimento ove il contratto si
rivelasse contrario all'interesse del minore. Ed alla formulazione di una tesi
inedita la Corte di cassazione può giungere soltanto omettendo del tutto di
considerare che l'autorizzazione del cliente non può davvero essere considerata
una regola di condotta della banca.
La principale ragione per cui si segnala la sentenza in commento è l'omesso
approfondimento della natura della disciplina del conflitto di interessi.
Sul punto non resta che attendere che maturino i tempi di un revirement, mentre
utile sin da subito si rivela il dialogo con la dottrina ed in particolare
l'esame critico delle opinioni conformi al dictum della Corte di cassazione.
10. L'opinione, conforme alla giurisprudenza di legittimità, di una parte della
dottrina
La tesi della nullità è respinta anche da una parte della dottrina, la quale si
mostra non sensibile all'approfondimento della natura della disciplina speciale
del conflitto di interessi.
Gli argomenti in campo sono - ad oggi - sostanzialmente due.
Il primo argomento, di politica del diritto, è che non sarebbe desiderabile che
il cliente benefici del rimedio della restituzione del denaro investito
nell'operazione, conseguente alla nullità, bensì sarebbe desiderabile che il
cliente si faccia carico di provare il danno ed il nesso causale fra violazione
e danno e di contrastare l'eccezione di avere concorso alla sua causazione con
un comportamento (quantomeno) colposo[34].
Il secondo argomento, di taglio esegetico-sistematico, è che la violazione dei
doveri di comportamento non potrebbe essere sanzionata con la nullità, bensì
solo con il risarcimento del danno. L'argomento è ispirato a dottrine
solidissime, ma ricevute prima della penetrazione del diritto comunitario nel
diritto interno - che, notoriamente, ha modificato i termini della sistemazione
concettuale delle invalidità contrattuali - e muove dalla premessa non dimostrata
che l'art. 27 del Regolamento disciplini la condotta della banca, non il
contratto[35].
11. Una critica interna degli argomenti della dottrina e della sentenza in
commento contrari alla tesi della nullità. Nullità e restituzioni
Ad una seria obiezione di sistema si espone la ricorrente affermazione secondo
la quale il rimedio a disposizione del cliente non potrebbe essere diverso dal
risarcimento del danno per la necessità di impedire che, per il tramite della
più agevole via delle restituzioni, il cliente finisca per ritrarre
dall'esecuzione dell'operazione nulla un vantaggio uguale o maggiore rispetto
ad un investimento posto in essere con l'osservanza (da parte della banca) dei
precetti su di essa incombenti e che avrebbe potuto condurre, per il semplice
effetto dell'andamento del mercato, ad una perdita parziale o totale del denaro
investito dal cliente[36].
La circostanza che il risultato economico di un contratto sia aleatorio, come
accade per i contratti di investimento, non incide sulla soggezione delle
prestazioni eseguite - e così ad es. della prestazione consistente nel
conferimento della somma di denaro per l'esecuzione dell'ordine - al regime
delle restituzioni per l'originaria o sopravvenuta mancanza di un titolo.
Per regola generale, le obbligazioni restitutorie sorgono dall'esecuzione di un
contratto nullo per il semplice effetto della solutio e, come non risentono del
carattere commutativo o aleatorio del contratto, così non sono legate da un
vincolo di sinallagmaticità mirante ad evitare che la vicenda delle
restituzioni si traduca in un vantaggio per uno o l'altro dei contraenti[37].
In particolare, l'irrilevanza del vantaggio che uno dei contraenti possa
eventualmente ritrarre dalle restituzioni caratterizza - in un sistema in cui
la disciplina della ripetizione dell'indebito è fondata sopra una concezione
(prevalentemente) reale, non patrimoniale dell'arricchimento - tutti i
contratti illegali o illeciti (non immorali)[38].
Il tema non è qual è l'esito delle restituzioni. Il tema è se il contratto
(eseguito) è nullo o non lo è.
Dunque le restituzioni da contratto nullo non giustificano uno scandalo, o lo
scandalo è di maniera, tant'è vero che per alimentare lo scandalo si è
costretti a revocare in dubbio: (i) che la disciplina dei contratti di
investimento risponda davvero all'esigenza di carattere pubblico di protezione
della fiducia nei mercati; (ii) che essa debba ricevere una sanzione
civilistica; (iii) che non si possa liquidare il problema della violazione
della disciplina dei servizi di investimento col ricorso a mere sanzioni
amministrative[39].
E qui, francamente, basterà ricordare in pochissime righe che la disciplina del
T.U.F. e del Regolamento è una disciplina del contratto che protegge, prima e
più che l'interesse del cliente, l'interesse pubblico alla fiducia dei
risparmiatori e degli investitori professionali nel mercato (giova ribadire:
non dei soli risparmiatori, ma anche degli investitori professionali)[40].
Non solo.
Chi esaurisce la prospettiva di indagine nella valutazione della correttezza
della condotta della banca precedente alla conclusione del contratto gestorio,
oltre a spiegare come si possa considerare condotta della banca quella che
testualmente è l'autorizzazione del cliente, dovrebbe provare che la violazione
delle regole di condotta non possa condurre all'annullamento del contratto per
dolo. Perché, se si ammette l'annullamento, che è un rimedio impugnatorio, si
dischiude la conseguenza delle restituzioni, senza rilevanti differenze rispetto
alle restituzioni da contratto nullo[41].
Ed una simile prova appare tutt'altro che banale, posto che la migliore
dottrina ha dimostrato che "la violazione della lealtà" che si
verifica in presenza di violazione del "dovere d'informazione",
allorché incida sulla formazione della volontà della controparte, "scatena
la reazione di cui all'art. 1439"[42].
Anche sotto tale profilo non si può non notare che la massima in commento si
mantiene su posizioni veramente conservative[43] quando limita la statuizione
circa la astratta rilevanza della violazione delle regole di condotta sub
specie di vizio del consenso al solo "dolo incidente (art. 1440 cod.
civ.)" e così al solo risarcimento del danno da "contratto valido e
tuttavia (...) pregiudizievole".
12. (segue). Regole di validità e regole di responsabilità
Non appaiono condivisibili gli assunti secondo cui, per definizione, i precetti
identificherebbero sempre e solo regole di condotta e l'unica reazione
dell'ordinamento alla violazione di regole di condotta risiederebbe nel
risarcimento del danno.
L'idea che il legislatore in materia di servizi di investimento pensi per
definizione solo alla condotta della banca, disinteressandosi del contratto
concluso dal cliente, può somigliare ad una forma di solipsismo, a fronte di
una previsione molto chiara qual è quella di cui all'art. 30 del Regolamento
11522 del 1998 a tenore della quale "Il contratto con l'investitore deve
(...) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni".
Fra queste "modalità" vi è quella descritta nell'art. 27 - e, come
stiamo per vedere, anche dell'art. 29 - che, dunque, costituisce una modalità
imperativa attraverso cui si struttura la manifestazione della volontà del
cliente[44].
Ma non è solo questione di esegesi della disciplina speciale.
È ampiamente acquisito alla riflessione civilistica che "la normativa
europea dei contratti assegna all'informazione un ruolo eminente, assumendola
non solo ad oggetto di precisi e specifici obblighi e a fonte quindi di
responsabilità, ma altresì a contenuto necessario di tutti o quasi i contratti
da essa disciplinati e così elevandola a fondamento dello stesso regolare e
valido venire ad esistenza dell'operazione contrattuale"[45].
Con questa consapevolezza, benché il cammino verso una risistemazione organica
delle regole di validità sia tutt'altro che compiuto[46], è a mio avviso da
evitare l'acritica adesione al dogma della distinzione fra regole di validità e
regole di responsabilità[47], non senza accennare che pure mantenendo distinti
i due ambiti di regole non appare possibile distinguere fra i rimedi, ove si
ammetta che il risarcimento (per dolo incidente, ma ovviamente anche per dolo
determinante) possa operare in forma specifica ai sensi e nei limiti di cui
all'art. 2058 cod.civ.[48].
Solo per questo, la posizione conservativa di una parte della giurisprudenza e
della dottrina - alla quale aderisce la massima in commento - appare meritevole
di attenta riflessione critica ed all'esito, a mio avviso, appare senz'altro
meritevole di superamento.
13. Dal conflitto di interessi alla nullità per violazione della disciplina
secondaria sull'adeguatezza dell'operazione (art. 29 Regolamento 11522/1998)
L'art. 30 del Regolamento a tenore della quale "Il contratto con
l'investitore deve (...) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può
impartire ordini e istruzioni" riguarda anche l'art. 29 e così i precetti
sull'adeguatezza dell'operazione che costituiscono una modalità imperativa
attraverso cui si struttura la manifestazione della volontà del cliente[49].
Anche qui, l'ordine di eseguire l'operazione, che segue all'informazione, è una
condotta del cliente.
Anche la violazione dell'art. 29 è dunque sanzionata con la nullità[50].
La nullità opera se la banca compie un'operazione inadeguata: lo vieta
testualmente il primo comma.
La deroga al divieto richiede, per l'appunto, il rispetto dei precetti
sull'informazione ed il successivo conferimento di un ordine scritto.
Ove l'operazione sia compiuta, a fronte dell'informazione sull'inadeguatezza e
del successivo conferimento per iscritto dello specifico ordine, il contratto
sarà valido. Ma la banca sarà tenuta a risarcire il danno se non avrà anche
(provato di avere) sconsigliato il compimento dell'operazione.
14. L'ambito in cui opera esclusivamente il rimedio risarcitorio: cura
sostanziale dell'interesse (art. 21 T.U.F.) ed informazione sulla natura ed i
rischi dell'operazione (art.28)
Che la banca che viola gli obblighi di cui all'art. 21 T.U.F. sia tenuta a
risarcire il danno al cliente, a causa dell'inadempimento ai doveri che su di
essa incombono in forza del contratto che ha ad oggetto la prestazione del
servizio di investimento, è fuori discussione[51]: il T.U.F. detta regole di
tutela sostanziale dell'interesse del cliente, cui si accompagnano gli obblighi
di buona fede operanti per il contratto in generale e le condotte rilevanti sul
piano dell'annullabilità del contratto (per dolo o, se del caso, per
errore)[52].
Applicazione dell'obbligo di informazione di cui all'art. 21 è l'art. 28 del
Regolamento, sicché fra i precetti del Regolamento - artt. 27, 28, 29 - è
quello dell'informazione ai sensi dell'art. 28 l'ambito in cui opera
esclusivamente il rimedio risarcitorio.
È quindi condivisibile l'affermazione della massima in commento, nella parte in
cui esclude rimedi diversi da quello risarcitorio (cui però si aggiunge anche
l'annullamento per dolo, ove ne ricorrano i presupposti) per la violazione
dell'obbligo di informazione su "elementi utili per la valutazione della
convenienza dell'operazione". L'informazione, che può essere precedente ma
essere pure successiva all'operazione, è attuazione dell'obbligo di curare
nella sostanza l'interesse del cliente e di garantire che egli sia "sempre
(il corsivo è mio) adeguatamente informato" (art. 21 T.U.F.).
Non si tratta di un obbligo di informazione sulle caratteristiche del servizio
riconducibile al canone classico dei doveri di informazione precontrattuale
(artt. 1337, 1439 cod.civ.), posto che non si tratta della conclusione di un
contratto fra banca e cliente, bensì della conclusione da parte della banca di
un contratto con un terzo (o con se stessa) per conto del cliente in cui,
rispetto al classico schema gestorio, il dovere della banca va ben oltre
l'obbligo di informazione sulle "circostanze sopravvenute" sanzionato
con il risarcimento del danno (cfr. art. 1710, comma 2 cod.civ.).
In particolare la diligenza professionale della banca non si esaurisce nel
rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 27 e 29 del Regolamento, sicché
la banca, oltre alla restituzione della somma investita nel caso di violazione
degli artt. 27 e 29, è tenuta al risarcimento del danno ulteriore, per
l'inadempimento del sottostante contratto fra banca e cliente[53], che è
caratterizzato da causa mandati e così da un preciso dovere sostanziale di
cooperazione da svolgersi, da parte della banca, nell'esclusivo interesse del
cliente[54]. Correttamente, con una recente sentenza il Tribunale di Treviso ha
avuto modo di statuire che "l'intermediario non può limitarsi a ricevere
gli ordini di acquisto o di vendita di titoli, ma è tenuto a prestare
un'attività ulteriore che consiste nell'informare l'investitore (anche in
presenza di una dichiarata esperienza in strumenti finanziari e di alta
propensione al rischio) con la diligenza dell'operatore particolarmente
qualificato ed informato"[55]. Spetta alla banca convenuta, una volta che
il cliente si sia fatto carico di fornire al giudice le opportune allegazioni[56],
di fornire la prova di avere rispettato i precetti del Regolamento e di avere
prestato il surplus di diligenza professionale discendente dalle previsioni del
T.U.F.
In materia di informazione e di art. 28 del Regolamento è decisivo il nesso
causale tra la lamentata mancata informazione e il preteso danno; a seconda del
contenuto e del momento della mancata informazione ovvero dell'informazione e
della mancata decisione del cliente, ad es., di operare il disinvestimento.
Contro il riconoscimento di una responsabilità non vale sostenere che sarebbe
escluso il nesso causale tra violazione delle regole di condotta e danno quando
risulti che il cliente non aveva alcun bisogno di essere informato perché
conosceva perfettamente la natura ed i rischi dell'operazione o era comunque
convinto (senza speranza di dissuaderlo) di correre il rischio
dell'investimento[57].
Anche senza considerare che le ragioni di analisi economica e di behavioural
finance sottese a questo modo di argomentare - indipendentemente dalla loro
fondatezza - appaiono ben lungi dall'essere prese in considerazione dal
legislatore comunitario[58], si deve replicare che la banca, nei casi
eccezionali in cui investe in prodotti finanziari particolarmente pericolosi,
deve provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno[59] e
negli altri casi deve provare di avere adempiuto al dovere sostanziale di cura
dell'interesse del cliente[60], che si traduce in una specifica consulenza,
segnatamente nello sconsigliare al cliente il compimento dell'operazione[61] (è
invece da escludere un dovere della banca di astenersi dal compimento
dell'operazione[62]; anzi la banca sarebbe inadempiente se si astenesse, posto
che sua obbligazione principale è quella di prestare il servizio di investimento
e, in presenza di ordini del cliente, di eseguirli).
Una recente presa di posizione della Corte d'Appello di Milano è pienamente
coerente con la tesi dell'esistenza di un dovere sostanziale di cura
dell'interesse del cliente. La Corte, infatti, respinge le domande del cliente
dopo avere accertato che la banca aveva sia rispettato i precetti del
Regolamento sia adottato, con diligenza professionale e scrupolo, un'ulteriore
condotta positiva, espressamente sconsigliando al cliente il compimento dell'operazione
(la circostanza era addirittura oggetto di confessione stragiudiziale del
cliente ai sensi dell'art. 2735 cod.civ.)[63] .
Insomma, per la violazione di obblighi informativi (art. 28; non artt. 27 e 29
del Regolamento 11522) il rimedio è risarcitorio, non impugnatorio, ma il
regime dell'onere della prova resta assai rigoroso per la banca.
15. Riflessione conclusiva: i rimedi ed il cliente spavaldo
Il legislatore impone il divieto di compiere operazioni in conflitto di
interessi, non precedute dalle forme dell'art. 27 del Regolamento; il
legislatore impone il divieto di compiere operazioni inadeguate, non precedute
dalle forme dell'art. 29 del Regolamento; il legislatore impone di informare
(art. 28 Regolamento) e di prestare consulenza incidentale (art. 21 T.U.F.).
La violazione della disciplina preventiva, intesa a prevenire l'incidenza sul
contratto di un interesse in conflitto ed il compimento di operazioni non
adeguate al profilo di rischio del cliente, comporta la nullità del contratto
concluso per conto del cliente e dell'atto di ritrasferimento al cliente degli
effetti dell'operazione.
Se il contratto si rivela anche contrario all'interesse del cliente, esso è
annullabile (art. 1394 o 1395 cod.civ.) o, in difetto del potere di agire in
nome, inefficace verso il cliente (art. 1711, comma 1 cod.civ.), salvo sempre
il risarcimento del danno.
Il contratto concluso per conto del cliente è valido, e non sussiste
responsabilità, se la banca osserva i precetti dell'art. 27 e dell'art. 29; se
prova di avere informato il cliente della natura e dei rischi dell'operazione
(art. 28 del Regolamento) e se, da un lato, ravvisandone la contrarietà
all'interesse del cliente, ne abbia sconsigliato l'esecuzione, dall'altro, non
abbia poi fatto incidere sull'operazione il suo interesse in conflitto.
Non sussiste, infatti, un obbligo della banca di astenersi dalla conclusione
del contratto, una volta rispettate le prescrizioni del Regolamento e l'obbligo
di curare nella sostanza l'interesse del cliente prestando la consulenza
incidentale. Alla banca si richiede una non comune diligenza, cui fa bene da
contraltare il carattere riservato dell'attività.
È mia convinzione che la banca non dovrebbe dimostrarsi refrattaria al rispetto
delle forme richieste dal Regolamento.
Anzi, la banca potrebbe ricorrere allo scritto - pur senza prevederlo nel
contratto relativo alla prestazione dei servizi - anche nell'informazione sulla
natura ed i rischi dell'operazione richiesta dall'art. 28 del Regolamento e
nella prestazione della consulenza incidentale alla quale è tenuta in forza
dell'art. 21 T.U.F.
L'adozione delle forme sarebbe assai utile per precostituirsi la prova di
avere, oltre che informato per iscritto del conflitto di interessi e
dell'inadeguatezza (con successiva autorizzazione e specifico ordine), anche
informato e sconsigliato il compimento dell'operazione, per iscritto appunto,
con una (chiara ancorché succinta) indicazione dei motivi, e relativa
sottoscrizione da parte della banca stessa e, per presa d'atto, del cliente.
Esempio: "Sconsigliamo l'acquisto di Cirio Bonds perché inadeguati ai
sensi dell'art. 29 e non destinati all'offerta generalizzata ai risparmiatori,
come emerge dalla c.d. offering circular". Il ricorso allo scritto si raccomanderebbe
in particolare in considerazione dell'estrema difficoltà per la banca di
fornire per testi la prova dell'adempimento dell'obbligo di informazione e di
consulenza incidentale, atteso il (non condivisibile) orientamento di parte dei
giudici di merito di considerare incapace a testimoniare il dipendente che
abbia trattato ed abbia agito per conto del cliente (invece che affidarsi al
successivo libero apprezzamento dell'attendibilità del dipendente).
L'obbiettivo dichiarato di chi ritiene applicabile il solo rimedio del
risarcimento del danno è di escludere la restituzione della somma investita ai
sensi dell'art. 2033 cod.civ. per fare sì che, pur a fronte delle violazioni
poste in essere dalla banca, soccomba, oltre al cliente spavaldo, anche il
cliente che ha mal riposto la sua fiducia nella banca.
Di fronte a questa opinione è impossibile constatare senza disagio come alla
diffusissima tendenza a declamare i diritti del cliente si accompagni sovente
il dichiarato auspicio che sia realmente difficile esercitarli.
Appare fuori luogo lamentare che la scelta della nullità sia una scelta
politica[64], atteso che quella di "nullità politiche"[65] è una
delle definizioni correnti dei contratti contrari a norme imperative ed è
ampiamente acquisito che, nel tempo presente, una delle più rilevanti scelte
politiche del civilista riguarda proprio l'identificazione dei rimedi per la
violazione dei doveri di informazione in materia contrattuale[66].
In definitiva.
Aderendo alla soluzione del riconoscimento al cliente del rimedio della
restituzione che segue alla declaratoria di nullità del contratto, il cliente
spavaldo potrà utilizzare il giudice per ottenere la restituzione della somma
consapevolmente investita in un'operazione rischiosa ?
La risposta è no, se la banca avrà riconosciuto lo spavaldo prima del
compimento dell'operazione e si sarà comportata di conseguenza.
Viceversa, spavalda sarà stata la banca (che peraltro, ad evitare
ingiustificati arricchimenti del cliente per l'eventuale valore residuo dei
titoli, potrà quantomeno, una volta convenuta in giudizio, ricordarsi di
proporre una domanda riconvenzionale subordinata di condanna del cliente alla
restituzione[67]).
L'auspicio è che la banca sia incentivata a migliorare la sua organizzazione
per assicurare l'effettività dei precetti e magari il legislatore in sede di
recepimento della Direttiva Mifid operi per tabulas la scelta del rimedio[68].
Ma l'auspicio di chi?
Il problema, alla fine, è tutto qui.
* Il saggio è pubblicato su Riv.dir.civ., 2007, pagg. 71 - 92.
[1] R. SACCO, Che cos'è il diritto comparato, Milano, 1992, 3.
[2] G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di
attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 ss.
[3] G. DE NOVA, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv.dir.priv.,
2004, 245.
[4] Rinvio a D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano,
2002, 138 s.
[5] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
404.
[6] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
474.
[7] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
475.
[8] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
83.
[9] Cass., 24 febbraio 1998, n. 1998, in Corr.giur., 1998, pag. 665; Cass., 21
agosto 1996, n. 7698, in Foro it., 1996, I, 3356; App. Milano, 28 ottobre 1986
(decr.), in Foro pad., 1986, I, 402 ss, in particolare 407. La dottrina più
autorevole ha scritto che la "situazione" di conflitto finisce per
richiedere, in realtà, "una indagine da svolgere ex post rispetto al
compimento dell'atto (...); così "P. RESCIGNO, Relazione di sintesi
all'incontro di studio a cura di G. Visintini, in G. Visintini (cur.), Rappresentanza
e gestione, Padova, 1992, pag. 260. La voce di P. Rescigno è ripresa da L.
FRANCARIO, Il conflitto di interessi nella rappresentanza, in L. BIGLIAZZI GERI
ed altri (cur.), Il contratto in generale, Tomo IV, in Trattato di diritto
privato diretto da M. Bessone, Giappichelli, Torino, 2000, 75 al richiamo della
nota 18 e nella nota stessa, il quale scrive che "l'apprezzamento statico
della situazione che precede la stipula del negozio rappresentativo non risulta
decisivo per valutare il conflitto e - come l'esperienza giurisprudenziale ha
dimostrato - sempre più spesso si deve far ricorso ad una valutazione ex post
per misurare gli eventuali pregiudizi arrecati al rappresentato dall'esercizio
del potere rappresentativo". In tal senso vedi già S. GATTI, La
rappresentanza del socio nell'assemblea, Milano, 1975, pag. 146 il quale
distingue nettamente l'ipotesi dell'art. 1394 cod.civ., nella quale avrebbe
luogo un giudizio ex post, e, ad esempio, l'ipotesi dell'art. 1471 cod.civ.,
nella quale avrebbe luogo un giudizio ex ante.
[10] G. DE NOVA, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv.dir.priv.,
2004, 245.
[11] Amplius in D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi,
Milano, 2002, 143 ss.; Id., Tutela dell'interesse e conflitto di interessi
nella rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir.priv., 2004, 269.
[12] Sulla natura e la varia intensità del pericolo G. DE NOVA, La
responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa,
in Contratti, 2005, 709 ss. Per la totale incomprensione della natura dei
servizi di investimento e dei principi di diritto che li governano nel tempo
presente si consulti l'obiter dictum finale, del tutto superfluo, della
motivazione della sentenza (corretta quanto al dispositivo, posto che respinge
le domande dei clienti accertando che la banca non aveva violato alcuna
disposizione di legge e regolamento) di Trib. Viterbo, 7 dicembre 2004, in
Banca borsa tit.cred., 2005, II, 681.
[13] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
492: così anche la massima in commento.
[14] F. ANNUNZIATA, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei
mercati mobiliari, Milano, 1993, 329; F. CARBONETTI, I contratti di
intermediazione mobiliare, Milano, 1992, 53.
[15] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
289 ss.
[16] Già C. DONISI, Il contratto con se stesso, Napoli, 1982 , 148 denuncia
"quelle pronunce che, pur richiamandosi in linea preliminare al concetto
di conflitto d'interessi - alimentando in tal modo la convinzione che ad esso
si intenda ricorrere ai fini della decisione della controversia - nella fase
conclusiva dell'iter decisionale ripiegano poi sostanzialmente su quello di
abuso di rappresentanza, risolvendo alla stregua di quest'ultimo e non del primo
il caso de quo". Adde G. GABRIELLI, Il requisito di specificatezza
dell'autorizzazione a contrarre in conflitto di interessi: un eccesso di rigore
moralistico, in Riv.dir.civ., 1999, 547.
[17] G. VISINTINI, Della rappresentanza, in Commentario del codice civile A.
Scialoja e G. Branca a cura di F. Galgano, Bologna - Roma, 1993, 185 pone
esattamente in rilievo che "sulla nozione di conflitto di interessi e in
ordine alla problematica se il conflitto debba essere attuale o potenziale, gli
orientamenti giurisprudenziali sono analoghi nell'ambito della rappresentanza
legale e della rappresentanza volontaria".
[18] Sul rimedio del disgorgement E.A. FARNSWORTH, Vour loss or my gain ? The
Dilemma of the disgorgement principle in breach of contract, in 94 The Vale Law
Journal, 1985, 1339. In materia di servizi di investimento F. SARTORI, Le
regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004, 383 ss.
[19] Lo testimonia Trib Mantova, 18 marzo 2004, in Banca borsa tit.cred., 2004,
II, 440 ss. con commento di D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nella
prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a
risparmiatori di obbligazioni argentine ed in Giur.it., 2005, 55 ss. con
commento di F. SARTORI, Il mercato delle regole e la questione dei bonds
argentini e 2004, 2125 ss. di P. FIORIO, Doveri di comportamento degli
intermediari, suitability rule, conflitto di interessi e nullità virtuale dei
contratti di investimento in bond argentini.
[20] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
490 ss. Così anche F. SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari
finanziari, Milano, 2004, 390.
[21] Trib. Ferrara, 25 febbraio 2005, in Contratti, 2006, 12 ss. con nota di F.
POLIANI, Obblighi di informazione e acquisto di obbligazioni Parmalat non ha
chiarito l'aspetto evidenziato nel testo, perché ha deciso un caso in cui le
violazioni riguardavano sia la fase precedente alla conclusione del contratto
di investimento sia la fase precedente alla singole operazione di investimento.
Neppure sembra distinguere R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei
contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa
tit.cred., 2005, I, 669 s.
[22] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
490; aderisce R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi
alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005,
I, 669.
[23] Può non essere decisivo ai fini dell'individuazione di un'ipotesi di
nullità che la norma risponda anche ad un interesse pubblico: G VILLA,
Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Milano, 1993, 262.
[24] Amplius in D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi,
Milano, 2002, 490 ss. Aderisce M. DELLACASA, Collocamento di prodotti
finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile, in
Danno e resp., 2005, 1247.
[25] Art. 27, comma 3 del regolamento: "Ove gli intermediari autorizzati,
al fine dell'assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2,
utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione,
graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi".
[26] Si vedano Trib. Venezia, 22 novembre 2004, con commento di D. MAFFEIS, Il
dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del
modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 11 ss.; Trib. Venezia,
11 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1234 con commento di M. DELLACASA,
Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del
rimedio applicabile.
[27] La tesi della nullità con conseguenti restituzioni è accolta da diversi
Autori. G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio
di attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 sostiene che "quando
l'operatore finanziario (...) esegue la prestazione, ma non rispetta le regole
di comportamento (...) sul piano contrattuale, il rimedio è quello della
nullità e delle restituzioni". G. PIAZZA, La responsabilità della banca
per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati"
al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 fonda la sua opinione
su una contrarietà a norme imperative, non già della forma, bensì del "contenuto".
R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla
prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 669
rileva che la nullità, invece che l'annullabilità, si spiega con l'interesse
pubblico da tutelare. A. NIGRO, La tutela del risparmio e l'efficienza del
sistema: il ruolo delle banche, in Società, 2003, 73 riconosce che la
violazione del Regolamento 11522 "è ritenuta suscettibile di fondare
rimedi demolitori nei confronti del contratto". A. DI MAJO, Prodotti finanziari
e tutela del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1287 afferma che
l'individuazione del rimedio della nullità può seguire alla qualificazione dei
precetti come requisiti di forma, invece che come doveri di comportamento.
[28] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
488 s. Rileva condivisibilmente A. GENTILI, Nullità annullabilità inefficacia
(nel diritto privato europeo), in Contratti, 2003, 205 che "la dottrina
che riduce tutta la specialità delle "nuove" nullità a legittimazione
e protezione sembra (...) semplificare troppo. La ratio delle previsioni del
diritto privato europeo è nel governo delle dinamiche del mercato attraverso il
più ampio disconoscimento degli strumenti con cui si restringe la concorrenza o
si abusa delle asimmetrie contrattuali". Adde Id, Codice del consumo ed
esprit de géométrie, in Contratti, 2006, 171.
[29] Si veda Trib. Milano, 25 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1231 con
commento di M. DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione:
la scelta del rimedio applicabile.
[30] Trib. Milano, 20 marzo 2006, in www.ilcaso.it. Il Tribunale
di Milano richiama i precedenti che riconoscevano il rimedio del risarcimento
del danno ed escludevano la nullità ed osserva: "Le sentenze emesse hanno
tuttavia riguardato le sole violazioni degli obblighi di informazione (sul
prodotto finanziario, sulla esistenza di ipotesi di conflitto di interessi,
ovvero sulla non adeguatezza dell'operazione) e non già ipotesi di violazione
delle regole che presiedono (a monte) la distribuzione dei titoli sul mercato,
relativamente alle quali, in considerazione dei più generali interessi sottesi,
la sanzione della nullità ex art. 1418 c.c. - per contrarietà all'ordine
pubblico economico - appare più appropriata. Ed invero, le considerazioni
concernenti la cd. "offerta indiretta" in limine effettuate ben
possono fondare una declaratoria di nullità dei contratti per violazione del
superiore principio di tutela della integrità dei mercati, oltrechè per la
prospettabilità di una ipotesi di negozio in frode alla legge".
[31] L'art. 10 l. 28 dicembre 2005, n. 262 si limita a prevedere che "La
Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di
prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento,
anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate
attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome".
[32] Utilizzo l'espressione "abrogante" ipotizzando che il ricorso
all'espressione sia utile per la chiarezza dei termini del dibattito,
sintetizzabile nel quesito: dare o meno effettività al precetto. Sono
consapevole di non seguire il suggerimento di G. TARELLO, L'interpretazione
della legge, in Trattato di diritto civile e commerciale già diretto da A. Cicu
e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1980, 39 a non utilizzare
l'espressione, al pari di altre che "occultan(o) il fatto che le
"norme" sono da considerarsi piuttosto il risultato che il
presupposto delle attività in senso lato interpretative".
[33] La statuizione è certamente dalla prospettazione del ricorrente, il quale
lamentava la violazione dell'art. 27 del Regolamento unicamente sotto il
profilo del difetto di forma del contratto.
[34] Così M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e
sanzioni, in Contratti, 2005, 1110 che dopo aver ricostruito il sistema dei
rimedi incentrandolo sulle difficoltà di prova del nesso causale da parte del
cliente, riconosce "l'insufficienza dell'apparato civilistico" e
conclude auspicando de iure condendo "proposte di integrazione e modifica
del sistema". A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle
regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1015, 1023 s. L'affresco di un mercato
in cui "sembrano regnare sovrane l'oculatezza e la professionalità"
ma dove si susseguono "giorno dopo giorno i dissesti bancari e di società
industriali con i loro inevitabili risvolti giudiziari" è dipinto in poche
felicissime righe da A. CRESPI, Mercati finanziari, magistrati investitori e
filologia fuori luogo, in Riv.soc., 2005, 1105.
[35] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta,
in Riv.soc., 2005, 1015 s. denuncia che "la conseguenza economica"
dell'individuazione di una causa di nullità sarebbe, sempre ed indistintamente,
"di traslare in capo all'intermediario anche la componente della perdita
che possa dipendere dal generale andamento del mercato"; M. AMBROSOLI,
Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti,
2005, 1110 sostiene che la tesi della restituzione sia "uno stratagemma
per semplificare la posizione del cliente nei confronti dell'impresa di
investimento". Nello stesso senso M. PELLEGRINI, Brevi note sulla vexata
quaestio dei bonds argentini, in Banca borsa tit.cred., 2005, II, 682 la quale
si spinge a definire "a dir poco paradossale" la tesi della nullità.
Si leggano le considerazioni di G. PIAZZA, La responsabilità della banca per
acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al
profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 a proposito delle opinioni
di A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta,
ora in Riv.soc., 2005, 1012 ss. Molto lineare la presentazione dei termini del
problema operata da V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e
risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp.,
2005, 624 ss.
[36] Una critica sintetica ed efficace è già in G. PIAZZA, La responsabilità
della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari
"inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031.
[37] Nel nostro sistema non vige la regola della sinallagmaticità delle
obbligazioni restitutorie. La nostra giurisprudenza non ha che raramente
mostrato di aver riguardo ad un'interdipendenza fra le obbligazioni e, quando
lo ha fatto, si trattava della ripetizione di prestazioni di fare (Cass., 30
gennaio 1990, n. 638., in Giur. agr. it., 1990, I, pag. 550) o far godere
(Cass., 3 maggio 1991, n. 4849, in Giur.it., 1991, I, 1, col. 1314; Cass., 6
maggio 1966, n. 1168, in Foro it., 1966, coll. 1249 - 1253).
[38] Il dato è acquisito senza bisogno di richiamare la categoria dottrinale
della nullità come sanzione civile indiretta, la quale ha cura di evidenziare
in quali e quanti rilevanti casi il vantaggio che uno dei contraenti ritrae
dalle restituzioni da contratto nullo è esattamente ciò che il legislatore si
ripromette, disciplinando la nullità, al fine di disincentivare la conclusione
di contratti disapprovati sotto i profili più diversi. Rinvio a D. MAFFEIS,
"Attività "riservate" e prestazione del soggetto non iscritto,
tra privilegi corporativi e concorrenza ", in Corr.giur., 2004, 260 ss.
Sulla sanzione civile indiretta cfr. F. GALGANO, Alla ricerca delle sanzioni
civili indirette, premesse generali, in Contr. e impr., 1987, pag. 536: "il
non scritto all'albo che esercita un'attività intellettuale protetta, ossia una
di quelle attività professionali per le quali la legge richiede l'iscrizione in
appositi albi, non ha diritto al compenso per la prestazione eseguita. Questo è
un tipico modello di sanzione civile indiretta (...).Il prestatore d'opera
intellettuale non ha azione per il compenso, e questa è una sanzione prevista a
tutela di interessi che non sono certo particolari. Ecco perché è una sanzione,
ossia una misura punitiva: non è posta a tutela dell'interesse del cliente, ma
a tutela di interessi generali, se si vuole di interessi corporativi, degli
interessi della categoria professionale, che l'ordinamento giuridico mostra di
avere fatto propri. Certo, chi si trova nella condizione di avere fruito di una
prestazione professionale senza doverla pagare ne ritrae un vantaggio, ma la
norma non è diretta a soddisfare un suo interesse. Dunque, sanzione civile, che
colpisce nel patrimonio il soggetto, ma vera e propria sanzione, con la
funzione tipica della sanzione, quale misura afflittiva volta a garantire
l'effettività dell'ordinamento giuridico".
[39] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta,
in Riv.soc., 2005, 1021 s.
[40] D. MAFFEIS, Tutela dell'interesse e conflitto di interessi nella
rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir.priv., 2004, 30. Così anche R. VIGO,
La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei
servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 671.
[41] P. SCHLESINGER, Mancanza dell'effetto estintivo della novazione oggettiva,
in Riv.dir.civ., 1958, I, pag. 363: "l'esercizio dell'azione di
annullamento costituisce il presupposto per l'esperibilità della condictio
indebiti".
[42] R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 567. Lo
spunto è ben valorizzato da R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei
contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa
tit.cred., 2005, I, 668. Adde V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, 817. In
tema M. DE POLI, Servono ancora i "raggiri" per annullare il
contratto per dolo ? Note critiche sul concetto di reticenza invalidante, in
Riv.dir.civ., 2004, II, 920 ss.
[43] Cfr. Cass., 18 ottobre 1980, n. 5610, in Foro it., Rep. 1981, voce
"Contratto in genere", n. 111: "La disposizione dell'art. 1337
c.c., che impone alle parti l'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello
svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, è (al pari di
quelle degli art. 1175 e 1375 c.c.) norma meramente precettiva o imperativa
positiva, dettata a tutela ed a limitazione degli interessi privatistici nella
formazione ed esecuzione dei contratti, e non può, perciò, essere inclusa tra
le «norme imperative», aventi invece contenuto proibitivo, considerate dal 1º
comma dell'art. 1418 c.c., la cui violazione determina la nullità del contratto
anche quando tale sanzione non sia espressamente comminata; ne consegue che,
fuori dell'ipotesi di responsabilità precontrattuale (che si ha quando una parte
receda dalle trattative dopo aver determinato nell'altra l'affidamento sulla
conclusione del contratto), la violazione dell'obbligo generico di comportarsi
secondo buona fede non implica né responsabilità civile né invalidità del
contratto, ove il comportamento deprecato non integri una determinata ipotesi
legale cui sia connessa quella specifica sanzione civilistica, come confermato
anche dalla disciplina dettata, in tema di dolo, dagli art. 1439 e 1440
c.c.".
[44] Sulla forma come "modalità di manifestazione della volontà" R.
SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 703.
[45] V. SCALISI, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in
Eur.dir.priv., 2005, 497. Si leggano le considerazioni di V. ROPPO, La tutela
del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond &
tango bond), in Danno e resp., 2005, 627 e di M. NUZZO, Sub art. 38, in G. Alpa
- L. Rossi Carleo, Codice del consumo. Commentario, Napoli, 2005, 256.
Sull'opportunità di superare la tradizionale distinzione BENATTI, Culpa in
contraendo, in Contr.impr., 1987, 302 e R. SACCO, in R. Sacco - De Nova, Il
contratto, II, Torino, 2004, 313. Resta fedele alla distinzione G. D'AMICO,
"Regole di validità" e principio di correttezza nella formazione del
contratto, Napoli, 1996, passim ed in particolare 250 ss.; cfr. anche Id.,
Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in
Riv.dir.civ., 2002, I, 37 ed ora in F. DI MARZIO (cur.), Il nuovo diritto dei
contratti. Problemi e prospettive, Milano, 2004, 51 ss.
[46] Sul tema i due saggi di V. SCALISI, Nullità e inefficacia nel sistema
europeo dei contratti, in Eur.dir.priv., 2005, 489 ss. e Invalidità e
inefficacia. Modalità assiologiche della negozialità, in Riv.dir.civ., 2003, I,
201 nonché A. GENTILI, Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva
del diritto europeo), in Contratti, 2003, 200 ss. G. AMADIO, Autorità
indipendenti e invalidità del contratto, in G. Gitti (cur.), L'autonomia
privata e le autorità indipendenti, Bologna, 2006, 227 ricorda il
"parziale abbandono dell'equazione "nullità - imperfezione
strutturale", realizzato già dal codificatore del 1942 (...) attraverso la
norma di chiusura dell'art. 1418, comma 1 cod.civ.".
[47] Al dogma aderisce, peraltro con una considerazione attenta
dell'insegnamento tradizionale, M. AMBROSOLI, Doveri di informazione
dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1103 ss.
[48] Cfr. R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004,
573; Id. , in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, II, Torino, 2004, 98 ss.;
Id., Considerazioni conclusive, in M. Bessone - F.D. Busnelli, La vendita
"porta a porta" di valori mobiliari, Milano, 1992, 181 s.
La stessa, condivisibile impostazione è sostenuta - ancorché limitatamente alle
"condizioni economiche" del contratto - da M. MANTOVANI, "Vizi
incompleti" del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, 186 la
quale a proposito dei "vizi incompleti" scrive che "ciò che
lamenta la parte delusa è, in sostanza, un assetto di interessi (sotto il
profilo giuridico-economico) difforme da quello che sarebbe risultato se la
controparte avesse agito lealmente. La funzione del risarcimento non sarà
allora quella di attribuire al contraente deluso, in via surrogatoria o
sostitutiva, i vantaggi connessi alla prestazione - che non è mancata - bensì a
"compensare" le più sfavorevoli condizioni alle quali il contratto è
stato concluso, attraverso una "correzione" del risultato economico
del regolamento di interessi, pregiudicato dal contegno sleale e scorretto del
partner".
Contra G. D'AMICO, "Regole di validità" e principio di correttezza
nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 249.
Sul punto anche U. MORELLO, Culpa in contrahendo, accordi e intese preliminari,
ne La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive. Aspetti
civilistici, II, Milano, 1986, 78 s.
[49] Sulla forma come "modalità di manifestazione della volontà" R.
SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 703. Il
principio dell'adeguatezza dell'operazione di investimento presenta analogie
con il principio del credito responsabile di cui alla Proposta modificata di
Direttiva del parlamento europeo e del Consiglio relativa ai contratti di
credito ai consumatori che modifica la direttiva 93/13 del Consiglio; COM
(2005) 483 def., del 7 ottobre 2005; in tema D. MAFFEIS, Il dovere di
consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al
credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 11 ss.
[50] Si veda Trib. Palermo, 16 marzo 2005, in Foro it., 2005, I, 2539. Contra
ad es. Trib. Genova, 15 marzo 2005 e Trib. Roma (ord.), 22 dicembre 2004, in
Foro it., 2005, I, 2540.
[51] La violazione dell'obbligo di cura sostanziale dell'interesse del cliente
comporta il risarcimento del danno, sia che non siano stati rispettati i
requisiti di forma informativa, sia che questi requisiti siano stati, invece,
rispettati.
[52] Non si comprende su quali basi A. PERRONE, Servizi di investimento e
violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1017 affermi che
l'individuazione in capo alla banca di obblighi ulteriori rispetto a quelli
regolamentari sarebbe una "dogmatizzazione piuttosto libera".
Statuisce correttamente Trib. Firenze, 30 maggio 2004, in Banca borsa tit.cred.,
II, 545 che "non si può ritenere che il rispetto dell'obbligo di
trasparenza si esaurisca nella consegna di tutti gli opportuni documenti, posto
che l'intermediario deve comunque assicurare all'investitore la propria
assistenza e la propria guida nella scelta delle operazioni da compiere, anche
al di là delle asettiche e standardizzate informazioni riportate nel
documento".
[53] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002,
490 s. Così anche G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e
collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del
risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 che ritiene ammissibile oltre al
risarcimento al cliente del danno patrimoniale anche il risarcimento, ove ne ricorrano
i presupposti, del danno c.d. esistenziale. Assumo che l'inadempimento delle
obbligazioni ex lege (spesso riprodotte nel contratto) che sorgono dal
sottostante rapporto di gestione e che si è verificato in occasione dell'ordine
di cui si tratta sia di scarsa importanza, ai sensi dell'art. 1455 cod.civ.:
perché se l'inadempimento è di non scarsa importanza, il cliente ottiene la
risoluzione del contratto di investimento sottostante e, con essa, la
restituzione delle somme investite, ai sensi dell'art. 1458, comma 1 cod.civ.,
del tutto indipendentemente dal risarcimento e dalla prova di un danno; così V.
ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di
Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 628.
[54] D. MAFFEIS, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione
dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv.,
2005, 18 ss.
[55] Trib. Treviso, 10 ottobre 2005, in www.ilcaso.it. Contra Trib.
Venezia, 8 giugno 2005, in Danno e resp., 2005, 1234 ss.con commento di M.
DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la
scelta del rimedio applicabile.
[56] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di
investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni
argentine, in Banca borsa tit.ccred., 2004, 462; M. AMBROSOLI, Doveri di
informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005,
1109.
[57] Così A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di
condotta, in Riv.soc., 2005, 1016 al richiamo della nota 8 e nella nota stessa.
In giurisprudenza Trib. Milano, 5 gennaio 2005, in www.ilcaso.it:
"Il danno (...) può considerarsi eziologicamente connesso alla omissione
di un obbligo informativo solo se può dirsi accertato che la diversa
informazione non resa dall'intermediario era in concreto nella disponibilità di
quest'ultimo e se tale informazione, ove resa, avrebbe dissuasa l'investitore
dal compiere l'operazione, ovvero lo avrebbe condotto ad una scelta di
investimento diversa".
[58] La constatazione è anche in A. PALMIERI, Prestiti obbligazionari,
"default" e tutela "successiva" degli investitori: la mappa
dei primi verdetti, in Foro it., 2005, I, 2543.
[59] G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di
attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 ss.; D. MAFFEIS, Forme
informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella
prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, 609 ss.
[60] Per ciascuno dei tre profili esaminati - informazione; conflitto di
interessi; adeguatezza - esiste un doppio livello di disciplina, perché per
ciascuno dei tre profili esistono due diversi precetti, uno di fonte primaria
ed uno di fonte secondaria: D. MAFFEIS, Forme informative, cura dell'interesse
ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento,
in Riv.dir.priv., 2005, 575 ss.
[61] D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento
e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 15
ss. Nello stesso senso G. PIAZZA, La responsabilità della banca per
acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al
profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1029.
[62] D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento
e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 16.
Così anche A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di
condotta, in Riv.soc., 2005, 1022. Aperto de iure condendo alla "soluzione
drastica" del "puro e semplice divieto" è A. NIGRO, La tutela
del risparmio e l'efficienza del sistema: il ruolo delle banche, in Società,
2003, 76.
[63] App. Milano, 13 ottobre 2004, in Contratti, 2005, 1085 ss. Non deve trarre
in inganno l'obiter dictum sulla pretesa non configurabilità di una nullità per
violazione dei precetti di informazione previsti dal Regolamento, posto che, da
un lato, le domande di nullità sarebbero state infondate in fatto, dall'altro,
esse erano state proposte irritualmente e con riguardo, non già alle singole
operazioni, bensì al contratto di investimento. M. AMBROSOLI, Doveri di informazione
dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1102 nella nota
1 dà atto che la Corte accerta che la banca aveva rispettato gli obblighi su di
essa incombenti.
[64] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta,
in Riv.soc., 2005, 1020.
[65] V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, 746.
[66] Lo evidenzia puntualmente A. GENTILI, Informazione contrattuale e regole
dello scambio, in Riv.dir.priv., 2004, 564.
[67] V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a
proposito di Girio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 629.
[68] La Direttiva Mifid continua ad insistere sull'obbligo di "informare
chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o
delle fonti dei conflitti di interesse". Cfr. art. 18, comma 2 Direttiva
2004/39/CE. Non sembra mutare dunque il modello disclose or abstain: così A.
NIGRO, La tutela del risparmio e l'efficienza del sistema: il ruolo delle
banche, in Società, 2003, 73.
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