Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/07/2009 Scarica PDF
La natura e la struttura dei contratti di investimento
Daniele Maffeis, Professore Ordinario di Diritto PrivatoRelazione al convegno in data 22 maggio 2009 ««La disciplina civilistica dei contratti di investimento»» tenutosi presso l'Università degli Studi di Milano. Il saggio è redatto per la Rivista di Diritto Privato edita da Cacucci Editore ed è ivi in corso di pubblicazione sul fascicolo n. 3/2009.
Sommario: 1. Una lettura civilistica. 2. Il limite di ordine pubblico
nell'intermediazione finanziaria. 3. Perché l'intermediario deve curare
l'interesse dell'investitore e cosa significa curare l'interesse dell'investitore.
4. Entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio. 5.
Quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati. 6.
Come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione
di investimento.
1. Una lettura civilistica
Sono passati 11 anni da quando si sottolineava che la disciplina dei mercati
finanziari è oggetto di due diversi modelli di lettura, uno ««commercialistico
bancario»» ed uno ««civilistico»», con quello ««commercialistico bancario
prevalente sul modello civilistico»» e che ««si propone come unico o
principale»» e si osservava con pacatezza che ««non è il caso di proporre un
ribaltamento di prospettiva»» 1.
Poi la prospettiva si è ribaltata per la forza degli eventi perché è stato un
decennio di autentica esplosione del contenzioso, quindi di proliferazione a
pioggia di soluzioni giurisprudenziali, tutte da verificare da parte del
civilista, perché il contratto e la responsabilità civile sono argomenti del
diritto civile.
Si può tentare di lavorare con le categorie ordinanti o in prospettiva
funzionale.
È vero che oggi all'interprete sembra imporsi una prospettiva funzionale 2, ma
la via preferibile resta di provare a ««rinvenire, dove esista e dove sia
possibile farlo persistere, qualcosa di unitario negli istituti, piuttosto che
insistere nel compiaciuto lavoro di demolizione»» 3.
Nella presente relazione vorrei tentare di richiamare qualche categoria
ordinante e vedere se per questa strada si possano identificare soluzioni che
sono soddisfacenti anche in chiave funzionale.
Mi chiederò se c'è e cosa è il limite di ordine pubblico nell'intermediazione
finanziaria 4, perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore
e cosa significa curare l'interesse dell'investitore 5, entro quali limiti
l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio 6, quando la volontà
dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati 7, come e perché si
producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione di investimento
8.
2. Il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria
Noi oggi parliamo della disciplina civilistica dei contratti, ma la disciplina
dei contratti, per il legislatore comunitario, è un accidente.
Lo testimonia bene il linguaggio tortuoso del Considerando n. 33 della
Direttiva Mifid di primo livello che per dire che il contratto vincola
l'intermediario a curare l'interesse dell'investitore adopera cinque righe: ««È
necessario imporre effettivamente alle imprese di investimento un obbligo di
esecuzione alle condizioni migliori in modo da garantire che esse eseguano gli
ordini alle condizioni più favorevoli per il cliente. Questo obbligo dovrebbe
applicarsi alle imprese di investimento che hanno obblighi di natura
contrattuale o derivanti da un rapporto di intermediazione nei confronti del
cliente»».
Più che i contratti, al legislatore comunitario 9, interessa di disciplinare
(i) i mercati e (ii) l'organizzazione degli intermediari.
Sul significato della scelta politica credo si debba fare un approfondimento.
La disciplina dei mercati ha come obiettivo la massima possibile espansione
dell'industria dei mercati finanziari che presuppone la liquidità 10 e, a
monte, la fiducia degli investitori 11.
A sua volta, la fiducia degli investitori presuppone che si prevengano
situazioni di delusione generalizzata, perché nel mercato europeo dominano
risparmiatori scarsamente avvezzi a digerire le perdite dei loro capitali.
Se questo, in sintesi, è ciò che interessa al legislatore comunitario, al
civilista interessa il contratto, che ovviamente risente della scelta politica
del legislatore e che non è un accidente solo perché il legislatore lo
considera tale.
L'espressione contratti di investimento 12 può riferirsi a due fenomeni diversi
13.
Da un lato, esistono i contratti su strumenti finanziari 14 di cui consiste
l'investimento 15, ciascuno dei quali ha regole sue proprie e diverse, nei
mercati regolamentati, nei sistemi multilaterali o nelle altre piattaforme di
negoziazione 16.
Dall'altro, esistono i contratti tra intermediari ed investitori in forza dei
quali l'intermediario finanziario 17 compie l'investimento per conto
dell'investitore 18.
La tutela dell'investitore è molto accentuata al livello del rapporto
contrattuale con l'intermediario 19.
Alcuni dati sono significativi.
Noi non abbiamo un Testo Unico della Finanza, ma un Testo Unico
dell'Intermediazione Finanziaria, che disciplina in generale i mercati finanziari
ma, quanto ai contratti, si occupa in larga prevalenza di disciplinare profili
che riguardano la conclusione e l'esecuzione dei contratti tra intermediari ed
investitori mentre si limita a dettare definizioni, e solo eccezionalmente
profili di disciplina, di contratti su strumenti finanziari 20.
Mentre compare soltanto la menzione del contratto di collocamento, che integra
servizio di investimento, ma è un contratto tra intermediario ed emittente 21.
Se sfogliamo il repertorio del Foro Italiano constatiamo che per i contratti
del mercato finanziario la voce aperta è una sola ed è la voce Intermediazione
finanziaria. Fino al 2000 esiste la voce aperta Valori mobiliari, dal 2001
esiste la voce aperta Intermediazione finanziaria e se si cerca Valori
mobiliari c'è la sola voce di rimando ad Intermediazione finanziaria. Non c'è
una voce aperta Strumenti finanziari ma solo una voce di rimando alla voce
Intermediazione finanziaria. E c'è una voce Borsa, che però è dedicata
pressoché totalmente a profili strettamente organizzativi e pubblicistici.
Ci sono pericoli propri delle operazioni su strumenti finanziari e pericoli
propri dei servizi prestati dagli intermediari: il Regolamento Intermediari a
più riprese si riferisce, da un lato, ai ««rischi che lo strumento (...)
comporta»», dall'altro, ai ««rischi che (...) il servizio di investimento (...)
comporta»» 22. E la c.d. legge di riforma del risparmio aveva modificato l'art.
21 TUF con l'espressa previsione della classificazione, distintamente, del
««grado di rischiosità dei prodotti finanziari»» e del ««grado di rischiosità
delle gestioni di portafogli di investimento»».
Per favorire la massima possibile espansione dell'industria dei mercati
finanziari la scelta politica del legislatore comunitario può essere
sintetizzata dicendo che il legislatore fa dell'intermediario un guardiano
dell'integrità dei mercati 23.
Naturalmente, come tutte le scelte politiche, ivi comprese quelle a favore del
mercato, questa è una scelta di ordine pubblico economico che comporta una
««logica del rischio precostituita dal legislatore»» che come tale l'interprete
deve rispettare, ««giusta o ingiusta che sia»» 24 e che probabilmente si spiega
anche con la consapevolezza da parte del legislatore dei limiti di efficienza
quantomeno ad oggi delle autorità di controllo che lo inducono a recuperare a
valle spazi di tutela 25.
La scelta di fare dell'intermediario un guardiano dell'integrità dei mercati
comporta delle conseguenze.
Una è che i pericoli propri degli strumenti finanziari - l'alea 26 e la
complessità 27 - incidono sui contratti tra intermediari ed investitori 28 che
a loro volta sono caratterizzati dal pericolo, ulteriore e diverso,
dell'opportunismo 29.
Così in dipendenza del grado di alea e di complessità dello strumento
finanziario, l'attività degli intermediari può essere considerata a tutti gli
effetti pericolosa ai sensi dell'art. 2050 coc.civ. con la precisa conseguenza
che l'intermediario è responsabile del danno patito dall'investitore fino a
quando non fornisca la prova di avere adottato tutte le misure idonee ad
evitare il danno; è una soluzione piuttosto importante che, finora inascoltati,
hanno già evidenziato in uno scritto del 1992 Vincenzo Scalisi e in un saggio
del 2005 Giorgio De Nova, entrambi evidenziando che il carattere pericoloso
dell'attività dipenderebbe dalla ricorrenza della ««natura dei mezzi
adoperati»» 30.
L'argomento contrario all'accoglimento di questa soluzione è che l'alea che
caratterizza le operazioni su strumenti finanziari è una nozione diversa dal
««pericolo»» al quale fa riferimento l'art. 2050 cod.civ.
Ma si deve replicare che, in fatto, al maggior grado di alea corrisponde un
maggior grado di pericolo di perdita del capitale investito o, in certe
operazioni, di somme superiori al capitale investito e originariamente non
prevedibili, in diritto, è la logica precostituita dal legislatore che conduce
a qualificare l'alea del contratto su strumenti finanziari in termini di
pericolo rappresentato per l'investitore dall'attività dell'intermediario. E
quindi non solo ricorre la pericolosità della ««natura dei mezzi adoperati»»,
com'è stato già sostenuto, ma, a mio avviso, ricorre ancora più in radice
l'espressa qualificazione dell'attività in termini di pericolo da parte del
legislatore: e la Corte di cassazione è fermissima nell'insegnare che ««ai fini
della responsabilità per attività pericolosa di cui all'art. 2050 c.c.,
costituiscono attività pericolose (...) quelle che tali sono qualificate (...)
da (...) leggi speciali»» 31 con l'ulteriore precisazione che ««l'accertamento
in concreto se una certa attività (...) possa o meno essere considerata pericolosa
ai sensi dell'art. 2050 c.c. (...) implica un accertamento di fatto»»
esclusivamente quando essa non sia già ««espressamente qualificata come
pericolosa da una disposizione di legge»» 32.
Ne consegue che l'intermediario risponde, se non prova che i suoi dipendenti
erano dotati della specifica competenza e del necessario supporto aziendale che
consentiva loro di gestire in maniera consapevole l'operazione nell'interesse
del cliente. Se ad eseguire un ordine di acquisto di covered warrant è l' ex
cassiere destinato pour cause ad inserire ordini, la piccola BCC risponde. E
l'intermediario è responsabile, se non prova che in mancanza di offering
circular ha acquisito aliunde ogni possibile informazione trasmettendola
all'investitore.
I conseguenti costi a carico di ciascun intermediario potranno indirizzarlo
nella scelta su quali strumenti operare; certo il piccolo intermediario,
pensiamo ancora alla BCC, non potrà invocare il principio di proporzionalità -
che pure è richiamato a proposito delle misure organizzative dal Regolamento
Congiunto Consob Banca d'Italia 33 - per liberarsi dalla responsabilità, com'è
pacifico in giurisprudenza che a proposito del servizio delle cassette di
sicurezza non possa invocare la ««proporzionalità tra entità del canone, rischio
d'impresa dell'argentarius e danno risarcibile»» per escludere il dovere di
predisporre ««un servizio caratterizzato dal massimo di sicurezza
ipotizzabile»» 34.
Ma è sul limite di ordine pubblico all'autonomia dei contraenti che voglio
soffermarmi.
Si può pensare che il dovere dell'intermediario di servire l'integrità dei
mercati si esaurisca nelle norme imperative, alcune primarie e molte secondarie
35, di cui si continua a discutere se siano regole di condotta
dell'intermediario o regole di fattispecie, ovvero se costituisca un limite di
ordine pubblico.
A mio avviso, l'integrità dei mercati è un limite di ordine pubblico
all'autonomia contrattuale, non solo degli intermediari nel predisporre i
contratti, ma anche degli investitori nel conferire ordini.
L'integrità dei mercati è un principio di ordine pubblico economico come ad es.
il ««principio della libera concorrenza»» 36.
Non si tratta di ordine pubblico di protezione (essendo solo uno degli
obiettivi, e non il principale, la protezione dell'investitore), ma di ordine
pubblico di direzione (essendo l'obiettivo la massima possibile espansione
dell'industria dei mercati finanziari).
Sul secondo aspetto relativo agli ordini dei clienti mi soffermerò tra breve.
Qui evidenzio a proposito dell'autonomia contrattuale degli intermediari che,
se quel contratto tra intermediario ed investitore, sia esso il contratto di
investimento o il singolo ordine eseguito, costituisce lo strumento per violare
l'interesse dell'investitore, il contratto è nullo, non perché sia stata
violata una norma imperativa e quindi ricorra la nullità virtuale ai sensi
dell'art. 1418, comma 1 cod.civ., ma perché è stato violato l'ordine pubblico e
quindi ricorre la diversa causa di nullità prevista dall'art. 1418, comma 2
cod.civ. Se la soluzione sembra severa segnalo che secondo Rodolfo Sacco non è
nullo per illiceità, ma per immoralità, ««il contratto concluso da un soggetto
nel proprio interesse, approfittando dei poteri a lui conferiti per l'interesse
di altri»» 37.
E siccome la causa di nullità è la contrarietà all'ordine pubblico economico,
la nullità è assoluta 38, cioè può essere fatta valere - se ricorre l'interesse
ad agire - dall'intermediario, dall'investitore e da chiunque altro vi abbia
interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice 39 quando in causa sia
richiesto l'adempimento 40.
Naturalmente ci sarà chi dalla nullità guadagnerà e chi perderà, ma l'esito
economico della vicenda restitutoria non può condizionare l'operatività di una
causa di nullità 41.
Forse la dottrina, nel ragionare delle nullità in chiave di sanzione e quindi
di effetti sul patrimonio dei contraenti, qualche volta è andata oltre il
segno. È vero che spesso la nullità è una sanzione civile e quindi va
individuata e ricostruita tenendo conto innanzitutto degli esiti cui conduce.
Ma non è vero che qualsiasi nullità sia una sanzione civile. Tantomeno quelle
per contrarietà all'ordine pubblico il cui unico scopo è prevenire che si
concludano e l'unico esito ripristinare lo status quo ante. E quindi può darsi
benissimo che esistano cause di nullità che operano del tutto indipendentemente
dagli effetti che provocano e dalla logica dei vantaggi e degli svantaggi che i
contraenti ne ritraggono. L'interprete, saprà farsi una ragione se l'esito della
nullità non somiglierà a un paesaggio fiammingo; il contraente deluso
dall'esito delle restituzioni, rimprovererà a se stesso di non essersi astenuto
dal concludere un contratto nullo.
Così, il contratto derivato rinegoziato che incorpora la perdita del derivato
precedente e per questo smarrisce qualsiasi possibile finalità di copertura e
financo qualsiasi logica di speculazione, per essere puramente e semplicemente
destinato a rinviare la perdita economica dell'investitore e prevedibilmente ad
aumentarla in maniera esponenziale, è nullo, e lo è non perché sia stata
violata questa o quella norma specifica, ma perché l'operazione prelude (i) a
perdite notevoli per la singola impresa ed (ii) a conseguenze sistemiche
negative, qualche volta disastrose. E quindi la sua causa è contraria
all'ordine pubblico.
Si pone così il problema della possibile liceità di clausole inserite in
singoli contratti ulteriori e diverse da quelle imposte dal Regolamento
Intermediari 42.
Qui c'è spazio per l'autonomia contrattuale. Ma, ci chiediamo, c'è anche un
limite all'autonomia contrattuale ? Di nuovo, l'integrità dei mercati induce a
rispondere di sì.
Porto solo un esempio.
Possono queste condizioni o questi accordi essere diversi da cliente a cliente
?
La risposta istintiva è sì, perché nel mercato finanziario la parità di
trattamento degli investitori è imposta dal TUF all'emittente 43, non
all'intermediario, e nello stesso mercato bancario la parità di trattamento
contenuta nella c.d. legge Minervini, la legge 64 del 1986, ha vissuto una
stagione brevissima terminata con la sua abrogazione ad opera della legge 488
del 1992 44.
Ma forse, anche per l'intermediazione finanziaria, un problema si pone.
Supponiamo che l'intermediario garantisca di tasca sua a un certo numero di
clienti il rimborso del capitale, comunque vada l'investimento.
La pattuizione genera un conflitto di interessi tra l'intermediario e ciascuno
dei clienti che non beneficiano dell'impegno dell'intermediario, perché
l'intermediario sarà indotto ad adottare nei confronti dei clienti garantiti, e
solo di questi, tutte le possibili condotte che prevengano perdite che
ricadrebbero al postutto su di lui, e sarà indotto a fare ciò eventualmente
venendo meno all'obbligo della miglior cura degli interessi dei clienti non
garantiti.
La pattuizione è lecita?
Per disciplina generale del contratto, sì, almeno se si ritiene che
l'ordinamento giuridico non disapprovi qualsiasi accordo che dia luogo ad una
situazione di conflitto di interessi 45.
Nell'intermediazione finanziaria, io dubito che una pattuizione simile sia
lecita e ne dubito perché esiste il limite dell'integrità dei mercati che è un
limite di ordine pubblico.
Abbiamo una clausola contrattuale che prelude, non ad un trattamento peggiore
rispetto a quello riservato ad altri, ma ad un trattamento peggiore rispetto a
quello che sarebbe stato posto in essere in sua assenza. Ad es. l'intermediario
viene a sapere che c'è la possibilità di vendere 10.000 azioni in caduta libera
e raccomanda al solo cliente garantito di alienare il suo pacchetto di 10.000,
quando in assenza della garanzia si sarebbe verosimilmente raffigurato gli
interessi di tutti i suoi clienti su un piano di parità.
Noi non abbiamo una specifica norma violata, non abbiamo problemi di nullità
virtuale e non abbiamo il limite di ordine pubblico della parità di
trattamento; ma abbiamo una clausola che comporta un macroscopico attentato
alla fiducia degli investitori e che per questo è in contrasto con il limite di
ordine pubblico rappresentato dall'integrità dei mercati. E dunque è nulla.
Forse è un caso estremo - anche se si è verificato e la giurisprudenza se ne è
occupata 46 - ma credo che più in generale si ponga un problema di liceità
delle clausole diciamo atipiche il cui inserimento in singoli contrati dia
luogo a situazioni di conflitto di interessi e quindi sia contrario
all'integrità dei mercati.
E c'è poi il tema vastissimo della frode alla legge, se la clausola sia il
mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, ad es. eludere il
precetto di appropriatezza, prevedendo contro il vero che il servizio è
prestato su richiesta dell'investitore e così sarebbe soggetto alla execution
only, eludere il precetto di adeguatezza, prevedendo contro il vero che il
servizio non comprende raccomandazioni personalizzate, eludere l'informazione
sul conflitto di interessi prevedendo contro il vero che esistono misure
preventive idonee; e così via.
Non dico che sia facile delimitare i confini né che sia auspicabile che siano
incerti, tutt'altro. Ma credo che il problema esista e che si debba uscire
dall'ottica riduttiva della natura delle regole di condotta degli intermediari
finanziari.
3. Perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore e cosa
significa curare l'interesse dell'investitore
La cura dell'interesse dei singoli investitori, come ho anticipato, non ha un
ruolo primario: soltanto al Considerando n. 31 la Direttiva Mifid di primo
livello dà atto quasi sommessamente che ««Uno degli obiettivi della presente
direttiva è proteggere gli investitori»» 47.
L'interesse può essere inteso in senso soggettivo e ricondotto al ««vantaggio»»
così come se lo raffigura e lo manifesta lo stesso titolare; oppure può essere
inteso in senso oggettivo, come ««utilità»», alla stregua dell'utiliter coeptum
48.
Io considero l'interesse del dominus in qualsiasi rapporto di cooperazione
l'interesse soggettivo, cioè il suo vantaggio, non inteso ovviamente come
risultato utile dell'operazione, ma come rispondenza all'interesse del
programma, di cui la singola operazione di investimento consiste.
Escludo quindi che sia rilevante un qualche interesse oggettivo, e lo
sottolineo, perché è diffusa l'idea, che la Mifid alimenta, per cui eseguire un
ordine del cliente significherebbe attuare non la sua volontà, ma il suo
profilo di rischio.
È un'idea infondata, perché è la volontà dell'investitore che si tratta di
attuare. Il punto è di vedere come.
L'interesse dell'investitore può essere benissimo fatto coincidere con gli
««obiettivi di gestione»» che sono un requisito essenziale del contratto di
gestione 49 al pari del ««livello del rischio»» 50, il che si spiega, perché il
contratto di gestione produce immediatamente effetti obbligatori e
l'intermediario deve conoscere da subito quel tanto di volontà dell'investitore
che gli consenta di raffigurarsi l'interesse per tradurlo in immediate scelte
di investimento 51.
La ragione per cui l'««obiettivo di investimento»» non è previsto nella
negoziazione per conto proprio e nell'esecuzione di ordini, non è che qui
l'intermediario non debba essere messo in condizione di raffigurarsi
l'interesse del cliente, ma è, tutto al contrario, che la negoziazione per
conto proprio e per conto terzi non producono un'immediata obbligazione di
compiere atti di investimento 52 - e per questo non sono riconducibili ad un
incarico 53 - e l'obbligazione sorge solo all'atto dell'esecuzione dei singoli
ordini 54 che integrano, essi, i contratti, ed incorporano, essi, la volontà
dell'investitore, si direbbe parafrasando il Regolamento Intermediari gli
obiettivi dell'ordine. Dice bene il Tribunale di Venezia che ««Il contratto
quadro ha la funzione di regolamentare in via generale il servizio prestato
dall'intermediario in favore del cliente indicando quali regole l'intermediario
medesimo deve osservare per consentire al risparmiatore di porre in essere una
consapevole scelta di investimento ma è del tutto privo - come invece avviene
nel contratto di mandato - di un seppur minimo programma negoziale. Si può dire
che il contratto quadro, sotto questo profilo, abbia un contenuto
"vuoto"»» 55. Ed in presenza di ordini lo spazio entro cui
l'intermediario si raffigura l'interesse dell'investitore è limitato ai profili
che l'ordine non contempla, ad es. su quale mercato o sistema o piattaforma di
negoziazione eseguire l'ordine 56.
Pertanto, la cura sostanziale dell'interesse dell'investitore, cioè il
perseguimento del suo personale obiettivo di investimento, costituisce in tutti
i servizi l'obbligo principale dell'intermediario 57. Quel tanto o poco di
interesse che l'investitore ha manifestato, vincola senz'altro l'intermediario;
per il resto, sarà l'intermediario a raffigurarsi l'interesse dell'investitore
e ad agire di conseguenza.
4. Entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio
La complessità riguarda lo strumento e quindi l'asimmetria informativa non
corre tra investitore ed intermediario, ma tra investitore e mercato 58.
Spostare l'asimmetria informativa al livello del rapporto tra intermediario ed
investitore è in certa misura ovvio, perché è con l'intermediario che
l'investitore si confronta ed è da lui che può essere informato, ad es. con il
documento sui rischi generali degli investimenti la cui semplice consegna basta
ad eliminare qualsiasi carenza informativa sulla natura aleatoria degli
investimenti.
Ma enfatizzare oltremodo l'asimmetria informativa tra intermediario ed
investitore è errato, perché il pericolo principale dell'intermediazione, per
l'investitore, non è l'asimmetria informativa, ma l'opportunismo 59. E difatti
qualsiasi persona di indole onesta giurerebbe che chi si avvicina a un mercato
complesso che non conosce e lo fa affidandosi a un cooperatore professionale ne
dovrebbe trarre per definizione un beneficio, non esporsi a un ulteriore
pericolo.
Questo significa che quando l'intermediario negozia in contropartita diretta
strumenti finanziari atipici e complessi, il problema non è quanto lo strumento
è complesso, ma se l'intermediario si rivela opportunista. E quindi non è
sufficiente che l'intermediario provi che l'investitore aveva compreso che il
derivato over the counter avrebbe generato flussi destinati a compensarsi a
scadenza, ma è necessario che provi che il criterio di determinazione dei
flussi risponde all'interesse dell'investitore. Perché il problema non essendo
l'asimmetria informativa ma l'opportunismo, l'intermediario può informare
quanto vuole, ma sarà giudicato per come ha agito (e qui, istruzioni per l'uso:
la Mifid questo non lo dice).
L'integrità dei mercati passa tra l'altro dalla cura dell'interesse di ciascun
cliente; ma sul significato dell'obbligo dell'intermediario di curare
l'interesse del cliente non v'è uniformità di vedute.
Angelo Luminoso ha riscontrato nella scelta di vincolare l'intermediario alla
cura dell'interesse del cliente l'epifania di un principio che sarebbe proprio
in generale dei contratti con causa di scambio secondo cui il contraente
professionale dovrebbe sempre valutare la convenienza dell'affare per la sua
controparte in ottemperanza all'obbligo di buona fede in executivis previsto
dall'art. 1375 cod.civ. 60.
Ora, che la regola, qua e là, esista, è condivisibile: un'epifania recente si
rinviene nell'««obbligo di verifica del merito creditizio»» contenuto nella
nuova direttiva sul credito ai consumatori 61 ed è ben noto che esiste un
vivace dibattito in sede di elaborazione delle fonti persuasive sul significato
da attribuire alla buona fede oggettiva ed in particolare se in omaggio alla
««giustizia contrattuale»» 62 si debba fare del contraente professionale il
garante della cura dell'interesse dell'altro contraente.
Io ritengo però che le vecchie e le nuove epifanie della regola non possano e
non debbano fondare nei contratti con causa di scambio un principio generale.
Penso che nei contratti di scambio valga il principio caveat emptor in virtù
del quale ciascuno dei contraenti si raffigura l'interesse proprio 63 e la
clausola generale di buona fede si arresta al limite del sacrificio
apprezzabile dell'interesse proprio 64.
Dove a mio avviso il principio di cura sostanziale dell'interesse della
controparte c'è, è in una vecchia categoria ordinante, quella dei contratti con
causa gestoria, che sono dominati dal precetto di raffigurarsi e di perseguire
sempre al meglio, nella sostanza, l'interesse del dominus 65, com'era nel
pensiero di Salvatore Pugliatti e già negli studi di Siegmund Schlossmann 66.
Ricordo la definizione di Antonio Scialoja, che il mandatario deve essere
««interprete intelligente della volontà del mandante»» 67.
Nei servizi di investimento, il carattere essenziale dell'agire nell'interesse,
non solo per conto, risulta dal chiarissimo significato delle parole
««nell'interesse»» previste dall'art. 21 TUF, dal Regolamento Mercati che
utilizza l'espressione ««per conto e nell'interesse d(el) cliente»» 68 ed è
coerente con il modello al quale si ispira la disciplina dell'intermediazione,
cioè l'agency, in cui, come scrive Michael Joachim Bonell, ««the agent, in
fulfilling its mandate, is under a fiduciary duty to act in the interest of the
principal to the exclusion of its own interest or that of anyone else if they
conflict with one another»» 69.
Correttamente quindi la Corte di cassazione, sezione I, del 25 giugno 2008 ha
chiarito che ««la prestazione dei servizi di investimento»» è soggetta ««ad una
disciplina diversa e più intensa rispetto a quella discendente
dall'applicazione delle regole di correttezza previste dal c.c.»» 70. Il
superamento della mera correttezza del codice civile è ribadito dalla Corte
d'appello di Milano che sia nella sentenza n. 1094 in data 1/15 aprile 2009
71sia nella sentenza n. 1163 in data 18/24 aprile 2009 ha motivato che la
disciplina del TUF e del Regolamento Intermediari è ««diversa e più intensa
rispetto a quella discendente dall'applicazione delle regole di correttezza
previste dal c.c.»» 72. Cioè la Corte d'appello di Milano si è ispirata alla
cassazione, addirittura la ha copiata, ma ha copiato la sezione I del 25 giugno
2008, non altre sentenze della Corte di cassazione, non le Sezioni Unite. La
Corte d'appello di Milano lo dice: dice chiaro che la sentenza del 25 giugno
2008 ««ha offerto una lettura tanto severa, quanto convincente dell'art. 21
TUF»» 73.
Ma, se è così, e se torniamo alla distinzione da cui ho preso le mosse tra
contratti su strumenti finanziari e contratti tra intermediari ed investitori,
allora la differenza è nettissima.
Il mercato degli strumenti finanziari è dominato dal caveat emptor, perché le
operazioni su strumenti finanziari sono atti di scambio; e difatti l'investitore
non può mai lamentarsi dell'esito negativo dell'investimento, che se ricorre
rileva semplicemente come interesse ad agire ai sensi dell'art. 100
cod.proc.civ. Tutto al contrario, il mercato dell'intermediazione finanziaria è
lontano mille miglia dal caveat emptor, perché le prestazioni
dell'intermediario sono atti di cooperazione 74; ed è proprio per questo che
l'investitore ha titolo per lamentarsi che l'intermediario non abbia agito nel
suo esclusivo interesse.
Pensiamo in particolare alla negoziazione per conto proprio.
Chi esclude che l'essenza della gestione sia la cura sostanziale dell'interesse
qualifica la negoziazione per conto proprio come un contratto di scambio 75. Ma
in questo modo, il precetto di agire nell'interesse cede il passo - o almeno è
fortemente ridimensionato - dal caveat emptor. In altre parole, secondo questa
concezione l'intermediario che negozia per conto proprio può agire anche
nell'interesse proprio.
Per parte mia, credo che siamo in presenza della causa gestoria e quindi del
dovere di cura sostanziale dell'interesse e che per questa ragione
l'intermediario che negozia uno strumento in contropartita diretta non può
allegare il caveat emptor, mai, e soltanto nel caso eccezionale in cui
l'operazione soddisfi perfettamente l'interesse dell'investitore gli è
consentito di entrarci, per usare l'espressione un po' rozza e quindi molto
efficace che la dottrina ha sempre utilizzato per descrivere la fattispecie del
contratto concluso dal commissionario in proprio 76.
E quindi la risposta al quesito, entro quali limiti l'intermediario deve
sacrificare l'interesse proprio, è: lo deve sacrificare del tutto. Il contratto
su strumenti finanziari deve rispondere intieramente all'interesse
dell'investitore.
In particolare, la cura dell'interesse si articola nelle due fasi della
raffigurazione dell'interesse, che precede il compimento dell'operazione, e
della conseguente manifestazione della volontà 77.
Ebbene la raffigurazione dell'interesse da parte dell'intermediario deve essere
totalmente immune dall'incidenza di un interesse in conflitto 78; usando le
vecchie espressioni pubblicistiche precedenti alla dottrina di Salvatore
Pugliatti diremmo non abusa, oggi con gli anglosassoni diciamo non si rivela
opportunista.
Deve essere chiaro che questo non ha nulla a che fare con la prevenzione e la
gestione tramite la trasparenza delle situazione di conflitto di interessi, su
cui Consob e Banca d'Italia si concentrano nel regolamento Congiunto recependo
le regole analiticissime di organizzazione della Direttiva di secondo livello
79.
Perché l'intermediario previene o non previene le situazioni di conflitto di
interessi 80, informa o non informa l'investitore - supponiamo che un po'
grottescamente informi per iscritto l'investitore che in quel momento è in atto
una forte politica push su derivati over the counter - e fa tutto ciò con
maggiore o minore efficacia: ma questi sono aspetti che riguardano, da un lato,
la sua organizzazione d'impresa, dall'altro, il carattere informato (e quindi,
in tesi, consapevole) del consenso dell'investitore. Ma se, dopo avere
informato l'investitore che è in atto una politica push l'intermediario pushes,
cioè beffardamente raccomanda all'investitore di concludere un contratto
derivato inutilmente pericoloso, l'intermediario risponde, e sono superflui
tutti i discorsi sull'organizzazione e sulla trasparenza, per la semplice
ragione che il nome della politica push, in qualsiasi industria della
cooperazione, è conflitto di interessi.
Vorrei aggiungere che il carattere prioritario del precetto di non agire in
conflitto di interessi non rispecchia solo quella che a mio avviso è, diciamo,
l'ideale gerarchia dei precetti che si rinvengono nell'art. 21 TUF, ma
rispecchia anche la tradizionale opinione dei Maestri: Francesco Carnelutti
recensiva i primi scritti sul tema di Pugliatti nel 1929 ed osservava che
proprio la delimitazione del concetto di conflitto di interessi costituiva
l'angolo visuale dal quale si domina l'intera teoria della rappresentanza 81,
che è quanto dire la natura dei contratti con causa gestoria.
5. Quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati
Ma, come anticipavo, esiste un limite di liceità anche per la manifestazione di
volontà dell'investitore.
Questo limite non dipende dal fatto che l'intermediario debba attuare un
qualche interesse oggettivo, come malamente si tende a credere, o peggio che
l'intermediario debba sostituire la sua volontà a quella dell'investitore quasi
si trattasse di un suo affare. Questi sono tutti discorsi basati secondo me su
un equivoco. L'equivoco è che si stia proteggendo innanzitutto l'investitore.
Non è vero. Si sta proteggendo il mercato.
Il limite dipende, di nuovo, dall'esigenza di tutela dell'integrità dei
mercati.
Il legislatore non protegge l'investitore da se stesso e non protegge
l'investitore dall'intermediario; il legislatore protegge il mercato
dall'investitore.
Ed è un limite comune tanto alla gestione quanto alla negoziazione per conto
proprio ed all'esecuzione di ordini di terzi.
Nel contratto di gestione è espressamente previsto che l'intermediario debba
astenersi dal compiere operazioni inadeguate, siano esse o meno oggetto di un
ordine del cliente; il che è ovvio, perché una discrezionalità estesa fino al
compimento di operazioni non conformi all'interesse del dominus non può essere
l'oggetto di un valido incarico.
Nella negoziazione per conto proprio e per conto terzi 82, il problema sono gli
ordini, ma non gli ordini spontanei, bensì quelli sollecitati dall'intermediario
nel contesto del c.d. mis selling, cioè la politica delle reti di vendita di
spingere prodotti inadeguati con raccomandazioni personalizzate 83.
Il contratto di negoziazione per conto proprio e quello di esecuzione di ordini
per conto terzi devono ««indica(re) se e con quali modalità e contenuti in
connessione con il servizio di investimento può essere prestata la consulenza
in materia di investimenti»»84. Qui, naturalmente, è essenziale che la
disciplina funzioni. Se l'intermediario inserisce nel contratto la previsione
secondo cui egli ««non può»» prestare consulenza, è essenziale che non lo
faccia con la riserva mentale, poi, di farlo di sua iniziativa confidando di
non risponderne.
In tutti i casi in cui di fatto la consulenza è prestata - che sono la netta
maggioranza dei casi sottoposti ai giudici -, noi non siamo in presenza di una
semplice esecuzione di ordini che come tale non è soggetta al precetto di
adeguatezza, ma siamo in presenza di ««raccomandazioni personalizzate»» su
««iniziativa del prestatore del servizio (...)»» 85 e quindi siamo in presenza
di una consulenza dell'intermediario 86. E pertanto è richiesto che
««l'intermediari(o) ott(enga) dal cliente le informazioni necessarie in merito
(...) alla situazione finanziaria ed agli obiettivi di investimento»» 87 e
l'intermediario, se l'operazione è inadeguata, deve astenersi 88, proprio come
nella gestione.
Occorre soggiungere che il rispetto della disciplina primaria e secondaria non
pone soltanto il problema della sorte degli effetti dell'atto gestorio, ma pone
anche il problema della liceità dell'oggetto del contratto.
Lo schema gestorio offre, anche qui, indicazioni preziose, perché richiede che
si distingua tra atto giuridico, prestazione di facere e trasferimento (diretto
o indiretto) degli effetti.
Certo, il mandato è nullo se l'atto giuridico del cui compimento si tratta è
illecito: la negoziazione per conto proprio, l'esecuzione di ordini e la
gestione possono avere ad oggetto strumenti finanziari che, riguardati come
atti giuridici, sono nulli 89.
Ma il mandato è nullo anche se l'atto giuridico è lecito, quando è illecita,
per com'è programmata in contratto, la prestazione di facere del mandatario o
la produzione degli effetti in capo al mandante 90.
E così, il Regolamento congiunto Consob Banca d'Italia dispone che ««gli
intermediari informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto,
della natura e/o delle fonti dei conflitti affinché essi possano assumere una
decisione informata sui servizi prestati, tenuto conto del contesto in cui le
situazioni di conflitto si manifestano »» 91; se il contratto di investimento
contiene una clausola con la quale l'investitore è informato una volta per
tutte di una serie di possibili situazioni di conflitto di interessi, che si potranno
verificare in occasione di singole operazioni, il contratto tra intermediario
ed investitore è nullo, perché la prestazione dell'intermediario è delineata ab
origine in termini difformi rispetto alla condotta imposta dalla normativa.
Se contiene una clausola che attesta il rifiuto dell'investitore di fornire il
profilo di rischio necessario per valutare l'inadeguatezza, il contratto di
gestione è nullo, perché conforma ab origine la prestazione dell'intermediario
in termini difformi da quanto imposto dalla normativa, perché tale da escludere
il giudizio di inadeguatezza 92.
Per la stessa ragione, sono nulli tutti i contratti di investimento e le
operazioni poste in essere quando il contrato di investimento non è uniformato
nel suo contenuto alla legislazione primaria e secondaria vigente (oggi, la
Mifid).
6. Come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti
dell'operazione di investimento
La natura gestoria non è esclusa dalla circostanza che, a differenza del
mandato, in cui è in gioco il solo interesse privato del mandante, invece nei
contratti tra intermediari ed investitori sia in gioco innanzitutto l'integrità
dei mercati.
Al contrario, i contratti nei quali la causa gestoria è funzionale ad un
interesse pubblico sono riconducibili all'ufficio di diritto privato 93, in cui
««accanto a concorrenti interessi privati vi è sempre un interesse superiore e
costante dello Stato alla realizzazione di quegli interessi privati»» 94 perché
si tratta della ««tutela di un interesse privato, che la comunità giuridica non
può trascurare»» 95.
Gli istituti abitualmente ricondotti spesso per vero in un'ottica di pura
ontologia giuridica all'ufficio di diritto privato sono noti: tutela del minore
e dell'interdetto, per qualcuno l'esecutore testamentario.
Se ora in particolare si pensa all'intermediario finanziario, certo le
differenze con l'ufficio di diritto privato ci sono e sono rilevanti:
innanzitutto nell'intermediazione il dominus è presente e manifesta la sua
volontà, poi che di norma l'ufficio è gratuito e non è affidato ad un'impresa -
come l'intermediario finanziario - che legittimamente persegue l'utile e lo fa
in un contesto (più o meno) concorrenziale.
Nonostante le differenze, non credo manchino del tutto i presupposti per
avviare una riflessione e coltivare un percorso di ricerca, sulla base di
taluni elementi comuni.
I tratti caratterizzanti dell'ufficio di diritto privato che si ricavano dalla
giurisprudenza più recente sono l'««assimila(zione) al mandato»» 96, la ««cura
dell'esclusivo interesse»» altrui 97 ed al tempo stesso la ««tutela d(i un)
complesso di interessi (...) realizzante una cooperazione, in regime di
autonomia»» 98.
Sono diversi gli elementi che accomunano intermediazione ed ufficio di diritto
privato.
L'investitore sceglie a quale intermediario affidarsi, ma non se contrattare,
perché, a parte casi eccezionali o addirittura di scuola 99, egli deve
affidarsi all'intermediario una volta che abbia deciso di compiere operazioni
di investimento: e dunque si tratta in larga parte di cooperazione necessaria,
come è proprio dell'ufficio di diritto privato, che non è in alcun modo
evitabile dall'interessato 100.
L'ufficio di diritto privato ha per contenuto un facere variamente
predeterminato con norme imperative di condotta, esattamente come l'attività
dell'intermediario, in cui le modalità di trattativa, le modalità di
conclusione, le modalità di esecuzione dei contratti di investimento sono
disciplinate analiticamente.
Al pari dell'ufficio di diritto privato, che è fortemente permeato dal
controllo amministrativo dell'autorità giudiziaria, in sede di volontaria
giurisdizione 101, così nella prestazione dei servizi di investimento
l'attività dell'intermediario è soggetta ad un controllo amministrativo da
parte delle autorità indipendenti, Consob e Banca d'Italia 102, funzionale alla
««salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario»» ed alla ««stabilità e
buon funzionamento del sistema finanziario»» prima che alla ««tutela degli
investitori»» 103.
In particolare, ««in caso di violazion(i)»», Consob e Banca d'Italia ««possono
ordinare (agli intermediari) di porre termine a(lle) irregolarità»», possono
««vietare (...) di intraprendere nuove operazioni»» ed ««imporre ogni altra
limitazione riguardante singole tipologie di operazioni»» e ««singoli
servizi»», e, si badi, non soltanto quando ««le violazioni commesse possono
pregiudicare interessi di carattere generale»», ma pure ««nei casi di urgenza
per la tutela degli interessi degli investitori»»
104.
Ora, la peculiare struttura dell'ufficio di diritto privato è tale, che riveste
importanza del tutto secondaria stabilire se il comportamento dell'agente
integra inadempimento o è causa di nullità, perché il problema è innanzitutto
quello di stabilire la sorte degli effetti dell'atto gestorio 105, tenendo
conto che l'intermediario agisce, pressoché senza eccezioni, in nome proprio
106.
Già nel mandato, quando v'è eccesso, difetto o abuso di mandato, opera la
regola dettata dall'art. 1711 cod.civ. e gli effetti dell'atto gestorio restano
a carico del mandatario perché ««l'efficacia degli atti compiuti dal
rappresentante nella sfera giuridica del rappresentato è conseguenza
dell'esercizio legittimo del potere rappresentativo»» 107.
Così, se il mandato è nullo, o se è nullo l'ordine o l'istruzione, l'atto
giuridico posto in essere dal mandatario con il terzo resta efficace 108, ma
restano a carico del mandatario gli effetti dell'atto compiuto eccedendo i
limiti del mandato o senza un mandato 109. Volendo guardare alle solo regole del
mandato mi pare condivisibile il ragionamento del Tribunale di Firenze e di
altri tribunali: se vi è violazione della disciplina del conflitto di interessi
o dell'inadeguatezza il mandato è nullo, se il mandato è nullo lo è anche
l'atto di ritrasferimento, che viene a mancare della ««causa gestoria»» 110 e
l'investitore ripete la somma investita, per il venir meno della causa di
somministrazione dei mezzi di esecuzione dell'operazione 111, mentre resta
efficace il contratto concluso dall'intermediario sul mercato 112.
Ebbene la regola dell'ufficio di diritto privato è ancora più rigorosa rispetto
all'art. 1711 cod.civ.: perché nell'ufficio, scriveva Salvatore Pugliatti,
««l'efficacia degli atti compiuti dal rappresentante (...) è conseguenza
dell'applicazione di peculiari norme di imputazione degli effetti allorché si
verificano tutti gli elementi obiettivi che integrano determinate fattispecie»»
113.
In altre parole, se l'intermediario, nella prestazione del servizio, non
rispetta le regole - ad es. compie l'operazione quando doveva astenersi o senza
il prescritto consenso dell'investitore - significa che mancano gli elementi
oggettivi da cui dipende l'efficacia degli atti compiuti.
È una soluzione sulla quale sembra si sia assestato il Tribunale di Milano che
con due sentenze recentissime, del 14 febbraio 2009 e del 18 febbraio 2009, ha
condannato l'intermediario, che aveva violato in un caso la disciplina del
conflitto di interessi 114 e nell'altro la disciplina dell'inadeguatezza 115, a
restituire al cliente l'intero capitale investito, maggiorato di interessi,
così lasciando definitivamente in capo all'intermediario gli effetti
dell'operazione di investimento compiuta in violazione delle regole.
La soluzione mi sembra al tempo stesso rispettosa delle categorie ordinanti del
diritto civile e soddisfacente anche in chiave prettamente funzionale, dato che
l'intermediario su cui si stabilizzano gli effetti può tornare sul mercato per
compensare il danno con un lucro 116.
1) G. Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari
e sulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit.cred., 1998, I, pag. 373.
2) G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di
investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per
l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 916.
3) P. Rescigno, Relazione di sintesi, in G. Visintini (cur.), Rappresentanza e
gestione, Padova, 1992, pag. 257.
4) Infra, par. 2.
5) Infra, par. 3.
6) Infra, par. 4.
7) Infra, par. 5.
8) Infra, par. 6.
9) Il legislatore è quello comunitario: lo dimostra la meteora legislativa
interna della c.d. legge di riforma del risparmio, l. 28 dicembre 2005, n. 262.
10) La liquidità, si badi, non costituisce affatto un dato necessariamente
presente in qualsiasi mercato perché sono sempre esistiti mercati poco liquidi
ma efficienti, ma serve all'obiettivo della massima espansione dei mercati
finanziari.
11) Il Considerando n. 44 della Direttiva 2004/39/CE menziona gli obiettivi di
««garantire l'effettiva integrazione dei mercati azionari degli Stati membri,
(...) rafforzare l'efficacia del processo globale di formazione dei prezzi
degli strumenti rappresentativi del capitale e (...) favorire il rispetto effettivo
dell'obbligo di esecuzione alle condizioni migliori»»; nel Considerando n. 71
si legge: ««Per raggiungere lo scopo di creare un mercato finanziario
integrato, nel quale gli investitori siano efficacemente tutelati e
l'efficienza e l'integrità del mercato nel suo insieme siano salvaguardate, è
necessario che le imprese di investimento debbano rispettare gli stessi
obblighi in qualsiasi Stato membro esse ottengano l'autorizzazione e che i
mercati regolamentati e gli altri sistemi di negoziazione siano soggetti alle
stesse norme in tutta la Comunità, in modo da impedire che l'opacità o le
disfunzioni di un mercato mettano a repentaglio il buon funzionamento del
sistema finanziario europeo nel suo insieme»».
12) L'espressione sintetizza la nozione presente nel Testo Unico, che è
««contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento»»: art. 23,
comma 1 TUF; restano escluse le attività di investimento, quali la gestioni di
servizi multilaterali di negoziazione, che non sono oggetto di un contratto. Si
tratta di raggruppamento perché i contratti sono accomunati dal paradigma
normativo, secondo l'insegnamento di Giorgio De Nova già richiamato da F.
Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 21.
L'eterogeneità dei servizi di investimento è bene evidenziata da P. Ferro
Luzzi, Le gestioni patrimoniali, in Giur.comm., 1992, I, pag. 53. Adde E.
Gabrielli - R. Lener, I contratti del mercato finanziario, Torino, 2006, I,
pag. 45. È stato già osservato da R. Sacco a proposito dei contratti di
investimento (Considerazioni conclusive, in M. Bessone - F.D. Busnelli, La
vendita "porta a porta»" di valori mobiliari, Milano, 1992, pag. 178)
che un presunto ««tipo (...) che abbia oggetti transtipici, cioè capaci di
appartenere ai tipi nominati noti, certamente è una categoria diversa dal
tipo»». Nel raggruppamento di contratti tra intermediari ed investitori, è
utile a mio avviso individuare un sottoraggruppamento di contratti con causa
strettamente gestoria che comprende la negoziazione per conto proprio (Contra
A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in
Riv.dir.civ., 2007, I, pag. 767., l'esecuzione di ordini per conto terzi e la
gestione individuale. Il contratto di negoziazione per conto proprio di
strumenti finanziari ha ad oggetto ««l'attività di acquisto e vendita di
strumenti finanziari, in contropartita diretta e in relazione a ordini dei
clienti»» (art. 1, comma 5 bis TUF); l'esecuzione di ordini per conto terzi è
la tradizionale attività del broker; il contratto di gestione (individuale) di
portafogli di strumenti finanziari ha ad oggetto ««la gestione, su base
discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento che includono
uno o più strumenti finanziari e nell'ambito di un mandato conferito dai
clienti»» (art. 1, comma 5 quinquies TUF) ed in cui ««il cliente può impartire
istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere»» (art. 24, comma 1
lett. a) TUF). Resta esclusa - fra gli altri servizi - la consulenza, che ha ad
oggetto il compimento di atti materiali, non giuridici ed in particolare ha ad
oggetto ««la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente (...)
riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento
finanziario»»: art. 1, comma 5 septies TUF; l'art. 1, comma 5 TUF contempla
anche i servizi di sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo
ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente, di collocamento
senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente,
di ricezione e trasmissione ordini e l'attività di gestione di servizi
multilaterali di negoziazione, che non è oggetto di un contratto.
13) Non considero il contratto di collocamento di cui all'art. 1, comma 2 lett.
c) TUF:,
14) Anche se vi sono strumenti finanziari che sono contratti, ad es. gli swap.
15) I contratti hanno ad oggetto i prodotti finanziari, cioè gli strumenti
finanziari ed ogni altra forma di investimento, esclusi i mezzi di pagamento
(ad es. l'acquisto di azioni, lo swap). Si tratta dei contratti c.d. di borsa o
conclusi in altri mercati regolamentati o fuori dai mercati regolamentati. La
voce curata da A.A. Dolmetta ed U. Minneci nel 2001 era intitolata Borsa
(contratti di), in Encicl. dir., aggiornamento-V, Milano, 2001, pagg. 161 ss
mentre l'aggiornamento del 2007 è intitolato Contratti di borsa (ovvero dei
mercati mobiliari regolamentati), in Il diritto-Encicl. giur., Milano, 2007,
vol. IV, pagg. 111ss. Una volta i c.d. ordini di borsa erano considerati
contratti di borsa, mentre a far data dalla legge 1 del 1991 non è più così, il
contratto di borsa è l'atto giuridico a valle del cui compimento si tratta in
esecuzione dell'ordine che rientra nel contratto di intermediazione; F.
Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 148.
La dottrina tradizionale identificava appunto l'operatore di borsa come il
soggetto che compiva l'investimento, distinto dall'intermediario: L. Bianchi
d'Espinosa, voce (Borsa (contratti di), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1959, pag.
595.
16) M. Bessone , I mercati mobiliari, Milano, 2002, pag. 139; F. Carbonetti, I
contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 142 ss. Le regole
di borsa, le regole dei mercati regolamentati dei covered warrant, e così via,
soprattutto, ciascuno di questi mercati è peculiare perché gli strumenti
finanziari che formano oggetto dei contratti (che a loro volta sono l'oggetto
dei contratti di intermediazione) hanno una loro natura che è variabile ed ha
tratti comuni, ma anche diversissimi (si pensi alla differenza fra le
obbligazioni e gli strumenti derivati over the counter).
17) O soggetto abilitato: l'impresa che presta i servizi di investimento è un
soggetto abilitato, perché la prestazione è riservata; art. 18, comma 1 TUF che
individua i soggetti abilitati anche come intermediari.
18) I contratti che hanno ad oggetto strumenti finanziari sono quelli
originariamente disciplinati dalla legge 216 del 1974 mentre i contratti che
hanno ad oggetto i servizi di un soggetto terzo (l'intermediario finanziario)
che consentono di accedere a strumenti finanziari sono quelli per la prima
volta disciplinati in Italia dalla legge n. 1 del 1991 ed in relazione ai quali
si era parlato di contratti di intermediazione mobiliare (F. Carbonetti, I
contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 1 ss. V. Roppo,
Investimento in valori mobiliari (contratto di), in Contr.impr, 1986, pag. 261
ss. aveva proposto la categoria del ««contratto di investimento»» definito come
il ««contratto concluso da un investitore relativamente a valori mobiliari, che
gli siano offerti nell'ambito di un'attività di sollecitazione del pubblico
risparmio»». Proposta criticata da Guido Alpa che considerava quella del
««contratto di investimento»» una ««nozione pericolosa»» (Una nozione
pericolosa: il c.d. "contratto di investimento", in AA.VV., I valori
mobiliari, Padova, 1991, pagg. 393 ss.) e da G. De Nova, Il contratto di
investimento in valori mobiliari dopo la legge sim e i regolamenti Consob di "esecuzione",
in M. Bessone - F.D. Busnelli, La vendita "porta a porta»" di valori
mobiliari, Milano, 1992, pag. 60 che constatava la ««breve vita di un tipo
legale»» dato che più che un tipo di contratto si sarebbe stati in presenza di
una disciplina dell'attività.). Entrambi i gruppi di contratti potrebbero
rientrare in un ampio genus che potrebbe essere quello dei contratti del
mercato finanziario: E così del mercato degli strumenti finanziari, già mercato
mobiliare, e difatti in dottrina si parlava di ««contratti di mercato
mobiliare»» distinguendo poi fra ««contratti di investimento»» e ««contratti di
intermediazione»»: R. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario,
in Riv.trim.dir.proc.civ., 1993, pagg. 724 s. Distingue tra contratti di
investimento ««diretti e indiretti»» F. Guerrera, Contratto d'investimento e
rapporto di gestione (riflessioni sulla proprietà delegata), in
Riv.crit.dir.priv., 1988, pag. 692 nota 24. Un esame dell'evoluzione della
disciplina interna si trova in R. Lener, Strumenti finanziari e servizi di
investimento. Profili generali, in Banca borsa tit.cred., 1997, I, pag. 336.
19) Si consulti da ultimo G. Carriero, Mifid, attività assicurativa, autorità
di vigilanza, in Dir. banca merc.fin., 2008, pagg. 431 ss.
20) Ad es. nell'art. 100 bis che prevede la nullità del contratto di acquisto
da parte dell'investitore, che abbia agito fuori da un'attività imprenditoriale
o professionale, nel caso di mancata pubblicazione di un prospetto informativo:
cfr. G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di
investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per
l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 902.
21) Art. 1, comma 2 bis, lett. c) TUF.
22) Artt. 42, comma 1, 27, comma 2 del Regolamento Intermediari Consob n. 16190
del 2007.
23) Art. 21 TUF.
24) G. Alpa, voce Rischio, in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1989, pag. 1145.
25) Senza disperderci in ««sottigliezze nominalistiche»» - così R. Nicolò, voce
Alea, in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1958, pag. 1025 alla nota 4 - osserviamo che
emerge l'utilizzo da parte del legislatore, nella c.d. riforma della legge del
risparmio, e della Consob, nel Regolamento Intermediari, della stessa
espressione, ««rischio»», nei suoi due possibili significati, che sono
diversissimi, e cioè, per ciò che concerne i prodotti finanziari, alea (o
complessità) come pericolo prevedibile di mancata soddisfazione dell'interesse
economico, e per ciò che concerne invece i servizi di investimento, il rischio
dell'inadempimento della controparte (nella forma dell'opportunismo). I due
possibili significati sono evidenziati da G. Alpa, voce Rischio, in Enc.dir.,
s.d. ma Milano, 1989, pag. 1146.
26) E. Gabrielli, Contratti di borsa, contratti aleatori e alea convenzionale
implicita, in Banca borsa tit.cred., 1986, pag. 578. È dunque certamente da
escludere che alea e complessità non incidano sui servizi prestati
dall'intermediario, pur essendo del tutto ovvio che l'intermediario non è
responsabile per il semplice fatto che l'investimento non sia andato a buon
fine: cfr. sul punto M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari
finanziari, Napoli, 1999, pag. 191 e Id., I contratti aventi ad oggetto servizi
di investimento, in R. Bocchini (cur.), I contratti di somministrazione di
servizi, Torino, 2006, pagg. 265 ss.
27) Gli strumenti finanziari sono pericolosi, una volta perché aleatori, una
volta perché caratterizzati da asimmetria informativa; G. De Nova, La
responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa,
in Contratti, 2005, pag. 709; V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di
intermediazione mobiliare, in Riv.dir.civ., 1994, II, pagg. 179 ss.; A.
Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007,
I, pag. 761; D. Maffeis, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di
investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in
Contratti, 2005, pag. 6. Il problema è acuto per gli strumenti finanziari
atipici (N. Salanitro, Titoli di credito e strumenti finanziari, in Banca borsa
tit.cred., 2009, I, pag. 6) eventualmente solo nominati dal TUF che esaurisce
il richiamo alla nozione puramente e semplicemente evocativa del fenomeno
economico. Si noti che il Regolamento Intermediari 16190 del 2007 (art. 44)
distingue tra strumenti finanziari complessi e non complessi.
28) All'intermediario è affidato un compito che si articola in una serie di
doveri funzionali a garantire obiettivi di ordine pubblico (in sintesi, il
««corretto rapporto tra sistema finanziario, sistema bancario e sistema
industriale»»; N. Salanitro, Titoli di credito e strumenti finanziari, in Banca
borsa tit.cred., 2009, I, pag. 5). Tra le altre conseguenze, ad es., gli
intermediari devono segnalare alla Consob le operazioni sospette: art. 187
nonies TUF, artt. 44 ss. del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007.
29) Sono in gioco due letture diversissime.
In base alla prima, avvalersi di un intermediario professionale è meno
pericoloso perché egli dispone di un patrimonio informativo e appunto di una
professionalità che dovrebbero consentire di operare al meglio. Questa prima
lettura è quella tradizionale, in cui la considerazione dei pericoli era
relegata alla fattispecie tutto sommato residuale dell'abuso.
Nella seconda lettura, avvalersi di un intermediario professionale è più
pericoloso perché egli può approfittare del suo patrimonio informativo ed
operare bensì al meglio, ma per sé. Questa seconda lettura è quella che si è
prepotentemente affermata con la teoria nordamericana dell'agency, che ha
insistito sul fatto che l'intermediario può tenere, come si dice, comportamenti
opportunistici.
30) V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare,
in Riv.dir.civ., 1994, II, pagg. 1990; G. De Nova, La responsabilità
dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti,
2005, pagg. 709 ss. Nello stesso senso anche D. Maffeis, Forme informative,
cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi
di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, pagg. 575 ss.; da ultimo G. Carriero,
Mifid, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Dir. banca merc.fin.,
2008, pag. 434.
31) Cass., 7 maggio 2007, n. 10300, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Responsabilità civile", n. 419.
32) Cass., 19 gennaio 2007, n. 1195, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Responsabilità civile", n. 420.
33) Art. 25, comma 1.
34) Cass., 12 maggio 1992, n. 5617, in Foro it., 1993, I, col. 878.
35) È una disciplina di ordine pubblico economico che - proprio perché ha di
mira l'ordine pubblico economico - si applica soltanto agli intermediari che
siano soggetti abilitati e cioè, da un lato, che prestino attività in modo
professionale, dall'altro, che si rivolgano al pubblico, per l'evidente ragione
che è l'attività svolta professionalmente e verso il pubblico che mette in
gioco i grandi numeri e mette a rischio l'integrità dei mercati.
36) Cfr. App. Brescia, 29 gennaio 2000, in Giur. it., 2000, col. 1876.
37) R. Sacco, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, Torino, 2004, II, pag.
74.
38) Il modello è chiarito da A. Gentili, Nullità annullabilità inefficacia
(nella prospettiva del diritto europeo), in Contratti, 2003, pagg. 200 ss.
39) Art. 1421 cod.civ.
40) ««Il potere officioso del giudice di rilevare la nullità in materia di
contratti sussiste tutte le volte in cui l'esame della loro validità
costituisca una, sia pure implicita, questione pregiudiziale rispetto alla
domanda, come nella ipotesi in cui sia chiesto l'adempimento del contratto, non
potendosi prescindere dall'accertamento, appunto, della validità ed efficacia
del negozio posto a fondamento della pretesa»»; Cass., 28 maggio 2007, n.
12398, in Foro it., Rep. 2007, "Contratto in genere", n. 521.
41) Cfr. Cass., 30 gennaio 1990, n. 638, in Giur. agr. it., 1990, I, pag. 550;
Cass., 23 maggio 1987, n. 4681, in Foro it., 1987, col. 2372; Cass., 6 maggio
1966, n. 1168, in Foro it., 1966, coll. 1249 - 1253.
42) L'intermediario può inserire nei contratti di investimento pattuizioni
ulteriori e diverse rispetto al contenuto imposto (art. 37, comma 2, letf. h)
Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007) e comunque può accadere che stipuli
accordi a latere.
43) Art. 92 TUF.
44) Il legislatore speciale aveva dettato una regola eccezionale - ora abrogata
- di "parità di trattamento dei clienti della stessa azienda o
istituto", intesa a vietare discriminazioni poste in essere in ragione
della "località di insediamento o della loro sfera di operatività
territoriale. La norma, ideata da Gustavo Minervini, era contenuta nell'art. 8
l. 1 marzo 1986, n. 64 ««Uniformità del trattamento praticato da aziende ed
istituti di credito»». La norma - ora espressamente abrogata dall'art. 4 l. 19
dicembre 1992, n. 488 - era stata a suo tempo introdotta per combattere il
fenomeno dell'applicazione di differenti tassi ai clienti delle diverse
"piazze" e di riequilibrare così il costo del denaro a beneficio
delle regioni del Sud dell'Italia: ««Le aziende e gli istituti di credito,
salve le disposizioni della presente legge, debbono praticare, in tutte le
proprie sedi principali e secondarie, filiali, agenzie e dipendenze, per
ciascun tipo di operazione bancaria, principale o accessoria, tassi e
condizioni uniformi, assicurando integrale parità di trattamento nei confronti
dei clienti della stessa azienda o istituto, a parità di condizioni soggettive
dei clienti, ma esclusa, in ogni caso, la rilevanza della loro località di
insediamento o della loro sfera di operatività territoriale»». Evidenziano
correttamente come la ratio della norma fosse circoscritta e consistesse
nell'esigenza di ridurre lo svantaggio delle regioni del Meridione F.
Martorano, Trasparenza e parità di trattamento nelle operazioni bancarie, in
Banca borsa tit.cred., 1991, 703 s. e N. Salanitro, Tassi e condizioni nei
contratti bancari: vincoli di trasparenza ed uniformità, in Banca borsa
tit.cred., 1989, 489 ss. Contra L. Nivarra, Disciplina del mercato: il
monopolio, in Commentario del codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano,
1992, 172 il quale, sulla scia di L. Maisano (Trasparenza e riequilibrio delle
operazioni bancarie, Milano, 1991, 65 s.), scrive che la norma avrebbe avuto
come scopo quello di ««promuovere un assetto dei rapporti tra la banca e i suoi
clienti più conforme alle esigenze di tutela di questi»». È stato osservato, in
maniera non condivisibile, che, a fronte dell'abrogazione dell'espressa
previsione della parità di trattamento di cui all'art. 8 l. 64/1986,
l'introduzione ad opera dell'art. 2, comma 3 l. 17 febbraio 1992, n. 154 (ora
art. 116, comma 1, 6, 7 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) dell'obbligo di dare
pubblicità a ««tassi di interesse, prezzi, spese (...) e ogni altra condizione
economica»» confermerebbe l'esistenza di un obbligo di parità di trattamento nei
contratti bancari: L. Nivarra, Disciplina del mercato: il monopolio, in
Commentario del codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano, 1992, 172.
45) Però, Rodolfo Sacco considera nullo per contrarietà al buon costume
««qualsiasi accordo per cui colui, il quale deve operare nell'interesse altrui,
acconsente a lasciar influire sulle proprie scelte circostanze diverse da
quell'interesse altrui, cui egli deve vegliare»»: R. Sacco, in R. Sacco - G. De
Nova, Il contratto, Torino, 2004, II, pag. 73.
46) Trib. Bolzano, sez. II civile, G.U. Pasquali, 20 ottobre - 3 novembre 2007,
n. 1305, in www.filodiritto.it.
47) Considerando n. 31 della Direttiva 2004/39/CE.
48) G. Minervini, Il conflitto d'interessi fra rappresentante e rappresentato
nella recente codificazione, in Arch.giur. Filippo Serafini, 1946, II, pagg.
137, 138.
49) Art. 40, comma 1, lett. a) del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29
ottobre 2007. Il dovere compare nel Regolamento Intermediari come articolazione
del dovere di adeguatezza cui l'intermediario è tenuto nell'esecuzione del
contratto di gestione. Uno degli elementi essenziali del contratto di gestione
è l'indicazione del ««livello del rischio entro il quale il gestore può
esercitare la sua discrezionalità»» e di ««eventuali specifiche restrizioni a
tale discrezionalità»»: art. 38, comma 1, lett. b), seconda parte del
Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
50) Art. 38, comma 1, lett. b), prima parte del Regolamento Intermediari n.
16190 del 29 ottobre 2007
51) Al momento della conclusione l'investitore versa il denaro come patrimonio
da gestire così somministrando i mezzi per l'esecuzione, che avrà poi ad
oggetto lo stesso denaro ed i beni - denaro e strumenti finanziari - che ad
esso andranno via via sostituendosi. Il contratto di gestione individuale è
stato considerato un mandato (F. Capriglione, Le gestioni bancarie di patrimoni
mobiliari, in Banca, borsa tit.cred., 1987, I, pag. 265), che ad oggetto il
compimento di un'attività, alla stregua di un mandato generale. A differenza
dalla negoziazione per conto terzi, in cui gli ordini integrano un mandato
speciale. R. Lener, Il conflitto di interessi nelle gestioni di patrimoni,
individuali e collettive, in Banca borsa tit.cred., 2007, I, pagg. 431 ss.
Esistono in dottrina letture diverse, secondo cui la gestione non sarebbe
riconducibile ad un mandato generale a compiere investimenti in strumenti
finanziari bensì sarebbe a sua volta uno strumento finanziario che
l'intermediario offre al pubblico (P. Ferro Luzzi, Le gestioni patrimoniali, in
Giur.comm., 1992, I, pagg. 47, 53.) o sarebbe riconducibile ad un appalto di servizi
- per la prevalenza della componente intellettuale organizzata su quella del
compimento di atti giuridici (G. Ghidini e G. Minervini citati da F.
Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 105
s. nota 107) o ad un contratto d'opera intellettuale (M. Nuzzo, Società
fiduciarie: un progetto di riforma, in Dir. banc., 1988, II, pag. 172) o ad un
tipo autonomo e nuovo (M. Zaccheo, Gestione fiduciaria e disposizione del
diritto, Milano, 1991, pag. 283; M. Cossu, La "gestione di portafogli di
investimento" tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari,
Milano, 2002, pag. 231).
È massima ricorrente della Suprema Corte che ««si ha gestione patrimoniale
(...) là dove siano presenti gli elementi del mandato e dello svolgimento
dell'attività su base discrezionale ed individualizzata; ove tali tratti
caratterizzanti manchino, si è al di fuori del servizio di gestione
patrimoniale, rientrandosi nell'area, consentita ai promotori finanziari (che
pertanto vanno esenti da provvedimenti sanzionatori), della consulenza ed
assistenza nelle attività decisionali del cliente»»: Cass., 28 maggio 2007, n.
12479, in Società, 2007, pag. 1351; Cass., 20 marzo 2003, n. 4081, in Foro it.,
2003, I, col. 2085.
52) Al momento della sua conclusione l'investitore non somministra alcun mezzo
per l'esecuzione, non versa denaro.
53) Contra F. Galgano, Il contratto di intermediazione finanziaria davanti alle
sezioni unite della cassazione, in Contr.impr., 2008, pagg. 1 ss. La questione
della qualificazione dei contratto di investimento si trova affrontata per lo
più laddove si tratta di verificare l'osservanza del requisito di forma. Al
riguardo l'art. 23 del TUF dispone che ««I contratti relativi alla prestazione
dei servizi di investimento (...) sono redatti per iscritto»». La forma del
contratto di negoziazione rileva perché, se essa difetta, l'intermediario non
può eseguire gli ordini. Il legislatore detta un divieto di agire perché vieta
l'attività di negoziazione che si svolga senza la previa conclusione in forma
scritta e la consegna del contratto che presenti i requisiti di forma contenuto
che risultano dal combinato disposto dell'art. 23 TUF e dell'art. 37 del
Regolamento Intermediari. E per questo il contratto di negoziazione deve pure
precedere temporalmente gli ordini (si veda Trib. Bologna, 2 marzo 2009, in www.ilcaso.it).
È certo che nel contratto di negoziazione la forma imposta dall'art. 23 non
riguarda gli ordini - così B. Inizitari - V. Piccinini, La tutela del cliente
nella negoziazione di strumenti finanziari, Padova, 2008, pag. 12 -, perché ai
sensi dell'art. 38 del Regolamento Intermediari ««le modalità attraverso cui il
cliente può impartire ordini e istruzioni»» debbono essere contenute in un
««apposito contratto scritto»» che dunque deve precedere gli ordini ed è il
contratto di cui all'art. 23 TUF.
54) L'alternativa è se l'intermediario sia o meno libero di eseguire l'ordine
ai sensi dell'art. 1327 cod.civ. Nel Regolamento Intermediari 11522 del 1998
era contenuta una norma regolamentare già contenuta in regolamenti precedenti
di Consob secondo cui nel servizio di negoziazione ««Il rifiuto di eseguire un
ordine d(oveva) essere prontamente comunicato all'investitore»» (art. 32, comma
2 Regolamento 11522 del 1998 e sul punto già F. Carbonetti, I contratti di
intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 73) e questa norma regolamentare
- che ricorda la vecchia norma delle NUB per cui l'azienda di credito potrebbe
sempre rifiutare di eseguire gli ordini - era riprodotta nei contratti. Se ne
desumeva a mio avviso che l'intermediario fosse libero di non eseguire gli
ordini del cliente del tutto indipendentemente dalla ricorrenza di questa o di
quella circostanza, sicché il contratto di investimento non solo non produceva
obbligazioni di compiere atti di investimento, ma lasciava pure libere le parti
di contrattare o non su singoli atti di investimento (non così F. Annunziata,
Abusi di mercato e tutela del risparmio, Torino, 2006, pag. 70 al richiamo
della nota 71 e nella nota stessa il quale riteneva che ««il rifiuto [di
eseguire l'ordine] debba essere motivato»» in forza ««di un principio generale,
che già discende dall'applicazione del principio di trasparenza e di buona fede
nell'esecuzione del contratto»»). Il quadro è mutato nel nuovo Regolamento
Intermediari 16190 del 2007 in cui non solo non si trova la precedente e
risalente previsione regolamentare ma si trovano diverse disposizioni che
inducono a ritenere che l'intermediario sia tenuto ad eseguire l'ordine; così è
per l'intiero titolo dedicato alla ««gestione degli ordini dei clienti»» (artt.
49 ss. del Regolamento Intermediari 16190 del 2007). Anche la disciplina delle
operazioni sospette di cui agli artt. 44 ss. del Regolamento Mercati n. 16191
del 29 ottobre 2007 sembra confermare che l'intermediario è tenuto ad eseguire
l'ordine, tanto da non avere la facoltà di astenersi neppure se l'operazione è
da segnalarsi come sospetta a Consob (sul punto manifestava dubbi sotto la
previgente disciplina F. Annunziata, Abusi di mercato e tutela del risparmio,
Torino, 2006, pagg. 69 ss.).
55) Trib. Venezia, 30 maggio 2007, n. 1114, Pres. R. Zacco, Est. A. Fidanzia,
in www.ilcaso.it.
56) Non a caso la scelta è una di quelle in cui si articola l'obbligo di best
execution di cui agli artt. 45 ss. del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29
ottobre 2007.
57) Comune ai diversi servizi è pure la valutazione della capacità
dell'investitore di ««comprendere i rischi dell'operazione (...) e del
servizio»»: artt. 40, comma 1, lett. c); 42, comma 1, ultima parte del
Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
58) Anche nei derivati over the counter, l'asimmetria è tra investitore ed
intermediario in quanto controparte sostanziale, non in quanto intermediario.
L'investitore, a certe condizioni, ha un onere di informarsi che prescinde del
tutto da un obbligo di informazione dell'intermediario; lo conferma la
previsione del Regolamento Intermediari secondo cui costituiscono strumenti
finanziari ««non complessi»» quelli che presentano tra le altre la
caratteristica che ««sono pubblicamente disponibili informazioni
sufficientemente complete e di agevole comprensione sulle sue caratteristiche
in modo tale che il cliente al dettaglio medio possa prendere una decisione
informata in merito alla realizzazione o meno di un'operazione su tale
strumento»»: art. 44, comma 1, lett. d).
59) È in questa prospettiva che devono essere inquadrate le questioni se
incidano sulla natura dei contratti di intermediazione i pericoli che dipendono
dagli atti illeciti dell'emittente, di Consob, delle agenzie di rating, dello
sponsor o del revisore contabile dell'emittente (Cfr. Trib. Milano, 4 novembre
2008, in Corr.giur., 2009, pagg. 531 ss.; Trib. Milano, 25 luglio 2008, in www.ilcaso.it.
In tema C. Alvisi, Abusi di mercato e tutele civili, in Contr.impr.Eur., 2007,
pagg. 253 ss.), se esulino dall'ambito della responsabilità contrattuale i casi
di concorso dell'intermediario nell'illecito extracontrattuale da falso
prospetto in operazioni di collocamento (in tema G. Ferrarini, La
responsabilità da prospetto delle banche, in Banca, borsa tit.cred., 1987, I,
pagg. 437 ss.), se l'intermediario risponda quando l'emittente assume
l'iniziativa di diffondere informazioni false, ai sensi dell'art. 114, comma 1
TUF, e gli investitori adottano decisioni di investimento diverse da quelle che
avrebbero adottato in presenza di un'informazione corretta, se l'intermediario
risponda quando l'informazione diffusa dall'emittente su richiesta di Consob,
ai sensi dell'art. 114, comma 5 TUF, sia oggettivamente di dubbia
interpretazione, (ad es. perché il comunicato è laconico; in tema A. Crespi,
Manipolazione del mercato e manipolazione di norme incriminatrici, in Banca
nborsa tit.cred., 29009, I, pagg. 107 ss.). È istruttivo uno sguardo alle
regole poste a presidio della distribuzione di prodotti sicuri: la disciplina
distingue fra produttore e distributore a seconda che l'imprenditore a valle
eserciti un'attività che possa incidere (anche se non abbia inciso in concreto)
sulle caratteristiche di sicurezza (in tal caso egli è produttore) o non incida
sulle caratteristiche di sicurezza: a fronte di specifici obblighi del primo,
il secondo è tenuto ad un generico obbligo di diligenza professionale: artt.
103, comma 1, lett. d), e), 104 cod.cons.
60) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in
Riv.dir.civ., 2007, I, pag. 768 il quale richiama la previsione dell'art. 1759
cod.civ.
61) Art. 8 Direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008. Si veda M. Lobuono, Brevi
note sui profili giuridici del sovra indebitamento del consumatore, in M.
Lobuono - M. Lorizio (cur.), Credito al consumo e sovra indebitamento del
consumatore. Scenari economici e profili giuridici, Torino, 2007, pagg. 150 ss.
62) A. Somma, La buona fede contrattuale. Modelli solidali e modelli
ordoliberali a confronto, in Eur.dir.priv., 2006, pagg. 501 ss.
63) G. Osti, voce Contratto, in Noviss dig.it., s.d. ma Torino, 1959, pag. 472;
P.G. Monateri, Ripensare il contratto: verso una visione antagonista del
contratto, in Riv.dir.civ., 2003, I, pag. 409.
64) Come del resto da tempo statuisce la giurisprudenza, anche se in maniera
non sempre nitidissima . G. De Nova, Gli interessi in conflitto e il contratto,
in Riv.dir.priv., 2004, pag. 243; G. Sicchiero, Buona fede e rischio
contrattuale, in Contr.impr., 2006, pag. 923. In giurisprudenza Cass., 15
febbraio 2007, n. 3462, in Foro it., Rep. 2007, voce "Contratto in
genere", n. 560; Cass., 7 giugno 2006, n. 13345, in Foro it., Rep. 2006,
voce "Contratto in genere", n. 492.
65) Mentre di per sé non è decisiva l'espressione legislativa
««intermediario»», che non coincide automaticamente con mandatario, al
contrario è assunta nel significato economico di intermediario nella
circolazione di beni (gli strumenti finanziari appunto) come accade già nel
codice civile che all'art. 2195, n. 2 considera espressamente la ««attività
intermediaria nella circolazione di beni»» come elemento caratterizzante
dell'attività di qualsiasi imprenditore commerciale.
66) Si veda G. Minervini, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in
Giur.comm., 2006, I, pag. 147. S. Pugliatti, Il rapporto di gestione
sottostante alla rappresentanza, ora in Studi sulla rappresentanza, Milano,
1965, pag. 166 e Id., Rilevanza del rapporto interno nella rappresentanza
indiretta, ora in Studi cit., 486; V. Scalisi, Inadempimento del mandatario e
tutela del mandante, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1977, pagg. 1470 ss.; G.
Bavetta, Mandato (dir.priv.), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1975, pag. 322; D.
Maffeis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, pagg. 135
ss. In giurisprudenza Cass., 26 luglio 2005, n. 15607, in Foro it., Rep. 2005,
voce "Mandato", n. 6 definisce l'oggetto del contratto di mandato
««un'attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e
nell'interesse del mandante»» e così anche Cass., 26 ottobre 2004, n. 20739, in
Foro it., Rep. 2005, voce "Mandato", n. 7; Cass., 30 marzo 1995, n.
3803, in Foro it., Rep. 1995, voce "Mandato", n. 3. La prospettiva è
respinta, com'è noto, da A. Luminoso (Mandato, commissione, spedizione, in
Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo e
continuato da L. Mengoni, Milano, 1984, pagg. 11 ss.). Contra G. Minervini, Il
mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di diritto civile it.
diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 15; A. Luminoso, Il mandato, Torino,
2007, pagg. 20 ss.
67) Lo riferisce G. MINERVINI, Il mandato, la commissione, la spedizione, in
Trattato di diritto civile it. diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 54,
nota 4.
68) Art. 23, comma 3, lett. d) del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre
2007.
69) M.J Bonell, Agency, in Eur.dir.priv., 2003, pag. 244.
70) La disciplina ««impone all'operatore il dovere sia di farsi parte attiva
nella richiesta all'investitore di notizie circa la sua esperienza e la sua
situazione finanziaria, gli obiettivi di investimento e la propensione al
rischio, sia di informare adeguatamente il cliente, al fine di porre il
risparmiatore nella condizione di effettuare consapevoli e ragionate scelte di
investimento o disinvestimento. Il duplice riferimento alle informazioni
adeguate e necessarie e la direzione dell'obbligo nei confronti del cliente
inducono a ritenere che le informazioni debbano essere modellate alla luce
della particolarità del rapporto con l'investitore, in modo da soddisfare le
specifiche esigenze proprie di quel singolo rapporto»»; Cass., 25 giugno 2008,
n. 17340, in Foro it., Rep. 2008, voce "Intermediazione finanziaria",
n. 89.
71) App. Milano, 1/15 aprile 2009, Pres. Boiti - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
72) App. Milano, 18/24 aprile 2009, Pres. Lapertosa - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
73) App. Milano, 18/24 aprile 2009, Pres. Lapertosa - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
74) Ampiamente in D. Maffeis, Forme informative, cura dell'interesse ed
organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in
Riv.dir.priv., 2005, pagg. 575 ss. Da ultimo G. Carriero, Mifid, attività
assicurativa, autorità di vigilanza, in Dir. banca merc.fin., 2008, pag. 433.
75) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in
Riv.dir.civ., 2007, I, pagg. 752 s.
76) Art. 1735 cod.civ.
77) Ampiamente in D. Maffeis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi,
Milano, 2002, pagg. 56 ss.
78) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in
Riv.dir.civ., 2007, I, pagg. 739 ss.; D. Maffeis, Tutela dell'interesse e
conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir. priv.,
2004, pagg. 253 - 282.
79) D. Maffeis, Sostanza e rigore nella disciplina Mifid del conflitto di
interessi, in Dir. banca merc. fin., 2008, pagg. 581 ss.
80) Si legge nel Considerando n. 29 della Direttiva 2004/39/CE che ««La gamma
sempre più ampia di attività che molte imprese di investimento esercitano
simultaneamente ha aumentato le possibilità che vi siano conflitti tra queste
diverse attività e gli interessi dei clienti. È pertanto necessario prevedere
regole volte a garantire che tali conflitti non si ripercuotano negativamente
sugli interessi dei loro clienti»».
81) F. Carnelutti, Recensione a Pugliatti, in Riv.dir.proc.civ., 1929, I, pag.
113.
82) Per il contratto di consulenza non è prevista la forma scritta e
conseguente consegna all'investitore: art. 23, comma 1 TUF. Il contratto di
consulenza è stato considerato contratto d'opera intellettuale (M. Nuzzo,
Società fiduciarie: un progetto di riforma, in Dir. banc., 1988, II, pag. 172)
o, in considerazione della rilevanza che assumerebbe l'organizzazione
dell'intermediario, appalto di servizi (F. Carbonetti, I contratti di
intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 119 nota 117). Si vedano anche
nel Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007 l'art. 27, comma 2 relativo ai
requisiti generali delle informazioni, l'art. 31, comma 1 relativo alle
informazioni sugli strumenti finanziari.
83) In Gran Bretagna è vivissimo il dibattito sull'opportunità che la Financial
Services Authority (FSA) definisca il c.d mis-selling.
84) Art. 37, comma 2 lett. g) Regolamento Intermediari 16190 del 2007.
85) Art. 1, comma 5 septies TUF.
86) Lo riconosce la Direttiva 2004/39/CE al Considerando n. 3 in cui si dà atto
della ««sempre maggiore dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni
personalizzate»». È sufficiente pensare che l'intermediario è assai spesso la
banca (non, s.i.m. o s.g.r.) che, avendo già rapporti con il cliente, non
agisce per lo più come un soggetto appositamente incaricato da un investitore,
ma come un consulente spontaneo che invita il cliente tradizionale ad
investire; cfr. F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare,
Milano, 1992, pag. 120.
87) Art. 39, comma 1, lett. b) e c) del Regolamento Intermediari n. 16190 del
29 ottobre 2007. Nella Comunicazione n. 8080252 del 28 febbraio 2008 Consob si
è così espressa: ««Per i servizi c.d. "esecutivi" (esecuzione di
ordini, ricezione e trasmissione di ordini e collocamento), il vaglio
dell'intermediario (valutazione di appropriatezza) è limitato alla verifica del
livello di conoscenza ed esperienza in capo al cliente necessario per
comprendere i rischi connessi alla decisione di investimento da assumere. In
tale contesto, per procedere alla prestazione di tali servizi "a minore
valore aggiunto", il legislatore europeo (e quindi la disciplina nazionale
di recepimento) non ha ritenuto imprescindibile l'assunzione delle informazioni
dalla clientela, ferma restando peraltro la necessità di comunicare al cliente
l'impossibilità di determinare l'appropriatezza delle decisioni di investimento
ove l'investitore non abbia fornito gli elementi necessari al proprio
"profilo".
In un'ottica di maggior valore aggiunto fornito al cliente e di tutela degli
investitori, il modello di offerta dei servizi di investimento da parte
dell'intermediario può legittimamente prevedere il regolare abbinamento del
servizio di consulenza ai c.d. "servizi esecutivi" comportando,
conseguentemente, l'osservanza da parte dell'intermediario medesimo delle più
stringenti regole di condotta, anche in materia di "conoscenza del
cliente" tipiche della "consulenza in materia di
investimenti"»».
88) Dunque, il problema della consulenza non è tanto il contratto, raro, quanto
la responsabilità (contrattuale o extracontrattuale): è appena il caso di
notare che il regime cambia poco dal punto di vista dell'onere della prova
dell'elemento soggettivo, dato che per espressa previsione dell'art. 23, comma
6 TUF l'onere della prova della diligenza professionale è a carico
dell'intermediario 89) Potrebbe trattarsi di strumenti vietati o semplicemente
giudicati nulli in corte perché non meritevoli di tutela ai sensi dell'art.
1322 cod.civ. (Trib. Salerno, 12 aprile 2007, in Giur. it., 2008, pag. 134 e
Trib. Brindisi, 21 giugno 2005, in Contratti, 2006, pag. 884 a proposito di
fattispecie di ««"contratto aleatorio unilaterale" non meritevole di
tutela da parte dell'ordinamento giuridico»»). Può essere il caso degli
strumenti My Way (Trib. Brindisi 8 luglio 2008, in www.ilcaso.it.),
For You (Trib. Salerno 26 settembre 2007, in www.ilcaso.it.) o di taluni
derivati strutturati caratterizzati ab origine da un'alea squilibrata o dalla
totale mancanza di una corrispettività delle alee. Per parte sua, la Mifid non
vieta specifici strumenti - lo evidenzia A. Nigro, La nuova regolamentazione
dei mercati finanziari: i principi di fondo delle direttive e del regolamento
Mifid, in Dir.banca merc.fin., 2008, pag. 10 - ma ad es. vieta la simulazione
di operazioni su strumenti finanziari, che integra la fattispecie delittuosa
della manipolazione del mercato (art. 185 TUF).
90) G. Minervini, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di
diritto civile it. diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 23; A. Luminoso,
Il mandato, Torino, 2007, pag. 37. Lo stesso vale per ordini ed istruzioni, che
integrano dichiarazioni non negoziali di volontà, secondo l'insegnamento di V.
Panuccio, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966, pag. 319 ss.
91) Art. 23, comma 3 Regolamento Congiunto Consob Banca d'Italia.
92) Con riferimento alla nullità della pattuizione della retrocessione di
commissioni vietate (inducements) da ultimo S. Fortunato, Conflitto di
interessi e disciplina degli inducements, in Banca borsa tit.cred., 2009, I,
pag. 150.
93) La categoria ha numerose epifanie legislative nel codice civile, in
particolare nella disciplina del tutore del minore e dell'interdetto e
dell'esecutore testamentario. Contra, quanto alla figura dell'esecutore
testamentario, M. Talamanca, Successioni testamentarie, in Commentario del
codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna, 1965, pag. 437. Non
osta l'interesse dell'intermediario ad esercitare l'attività come non osta in
generale all'individuazione dell'ufficio di diritto privato l'interesse proprio
del titolare dell'ufficio a rivestire la carica o a conseguire il compenso: F.
Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1946, pag. 41.
94) A. Candian, Del c.d. "ufficio privato" e, in particolare,
dell'esecutore testamentario, in Temi, 1952, pagg. 383, 397. Tratti
caratterizzanti della figura secondo F. Macioce, voce Ufficio (dir.priv.), in
Enc.dir., s.d. ma Milano, 1992, pag. 644 sono ««la doverosità dell'attività
svolta dal soggetto titolare dell'ufficio e l'alienità dell'interesse
perseguito da quest'ultimo nel compimento della predetta attività»».
95) S. Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, pag.
45. Cfr. ora M. Graziadei, Il diritto soggettivo, in Trattato di diritto civile
diretto da R. Sacco, Torino, 2001, pag. 70.
96) Cass., 16 agosto 2000, n. 10815, in Foro it., Rep. 2001, voce
"Comunione e condominio", n. 167.
97) Trib. minorenni Brescia, 28 dicembre 1998, in Foro it., Rep. 2000, voce
"Potestà dei genitori", n. 18.
98) Cass., 12 febbraio 1997, n. 1286, in Foro it., Rep. 1997, voce
"Comunione e condominio", n. 166.
99) Sul fenomeno della ««disintermediazione»» nei c.d. internet-based bullettin
boards cfr. F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari,
Milano, 2002, pag. 336.
100) F. Macioce, voce Ufficio (dir.priv.), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1992,
pag. 648.
101) Se volgiamo l'attenzione agli istituti codicistici che consistono
testualmente in un ««ufficio»», constatiamo che il tutore del minore - e
dell'interdetto (art. 424 cod.civ.) - può essere ««rim(osso)»» dal ««giudice
tutelare»» se ««si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia
divenuto immeritevole dell'ufficio (...) ovvero sia divenuto insolvente»» (Art.
384 cod.civ. Cfr. per la natura di volontaria giurisdizione del provvedimento
di rimozione del tutore Cass., 14 febbraio 2003, n. 2205, in Foro it.,
Rep.2003, voce "Tutela e curatela", n. 2; Cass. 1 luglio 1998, n.
617, in Foro it., Rep. 1998, voce "Tutela e curatela", n. 6). E
l'esecutore testamentario può essere dall'««l'autorità giudiziaria (...)
esonera(to) dal suo ufficio per gravi irregolarità nell'adempimento dei suoi
obblighi, per inidoneità all'ufficio o per aver commesso azione che ne menomi
la fiducia»» (art. 710 cod.civ. Cfr. per la natura di volontaria giurisdizione
del provvedimento di esonero dell'esecutore Cass. 28 gennaio 2008, n. 1764, in
Foro it., Rep. 2008, voce "Successione ereditaria", n. 64).
102) In tema R. Lener, Il controllo amministrativo sulla correttezza dei
comportamenti degli intermediari nei rapporti contrattuali con la clientela, in
Dir.banc., 1997, I, pagg. 544 ss.
103) Art. 5, comma 1 TUF. In particolare la Consob vigila sulla trasparenza e
sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari ed è ben noto che
nell'odierno sistema delle fonti ««qualunque dichiarazione dell'autorità
indipendente viene considerata come norma per chi deve svolgere un'attività
soggetta a quella autorità indipendente»»: G. De Nova, Le fonti di disciplina
del contratto e le Autorità Indipendenti, in Riv.dir.priv., 2003, pag. 7. Ora
in tema V. Scalisi, Complessità e sistema delle fonti di diritto privato, in M.
Lobuono (cur.), Scienza giuridica privatistica e fonti del diritto, Bari, 2009,
pag. 60.
104) Art. 51 TUF. Si aggiungono i pregnanti strumenti di intervento sugli
organi degli intermediari: art. 7 TUF.
105) A. Auricchio, Considerazioni sull'eccesso di mandato, in Dir.giur., 1956,
pag. 5.
106) Nella disciplina dei contratti tra intermediari ed investitori, pur
essendo più volte richiamato nel Regolamento Mercati il ««trasferimento
effettivo della proprietà di uno strumento finanziario»» 106 e nel Regolamento
Intermediari che ««l'intermediario (...) attua tutte le misure ragionevoli per
assicurare che gli strumenti finanziari (...) di pertinenza dei clienti (...)
siano prontamente e correttamente trasferiti sul conto del cliente»» (at. 49,
comma 4 del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.), tuttavia
manca una disciplina dell'individuazione secondo quanto richiesto dall'art.
1378 cod.civ. È apertissimo, come ha notato Guido Ferrarini, il quesito che si
pone ««sul piano civilistico (circa) la tenuta dei vari schemi (mandato con o
senza rappresentanza»»: G. Ferrarini, Novità e problemi del decreto Eurosim, in
Banca borsa tit.cred., 1996, I, pag. 886. Sul punto si vedano anche G. Alpa -
P. Gaggero, I servizi di investimento in valori mobiliari nel decreto Eurosim,
Milano, 1996, pagg. 80 s. Ciò che accade è che l'intermediario inserisce gli
strumenti finanziari nel conto titoli del cliente e ne resta depositario con
facoltà di sub deposito in forza di un contratto - normalmente di deposito
titoli a custodia e amministrazione - concluso contestualmente al contratto di
negoziazione o di gestione. Trattandosi di cose mobili di genere gli effetti si
producono direttamente in capo all'investitore per effetto dell'individuazione.
In dottrina R. Sacco, Principio conensualistico ed effetti del mandato, in Foro
it., 1966, I, col. 1390 e Id., Intervento in G. Visintini (cur.),
Rappresentanza e gestione, Padova, 1992, pagg. 55 s.; M. Graziadei, voce
Mandato, in Digesto IV, Disc.priv., s.d. ma Torino, 1994, pag. 166. Con
specifico riferimento agli strumenti finanziari F. D'Alessandro, Dissesto
dell'intermediario mobiliare e tutela dei clienti, in Giur.comm., 1997, I, pag.
476. In giurisprudenza Cass., 24 giugno 2002, n. 9166, in Giust.civ., 2003, I,
pagg. 2896 s.; Cass., Sez. Un., 15 novembre 1995, n. 11834, in Nuova
giur.civ.comm., 10996, I, pagg. 780 ss. In particolare la Corte di cassazione
statuisce che ««L'ordine di borsa, in forza del quale una banca si sia
impegnata ad acquistare ed a trasferire al cliente la proprietà di un certo
numero di azioni nominative (...), ha ad oggetto il trasferimento di cose
determinate solo nel genere, nell'ambito del quale la proprietà si trasmette
esclusivamente, a norma dell'art. 1378 c.c., mediante
"individuazione" dei beni che ne formano oggetto, non essendo
sufficiente la messa a disposizione delle azioni presso la società; pertanto,
in difetto di tale individuazione, la banca è inadempiente al suo obbligo
essenziale, quale commissionaria, di ritrasferire al committente la cosa
acquistata per suo conto, facendogliene acquistare la proprietà»»; Cass., 9
gennaio 1997, n. 108, in Foro it, Rep. 1997, voce "Commissione", n.
3. Nella Comunicazione n. 98046829 del 5 giugno 1998 Consob così si esprimeva:
««Gli intermediari per agire in nome proprio e per conto di terzi nella
prestazione dei servizi d'investimento devono ottenere preventivamente dal
cliente un'autorizzazione scritta. Ottenuta tale autorizzazione, l'intermediario
non sarà tenuto a comunicare a terzi il nome del cliente o un suo codice
identificativo. Anche in tal caso, l'intermediario deve comunque assicurare,
attraverso opportune procedure interne, l'esatto raccordo tra l'ordine ricevuto
dal cliente, l'ordine trasmesso sul mercato e l'operazione eseguita con la
controparte. Deve così essere resa possibile la ricostruzione dell'intero
percorso dell'ordine, dal suo rilascio da parte del cliente alla sua esecuzione
con la controparte»». L'art. 21, comma 2 TUF prevede che ««Nello svolgimento
dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del
risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto
del cliente»», ma - quantomeno sui mercati regolamentati - l'intermediario
agisce sempre in nome proprio, non solo perché sarebbe assurdo il contrario, ma
perché così impongono le stesse discipline dei singoli mercati (ad es., MTA,
Sedex e così via). L'opposta disciplina primaria vigente sotto la legge n.
1/1991, che prevedeva l'agire in nome del cliente, era stata svuotata e
rovesciata da Consob, che aveva sostanzialmente legittimato la prassi di agire
in nome proprio. C. Coltro Campi, La nuova disciplina dell'intermediazione e
dei mercati mobiliari, Torino, 1991, pag. 48 scriveva senza mezzi termini che
la previsione dell'agire dell'intermediario in nome proprio ««mi sembra un
lapsus calami del legislatore, non ritenendo che le SIM in tale attività si
discostino dal loro normale agire in nome proprio, se pur per conto altrui!»»;
adde L. Balestra, La natura giuridica dell'ordine di borsa, in Corr.giur.,
1996, pag. 661; M. Miola, in G.F. Campobasso (cur.), L'Eurosim, Milano, 1997,
pag. 126. Si veda già L. Bianchi d'Espinosa, I contratti di borsa. Il riporto,
in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo,
II, Milano, 1969, pag. 295. Ed è stato giustamente notato che la qualificazione
dell'agire in nome proprio nei termini di una facoltà subordinata al consenso
scritto dell'investitore, e quindi in termini di apparente eccezione, è di per
sé curiosa ed è significativo che, quando il Regolamento Mercati richiede che
siano segnalate alla Consob le operazioni concluse su strumenti finanziari
(art. 23, comma 3, lett. d) del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre
2007) o le operazioni sospette (art. 47, comma 1, lett. d) del Regolamento
Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007), l'intermediario è tenuto ad indicare
««se l'operazione è stata conclusa per conto proprio o per conto, e
nell'interesse, di un cliente»», senza che sia richiesto di segnalare se
l'investitore abbia agito in nome. Probabilmente l'agire in nome proprio è
subordinato al consenso scritto dell'investitore perché è poco coerente con il
principio della separatezza dei patrimoni dei clienti 106 che tanta importanza
assume in caso di crisi dell'intermediario, poiché da esso dipende l'ammissione
alla sezione separata dello stato passivo: artt. 57, comma 3, 91, comma 1 e 4
TUB. Cass., 12 febbraio 2008, n. 3380, in Foro it., Rep. 2008, voce
"Liquidazione coatta amministrativa e ammin. straord.", n. 17; Cass.,
12 giugno 2007, n. 13762, in Foro it., Rep. 2007, voce "Fallimento",
n. 640; Cass., 5 aprile 2006, n. 7878, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Intermediazione finanziaria", n. 145.
107) S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pagg. 523 s.
108) Secondo Trib. Cagliari, 18 gennaio 2007, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Intermediazione finanziaria", n. 256 nel ««mandato senza
rappresentanza,(...) talvolta l'atto gestorio sopravvive all'invalidità del
contratto di mandato»».
109) Cfr. art. 1711 cod.civ. Invece, se il mandatario agisce nel nome, il
contratto con il terzo non è valido (art. 1398 cod.civ.).
110) Trib. Firenze, 24 febbraio 2006, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Intermediazione finanziaria", n. 222: ««la nullità degli ordini di
negoziazione (qualificabili come proposte di contratto di mandato che si
conclude mediante la loro esecuzione) (comporta) il venir meno della causa
gestoria che ha giustificato il trasferimento dei titoli»».
111) Trib. Firenze, 18 ottobre 2005, in Foro it., Rep. 2007, voce
"Intermediazione finanziaria", n. 211.
112) Trib. Saluzzo, 28 aprile 2009, in www.ilcaso.it.
113) S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pagg. 523 s. U.
Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, 1947, I, pag. 342
ammoniva - trattando dell'esecutore testamentario - ad evitare di ricercare le
regole sull'imputazione degli effetti al patrimonio ereditario nei meccanismi
della rappresentanza, rilevando che ««l'esecutore è fornito di una specifica
legittimazione a mettere in essere l'attività»» e precisava che ««proprio
perché questa attività è legittima (...) non può essere disconosciuta (...)
sino a che naturalmente l'esecutore non abbia esorbitato dai limiti entro i
quali egli, come titolare dell'ufficio, è competente ad agire»».
114) Trib. Milano 14 febbraio 2009, Pres. Bernardini - Rel. Raineri, in www.ilcaso.it.
115) Trib. Milano 18 febbraio 2009, Pres. Vanoni, Rel. Raineri, in www.ilcaso.it.
116) G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di
investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per
l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 916
auspica l'individuazione del ««rimedio più adatto per tutelare l'interesse
pubblico e l'interesse del contraente debole»»
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