CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/07/2013 Scarica PDF
Dai principi generali alla falcidiabilità di tutti i crediti tributari
Massimo Fabiani, ProfessoreSOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La flessibilità della proposta di concordato. - 3. Rigidità della proposta e transazione fiscale. - 4. Transazione fiscale e obbligatorietà. - 5. La giurisprudenza sulla non falcidiabilità del credito per IVA e per ritenute non versate. - 6. Sulla natura eccezionale della transazione fiscale. - 7. Considerazioni critiche sull'orientamento giurisprudenziale prevalente. - 8. Sulla natura non prededucibile del credito IVA. - 9. Conclusioni.
1. Premessa
Una nutrita serie di recenti pronunce di merito rilancia l'interesse per il
tema che coinvolge la valutazione dell'ammissibilità di una proposta
concordataria nella quale il debitore senza fare ricorso alla transazione
fiscale preveda che il creditore Erario per tributi relativi ad IVA e a
"ritenute non versate" possa non essere soddisfatto per intero in
relazione a questi tributi.
Per rispondere a tale quesito occorre prima comprendere come si atteggi
l'istituto della transazione fiscale rispetto al quale è espressamente previsto
che i crediti suddetti debbano essere soddisfatti per intero1.
2. La flessibilità della proposta di concordato
Con la Riforma attuata nel 2005 a partire dal D.L. 35 sono state
progressivamente modificate varie disposizioni del concordato preventivo,
alcune delle quali sono in corso di cambiamento anche nel momento in cui il
presente contributo viene redatto.
Uno dei valori fondamentali del nuovo modello di concordato è rappresentato
dall'opzione di assegnare al debitore un'ampia flessibilità nel confezionamento
della proposta2.
Si è detto che la proposta di concordato (ed il piano che la sorregge dopo
l'opportuna distinzione rimarcata nell'ultima versione dell'art. 160 l.fall.)
può contenere varie modalità di soddisfacimento dei creditori (ed un
soddisfacimento vi deve essere anche alla luce della causa del concordato vista
nella regolazione della crisi3) ma con due precisi vincoli.
In primo luogo ai creditori privilegiati non può essere offerto un
soddisfacimento che sia inferiore al valore del bene ritraibile dalla sua
liquidazione.
In secondo luogo non può essere alterato l'ordine delle prelazioni.
Questi due vincoli incidono, parallelamente, sul tema - oggetto diretto del
presente beve saggio - della falcidiabilità dei crediti privilegiati, fra i quali va considerato
anche il credito per il mancato versamento dell'IVA (e delle ritenute non
versate).
Più in particolare, ogni volta che su un bene specifico insista un titolo di
prelazione (ipoteca, pegno o privilegio speciale), il credito assistito dalla
prelazione può essere "trattato", e cioè non soddisfatto integralmente, quando
il valore del bene, certificato dal professionista stimatore di cui all'art.
160, 2° comma, sia inferiore all'importo del credito.
Ove, però, si abbia a che fare con un titolo di prelazione non specifico e cioè
con un privilegio generale (art. 2746 c.c.) - una volta ormai ammesso che il
trattamento parziale possa investire anche il credito assistito da privilegio
generale4 - il confronto tra credito e valore del bene va operato sull'intera
massa mobiliare e, se il titolo di prelazione goda anche della collocazione
sussidiaria sugli immobili, il confronto tra credito e valore del bene va
svolto con riguardo all'intero patrimonio del debitore5.
Se questa è la regola-vincolo principale, ne consegue che ove esistano
creditori muniti di privilegi generali, il loro trattamento parziale si
giustifica solamente quando nel patrimonio non esistano altri beni6. Da ciò
consegue che il pagamento dei crediti che si trovano collocati nell'ordine
delle prelazioni sottostanti è possibile facendo ricorso, esclusivamente, alla
c.d. finanza esterna7.
Si deve, cioè, assumere che la regola principale in tema di soddisfacimento dei
creditori privilegiati non è quella del divieto di alterare l'ordine delle
prelazioni (espressamente stabilita, in verità, solo nel concordato con
classi), ma quella che vuole che un credito privilegiato possa essere
soddisfatto soltanto se quello poziore è, a sua volta, soddisfatto. Occorre,
infatti, ricordare che tale regola non fa che applicare nel concordato
preventivo la disciplina di concorso stabilita nel fallimento nell'art. 111
quater l.fall.8
Il che a ben vedere significa che si procede con l'ordine delle prelazioni
(" a scendere") soltanto se il credito collocato in più alto grado è
stato interamente soddisfatto.
Il divieto dell'alterazione dell'ordine delle prelazioni è regola accessoria
alla prima e ribadita a proposito della formazione delle classi onde evitare
che sorgesse il dubbio che la frammentazione dei creditori in classi potesse
incidere, anche, sul trattamento dei crediti privilegiati. Infatti, il rispetto
dell'ordine delle prelazioni significa che ove sia certificata l'incapienza del
patrimonio del debitore per soddisfare tutti i creditori privilegiati, il
pagamento parziale non può premiare di più un credito di rango inferiore.
È ben vero che esiste una corrente di pensiero che traendo spunto da quanto
stabilito, proprio, nell'art. 182 ter l.fall., assume che sia possibile
procedere al soddisfacimento dei crediti di rango inferiore anche se quelli
poziori sono soddisfatti non per intero, purché vi sia una scala e cioè una
misura, progressivamente discendente, del soddisfacimento dei creditori9. Si
tratta di una lettura che pur astrattamente fondata sul criterio della non
alterabilità dell'ordine delle prelazioni e sul testo dell'art. 182 ter è
contraddetta in modo chiaro dalla norma principale fissata nell'art. 160, 2°
comma, l.fall.10
L'inserzione della previsione dell'inalterabilità dell'ordine dei privilegi si
giustifica allora per il fatto che con la previsione
della suddivisione dei creditori in classi non si pensasse che la frazionabilità dei creditori in classi avrebbe
potuto consentire anche un ribaltamento dei privilegi11.
3. Rigidità della proposta e transazione fiscale
La non alterabilità dell'ordine dei privilegi è smentita nell'art. 182 ter là dove si prevede che il credito pur munito di
prelazione possa non essere soddisfatto per intero purché in modo non deteriore
rispetto a quello del grado successivo. Questa disposizione, all'evidenza,
costituisce una deroga all'art. 160, 2° comma, perché presuppone che si passi
alla soddisfazione del grado successivo anche senza il totale soddisfacimento
del credito anteriore12. Non è, in verità, un'alterazione dell'ordine dei
privilegi in senso stretto, perché quello di rango poziore non viene trattato
peggio ma solo alla pari, ma è una violazione del principio per il quale finché
vi sono beni sui quali soddisfare il credito di rango più elevato non si può
scendere al gradino inferiore.
Nell'ambito dell'art. 182 ter si stabilisce pure che taluni crediti (per IVA e
per ritenute non versate) debbano essere soddisfatti per intero e ciò, dunque,
a prescindere dal fatto che vi sia un patrimonio mobiliare e immobiliare sul
quale quel privilegio sia soddisfatto.
Si potrebbe pensare che questa "antergazione" sia assoluta e che il
pagamento di tali crediti sia condizione di ammissibilità del concordato
preventivo. Ciò vorrebbe dire che i vincoli alla proposta concordataria non
sarebbero più due ("comparazione credito privilegiato / valore del
bene" + "divieto di alterazione dell'ordine di prelazione"), ma
tre perché occorrerebbe sempre la previsione del pagamento del credito per IVA
e per ritenute non versate. Che ciò sia consentito prevedere non è revocabile
in dubbio in quanto si tratta, pur sempre, di norme pari-ordinate ma che ciò
sia accaduto è assai discutibile.
Si può affermare con sicurezza che quando il debitore presenta anche la
proposta di transazione fiscale i vincoli alla
proposta sono, appunto, tre perché si aggiunge la previsione del pagamento
necessariamente integrale di IVA e ritenute non versate, pur se al contempo si
affievolisce il secondo vincolo posto che si può procedere al soddisfacimento
di crediti posteriori (nell'ordine di graduazione) anche se quelli poziori di
natura fiscale (ma diversi da IVA e ritenute non versate) non sono stati
interamente soddisfatti.
Quando il debitore non presenta la richiesta di transazione fiscale vale
comunque il regime di cui all'art. 182 ter?
Si pone, infatti, questo interrogativo di ordine sistematico: ma se il
legislatore avesse voluto imporre, sempre e comunque, questo vincolo perché non
inserirlo nell'art. 160 e confinarlo, invece, nell'art. 182 ter 13? La
spiegazione più ragionevole è che tutte le previsioni sui privilegi contenute
nell'art. 182 ter si debbano intendere riferite solo al caso in cui nel
concordato venga inclusa la proposta di transazione fiscale.
Ecco, allora, che per comprendere l'istituto della transazione fiscale occorre
verificare se sia un istituto obbligatorio oppure no.
4. Transazione fiscale e obbligatorietà
È noto come il dibattito sull'obbligatorietà della transazione fiscale abbia
occupato dottrina e giurisprudenza per alcuni anni in modo serrato14.
A fine 2011, tuttavia, la Corte di Cassazione ha affermato in modo molto chiaro
che la transazione fiscale non è un complemento necessario della proposta di
concordato15. Non a caso con nettezza l'art. 182 ter esordisce con il verbo
"può " a dimostrazione del fatto che la transazione fiscale non è
obbligatoria16. Certo si potrebbe replicare che il "può" andrebbe
riferito al fatto che la transazione fiscale non è obbligatoria quando non vi
siano debiti fiscali, ma un argomento del genere è puramente speculativo e non
merita davvero di essere preso in considerazione.
Ma, nel momento in cui si postula che la transazione fiscale obbligatoria non
è, correttamente si pongono anche le basi per affermare che si tratta di un
istituto eccezionale perché consente al debitore di trattare separatamente con
un creditore (l'Erario) e di andare alla ricerca di un consenso con modalità
che potrebbero, altrimenti, essere sanzionate col reato del mercato di voto17.
La transazione fiscale può essere stata considerata anche l'arma per superare
non tanto il dogma dell'indisponibilità del credito tributario18 (un dogma che
peraltro era stato da più parti messo in discussione in altre occasioni) quanto
per confermare, nella cornice della crisi di impresa, che le pretese
dell'Erario possono essere trattate in relazione al vantaggio del
consolidamento del debito19.
Sul versante della non obbligatorietà della transazione fiscale le decisioni
della Corte hanno intercettato più consensi (anche preventivi)20 che
dissensi21.
Al fondo, però, quando la questione si è posta in sede di legittimità erano
ormai maturi i tempi per porre al centro del dibattito non tanto quel tema
quanto quello della trattabilità del credito IVA e per ritenute non versate.
È, infatti, evidente che il nuovo principio del trattamento non integrale dei
crediti privilegiati, impedito sino al 2005 (salvo qualche dottrina
minoritaria), pone sul terreno della discussione un argomento che in precedenza
neppure avrebbe potuto porsi. In passato non poteva sorgere alcun dubbio che
nel concordato il credito IVA avrebbe dovuto essere soddisfatto per intero
perché ciò doveva accadere come per tutti i crediti privilegiati. Nel momento
in cui, invece, anche i crediti privilegiati possono essere decurtati e ciò
vale, in modo univoco, anche per i crediti assistiti da prelazione generale,
allora il tema del mancato pagamento del credito IVA si pone nel concordato
preventivo.
Come detto, nulla impedirebbe al legislatore di stabilire quale condizione di
ammissibilità il pagamento di taluni crediti a pena di inammissibilità della
domanda, anche se poi ci si dovrebbe interrogare sulla legittimità
costituzionale di un tale assetto che contempli nel concordato preventivo
l'infalcidiabilità del credito IVA con un suo scavalcamento di crediti poziori,
quando nel fallimento e nel concordato fallimentare ciò non avverrebbe. Col
risultato, se si vuole paradossale, di rendere meno incentivante il concordato
preventivo rispetto a quello fallimentare con un evidente pregiudizio per il
debitore che come é noto non può proporre il concordato fallimentare per il
primo anno successivo alla sentenza di fallimento.
Così accadrebbe che il debitore non potendo far fronte al debito IVA dovrebbe
essere destinato al fallimento, ma già il giorno successivo un terzo potrebbe
avanzare una proposta di concordato fallimentare che contempli la decurtazione,
del tutto legittima, dell'IVA.
Se poi è vero che i giudici di legittimità22 e una parte della dottrina23
ritengono che il fallito non dovrebbe mai essere svantaggiato rispetto al terzo
proponente, non c'è dubbio che accreditare la tesi dell'infalcidiabilità del credito IVA creerebbe un'evidente disparità di trattamento per il fallito (generando un trattamento deteriore) che non
potrebbe accedere al concordato preventivo e per un anno subirebbe la
prevalenza della proposta del terzo.
Una volta ammesso che il debitore può liberamente optare per la presentazione
di una proposta di concordato preventivo
che non contempli la transazione fiscale, occorre chiedersi se, operata questa
scelta, sia comunque tenuto a rispettare la previsione di soddisfacimento
contenuta nell'art. 182 ter, o se, invece, possa organizzare la proposta
secondo il principio generale del rispetto dei soli due vincoli di cui supra.
5. La giurisprudenza sulla non falcidiabilità del credito per IVA e per
ritenute non versate
La Corte di Cassazione24 ha stabilito che:
"Innanzitutto può osservarsi, in linea generale, che non avrebbe alcuna
giustificazione logica e che quindi non sia credibile che il legislatore abbia
inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all'onere
dell'integrale pagamento dell'IVA, imposta armonizzata a livello comunitario
sulla cui gestione, si ribadisce, gli Stati non sono esenti da vincoli (si veda
Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174), optando per la transazione
fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale
decidendo per il concordato senza transazione e quindi rimanendo vincolato solo
all'obbligo di pagare integralmente il debito nei limiti del valore dei beni
sui quali grava la garanzia, peraltro spesso insussistenti come nel caso di
imposta gravante sul valore della prestazione di servizi.
A parte tale considerazione, ciò che convince dell'inderogabilità della
disposizione qualunque sia l'opzione del creditore è la natura della stessa in
quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico
procedimento di transazione fiscale ma di norma sostanziale in quanto attiene
al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da
motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle
particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi.
In proposito, ed in ciò deve correggersi la motivazione dell'impugnata
decisione, deve escludersi che la necessità dell'integrale pagamento dell'IVA
comporti quella dell'integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con
grado anteriore in ossequio al principio secondo cui "il trattamento
stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine
delle cause legittime di prelazione (L. Fall., art. 160, comma 2, u.p.).
Prescindendo dalla considerazione che dando decisiva rilevanza a tale
disposizione la questione non si porrebbe nel concordato senza classi in quanto
la falcidia dei crediti privilegiati non comporta necessariamente la
suddivisione dei creditori in classi se per la parte in chirografo il
trattamento è identico per tutti ed uguale a quello dei crediti originariamente
chirografari per il solo fatto che vi sono crediti da pagarsi integralmente
(perchè in prededuzione o privilegiati capienti), ciò che rileva è l'erroneo richiamo
alla disciplina della graduazione dei crediti. La disposizione che
sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di
transazione, quanto meno in ordine all'ammontare del pagamento, è una
disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in
questione un trattamento peculiare e inderogabile. La norma invocata dalla
Corte d'appello (art. 160, comma 2) attiene, per contro, unicamente al
trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege (ancorato al valore
dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal
debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza
attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale
della loro causa. Il vincolo, per contro, non astringe il legislatore che può,
come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un
trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione,
senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri.
Diversamente opinando, tra l'altro, si dovrebbe attribuire al legislatore se
non l'intento quantomeno l'accettazione del rischio di rendere in molti casi
sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto conto
del basso grado di privilegio dell'IVA, la necessità di proporne l'integrale
pagamento comporterebbe l'analoga necessità per tutti i crediti privilegiati,
anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la stessa
transazione fiscale.
E' appena il caso di ribadire, infine, che l'obbligo dell'integrale (anche se
dilazionato) pagamento dell'IVA non comporta l'inderogabile accoglimento della
pretesa fiscale in quanto nell'ambito del concordato senza transazione fiscale
resta ferma la facoltà del contribuente di opporsi alla stessa, così che è solo
l'imposta definitivamente accertata che è soggetta al vincolo richiamato."
A seguito di tale decisione25, sul punto si é determinata una frattura
nell'interpretazione delle corti di merito. Vi sono, infatti, alcuni
tribunali26 che assumono che fuori dalla transazione fiscale, il credito IVA
andrebbe trattato come tutti gli altri, mentre altri27, in conformità a quanto
stabilito dalla Corte di Cassazione, reputano che l'art. 182 ter vada intesa
come norma sostanziale e quindi invocabile anche fuori dal caso della
transazione fiscale.
6. Sulla natura eccezionale della transazione fiscale
Per dimostrare che il concordato preventivo con transazione fiscale risponde ad
esigenze che eccedono il mero trattamento dei crediti può essere utile qui
riportare quello che per lo stesso giudice di legittimità appare il contenuto
sostanziale dell'accordo:
"Prima di affrontare la questione è necessario innanzitutto evidenziare
quali variazioni all'ordinario procedimento concordatario comporti il ricorso
al sub procedimento della transazione fiscale.
Diversi sono innanzitutto gli obblighi imposti alle parti direttamente
interessate e cioè al debitore e al fisco.
Il primo deve provvedere nei confronti dell'Amministrazione fiscale (inteso
ricompreso in questo termine per semplicità espositiva anche il concessionario
per la riscossione, ora agente per la riscossione) ad una formalità alla quale
non è tenuto nei confronti degli altri creditori e cioè alla comunicazione,
contestualmente al deposito del ricorso per il concordato presso la cancelleria
del tribunale, della copia della domanda e della relativa documentazione. Tale
adempimento è finalizzato a sollecitare l'ufficio ad un'attività anch'essa
peculiare che non è invece richiesta agli altri creditori e cioè a certificare
l'ammontare complessivo del debito tributario mediante la comunicazione di
quello già accertato e di quello conseguente alla liquidazione delle
dichiarazioni, compresa la dichiarazione integrativa relativa al periodo sino
alla data di presentazione della domanda, "al fine di consentire il
consolidamento del debito fiscale".
Ben diversi sono anche gli affetti dell'omologazione del concordato contenente
la raggiunta transazione fiscale.
In primo luogo si "consolida" il debito tributario. Tale
formulazione, che è evidentemente atecnica in quanto nel tessuto normativo con
detta espressione viene definita una modalità opzionale di calcolo della
tassazione dei redditi di un gruppo di imprese (art. 117 e segg. TUIR), ha di
conseguenza nella disposizione in esame un significato, che può essere anche
complesso, non ancora univocamente definito. Certamente e come è unanimemente
riconosciuto la prima accezione è quella di quadro di insieme del debito
tributario, tale da consentire di valutare la congruità della proposta con
riferimento alle risorse necessarie a far fronte al complesso dei debiti ed è
certamente utile a fronteggiare l'incognita fiscale che normalmente grava sui
concordati. Altro e concorrente possibile significato dell'espressione sul
quale si è interrogata la dottrina e che viene qui richiamato solo per
completezza espositiva, non essendo materia del contendere, è quello secondo
cui tale quadro del debito complessivo cristallizzerebbe la pretesa tributaria
alla data di presentazione della domanda così come quantificata dall'ufficio
con esclusione da una parte della facoltà del medesimo di procedere ad
ulteriori accertamenti anche se non
sia ancora maturata la decadenza e dall'altra del debitore di contestare
pretese anche se non ancora definitive. Positivamente fissata dalla norma,
invece, quale conseguenza dell'omologazione dell'accordo anche sul debito
tributario, è l'estinzione dei giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi
concordati, effetto, questo, che non si verifica per gli altri creditori i
quali quando votano sulla proposta concordataria sostanzialmente formulano il
loro consenso solo in relazione alla percentuale o alle modalità di
soddisfacimento prospettate ma possono non solo proseguire l'eventuale
contenzioso in corso ma iniziarlo anche ex novo se in disaccordo con
l'ammontare o la qualità dei crediti indicati nella domanda.
In definitiva, dunque, ben diverse sono le conseguenze tra un concordato senza
transazione fiscale nel quale il fisco sia trattato come qualunque altro
creditore ed uno, invece, in cui la transazione venga perseguita con le
modalità indicate e quindi ben diversi sono vantaggi e svantaggi delle due
soluzioni.
Con la transazione fiscale il debitore ottiene il vantaggio della apprezzabile
o assoluta certezza sull'ammontare del "debito (a seconda del significato
che si vuole attribuire al consolidamento) e quindi una maggiore trasparenza e
leggibilità della proposta con conseguente maggiore probabilità di ottenere, oltre
all'assenso del fisco, anche quello degli altri creditori. Tutto ciò ha però un
costo che è dato dalla sostanziale necessità di accogliere tutte le pretese
dell'Amministrazione, non essendo plausibile che la stessa, dopo aver indicato
il proprio credito, accetti in questa sede di discuterlo e ridurlo.
Escludendo il ricorso alla transazione fiscale il debitore non ottiene i
richiamati benefici ma può optare per la contestazione della pretesa erariale
in vista di un minore esborso se gli importi in contestazione non incidono in
modo rilevante e se quindi il consenso del fisco non è decisivo ai fini del
raggiungimento della maggioranza."
Esistono, anche se forse possono apparire non decisive, una pluralità di
ragioni per il debitore per accedere ad una transazione fiscale e in
particolare quando vi siano imponenti contenziosi in corso, la cui entità
potrebbe minare la praticabilità della proposta di concordato, dovendo
l'imprenditore prevedere rilevanti fondi rischi tali da pregiudicare le
aspettative di soddisfo dei crediti posteriori28.
Se vi sono ragioni autonome di ricorso alla transazione fiscale e queste
ragioni pertengono all'accertamento dei crediti tributari, già si coglie che la
transazione fiscale ben può qualificarsi come istituto di natura tanto
eccezionale29 che procedimentale. Ad esso, infatti, sono associati sia aspetti
relativi alla determinazione del credito, sia conseguenze in tema di estinzione
dei giudizi pendenti.
Ed ancora che l'art. 182 ter rappresenti una monade rispetto all'ordinamento
concorsuale, lo si desume dal fatto che in tale disposizione si trovano altre
eccezioni proprio in tema di graduazione: infatti mentre fuori dalla
transazione fiscale il credito chirografario può essere allocato in classi
secondo il criterio dell'omogeneità dell'interesse economico, con la
transazione fiscale il credito chirografario di natura tributaria deve essere
soddisfatto in misura pari a quella offerta per la classe trattata meglio. Ciò
significa che se si dovesse assumere, come fa la Corte, che la transazione
contiene norme di diritto sostanziale, allora ogni qualvolta vi fosse una
proposta di concordato Ð priva di accessoria richiesta di transazione fiscale -
con classi di creditori e vi fossero crediti dell'Erario di natura
chirografaria, questi dovrebbero ricevere un trattamento minimo pari a quello
della classe meglio trattata. Nessuno, però, ha mai sostenuto questa tesi.
7. Considerazioni critiche sull'orientamento giurisprudenziale prevalente
Il primo argomento adoperato per giustificare l'esportazione della regola della
infalcidibialità muove dalla supposta incongruenza di una tesi che affiderebbe
al debitore la scelta se pagare, o no, un tributo a seconda che chieda, o no,
la transazione fiscale.
Questo argomento dovrebbe essere rovesciato. La regola generale è quella di cui
all'art. 160 l.fall. secondo la quale in assenza di beni sufficienti al
pagamento dei creditori privilegiati questi possono essere
"trattati". Se, invece, il debitore vuole avvantaggiarsi del
"consolidamento" fiscale e della possibilità di vedere garantita
l'adesione dell'Erario, può proporre un concordato con annessa transazione
fiscale ma, in questo caso, deve soddisfare per intero alcuni tributi. In tale
evenienza il pagamento integrale di tali tributi diviene condizione di
ammissibilità della transazione fiscale e non del concordato preventivo;
piuttosto, con la tecnica dei vasi comunicanti, una volta ottenuto il consenso
dell'Erario la proposta di concordato preventivo diviene ammissibile in quanto
la decurtazione di alcuni crediti è determinata dalla transazione fiscale.
In tale contesto il debitore non ha una discrezionalità sul pagamento del
tributo ma sulla scelta se raggiungere, oppure no, un accordo con l'Erario. Se
ritiene che i crediti che l'Amministrazione vanta sono inesistenti, evidente è
l'interesse a non coltivare la soluzione della transazione fiscale.
Il secondo argomento speso attiene alla assunta natura di norma sostanziale
dell'art. 182 ter. Secondo il giudice di legittimità tale disposizione, pur
collocata in un ambito settoriale, avrebbe valore generale.
Di tale conclusione è lecito dubitare. Non v'è dubbio che anche una norma
sostanziale possa avere natura eccezionale, ma allora, non potrà essere
applicata, per analogia, a fattispecie diverse da quelle in cui la previsione è
collocata.
Ma che l'intangibilità del credito IVA non sia norma sulla collocazione del
credito lo si ricava dal fatto che questa scelta è una deroga alla nuova regola
fissata nell'artt. 182 ter della transigibilità dei crediti tributari30. Il
credito tributario diventa transigibile da parte dell'Amministrazione nel
concordato preventivo, ma con il limite che alcuni di questi crediti non
possono essere decurtati ma solo pagati con dilazione. Così si capisce bene che
il legislatore era pienamente libero di scegliere quali tributi rendere
transigibili perché questa era materia fiscale e solo, indirettamente,
rifluente sul concorso dei creditori.
Da ultimo nelle decisioni di merito sono stati aggiunti due nuovi argomenti a favore
della diffusa applicazione dell'art. 182 ter.
Da una parte, si assume che la norma non sarebbe più eccezionale in quanto
prevista anche nel procedimento di composizione della crisi da
sovraindebitamento. Si sostiene che a seguito di questo intervento (ritenuto
dirimente31 e persino di interpretazione autentica32) in tutte le procedure
concorsuali diverse dal fallimento la regola sarebbe quella della
infalcidiabilità. La notazione è approssimativa in quanto, in verità, tale
regola varrebbe nel concordato preventivo e nel procedimento sul
sovraindebitamento, ma continuerebbe a non valere negli altri modelli
concorsuali quali l'esecuzione individuale (nella quale concorrano più
creditori), la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria.
Volendo essere più precisi si potrebbe, se mai, assumere che la regola vale per
i procedimenti concorsuali a base volontaria e preventiva.
Effettivamente l'art. 7 della l. 3/2012 stabilisce che i crediti IVA e per
ritenute, oltre che quelli che costituiscono risorsa propria della UE, debbono
essere soddisfatti per intero (potendo, al più, essere dilazionati). Già la
circostanza che lì si parli anche di tributi costituenti risorse proprie della
UE pone seri margini di incertezza sul fondamento di una equiparazione fra
concordato e procedimento di composizione della crisi da sovra indebitamento,
visto che nel concordato i tributi "europei" non possono essere
neppure dilazionati.
Tanto è vero, a confutazione del valore della comparazione, che il legislatore
nella l. 3/2012 ha stabilito che alcuni crediti, compresi quelli che attengono
all'area della impignorabilità debbono essere soddisfatti a pena di
inammissibilità e, non per caso, la previsione é allocata proprio nella norma
generale (art. 7) che corrisponde, mutatis mutandis, all' art. 160 l.fall.
La previsione contenuta nell'art. 7 l. 3/2012 vuole che condizione di
ammissibilità del procedimento sia l'avvenuto pagamento integrale di alcuni
crediti, fra i quali quelli oggetto di discussione33. La previsione contenuta
nell'art. 182 ter , invece, vuole che il pagamento integrale sia condizione di
ammissibilità della transazione fiscale.
Non possono quindi trarsi argomenti decisivi dalla legge sul sovraindebitamento
che non conosce un autonomo istituto equipollente alla transazione fiscale.
Anche l'affermazione secondo la quale in questo modo l'ordinamento concorsuale
avrebbe ritrovato omogeneità perché tutti i procedimenti concorsuali a base
volontaria stabiliscono come principio l'infalcidiabilità del credito IVA (e
per ritenute non versate) non è convincente in quanto farebbe dipendere il
trattamento di un credito non già dalla consistenza del patrimonio del debitore
ma dalla circostanza che il procedimento di attuazione della garanzia
patrimoniale abbia base volontaria o coattiva. é come se in sede di conversione
del pignoramento il debitore dovesse vedere aggravata la propria posizione in
quanto evita l'esecuzione forzata. Il miglior trattamento di un creditore
sarebbe giustificato dal fatto che il debitore ha scelto la via negoziata34, ma
così si trascura che il diritto dei creditori deve poter essere comparato
nell'alternativa fra fallimento e concordato preventivo. Ammettendo la tesi
della infalcidiabilità, tutti i creditori privilegiati poziori e scavalcati
dall'Erario sarebbero trattati peggio che nel fallimento. Una conclusione che
stride, proprio, con la scelta della negozialità.
La deduzione per la quale l'interpretazione restrittiva favorita da una parte
delle corti di merito condurrebbe ad un trattamento asimmetrico fra concordato
e procedimento per la composizione non considera proprio la circostanza della
necessaria comparabilità fra concordato (procedimento volontario) e fallimento
(procedimento imposto); una comparabilità che non riguarda i soggetti "non
fallibili" per i quali è prevista la liquidazione - in alternativa al
procedimento negoziato - ma sempre e soltanto su base volontaria35. Eppure
l'art. 14 ter della l. 3/2012, guarda caso, non pone come condizione di ammissibilità
del procedimento di liquidazione il soddisfacimento integrale dei crediti
fiscali, a dimostrazione dell'eccezionalità della previsione di cui all'art. 7
l. 3/201236.
Dall'altra parte si è introdotto un secondo argomento suggestivo che compare in
quelle decisioni nelle quali si giustifica il pagamento integrale affermandosi
che il mancato pagamento di IVA e ritenute è particolarmente grave in quanto si
tratta di somme che il debitore ha incassato e che non ha riversato all'Erario.
Quindi una sorta di immeritevolezza nell'accesso al concordato come se
l'inadempimento di alcuni crediti fosse moralmente più grave di altri, così
dimenticandosi che la scala di valori l'ha stabilita il legislatore con l'art.
2778 c.c.37; ma il fatto che il debitore abbia operato quale sostituto di
imposta non spiega perché solo nel concordato questo pregiudizio causato
dall'imprenditore sarebbe fonte di impegni che scavalcano altri debiti.
Nulla impedisce al legislatore di collocare ad un più elevato livello il grado
del credito IVA (trattandosi di scelte discrezionali del legislatore) ma, se
ciò non avviene, di fatto si assiste ad un ribaltamento dell'ordine delle
prelazioni. Il pagamento integrale dell'IVA potrebbe generare il mancato
pagamento dei crediti dei lavoratori, ad esempio, col risultato che così si
vanificherebbe quell'ordine che il legislatore ha voluto assumere come regola
generale38. Poiché il privilegio si fonda sulla causa del credito (art. 2745
c.c.), è il legislatore che stabilisce quali crediti vanno collocati al vertice
della piramide in virtù di una valutazione astratta che dovrebbe dipendere
dalla rilevanza sociale del rapporto rispetto al quale sorge il credito39.
Anche quando si assume che il pagamento integrale del privilegio IVA non
comporta che tutti i creditori poziori debbano essere soddisfatti per intero in
quanto si potrebbe attingere a risorse esterne per soddisfare l'Erario, si
trascura che, se queste risorse esterne non ci sono, è inevitabile che il
pagamento del tributo assorba il patrimonio da destinare ai creditori.
Ma il rango del credito è attribuito dalla legge e non dalla parte (dal
debitore, in particolare), tanto è vero che la formazione delle classi può
riguardare solo i creditori chirografari (o quelli privilegiati per i quali non
vi è capienza).
In tale contesto appare assai più conforme al diritto positivo e ai precetti
costituzionali ammettere che tutti, e proprio tutti, i crediti privilegiati
sono falcidiabili. Quando la falcidia pertiene al credito tributario è
ragionevole si ponga il problema del consenso del creditore ma tutto questo è
altro discorso. Ed è proprio questa la ragione per la quale il legislatore ha
voluto prevedere che il consenso dell'Erario è "favorito" quando si
osservano delle regole peculiari che sono quelle della transazione fiscale.
Tutt'al più ove non si fosse convinti della soluzione restrittiva occorrerebbe
prospettare una questione di legittimità costituzionale (in funzione di
pervenire al risultato di estendere il principio del pagamento integrale anche
ai concordati privi di transazione fiscale) fondata sull'art. 3 Cost.; ma se
così fosse, sempre sul piano della legittimità costituzionale, occorrerebbe
allora prospettare la questione del perché, in ragione sempre dell'art. 3
Cost.40, nel fallimento, nell'esecuzione individuale41 e nel concordato
fallimentare42 l'unica regola che si applica è quella di cui all'art. 2778
c.c., nonostante la formulazione dell'art. 124 l.fall. sia speculare a quella
dell'art. 160.
Infine si pone il tema della non falcidiabilità dell'IVA quale tributo sul
quale l'ordinamento sovranazionale (dell'U.E.) ha potestà disciplinare; si
vorrebbe cioè che nessuna falcidia sia ammessa in quanto non si può alterare il
meccanismo della concorrenza con norme di favore sul piano fiscale43.
Tale tesi che pur muove da orientamenti della giustizia comunitaria consolidati
è invocata in modo non pertinente. Non v'è dubbio che si possa imporre un
limite a chi amministra il tributo IVA a non accettare decurtazioni, ma questo
assume un valore ai fini dell'ammissibilità della transazione fiscale, oppure
ai fini del voto. Ma dire che l'Amministrazione per rispetto dell'ordinamento
sovranazionale non può accettare un pagamento parziale dell'imposta non
significa affatto che ciò non possa accadere contro la volontà
dell'Amministrazione. Se il patrimonio del debitore è conformato in modo tale
da risultare non capiente per la soddisfazione del credito IVA, nessuna
disposizione transnazionale potrà mai imporre il soddisfacimento integrale
perché questo dipende dalla consistenza del patrimonio. Ed allora, come
l'Erario subisce la falcidia nel fallimento, così subisce la falcidia nel
concordato preventivo44 rispetto al quale, se si vuole giustamente45,
manifesterà il proprio dissenso, ma dovrà, come tutti i creditori,
"sopportare" che la decisione sia presa a maggioranza46; potrà
contestare tanto i profili formali del procedimento quanto, perché creditore
privilegiato, il rapporto fra valore del credito e valore del patrimonio, ma
tutto ciò attiene ad un normale comportamento che compete a ciascun creditore
che può liberamente esprimere consenso o dissenso dalla proposta47.
Un dissenso che potrà essere decisivo o meno in relazione al "peso"
del debito tributario posto che, certamente, la mancata adesione dell'Erario
alla transazione fiscale e/o alla proposta di concordato non è ostativa
all'approvazione e alla successiva omologazione se le maggioranze sono,
comunque, raggiunte48 - e ciò per il principio generale della vincolatività del
concordato omologato rispetto a tutti i creditori anteriori (art. 184 l.fall.)
- ma solo ostativa del conseguimento degli effetti ancillari della transazione
fiscale49.
8. Sulla natura non prededucibile del credito IVA
Quando si postula che il credito per IVA (e ritenute non versate) debba essere
soddisfatto per intero, per coerenza bisogna assumere che questa previsione
nella sostanza significhi extraconcorsualità di tali crediti che assumerebbero
un rango prededucibile, oppure, per converso, che dovendosi sempre rispettare
l'ordine delle prelazioni il credito posteriore da soddisfare per intero impone
che siano soddisfatti per intero quelli poziori; ovvero, ancora, si assume che
fermo restando il pagamento integrale di questi tributi, per gli altri torna a
valere la regola della capienza del bene.
Che non si tratti di crediti prededucibili è agevole da predicare. Infatti, i
crediti prededucibili, visto il tenore dell'art. 111 l.fall., sono quelli
stabiliti per legge, oppure quelli sorti in occasione o in funzione delle
procedure concorsuali50.
È del tutto evidente che il debito IVA non ha alcuna correlazione né
occasionale, né funzionale con il concordato (a meno di voler ritenere che il
non pagare quel debito sia un modo per creare finanza da destinare ai
creditori), così come è pacifico che l'art. 182 ter l.fall. non classifichi
questi crediti come prededucibili.
Ove si opti per la tesi del pagamento antergato dell'IVA rispetto agli altri
crediti poziori si rompe l'equilibrio dell'ordine delle prelazioni.
Infine, qualora si dica che i creditori poziori vanno pagati per intero (o
parzialmente nei limiti della capienza del bene, ma poi il credito IVA va
soddisfatto per intero facendo ricorso a finanza esterna), si rispetta l'ordine
delle prelazioni ma si introduce un elemento di rigidità ai fini
dell'ammissibilità che, come detto, non è previsto per legge.
9. Conclusioni
Pur dovendosi prendere atto che la giurisprudenza della Corte di Cassazione e
la giurisprudenza (leggermente) prevalente delle corti di merito, assume che il
credito per IVA e per ritenute non versate debbano essere sempre soddisfatti
per intero a condizione di inammissibilità del concordato, vi sono, al
contrario, validi motivi per ritenere ingiustificato tale orientamento col
risultato che una proposta di concordato preventivo potrà essere ammessa anche
quando siano soddisfatti interamente i crediti secondo l'ordine di graduazione
di cui all'art. 2778 c.c.
Tuttavia, nel caso in cui il giudice ritenesse di applicare la regola prevista
nella transazione fiscale a tutti i concordati preventivi ciò dovrebbe fare
previa declaratoria di incostituzionalità (alla luce dell'art. 3 Cost.) del
combinato disposto degli artt. 160 e 182 ter l.fall., ma in tal caso sorgerebbe
identica questione di legittimità costituzionale a proposito del rapporto fra
il concordato preventivo e gli altri procedimenti di attuazione coattiva della
responsabilità patrimoniale.
1) Nel corpo dell'art. 182 ter, 1° comma, l.fall. si trova il seguente inciso:
"con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e
non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del
pagamento".
2) Si tratta di una delle poche notazioni sulla quale vi è ampia condivisione;
in luogo di molti, v. RONDINONE, Il mito della conservazione dell'impresa in
crisi e le ragioni della "commerciabilità", Milano, 2012, 359;
BONFATTI-CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 523; PACCHI,
La valutazione del piano del concordato preventivo, in Dir.fall., 2011, I, 95;
CANALE, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in Giur.comm.,
2011, I, 366; ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 148.
3) Cass. 23 gennaio 2013, n. 1521, in Fallimento, 2013, 149.
4) RACUGNO, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e transazione
fiscale. Profili di diritto sostanziale, in BUONOCORE-BASSI (diretto da),
Trattato di diritto fallimentare, I, Padova, 2010, 494; CENSONI, I diritti di
prelazione nel concordato preventivo, in Giur.comm., 2009, I, 32;
PACCHI-COPPOLA-D'ORAZIO, Il concordato preventivo, in DIDONE (a cura di), Le
riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 1792. Prima delle modifiche del
2007, invece, non lo si reputava possibile, v., Cass. 22 marzo 2010, n. 6901,
Foro it., Rep. 2010, voce Concordato preventivo, n. 118; ed ancor oggi, Lo
Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 202.
5) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, in
Fallimento, 2012, 380.
6) Questo vale in assoluto per i crediti per i quali il privilegio generale
goda di collocazione sussidiaria sul patrimonio immobiliare.
7) Trib. Roma, 1° febbraio 2012, www.ilcaso.it
8) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 378.
9) App. Torino, 14 ottobre 2010, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato
preventivo, n. 125; SANTANGELI, Auto ed etero tutela dei creditori nelle
soluzioni concordate delle crisi d'impresa, in Dir.fall., 2009, I, 620;
PERACIN, Concordato preventivo e cessio bonorum con classi. Trattamento dei
creditori privilegiati generali e inquadramento giuridico dei «vantaggi
differenziali», in Dir. fall., 2011, I, 48; GUERRERA, Struttura finanziaria,
classi dei creditori e ordine delle prelazioni nei concordati delle società, in
Dir. fall., 2010, I, 720; CALANDRA BONAURA, Intervento, in JORIO (a cura di),
Il nuovo diritto delle crisi d'impresa, Milano, 2009, 20; GENOVIVA, La relazione
del professionista ex art. 160 L. fall. ed il trattamento dei creditori
prelatizi nel difficile percorso del nuovo concordato preventivo, in
Fallimento, 2011, 358; AMBROSINI, Il concordato preventivo e gli accordi di
ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale, diretto da
Cottino, XI, 1, Padova, 2008, 58; con qualche perplessità, JORIO, Il concordato
preventivo: struttura e fase introduttiva, in JORIO-FABIANI (diretto da), Il
nuovo diritto fallimentare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni
dalla riforma, Bologna, 2010, 984.
10) Trib. Milano, 24 ottobre 2012, in Fallimento, 2013, 77; Trib. Asti, 3
febbraio 2010, Foro it., Rep. 2010, voce Concordato preventivo, n. 198;
NARDECCHIA, Le classi e i creditori privilegiati nella proposta di concordato,
in Cavallini (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, III, Milano,
2010,400; BOZZA, L'utilizzo di nuova finanza nel concordato preventivo e la
partecipazione al voto dei creditori preferenziali incapienti, in Fallimento,
2009, 1441; RACUGNO, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e
transazione fiscale. Profili di diritto sostanziale, cit., 497.
11) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 380.
12) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 383.
13) Trib. Perugia, 16 luglio 2012, www.ilcaso.it
14) FILOCAMO, Le condizioni di ammissibilità del concordato preventivo, in
Fallimento, 2010, 1482, riporta le soluzioni della giurisprudenza prima
dell'arresto della Corte regolatrice.
15) Cass. 8 giugno 2012, n. 9373, in Foro it., 2012, I, 2671; Cass. 4 novembre
2011, n. 22932, in Foro it., 2012, I, 105 e Cass. 4 novembre 2011, n. 22931,
id., Rep. 2011, voce Concordato preventivo, n. 223.
16) VELLA, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e
obbligatorietà sostanziale dell'art. 182 ter l.fall., in Fallimento, 2012, 174.
17) Trib. Varese, 30 giugno 2012, www.ilcaso.it.
18) Sul rapporto tra transazione fiscale e superamento del principio di
indisponibilità, cfr., ACIERNO, La transazione fiscale secondo l'Agenzia delle
entrate, in www.ilfallimentarista.it; ZANNI-REBECCA, La
disciplina della transazione fiscale: un "cantiere" sempre aperto, in
Il fisco, 2010, fasc. 39, 6299.
19) LA CROCE, La transazione fiscale, Milano, 2011, 60.
20) GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti
insoddisfatti , in Fallimento, 2010, 1278; VERNA, La transazione fiscale quale
sub-procedimento del concordato preventivo, in Fallimento, 2010, 172;
ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 259; DEL FEDERICO, sub art.
182 ter, in JORIO-FABIANI (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto
fallimentare Bologna, 2007, 2578; BOZZA, Il trattamento dei crediti
privilegiati nel concordato preventivo, cit., 389; LA CROCE, La transazione
fiscale, cit., 107.
21) ATTARDI, Inammissibilità del concordato preventivo in assenza di
transazione fiscale, in Fisco 1, 2009, 6435.
22) Cass. 29 luglio 2011, n. 16738, in Foro it., 2011, I, 2983; Cass. 22 marzo
2010, n. 6904 e Cass. 12 febbraio 2010, n. 3327, in Foro it., 2010, I, 2742
23) BOTTAI, Abutendo juribus? Il concordato fallimentare tra mercato, equità e
giusto processo, in Fallimento, 2012, 59; BELLÈ, Concordato fallimentare e
controlli in sede di omologazione, in Fallimento, 2009, 844.
24) Cass. 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932, in Foro it., 2012, I, 105.
25) Confermata da Cass. 16 maggio 2012, n. 7667, Foro it., Rep. 2012, voce
Concordato preventivo, n. 118
26) Trib. Cosenza, 29 maggio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Como,
29 gennaio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Varese, 30 giugno 2012,
cit.; Trib. Perugia, 16 luglio 2012, cit. Oltre a queste decisioni, per
completezza va segnalato che in un questionario diffuso fra i giudici che si
occupano della materia concorsuale ben il 72,5% degli interpellati ha risposto
affermativamente alla domanda se sia falcidiabile il credito privilegiato fuori
dalla transazione fiscale (quesito n. 439) e il 34% ha risposto
affermativamente anche con riguardo al credito IVA (quesito n.441): v.,
FERRO-BASTIA-NONNO (a cura di), Il concordato preventivo e gli accordi di
ristrutturazione, Milano, 2013, 772.
27) Trib. Brescia, 11 giugno 2013, www.ilcaso.it; Trib.
Padova, 30 maggio 2013, www.ilcaso.it; Trib. Milano, 29 maggio 2013; www.ilcaso.it;
Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, www.ilcaso.it; Trib. Vicenza, 27 dicembre 2012, www.ilcaso.it.;
Trib. Latina, 30 luglio 2012, www.ilcaso.it; Trib. Rossano, 31 gennaio 2012, www.ilcaso.it;
Trib. Salerno, 9 novembre 2010, Foro it., Rep.2011, voce Concordato preventivo,
n. 226.
28) VELLA, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e
obbligatorietà sostanziale dell'art. 182 ter l.fall., cit., 182. LA CROCE, La
transazione fiscale, cit., 140, osserva che il vantaggio della transazione
fiscale risiede nel fatto che possono essere definite non solo pretese sul
quantum debeatur, ma anche sull'an.
29) Cass. 22 marzo 2010, n. 6901, Foro it., Rep. 2010, voce Concordato
preventivo , n. 118
30) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 393.
31) Trib. Brescia, 11 giugno, 2013, cit.
32) Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, cit.
33) Sulla natura di norma processuale v., CORDOPATRI, Presupposti di
ammissibilità, in DI MARZIO-MACARIO-TERRANOVA (a cura di), La "nuova
composizione della crisi da sovraindebitamento, Milano, 2013, 24.
34) Per Trib. Vicenza, 18 aprile 2013, si parla di appetibilità del concordato
quale motivazione per la peculiare "aggravante" del pagamento
integrale di alcuni tributi.
35) DONZELLI, Il procedimento di liquidazione del patrimonio. La fase di
apertura e la fase di accertamento del passivo, in DI MARZIO-MACARIO-TERRANOVA
(a cura di), La "nuova composizione della crisi da sovraindebitamento,
Milano, 2013, 66.
36) LO CASCIO, L'ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da
sovraindebitamento, in Fallimento, 2013, 822. Nel procedimento di liquidazione
non sono coinvolti i crediti impignorabili come nella procedura negoziata,
mentre quelli tributari non coinvolti nella procedura negoziata sono
normalmente trattati nel procedimento di liquidazione, ciò a dimostrazione
della eccezionalità della misura.
37) Per Trib. Padova, 30 maggio 2013, cit., il pagamento integrale muove dal
fatto che il debitore avrebbe commesso una appropriazione indebita non versando
l'IVA; LA MALFA, Del consolidamento dei debiti fiscali, e del carattere
vincolante del ricorso alla transazione ex art. 182 ter l.fall. per la falcidia
dei crediti privilegiati fiscali, in Dir.fall., 2011, II, 369.
38) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 378; LA CROCE, La transazione fiscale, cit., 112; VELLA, La problematica
scissione tra facoltatività procedimentale e obbligatorietà sostanziale
dell'art. 182 ter l.fall., cit., 177; GUIOTTO, Opportunità della transazione
fiscale e disciplina dei crediti privilegiati insoddisfatti, cit., 1282.
39) CICCARELLO, Privilegio del credito e uguaglianza dei creditori, Milano,
1983, 25.
40) Per analogo dubbio v. AMBROSINI-AIELLO, La transazione fiscale ex art. 182
ter l.fall. in una recente pronuncia della Cassazione: contribuenti allegri É
ma non troppo, in www.ilfallimentarista.it.
41) BOZZA, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo,
cit., 393; LA CROCE, Il credito erariale iva tra orientamenti Ue e arresti
della cassazione, in Fallimento, 2012, 156.
42) Trib. Padova, 16 aprile 2013, www.ilcaso.it; BOZZA, Il
trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 383.
43) Corte Giustizia, 17 luglio 2008, C- 132-2006, in Giur.it., 2009, 241, con
nota adesiva di MARELLO, La Corte di Giustizia censura il condono Iva: le
ricadute di una importante decisione.
44) LA CROCE, Il credito erariale iva tra orientamenti Ue e arresti della
cassazione, cit., 157.
45) In verità in presenza di proposte che prevedano il pagamento del credito
IVA in misura parziale ma superiore a quanto sarebbe possibile in caso di
fallimento, un comportamento razionale vorrebbe che la proposta fosse
accettata.
46) STASI, La transazione fiscale nel concordato preventivo, in Fallimento,
2011, 88. Certamente la forza della maggioranza si esprime sulla proposta di
concordato e non sulla proposta di transazione fiscale la cui sorte non è
affidata alla maggioranza dei creditori ma all'Erario, v. GUIOTTO, Opportunità
della transazione fiscale e disciplina dei crediti privilegiati insoddisfatti,
cit., 1279.
47) GUIOTTO, Opportunità della transazione fiscale e disciplina dei crediti
privilegiati insoddisfatti, cit., 1281.
48) App. L'Aquila, 16 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Concordato
preventivo , n. 224; Trib. Ravenna, 19 gennaio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce
Concordato preventivo, n. 232; App. Torino, 23 aprile 2010, id., Rep. 2010,
voce cit., n. 194; Trib. Monza, 15 aprile 2010, Foro it., Rep. 2011, voce
Concordato preventivo, n. 225; Trib. La Spezia, 2 luglio 2009, id., Rep. 2010,
voce cit., n.115; Trib. Mantova, 26 febbraio 2009, ibid., n. 200; Trib.
Pescara, 2 dicembre 2008, www.ilcaso.it ; Trib. Pavia, 8 ottobre 2008, www.ilcaso.it.;
in dottrina, GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 2012, 332.
49) App. Torino, 23 aprile 2010, cit.
50) PATTI, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra
art. 111 ed art. 182 quater l.fall., in Fallimento, 2011, 1340
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