CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/10/2019 Scarica PDF
La fase dell'allerta non volontaria e il ruolo dell'OCRI
Massimo Fabiani, ProfessoreSommario: 1. I principi del procedimento di allerta. – 2. L’avvio delle segnalazioni. – 3. L’investitura dell’OCRI. – 4. L’avvio del procedimento. – 5. L’audizione del debitore. - 6. Fisiologia e patologia del procedimento. – 7. Una proiezione riferita alla Direttiva UE.
1. I principi del procedimento di allerta.
La lettura dell’art. 4 della legge delega 155/2017 e degli artt. 16, 17 e 18 del successivo d.leg. 14/2019 consentono di affermare agevolmente che il legislatore delegato aveva poco spazio per esercitare la propria fantasia in ordine al procedimento di allerta perché il delegante aveva stabilito principi e criteri direttivi molto stringenti. Non a caso, molti dei commentatori avevano rilevato questa circostanza[1] e non avevano fatto mistero di criticarla.
Tuttavia, alla densa analiticità della legge delega ha poi fatto seguito una evidente ulteriore analiticità del procedimento che, però, parrebbe essersi declinata con tonalità di intensa procedimentalizzazione e burocratizzazione che non si armonizzano esattamente a quello che doveva essere lo “spirito” dell’allerta. Infatti, se è ben vero che il legislatore rifiuta di utilizzare i termini “procedimento di allerta” (salvo l’art. 16 ccii) preferendo la meno impegnativa locuzione di “strumenti”[2], la densità dei vari incombenti irrigidisce lo strumento dell’allerta.
Benché possa risultare ingeneroso predicare che l’allerta domestica sia l’anticamera della giurisdizione[3], posto che una relazione di contiguità dipenderà, solo, dalla disponibilità delle imprese a cogliere le opportunità che la legge assegna loro, l’impressione che si coglie è quella di un eccesso di regole che complicano le attività dei vari protagonisti della scena dell’allerta.
In questa sede non verranno presi in esame i profili che pertengono, direttamente, all’ideologia[4] - tratta dall’esperienza francese[5] - che sta alla base della scelta del legislatore (la tanto declamata anticipata emersione della crisi[6]), come pure non si indagherà sui meccanismi relativi alle segnalazioni e ai doveri dei soggetti che hanno l’onere della segnalazione, ma non ci si può esimere dal rilevare che il legislatore ha deciso di scommettere sul funzionamento degli strumenti di allerta[7]. Forse è improvvido che lo Stato giochi una scommessa[8], ma così è accaduto e per l’effetto sia i giudici, che i professionisti, gli accademici e soprattutto le imprese dovranno prendere confidenza con un sistema nuovo che se funzionerà sarà ragionevolmente virtuoso e consentirà di ribaltare l’asse dei rapporti fra soluzioni concordate della crisi e liquidazione giudiziale, oggi tanto contestato perché visto pendere dalla parte della liquidazione giudiziale considerata come l’espressione più alta del dirigismo statuale[9].
V’è da auspicare che la sperimentazione sia seria e almeno di medio periodo: poi se non avrà reso il suo servigio, l’allerta potrà essere anche destinata all’oblio.
Le considerazioni che seguono saranno improntate ad un approccio laico ma con caveat di fondo: è difficile negare che il procedimento di allerta non sia largamente appesantito da passaggi burocratici[10] di cui la pur analitica legge delega avrebbe permesso di fare a meno; se si vuole, appare quasi bizzarro che un elevato tasso di burocrazia abbia intriso un procedimento non giudiziario, tanto che taluno ritiene che forse sarebbe valsa la pena di non rinunciare alla partecipazione del giudice sin dalla prima fase[11]. Di certo, occorre mantenere ben ferma la barra della non giurisdizionalità del procedimento[12], ciò che di per sé consente di escludere ogni forma di consecuzione fra allerta e procedure di regolazione della crisi[13].
2. L’avvio delle segnalazioni
Gli artt. 14 e 14 del codice della crisi disegnano gli obblighi (ma sarebbe più coerente parlare di oneri), rispettivamente degli organi di controllo interno della società e dei soggetti pubblici qualificati di far emergere con tempestività la situazione di crisi sulla base di indici e di indicatori nonché in forza di inadempimenti alle obbligazioni tributarie e previdenziali.
Tanto i primi che i secondi, una volta assunta l’informazione sulla presenza di segnali di crisi (quelli indicati nelle citate disposizioni), debbono comunicare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi (art. 14, 1° comma, ccii), ovvero il superamento di una soglia predeterminata di indebitamento tributario o previdenziale. Sino a questo punto dell’iter, ci si situa all’esterno del perimetro dell’allerta, posto che l’organo amministrativo che riceve la segnalazione può adottare delle contromisure per contrastare lo scenario di crisi o gli inadempimenti.
Il procedimento, non volontario (cioè non attivato dal debitore), di allerta decolla solo nel momento in cui: (i) l’organo di controllo interno prende atto che l’organo amministrativo non ha adottato alcuna misura di reazione alla crisi nei sessanta giorni successivi alla scadenza del primo avvertimento (trenta giorni); (ii) gli enti preposti (Agenzia delle Entrate, INPS e Agente per la riscossione) verificano che nei novanta giorni successivi alla segnalazione vi è stata la mancata estinzione del debito, ovvero la mancata regolarizzazione ovvero la mancata adozione di istanza di accesso al procedimento di composizione assistita (art. 19 ccii) o ad altro procedimento regolativo della crisi[14].
Pertanto, in ambedue i casi, esiste per il debitore un (primo) tempo di reazione che dura novanta giorni[15]. V’è, però, da chiedersi se solo allo scadere di questo termine, l’organo di controllo o gli enti possano attivare l’intervento dell’OCRI, oppure se in una situazione di crisi (o di insolvenza) particolarmente intensa e che si dimostra si stia aggravando progressivamente la segnalazione possa essere anticipata rispetto alla scadenza naturale dei novanta giorni.
Il quesito sortisce dal fatto che, come anticipato, il legislatore ha eccessivamente burocratizzato il procedimento. È ben vero che sarebbe potuto risultare troppo compulsivo non fissare dei termini di reazione e lasciare piena libertà di azione ai controllori e agli enti, tuttavia uno schema rigido (rispetto forzato dei novanta giorni) non pare calibrato alle esigenze dell’allerta. Se la funzione dell’allerta è quella di far emergere la crisi, sembra preferibile una interpretazione che consenta all’organo di controllo – e non anche agli enti che sono vincolati da parametri-soglia numerici – di anticipare la segnalazione della crisi all’OCRI laddove si assista ad un peggioramento del quadro (economico, patrimoniale o finanziario) dell’impresa. A supporto di tale lettura milita la premialità che l’art. 14 riconosce all’organo di controllo; poiché la tempestiva segnalazione esonera il sindaco o revisore dall’azione di responsabilità per l’aggravamento del passivo, sarebbe innaturale costringere il sindaco o revisore ad attendere, per forza, novanta giorni (trenta più sessanta). Né si può pensare che un rimedio sia da individuare nella attribuita legittimazione al collegio sindacale dell’iniziativa per la apertura della liquidazione giudiziale (art. 37 ccii), sia perché questa presuppone l’insolvenza (e non la crisi), sia perché lo scenario liquidatorio potrebbe essere evitato propria facendo ricorso senza indugio al procedimento di allerta.
3. L’investitura dell’OCRI.
L’art. 2 lett. u) ccii individua nell’OCRI l’organismo deputato a ricevere le segnalazioni, gestire l’allerta ed eventualmente assistere il debitore in una composizione concordata. Di seguito si prenderanno in esame i soli primi due compiti affidati all’OCRI.
Innanzi tutto, l’OCRI è un organismo complesso costituito presso ciascuna sede di camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (al 28 marzo 2019 erano ottantadue). La sede dell’OCRI[16] corrisponderà solo in parte con i circondari di tribunale (che sono al momento centoquaranta) e con i tribunali distrettuali (che sono ventisei). Proprio il disallineamento fra camere di commercio e circondari di tribunali potrebbe determinare segnalazioni rivolte a OCRI incompetenti; in tal caso, la soluzione più ragionevole è quella di consentire una trasmigrazione officiosa della segnalazione tramite il referente[17], senza possibilità di impugnazioni.
L’OCRI opera attraverso il referente che si identifica nel segretario generale della CCIAA e a sua volta il referente si dota di un ufficio, ufficio che può essere consorziato con quello di altri organismi, fermo restando che il referente si situa presso tutti gli organismi. In tal senso il consorzio fra organismi può occuparsi solo della gestione organizzativa.
L’OCRI è un organo complesso perché accanto al ruolo istituzionale del referente si colloca il collegio di tre esperti ed è il collegio a gestire le segnalazioni sotto la vigilanza del referente, in particolare riferita al rispetto della tempistica degli adempimenti.
Le segnalazioni all’OCRI devono essere trasmesse secondo un rigido criterio di competenza territoriale: l’OCRI può essere solo uno e precisamente quello dove è ubicata la sede legale dell’impresa[18]. Si tratta di una scelta difforme rispetto al criterio del c.d. COMI (art. 27 ccii) dove si preferisce come criterio di collegamento il “centro degli interessi principali”, ma non irragionevole[19] perché mentre il COMI è soggetto ad una valutazione di corrispondenza, la sede legale è frutto di un dato formale non equivoco e non si può porre a carico di un organo amministrativo (il referente) un onere pari a quello giurisdizionale di ricerca della competenza.
Il collegio è formato da tre esperti che nelle loro distinte professionalità dovrebbero assicurare un elevato livello di competenze gestionali, contabili e legali, tant’è che ove manchi una specifica professionalità il referente dispone la sostituzione del componente designato dal presidente della camera di commercio.
I tre esperti sono selezionati: (i) dal presidente del tribunale delle imprese territorialmente competente avuto riguardo al luogo ove si trova la sede dell’impresa e per sede si deve intendere quella legale[20] per evitare che il referente debba formulare la richiesta di designazione ad un magistrato non immediatamente individuabile; (ii) dal presidente della camera di commercio dove ha sede l’OCRI; (iii) da un esperto nel settore economico dell’impresa segnalata, prelevato da un elenco formato dalle associazioni di categoria e scelto dal referente, sentito il debitore[21].
4. L’avvio del procedimento.
Il referente, non appena riceve la segnalazione ai sensi degli artt. 14 e 15 ccii, deve senza indugio darne comunicazione all’organo di controllo della società (se nominato)[22] e deve attivare l’iter per le designazioni dell’esperto (in modo che entro quindici giorni il debitore possa essere sentito); in particolare, dovrà senza indugio richiedere al presidente del tribunale delle imprese e al presidente della camera di commercio di procedere alla designazione che compete a ciascuno, provvedendo, nel contempo a nominare l’esperto di categoria, sentito (anche) il debitore. In verità, già prima di attivare il procedimento di nomina, il referente deve valutare se la segnalazione riguardi una impresa per la quale l’allerta sia applicabile e cioè se per caso non si tratti di impresa inclusa nel catalogo di cui all’art. 12 commi 4 e 5 ccii, perché in questa ipotesi la segnalazione va archiviata, non apparendo compatibile con le regole il fatto che il referente possa direttamente investire il pubblico ministero ai sensi dell’art. 22, posto che in tale disposizione si stabilisce che la segnalazione al pubblico ministero presupponga l’inerzia dell’impresa. Ci si può chiedere se al referente sia affidato anche il compito di effettuare una delibazione sulla presenza dello stato di crisi, ma una siffatta indagine, che attiene al merito della gestione del procedimento, sembra esulare dalle attribuzioni che gli vengono riconosciute[23].
L’attivazione del meccanismo di designazione resta altresì ostacolato laddove il referente rilevi che l’impresa segnalata appartenga al palinsesto delle imprese minori[24] (come definite nell’art. 2 lett. d ccii) o delle imprese agricole[25]: in questo caso deve trasmettere la segnalazione all ‘OCC secondo un criterio di rotazione ove non vi sia una indicazione del debitore. In questa evenienza, il procedimento di allerta è poi gestito dall’ OCC.
Poiché il procedimento di allerta si situa all’esterno del perimetro giurisdizionale, le decisioni del referente non sono sindacabili dal giudice. Nel caso in cui il referente neghi l’intervento dell’OCRI pur in presenza di circostanze che lo legittimerebbero, ovvero imponga l’intervento dell’OCRI pur in presenza di circostanze che lo escluderebbero, la decisione del referente non pare poter essere soggetta ad un controllo interno, cioè nell’ambito della camera di commercio[26].
Poiché lo statuto delle camere di commercio le qualifica come enti di diritto pubblico, le deliberazioni possono essere impugnate davanti al giudice amministrativo e quindi davanti al tribunale amministrativo regionale competente.
5. L’audizione del debitore.
Una volta che il collegio è stato costituito, l’OCRI (si deve intendere a mezzo del referente) convoca il debitore – nonché l’organo di controllo se nominato – per una audizione in via riservata e confidenziale (termini che sembrano esprimere una endiadi) davanti al collegio[27]. Nel periodo compreso fra la costituzione del collegio e l’audizione (periodo non fissato per legge), il collegio opera tramite un relatore che ha il compito di acquisire informazioni[28]. In tale contesto, il collegio dovrebbe pervenire alla audizione dopo una attività istruttoria interna che dovendo presupporre la riservatezza del procedimento non può che essere rivolta all’impresa debitrice e agli organi di controllo se nominati[29].
L’audizione è funzionale a verificare in concreto se l’impresa versi in una situazione di crisi e cioè se lo stato di crisi vi sia davvero (conformemente alla segnalazione) oppure se nonostante la correttezza della segnalazione l’impresa non abbia bisogno di alcun “accompagnamento”.
Pertanto, il collegio disporrà l’archiviazione del procedimento sia quando si verifica che l’impresa non è fra quelle cui si applica l’allerta, sia quando si accerta che non sussiste lo stato di crisi, sia quando esistono crediti verso pubbliche amministrazioni che non sono stati riscossi ma che essendo attestata la loro sussistenza potrebbero essere portati in compensazione con le pretese degli enti segnalanti[30]; parimenti, si potrà pervenire alla archiviazione in presenza di qualche vizio che attenga alla procedibilità dell’allerta.
Quando il collegio dispone l’archiviazione ne dà notizia al debitore e a chi ha effettuato la segnalazione. V’è, allora, da chiedersi se coloro che hanno segnalato possano impugnare la decisione del collegio; il collegio è una articolazione dell’OCRI e l’OCRI è una articolazione delle camere di commercio, quindi una eventuale impugnativa[31] andrebbe rivolta al giudice amministrativo e tuttavia occorrerebbe domandarsi se esista un interesse giuridico, ovvero se il soggetto segnalante non possa avvalersi di altri strumenti di reazione quali il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale.
Se, invece, il collegio ravvisa la presenza di una situazione di crisi deve provare a individuare, assieme al debitore, le strategie di intervento. Queste strategie possono essere “leggere” e limitarsi ad un riassetto ri-organizzativo-imprenditoriale[32], oppure possono essere più impegnative in quanto si rende probabile il coinvolgimento dei creditori. In questa circostanza, il collegio fissa un termine perché il debitore adotti qualche strumento di reazione alla crisi e ne riferisca al collegio. Ragionevolmente potrà essere fissato un ulteriore incontro (o più incontri, meglio se ravvicinati) per verificare il progresso delle iniziative adottate dal debitore[33]. Qualora il debitore rimanga inerte, oppure qualora le misure indicate dal debitore appaiano del tutto inadeguate ad affrontare la crisi, il collegio ne dà notizia al referente. È chiaro che in questa fase, il monopolio decisionale non può che spettare al debitore[34].
6. Fisiologia e patologia del procedimento.
Nel corso del procedimento di allerta (non sollecitato dal debitore ai sensi dell’art. 19 ccii) che si svolge davanti al collegio, il debitore può rappresentare al collegio quali iniziative ha assunto e quali sta per assumere e se il collegio le ritiene “credibili” perché idonee a consentire il superamento della crisi, archivia il procedimento. Parimenti, archivia il procedimento le quante volte il debitore decida di fare ricorso ad una qualche forma di regolazione della crisi. È chiaro che il deposito di un ricorso ai sensi dell’art. 44 ccii è condotta dimostrativa di voler avviare un percorso protetto; non solo, il deposito di un ricorso ai sensi dell’art. 44, unitamente alla richiesta di azione di misure protettive (v. artt. 54 e 55 ccii)[35] è una condotta che produce effetti nei confronti dei terzi ed impedisce che altri creditori conquistino posizioni di vantaggio.
Sennonché, il debitore ha un ventaglio più ampio per reagire alla crisi, dalla soluzione provvisoria degli accordi di moratoria (art. 62 ccii) al piano attestato di risanamento accompagnato dall’accordo con i creditori (art. 56 ccii). Nessuno di questi due strumenti presuppone un procedimento o una benché minima esternalizzazione formale; l’esperienza insegna che spesso le negoziazioni durano mesi ed allora v’è da chiedersi se ai fini dell’allerta questi strumenti stragiudiziali possano essere addotti a motivo dell’archiviazione del procedimento di cui all’art. 18.
Il successivo art. 19 ccii disciplina la composizione assistita della crisi e cioè quel diverso procedimento che si svolge sotto la tutela del collegio degli esperti e che si può concludere con un accordo con i creditori che produce i medesimi effetti del piano attestato. In tale contesto, allora, si potrebbe pensare che se il debitore vuole regolare la sua crisi con strumenti stragiudiziali (non soggetti al controllo del giudice) lo debba fare adoperando necessariamente il procedimento di cui all’art. 19. Si tratta di una soluzione prospettabile ma che non pare convincente nella misura in cui comprime il diritto del debitore a provare a cercare di comporre la crisi nel modo che ritiene più funzionale. Pertanto, la libertà di predisporre un piano di risanamento non può essere esclusa; tuttavia, ai fini dell’archiviazione del procedimento di allerta è ragionevole immaginare che il collegio sorvegli dall’esterno il percorso intrapreso dal debitore durante le trattative per giungere al perfezionamento del piano di risanamento, con la conseguenza che si perverrà alla archiviazione solo una volta attestato il piano. Da questo punto di vista, la circostanza che la legge non preveda un tempo massimo[36] per l’archiviazione può essere una conferma della modularità dell’intervento del collegio di esperti.
Qualora, invece, non vi sia una reazione del debitore nel termine fissato dal collegio, questo deve darne notizia al referente che a sua volta ne dà comunicazione agli autori della segnalazione affinché valutino se intraprendere qualche ulteriore iniziativa.
Il collegio, oltre che fare menzione di ciò, deve altresì valutare se l’impresa si trovi in stato di insolvenza (cfr. art. 22 ccii) e, se ritiene che sussista[37], informa il referente il quale a sua volta, senza margini di discrezionalità, ne deve dare comunicazione al pubblico ministero competente ai sensi dell’art. 27 ccii e cioè presso l’ufficio giudiziario nel cui circondario si trova il COMI (con possibile distacco dalla sede legale)[38].
Nel corso del procedimento che si svolge davanti al collegio di esperti il debitore non è protetto da eventuali aggressioni dei creditori[39]; il suo patrimonio è esposto a iniziative esecutive, al rischio di iscrizioni di ipoteche, al rischio che qualche creditore presenti il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale. Certo, se la situazione che ha generato l’allerta fosse davvero quella di semplice crisi, i rischi sopra evidenziati non dovrebbero sussistere. Tuttavia, è più che probabile che la crisi mascheri una situazione di già attuale o imminente insolvenza sì che quei rischi non possono essere trascurati; si consideri, poi, che per quanto pervaso da riservatezza e confidenzialità non è così certo che la notizia delle segnalazioni, in qualche modo, non possa palesarsi all’esterno.
Orbene, se il debitore che ritiene sproporzionato reagire alla segnalazione accedendo direttamente ad una procedura di regolazione della crisi ex art. 44 ccii, intendesse proteggere il suo patrimonio dovrebbe necessariamente presentare l’istanza per la composizione concordata della crisi, in quanto l’art. 20 ccii che regola l’adozione delle misure protettive da parte del tribunale delle imprese presuppone la formulazione dell’istanza di cui all’art. 19 ccii[40]: ciò significa che durante il procedimento di allerta, in mancanza dell’up-grade dell’istanza ex art. 19, non vi è alcuno strumento di protezione. Parimenti, in quanto reputata equipollente alle misure protettive, la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione delle società di capitali non è neutralizzata durante la gestione dell’allerta laddove l’impresa non chieda la composizione assistita.
Ed ancora, la riconosciuta non prededucibilità dei compensi dei professionisti che assistono il debitore durante la fase dell’allerta (art. 6, 3° comma, ccii) si disvela un ulteriore incentivo a fruire della composizione assistita in regime di eterotutela e cioè con l’ausilio del collegio di esperti. Come si può notare agevolmente, vi sono una serie di spinte a far sì che l’allerta funzioni più efficacemente solo all’interno del contenitore di cui all’art. 19 ccii.[41]
La definitiva conferma di una tale impressione la si ricava dal fatto che le misure premiali di cui all’art. 25 ccii non sono attivabili se non con la presentazione tempestiva della domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione con l’istanza di composizione assistita: solo questi sono gli eventi che giustificano la premialità, non, ad esempio, il piano attestato di risanamento[42].
Tutto il procedimento di allerta si giustifica soltanto se non vi sono iniziative “giudiziarie” del debitore perché in questo caso cessano gli obblighi di segnalazione (v., artt. 12, 9° comma, ccii) oppure se non vi è istanza spontanea del debitore di composizione assistita (art. 18, 6° comma, ccii).
7. Una proiezione riferita alla Direttiva UE.
La recente Direttiva UE riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione pone il tema della compatibilità dell’allerta domestica con i principi unionali. L’art. 3 prevede: “(1) Gli Stati membri provvedono affinché i debitori abbiano accesso a uno o più strumenti di allerta precoce chiari e trasparenti in grado di individuare situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza e di segnalare al debitore la necessità di agire senza indugio. Ai fini di cui al primo comma, gli Stati membri possono avvalersi di tecnologie informatiche aggiornate per le notifiche e per le comunicazioni online. (2). Gli strumenti di allerta precoce possono includere quanto segue: a) meccanismi di allerta nel momento in cui il debitore non abbia effettuato determinati tipi di pagamento; b) servizi di consulenza forniti da organizzazioni pubbliche o private; c) incentivi a norma del diritto nazionale rivolti a terzi in possesso di informazioni rilevanti sul debitore, come i contabili e le autorità fiscali e di sicurezza sociale, affinché segnalino al debitore gli andamenti negativi.”
Orbene, ad una prima lettura, il testo della Direttiva non sembra porre principi disomogenei rispetto a quelli declinati nel sistema di allerta del codice della crisi e, in particolare, l’assenza di previsioni in ordine al procedimento di allerta dovrebbe non imporre al legislatore nazionale alcuna necessaria modifica agli artt. 17 ss. ccii.[43]
Si tratta, ancora una volta, di terreno di conflitto fra una visione più privatistica ed una più pubblicistica della crisi d’impresa (con classica evocazione del confronto fra ruolo etico dell’impresa e spirito liberale)[44] ma il vero ostacolo ad una pacificazione che nessuna regola potrà portare porto è costituito da una endemica contrapposizione fondata su reciproche diffidenze che ove non rimosse continueranno a rappresentare la zavorra delle soluzioni delle crisi.
[1] M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, in Fallimento, 2019, 421.
[2] Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, 45; G. Fauceglia, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019, 40.
[3] Assonime, Circolare n. 19 del 2 agosto 2019; Contra, Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 43.
[4] Una ideologia che trova la sua fonte a livello sovranazionale a partire dalla Raccomandazione n. 2014/135/UE sui quadri di ristrutturazione preventiva, v., U. Macrì, La raccomandazione della commissione Ue su un nuovo approccio all'insolvenza (commento alla raccomandazione Commiss. Ue 12 marzo 2014 n. 2014/135/Ue, in Fallimento, 2014, 393.
[5] In luogo di molti v., M. Cataldo, La soggezione dell’impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, in Fallimento, 2016, 1022; G. Carmellino, Le droit français des entreprises en difficulté e i rapporti con la nuova normativa europea, in Fallimento, 2015, 1062. Più di recente, anche il Belgio si è dotato di un sistema di allerta, v., M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, in Corr. Giur., 2019, 654.
[6] F. Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2018, 32. Vi è, tuttavia, chi ritiene che l’anticipazione di per sé non sia un valore se non accompagnata da una “forza” del procedimento, cfr., M. Cataldo, La soggezione dell’impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, cit., 1024. Per una ampia rassegna delle posizioni in campo v., S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in Dir.fall., 2017, 756.
[7] Una scommessa che non era stata condivisa nel 2004 quando nel progetto di riforma della legge fallimentare elaborato dalla “Commissione Trevisanato” si era previsto un meccanismo di allerta, poi non recepito nella riforma del 2006; v., in allora, M. Fabiani, Misure di allarme per la crisi d'impresa, in Fallimento, 2004, 825 e, più di recente, M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, in Fallimento, 2016, 1033; S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, cit., 753.
[8] F. Barachini, Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in Crisi d’impresa e insolvenza, a cura di L. Calvosa, Pisa, 2016, 51.
[9] L. Stanghellini, Il codice della crisi d’impresa: una primissima lettura (con qualche critica), in Corr.giur., 2019, 453.
[10] Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 60.
[11] A. Jorio, Su allerta e dintorni, in Giur.comm., 2016, I, 265.
[12][12] S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, cit., 767.
[13] M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, cit., 1034.
[14] F. Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 42 osserva che tale disposizione sembra favorire un adempimento del debito di natura atomistica e tale da violare il principio di parità di trattamento perché il debitore può essere incentivato a chiudere la singola partita debitoria per disinnescare l’apertura del procedimento di allerta.
[15] F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (I), in Il civilista, Milano, 2019, 125.
[16] Per una opposta lettura in ordine alla praticabilità del procedimento davanti all’OCRI per le “imprese irregolari” v., G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 8 (a favore di una soluzione inclusiva) e M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 425, a favore di una soluzione restrittiva.
[17] Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 58.
[18] G.B. Nardecchia, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Molfetta, 2019, 16; cfr., G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, in Fallimento, in corso di pubblicazione e consultato per gentile concessione dell’Autore, secondo il quale, condivisibilmente, la sede legale è quella al momento dell’avvio del procedimento a prescindere da eventuali trasferimenti infrannuali (art. 28 ccii).
[19] Critico è invece M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 421.
[20] Cfr., in termini identici, G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 10.
[21] Si parla, dunque, del c.d. “componente amico”, v., G.B. Nardecchia, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 18.
[22] Tale comunicazione non sembra, però, necessaria qualora la segnalazione che dà impulso al procedimento provenga proprio dall’organo di controllo, v., in termini simili, G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 9.
[23] Contra, G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 8.
[24] M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 424.
[25] M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 425.
[26] Sulla necessità di una giustiziabilità sugli atti del referente, v., G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 7.
[27][27] M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, cit., 663 rileva che il legislatore delegato avrebbe dovuto meglio esplicitare in che cosa si articolano le esigenze di riservatezza e confidenzialità. Sull’effettiva tenuta della riservatezza cfr. altresì i dubbi espressi da M. Bini, Procedura di allerta: indicatori della crisi ed obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo, in Società, 2019, 432.
[28] M.C. Giorgetti, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pisa, 2019, 27.
[29] Sulla piena autonomia e libertà di attività istruttoria v., Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 60.
[30] Non pare condivisibile la posizione di F. Barachini, Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, cit., 53 (ma, contra, M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, cit., 1040), ad avviso del quale il mancato coinvolgimento dei creditori rappresenta un difetto dell’allerta; in verità, se l’allerta funziona i creditori si avvantaggiano della reazione del debitore o vengono direttamente interessati per stipulare accordi; se non funziona, si transita verso un percorso – volontario o imposto – al quale saranno chiamati a partecipare.
[31] Per l’impugnativa v., G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 14.
[32] M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 423.
[33] Ma, sull’opportunità che i tempi restino ristretti, v., G.B. Nardecchia, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 22.
[34] In termini analoghi v., M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, cit., 664.
[35] V., M. Fabiani, Le misure protettive nel codice della crisi, in Foro it., 2019, V, 227.
[36] M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, cit., 1039.
[37] In questa ipotesi, al collegio degli esperti è assegnato un compito (delibativo) simile a quello che spetta al giudice, in quanto la segnalazione al pubblico ministero da parte del referente si fonda sull’insolvenza e non sulla crisi.
[38] G. D’Attorre, Gli ocri: compiti, composizione e funzionamento nel procedimento di allerta, cit., 18. Per una critica alla soluzione giudiziale finale v., M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, cit., 668. Non ritiene che lo sbocco sia la segnalazione al pubblico ministero F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (I), cit., 135, ad avviso del quale, nella fase di cui all’art. 18 ccii, l’insuccesso del tentativo di superamento della crisi si chiude con la comunicazione ai soggetti segnalanti.
[39] L’unica protezione è costituita dal fatto che l’accesso alla allerta non costituisce causa di risoluzione dei contratti pendenti (v., G.B. Nardecchia, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 20), anche se a stretto rigore la riservatezza della procedura dovrebbe escludere in radice una siffatta evenienza.
[40] M. Ferro, Allerta e composizione assistita della crisi nel D. Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, cit., 428.
[41] Si tratta di un risultato auspicato dal legislatore ma è anche vero che nel complesso taluno (v., Sanzo-Burroni, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 61) paventa il rischio che tutto l’impianto possa rimanere inutilizzato per le perplessità che l’impresa si risvolga ad un estraneo, al punto di dubitare di una possibile “fuga” dall’allerta, v. L. Ponti, Tutto inizia davanti agli O.C.R.I., in La riforma del fallimento, a cura di M. Pollio, Milano, 2019, 91.
[42] F. Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 38.
[43] Sebbene in misura non così esplicita sembra esprimersi anche M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, cit., 662.
[44] M. Ferro, Misure di allerta e composizione assistita delle crisi, cit., 1035; S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, cit., 758.
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