CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 16/01/2013 Scarica PDF
La "passerella" reciproca fra accordi di ristrutturazione e concordato preventivo
Massimo Fabiani, ProfessoreI.
L'ordinamento concorsuale conosce nella sua esperienza giurisprudenziale il
lemma "consecuzione", tradizionalmente frequentato a far data dagli
Anni Cinquanta quando comparvero i primi studi sull'argomento1, anche se
assunse un rilievo molto importante sul finire degli Anni Settanta quando
un'imponente crisi occupazionale venne provvisoriamente governata con gli
istituti dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo piegati
dal loro fine proprio per essere deviati a strumenti di ammortizzazione
sociale2.
Del termine consecuzione si discute, in verità, ancora oggi perché il fenomeno
per il quale determinati effetti prodotti in una procedura si diffondono anche
in un'altra, sia in avanti (è il caso della prededuzione), sia a ritroso (è il
caso della revocatoria), pur messo in crisi dall'introduzione del nuovo
concetto di "crisi", è attuale come hanno avuto modo di precisare i
giudici di legittimità3.
L'ennesima riforma del diritto concorsuale è intervenuta proprio a battezzare,
definitivamente, il principio di consecuzione quando nel nuovo art. 69 bis
l.fall. si è stabilito che se un fallimento è preceduto da un concordato
preventivo, il periodo sospetto di cui agli artt. 64-69 l.fall. decorre dalla
pubblicazione della domanda di concordato preventivo.
Si tratta di una novità decisamente rilevante in quanto per la prima volta la
decorrenza del termine è fatta dipendere non già da un accertamento giudiziale
ma da un atto di parte (il deposito e la conseguente pubblicazione di un
ricorso ai sensi dell'art. 161 l.fall.), così avvicinandosi il nostro
ordinamento a quello tedesco4, anche se questa scelta è dipesa da una ragione
pratica molto semplice.
La nuova norma, infatti, àncora il periodo sospetto (biennale, annuale o
semestrale) non già ad un accertamento giudiziale dello stato d'insolvenza
(sentenza di fallimento o decreto di ammissione al concordato preventivo), ma
alla data di pubblicazione del ricorso di concordato presso il registro delle
imprese (il che ripropone il tema di una efficacia pubblicitaria rispetto ad
imprese non iscritte e tuttavia legittime aspiranti al concordato perché
l'irregolarità non è più requisito ostativo); tale opzione asseconda il bisogno
di proteggere le azioni revocatorie dal rischio di una "non
consecuzione", dal momento che la retrodatazione del periodo viene
mantenuta anche in caso di dichiarazione di inammissibilità della domanda,
ipotesi questa che tradizionalmente veniva esclusa prima della riforma5.
Non si tratta, però, di una disposizione dissonante ma di una disposizione
necessitata, assente la quale la c.d. domanda di concordato in bianco (o
"prenotativa"), disegnata dall'art. 161 6° comma, l.fall.6 sarebbe
risultata così indigesta da provocare di sicuro una crisi di rigetto.
Nel momento in cui si allentano le briglie sulla domanda e si prevede un
termine per l'ingresso in procedura che può arrivare sino a sei mesi, cioè
proprio il periodo sospetto per gli atti normali, si è deciso che non si può adoperare
lo strumento della domanda di concordato per sterilizzare il periodo sospetto e
l'alternativa della convenienza della soluzione fallimentare.
Ma non è questo il profilo di consecuzione che si vuole qui indagare. In queste
brevi note ci si vuole soffermare sulle previsioni contenute nell'art. 182 bis,
8° comma, l.fall. e nell'art. 161, 6° comma, l.fall.
Una sorta di consecuzione fra due strumenti di composizione concordata della
crisi che si potrebbe meno tecnicamente definire una "passerella",
in quanto si transita da un procedimento all'altro, ma con conservazione degli
effetti.
II. Nel momento in cui un imprenditore avverte di trovarsi in una situazione di
difficoltà che non è in grado di affrontare con i normali interventi
strutturali di tipo industriale o di riorganizzazione dei fattori della
produzione, è normale che si rivolga a dei professionisti i quali, normalmente,
non sono in grado di stabilire nell'immediatezza quale sia lo strumento più
idoneo per risolvere la crisi. Specie se l'impresa ha dimensioni medio-grandi
si crea un circuito tra gli advisor (finanziari e legali), l'attestatore e i
principali creditori che impedisce l'avvio di soluzioni rapide. Di fronte a
questo dato di fatto del tutto abituale, il legislatore ha ritenuto di
anticipare la protezione del patrimonio del debitore e, soprattutto, ha
stabilito che la scelta dell'ingresso in un percorso protetto non deve essere,
per forza, a senso unico in quanto può darsi che acquisite maggiori conoscenze
sia preferibile adottare uno strumento diverso da quello immaginato
originariamente.
Questo è il sostrato delle due disposizioni sopra ricordate: la prima consente
che una volta avviato il pre-accordo (o proposta di accordo) di
ristrutturazione il debitore nel termine di sessanta giorni successivo al
provvedimento del giudice possa depositare, in alternativa all'accordo di
ristrutturazione, una domanda di concordato preventivo; la seconda consente che
una volta depositato il ricorso per concordato con riserva, nel termine
concesso dal tribunale (da sessanta sino a centottanta giorni, proroghe
incluse) il debitore possa depositare anziché il piano e la proposta
concordataria, un accordo di ristrutturazione.
Una sorta di duplice passerella rimessa alla discrezionalità dell'imprenditore.
In ambedue i percorsi il vantaggio della passerella è rappresentato
dall'espressa previsione della conservazione degli effetti conseguiti con la
prima domanda.
Le due disposizioni, di per sé stringate e in apparenza nitide, celano enormi
criticità, specie quando dalla domanda più ampia (il ricorso ex art. 161) si retrocede alla domanda più ristretta (il
ricorso ex art. 182 bis).
III. La preoccupazione di disperdere del tempo senza offrire all'imprenditore
una protezione del patrimonio durante la complessa fase delle trattative sta
al fondo della scelta, operata nel 2010, di prevedere il c.d. automatc stay in
presenza della dichiarazione di un pre-accordo di ristrutturazione. Nell'art.
182 bis venne, quindi, aggiunto un 6° comma nel quale si stabiliva che con il
deposito di un'istanza di sospensione (corredata da una pre-attestazione e da
un'autocertificazione dell'imprenditore in merito all'intenzione di perfezionare un accordo di
ristrutturazione), venissero provvisoriamente inibite le azioni esecutive e
cautelari, nonché la costituzione di titoli di prelazione non concordati.
Questo blocco delle azioni doveva essere poi confermato dal tribunale in esito
alla instaurazione del contraddittorio con i creditori, col risultato che
all'imprenditore poteva essere concesso un termine non superiore a sessanta
giorni per il deposito dell'accordo (definitivo) di ristrutturazione con la
relativa attestazione di attuabilità7.
Si trattava di uno strumento certamente utile ma anche eccessivamente
complicato dal punto di vista procedimentale vista la necessità di radicare il
contraddittorio con tutti i creditori. Presentava, poi, un ulteriore limite
costituito dal vincolo della sostanziale identità fra l'accordo definitivo e
quello prospettato nell'istanza di sospensione, così da rendere assai poco
flessibile il percorso8. A questo limite la l. 134/2012 ha verosimilmente
posto rimedio perché l'attuale formula normativa "A seguito del deposito
di un accordo di ristrutturazione dei debiti..." lascia intendere che
l'accordo poi depositato possa anche non coincidere con quello enunciato al
momento dell'avvio del procedimento9.
Tuttavia, la flessibilità è ancor più valorizzata dalla circostanza che il
debitore, nel medesimo termine fissato dal tribunale possa depositare un
ricorso per concordato preventivo, saldando gli effetti di questo
(principalmente quelli di cui all'art. 168 l.fall.) con il momento del deposito
del pre-accordo. Ecco, dunque, formarsi una consecuzione virtuosa fra preaccordo
e concordato preventivo. Questa disposizione è al servizio di tutte quelle
situazioni nelle quali il programma dell'imprenditore di raggiungere un accordo
con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti sfuma ma è prospettabile
l'alternativa del concordato preventivo.
Dal tenore letterale dell'8° comma dell'art. 182 bis ("si conservano gli
effetti di cui ai commi sesto e settimo") parrebbe doversi desumere che
restano fermi il divieto di azioni esecutive e cautelari nonché quello della
formazione di titoli di prelazione non concordati. In verità la l. 134/2012 ha
largamente implementato gli effetti che si producono con l'istanza di
sospensione di cui al 6° comma dell'art. 182 bis. Infatti dal deposito
dell'istanza sbocciano questi ulteriori effetti: i) il debitore che presenta
una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può chiedere al
tribunale di essere autorizzato, assunte, se del caso, sommarie informazioni a
contrarre finanziamenti, prededucibili (art. 182 quinquies); ii) il debitore
che presenta una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può
chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di
cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o
servizi (art. 182 quinquies); iii) dalla data del deposito della proposta di
accordo e sino all'omologazione non si applicano gli artt. 2446, commi secondo
e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice
civile (art. 182 sexies)10.
Orbene, se l'imprenditore deposita il ricorso per concordato preventivo
(anziché l'accordo di ristrutturazione) tutti questi effetti si conservano in
quanto effetti tipici conseguenti anche al deposito della domanda di concordato
preventivo non preceduta dal pre-accordo.
A questi effetti si cumuleranno quelli propri (esclusivamente) del concordato
e cioè la previsione dell'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei
novanta giorni anteriori, quella della sospensione degli interessi (art. 169
l.fall.), quella dell'opponibilità degli atti (artt. 45 e 169 l.fall.), quella
in tema di contratti pendenti (art. 169 bis l.fall.), quella sul c.d. concordato
in continuità (art. 186 bis l.fall.) 11.
Il percorso ascendente dal pre-accordo al concordato preventivo non sconta
particolari asperità in quanto gli effetti prodotti dal primo sono minori di
quelli prodotti dal secondo. Tuttavia il percorso è divenuto assai poco
competitivo rispetto a quello che inizia a ritroso in quanto solo nel
pre-accordo sono previsti il contraddittorio con i creditori e un provvedimento
del tribunale che deve vagliare la serietà della proposta di accordo12.
IV. Quanto accaduto dall'11 settembre 2012 in avanti, e cioè una vera e propria
esplosione dei ricorsi per concordato preventivo presentati nella formula del
concordato con riserva (o "in bianco" o "prenotativo"),
dimostra l'importanza della scelta del legislatore di agevolare un'emersione
tempestiva della crisi consentendo al debitore di ottenere una serie di
benefici immediati, ma prima di tutto quello del vincolo sul patrimonio, anche
quando l'imprenditore non è ancora "pronto" per avanzare ai creditori
una proposta credibile13.
Il ricorso ex art. 161, 6° comma, l.fall. ( debitamente pubblicato nel
registro delle imprese), sempre che non sia dichiarato inammissibile dal
tribunale, fa conseguire molteplici effetti che per comodità espositiva sono
enunciati negli artt. 168, 169, 169 bis, 182 quinquies, 182 sexies e
(eventualmente) 186 bis.
Da un semplice confronto sinottico fra questi e gli effetti che si conseguono
col deposito del pre-accordo di ristrutturazione (e col vero e proprio accordo)
è agevole rilevare che non vi è totale identità. Vi sono, cioè, effetti tipici
del concordato (ad esempio la sospensione degli interessi) che non si ritrovano
negli accordi.
La circostanza non è affatto stravagante posto che, sebbene con sempre minore
sicumera (rispetto al d.l. 35/2005 dal quale gemmò l'istituto), ancora oggi è
preferibile ritenere che gli accordi di ristrutturazione non appartengano al
catalogo delle procedure concorsuale14, talché una sfasatura normativa fra accordi
e concordato è più che giustificabile.
Ecco, allora, che l'interrogativo viene spontaneo: cosa accade degli effetti
prodotti dal ricorso per concordato quando poi il debitore, entro il termine
fissato dal tribunale, deposita un accordo di ristrutturazione ai sensi del 6°
comma dell'art. 161 l.fall. là dove si prevede che "...nello stesso
termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli
effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi
dell'art. 182 bis, primo comma"? La risposta potrebbe apparire banale
visto che la disposizione dice espressamente che si conservano gli effetti e
ciò fino all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione15.
Ma questa risposta non è in alcun modo condivisibile perché negli accordi non
si possono trascinare effetti che l'art. 182 bis non prevede affatto.
Una volta preso atto che gli effetti di cui agli artt. 168 ss. non riprodotti
nell'art. 182 bis debbono venir meno quando il debitore imbocca il percorso
degli accordi di ristrutturazione, occorre chiedersi se ciò avvenga con
efficacia ex nunc o ex tunc.
Le soluzioni possono rinvenire da diversi percorsi.
La prima ipotesi è che quegli effetti, in fondo, possano conservarsi per tutto
il periodo di limbo e poi cadere ma solo ex nunc, se si privilegia la tesi per
la quale gli accordi di ristrutturazione sono un sotto-tipo del concordato
preventivo. Questa tesi venne enunciata con vigore nei primi tempi16, ma si è
poi sostanzialmente dissolta ed oggi è un dato diffuso17 che gli accordi di
ristrutturazione sono uno strumento di regolazione della crisi dell'impresa
ben distinto dal concordato preventivo, dove l'inquinamento topografico - visto
che l'art. 182 bis è incasellato nel bel mezzo delle disposizioni che
concernono il concordato preventivo - non assume alcun significato interpretativo.
La seconda ipotesi è che si possa fare tesoro della teoria della consecuzione,
in particolare in quel rapporto che si era creato fra amministrazione
controllata e fallimento. é noto, però, che nell'ampio contenitore costituito
dalla teoria delle consecuzione, sul piano applicativo il regime era assai
frastagliato: infatti, se il periodo sospetto decorreva dal decreto di ammissione
all'amministrazione controllata e se per converso le obbligazioni contratte
nell'amministrazione controllata conservavano il rango della prededucibilità
nel successivo fallimento, gli interessi sui crediti si sospendevano solo con
la sentenza di fallimento senza alcuna retrodatazione 18 e così pure il regime
dei rapporti pendenti non veniva anteriorizzato alla prima procedura. Quindi
utili suggerimenti da quell'esperienza non possono trarsi in modo convincente.
La terza ipotesi muove dall'idea che il patrimonio del debitore che ricorre
agli accordi di ristrutturazione possa essere configurato come un patrimonio
separato al pari di quanto si stima per il concordato preventivo, e ciò a causa
di quel discutibile richiamo all'art. 45 l.fall. contenuto nell'art. 169
l.fall. Tuttavia, la disciplina dettata nell'art. 182 bis sembra rifiutare una
tesi di questo tipo. Il patrimonio del debitore è devoluto ai creditori secondo
le regole del contratto; non vi sono norme al servizio della formazione di un
patrimonio vincolato (al punto che l'art. 182 bis contempla solo una protezione
provvisoria di sessanta giorni che può scadere quando ancora il tribunale non
si è pronunciato sull'omologazione dell'accordo); l'imprenditore che deposita
il ricorso ex art. 182 l.fall. non subisce alcuna forma di spossessamento;
un'affermazione questa che non può ricevere smentita per il solo fatto che
l'art. 182 quinquies ult. comma l.fall. prevede che il debitore che presenta
l'accordo o il pre-accordo possa chiedere al tribunale di essere autorizzato ad
effettuare pagamenti a favore di creditori anteriori in relazione a
prestazioni decisive per la prosecuzione dell'attività quando vi sia un'utilità
certificata da un professionista munito dei requisiti di cui all'art. 67.
Questa disposizione potrebbe, se estrapolata dal contesto, divenire il
grimaldello per scardinare la tesi, poco sopra rammentata, secondo la quale
gli accordi di ristrutturazione si pongono fuori dal perimetro delle procedure
concorsuali. Va, infatti, precisato che nessuno mai aveva osato prospettare
che il debitore potesse andare incontro ad una forma, pur se la più blanda,
di spossessamento19. Pur nella consapevolezza di quanto delicato sia questo
passaggio, la norma va interpretata in altro senso e cioè che rifletta una
finalità ben diversa: quella di precostituire un'ulteriore causa di esonero
dalla revocatoria che integra quella di cui all'art. 67, 3° comma lett. e).
Sono esentati dal rischio della revocatoria non solo gli atti posti in essere
in esecuzione degli accordi (art. 67), ma anche quelli funzionali agli accordi
(art. 182 quinquies).
V. L'esposizione di cinque criticità vuol dare la misura di quanto sia
complessa la soluzione da offrire al problema rappresentato supra § IV.
1. Se il tribunale autorizza (ai sensi dell'art. 169 bis l.fall.) il debitore a
sciogliersi da un contratto pendente perché da subito, anche nell'ipotesi della
domanda con riserva, ciò appare compatibile con gli esiti del procedimento20,
e poi si vira verso gli accordi di ristrutturazione, quel contratto rimane
sciolto o rivive?
2. Gli interessi sui crediti sospesi (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) col
ricorso per concordato, riprendono a decorrere e da quando?
3. Gli atti e i negozi che sono divenuti inopponibili ai creditori del
concordato (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) divengono perfettamente opponibili
e rivivono negli accordi o sono "perduti" per sempre?
4. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla domanda di
concordato (ai sensi dell'art. 168 l.fall.) e da considerare inefficaci,
debbono reputarsi di nuovo efficaci negli accordi?
5. Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore nel periodo
di limbo senza autorizzazione e da considerare quindi inefficaci, si
trasformano in efficaci se si passa agli accordi?
Per fornire una adeguata risposta a questa serie di quesiti non pare congruo
offrire una soluzione unitaria ma, di volta in volta, quella che può essere
più calibrata in funzione del rispetto di diversi valori, fra i quali quello
della tutela dell'affidamento e del "diritto quesito", ma avendo ben
presente come linea-guida insuperabile quella che esclude un abuso dello
strumento della domanda con riserva al solo scopo di precostituire forme di
compressione dei diritti dei terzi che non si sarebbero potute attuare se il
debitore avesse, da subito, fatto ingresso nel procedimento del pre-accordo di
cui all'art. 182 bis 6° comma.
Le minori criticità concernono gli interrogativi 2 e 4; per entrambi pensare
alla soluzione per cui gli effetti che si producono sono risolutivamente
condizionati alla presentazione dell'accordo di ristrutturazione non sembra
pregiudicare i diritti di alcuno, sì che gli interessi si considereranno fin
dal primo momento non sospesi e le ipoteche giudiziali efficaci21.
Il compimento da parte del debitore di un atto urgente di straordinaria
amministrazione, pur se non autorizzato, se si passa all'accordo di
ristrutturazione non sconta la sanzione dell'inefficacia in quanto negli
accordi, come detto, non c'è alcuno vincolo di indisponibilità gestoria.
Restano le due fattispecie obiettivamente più complicate (gli interrogativi 1 e
3), dove si scontrano le tesi del "diritto quesito", della
permanenza dell' "atto legalmente compiuto" e dell'affidamento.
Nella consapevolezza dell'estrema opinabilità della soluzione22 , se si
condivide il principio per il quale la domanda di concordato non può essere il
grimaldello per scardinare scomode posizioni contrattuali pur quando il
debitore vuole regolare la sua crisi con gli schemi negoziali dell'accordo di
ristrutturazione, la soluzione deve essere quella per cui il contratto o
l'atto, per effetto della domanda con riserva, è solo virtualmente sciolto o
non opponibile, in quanto il regime effettivo dipenderà dal percorso che sarà
seguito. Lo scioglimento, per quanto autorizzato, deve intendersi
risolutivamente condizionato laddove si intraprenda la "passerella"
verso l'accordo. Una tale soluzione si regge sulla regola di cui all'art. 1353
c.c. che prevede espressamente che anche la risoluzione (cioè un modello di
caducazione del contratto non troppo diverso dallo scioglimento) possa essere
sottoposta a condizione; tutto ciò consente, poi, di reputare ammesse le
cautele di cui agli artt. 1356-1358 c.c. che incidono sulla condotta che le
parti possono tenere pendente la condizione.
Ad edulcorare questa opzione può essere d'ausilio ammettere che il tribunale
possa, di consueto, limitarsi a sospendere il contratto ai sensi dell'art. 169
bis per lasciare il caso dello scioglimento a quelle situazioni nelle quali sia
già evidente che sarà percorribile solo il concordato e non gli accordi di ristrutturazione.
Non a caso in un recente decreto23 si è espressamente precisato che là dove lo
scenario è incerto, sia più prudente la semplice sospensione del contratto.
Al fondo questa soluzione che mira ad evitare pericolose deviazioni dall'uso
della domanda con riserva, persegue anche il risultato di escludere che gli
accordi di ristrutturazione siano conformati con una geometria variabile a
seconda che siano, o no, preceduti dalla domanda con riserva.
VI. Le evidenti complicazioni fin qui rappresentate potrebbero, allora,
giustificare che il debitore formuli una domanda con riserva ai sensi dell'art.
161, 6° comma, l.fall. in funzione del deposito dell'accordo di
ristrutturazione col risultato di far conseguire solo gli effetti di cui
all'art. 182 bis; una soluzione questa già sperimentata in sede giudiziale24
che non chiude le porte alla "conversione" e che, soprattutto,
consente di evitare che si producano alcuni riflessi potenzialmente devastanti
per un'impresa in funzionamento e cioè quelli che attengono all'effetto
dell'inopponibilità degli atti.
1) DE MARCO, La consecuzione dei procedimenti concorsuali in Dir. fallim.,
1953, I, 287; SAPIENZA, Conversione e consecuzione di procedimenti concorsuali,
Milano, 1958, 60
2) Per opposte visioni, v., GAMBINO, Sull'uso alternativo delle procedure
concorsuali, in Giur. comm., 1979, I, 236; LANFRANCHI, Amministrazione
controllata e diritto vigente, Milano, 1996, 1 ss.
3) Cass. 17 febbraio 2012, n. 2335, Foro it., Mass. 2012; 6 agosto 2010, n.
18437, id., Rep. 2011, voce Fallimento , n. 230.
4) Cfr., § 130 della InsolvezOrdnung.
5) Cass. 30 maggio 1994, n. 5285, Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 386;
22 novembre 1991, n. 12573, id., Rep. 1992, voce cit., n. 393.
6) La letteratura è già vastissima: ex multis, FABIANI, La domanda
"prenotativa" di concordato preventivo, in Foro it., 2012, I, 3184;
BALESTRA, Gli obblighi informativi periodici nel c.d. preconcordato. in
Fallimento, 2013, 106; VELLA, Il controllo giudiziale sulla domanda di
concordato preventivo "con riserva", ibid., 82.
7) Trib. Bergamo, 12 maggio 2011 e Trib. Novara, 2 maggio 2011, Foro it., 2011,
I, 2533, con osservazioni di richiami di CARMELLINO.
8) Questa, almeno, è stata la lettura proposta da NARDECCHIA, Sub art. 182 bis,
in CAVALLINI (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, III, Milano,
2010, 829.
9) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del
2012, in Fallimento, 2012, 1144.
10) Per un quadro di sintesi, FABIANI, Nuovi incentivi per la regolazione
concordata della crisi d'impresa, in Corriere giur., 2012, 1265.
11) Altro è il discorso se dopo il pre-accordo possa essere depositato il
ricorso per concordato nella forma di cui all'art. 161 6° comma l.fall. Se si
ammette che ciò sia possibile, allora si producono ulteriori effetti che sono
sia quelli temporali di un allungamento dei termini di inibitoria (che
complessivamente possono crescere sino a duecentosettanta giorni), ma anche
quelli per i quali il debitore nel periodo di "limbo" è soggetto ad
una limitazione del proprio potere gestorio.
12) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del
2012, cit., 1143.
13) V. inter alia,, Trib. Milano, 21 settembre 2012, Foro it., 2012, I, 3184;
Trib. Verona, 20 settembre 2012, ibid.; Trib. Lecco, 19 settembre 2012, ibid.;
Trib. Pordenone, 19 settembre 2012, ibid.; Trib. Modena, 14 settembre 2012,
ibid.
14) La letteratura è vastissima; in luogo di molti, v. AMBROSINI, Gli accordi
di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, cit. 1138, che ha
confermato tale lettura anche dopo la l. 134/2012; per l'opposta e, per vero
minoritaria tesi, FRASCAROLI SANTI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti,
Padova, 2009, 82; una tesi che inizia a far breccia, per vero, anche fra coloro
che erano accasati nel filone interpretativo dominante, v. PANZANI, La domanda
in bianco, www.ilfallimentarista.it.
15) Questo significa che se il debitore presenta prima il ricorso per
concordato e poi lo converte in accordo di ristrutturazione consegue, comunque,
l'effetto della protezione del patrimonio dalle azioni esecutive sino
all'omologazione e non solo per i sessanta giorni successivi alla
pubblicazione dell'accordo presso il registro delle imprese.
16) VALENSISE, sub art. 182 bis, in Nigro-Sandulli-Santoro (a cura di), La
legge fallimentare dopo la riforma, III, Torino, 2010, 2248.
17) Sul punto, anche per un'ampia panoramica della letteratura, v. TRENTINI,
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2012, 61.
18) Cass. 15 marzo 1995, n. 3024, Foro it., Rep. 1995, voce Amministrazione controllata,
n. 20; per l'applicazione della compensazione solo dal momento del fallimento,
v. Cass. 7 marzo 1998, n. 2539, id., 1998, I, 1865; su questi problemi l'ampia
indagine di GIORGI, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità
dei crediti, Milano, 1996, 48.
19) In luogo di altri, anche considerando l'aggiornato apparato bibliografico,
v. MUNARI, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e
negli accordi di ristrutturazione, Milano, 2012, 171 ss.
20) Oltre al decreto in commento (Trib. Modena, 30 novembre 2012), v., Trib.
Terni 12 ottobre 2012 e Trib. Mantova 37 settembre 2012 e, contra, Trib. Pistoia,
30 ottobre 2012, che saranno tutte riportate in un prossimo fascicolo.
21) Si valuti che negli accordi il trattamento dei creditori è sempre di fonte
negoziale e prescinde dalla circostanza che il credito sia assistito da una
causa di prelazione. Per la tesi della sopravvivenza dell'inefficacia delle
ipoteche, v., PANZANI, La domanda in bianco, cit.
22) Va consapevolmente dato atto che in caso di scioglimento del contratto per
effetto del fallimento e successiva revoca della sentenza dichiarativa, il
contratto non rivive (v. Cass. 12 aprile 2001, n. 5494, Foro it., Rep. 2001,
voce cit., n. 492 ), ma lì in relazione al principio espresso
dell'intangibilità degli atti legalmente compiuti che nella fattispecie in
esame va correlato ad altri principi quale quello più generale, di buona fede.
23) Trib. Modena, 30 novembre 2012.
24) Trib. Verona, 29 ottobre 2012, Pres. Rel. Platania, ric. Soc. Biasi, ined.
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