Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 713 - pubb. 01/01/2007

Ordine del giorno e invalidità della delibera

Tribunale Mantova, 16 Gennaio 2003. Est. Bernardi.


Impugnazione di delibera assembleare - Arbitrato irrituale - Esclusione - Mancata identificazione dei partecipanti alla assemblea - Invalidità - Esclusione - Ordine del giorno - Indicazione delle materie da trattare ex art. 2484 c.c. - Invalidità - Sussistenza - Motivo assorbente.



 


 


omissis

Svolgimento del processo

La società attrice, con atto di citazione notificato in data 16-2-2000, assumeva di essere socia al 33% della Gamma s.r.l. in liquidazione la quale da un lato deteneva una partecipazione del capitale della Alfa, società di diritto tunisino, e, dall’altro, ne era creditrice per l’importo di £ 753.033.120 a seguito della politica di finanziamento perseguita dal cessato organo amministrativo. 

L’istante assumeva che la deliberazione ordinaria adottata dalla Gamma il 19-11-1999 in seconda convocazione ed alla quale essa non aveva partecipato era illegittima e ne chiedeva l’annullamento.

Innanzitutto essa deduceva la violazione del disposto di cui agli artt. 2375 e 2486 c.c. difettando nel verbale ogni indicazione della sua mancata partecipazione all’assemblea atteso che nel medesimo si dava unicamente atto della presenza di soci portatori di quote per £ 13.400.000 su £ 20.000.000 e, quindi, del 67% del capitale sociale.

In secondo luogo la medesima assumeva la violazione dell’art. 2484 c.c. e dell’art. 12 dello statuto sociale in quanto nell’avviso di convocazione non sarebbe stato adeguatamente indicato l’argomento costituito dalla rinuncia ai crediti nei confronti della Alfa di cui l’assemblea si era poi occupata, deliberando così su materia non inclusa nell’ordine del giorno e violando in tal modo il diritto di informazione del socio assente.

Nella rinuncia ai crediti verso la società tunisina veniva poi rinvenuta la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2279 2452 e 2497 c.c. essendo vietato al liquidatore di intraprendere nuove operazioni in tale ambito dovendo ricomprendersi la menzionata rinuncia: si sosteneva altresì che eccessivamente ampio fosse stato il mandato conferito al liquidatore che poteva fissare il prezzo di vendita e le sue modalità, in tal modo esautorando l’assemblea dei soci.

Inoltre premettendo che l’assemblea, fatta propria la valutazione della Alfa operata dal sig. XX della YY di Tunisi, aveva deciso di cedere la partecipazione nella società tunisina al miglior prezzo e comunque ad un prezzo non inferiore a £ 100.000.000 e, nel contempo, per consentire siffatta operazione, aveva statuito di rinunciare a tutti i crediti vantati nei confronti della partecipata tunisina, l’attrice sosteneva che la deliberazione de quo era affetta da eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione. Essa rilevava infatti che la valutazione operata dal sig. XX non era suffragata da riscontri documentali e non riportava i criteri utilizzati per la stima sicché la rinuncia ai crediti risultava essere del tutto immotivata, che il prezzo minimo di vendita era da considerare incongruo in considerazione dell’ammontare dell’indebitamento e del fatto che la Alfa era titolare esclusiva di una concessione per lo sfruttamento di una cava di sabbia e che la fissazione nella misura indicata del prezzo di vendita avrebbe attribuito al liquidatore una eccessiva discrezionalità nella determinazione del corrispettivo della cessione. Ancora veniva sostenuto che la rinuncia ai crediti, motivata dalla necessità di consentire la vendita della partecipazione, non trovava logico fondamento posto che in alcun atto societario si era fatto riferimento a trattative di vendita naufragate per l’indisponibilità dell’acquirente a sobbarcarsi l’esposizione debitoria della compagine tunisina, cosicchè parimenti la decisione adottata appariva del tutto irrazionale.

Infine l’esponente lamentava che non vi era alcun supporto documentale che giustificasse la decisione di richiedere ai soci un finanziamento per fare fronte ai debiti sociali.

La convenuta, costituitasi in giudizio, eccepiva in via preliminare l’improponibilità della domanda attorea atteso che l’art. 33 dello statuto sociale conteneva una clausola di arbitrato irrituale ed evidenziava che tutti i motivi addotti a sostegno della pretesa illegittimità della deliberazione impugnata attenevano alla tutela di un interesse personale dell’istante e non invece generale.

Nel merito chiedeva il rigetto della domanda rilevando, quanto all’omessa indicazione del socio assente, che in relazione alle deliberazioni  di s.r.l. non è necessario che il verbale sia analitico e che le indicazioni in esso riportate erano sufficienti per la sua validità.

Quanto alla pretesa violazione del disposto di cui all’art. 2484 c.c. la difesa della Gamma sosteneva che si trattava di un assunto del tutto infondato posto che l’ordine del giorno faceva riferimento alla valutazione della partecipazione detenuta nella società tunisina ed ai provvedimenti da adottare nonché all’opportunità della cessione della quota di partecipazione sicché nessuna menomazione poteva avere subito il suo diritto all’informazione.

Parimenti infondata veniva poi considerata l’asserita violazione degli artt. 2279, 2452 e 2479 c.c. posto che, da un lato, il liquidatore non aveva rinunciato al credito nei confronti della società tunisina (nei cui confronti anzi era stata avviata un’azione legale) e che, dall’altro, la vendita della quota in partecipazione non poteva considerarsi nuova operazione bensì attività rientrante in quella ordinaria di liquidazione.

In ordine poi alla violazione per eccesso di potere la società convenuta sosteneva, da un lato, che tale fattispecie ricorre unicamente nel caso in cui la delibera risulti preordinata unicamente allo scopo di perseguire interessi divergenti da quelli societari e lesivi di quelli della minoranza, finalità del tutto assente nel caso di specie e, dall’altro, che le ulteriori censure sollevate comportavano un’inammissibile sindacato sulle scelte gestionali degli organi societari laddove al giudice è preclusa ogni valutazione di merito: in ogni caso respingeva, per la genericità degli assunti, i rilievi sollevati sotto il profilo dell’opportunità dell’operazione di cessione.

Rigettate le istanze istruttorie formulate, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti sopra riportate.

Motivi

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata con riguardo alla clausola dello statuto della società convenuta che prevede il deferimento ad arbitri irrituali delle controversie insorte fra la società ed i soci.

Sul punto va osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la deroga della competenza a favore degli arbitri opera in materia societaria allorquando, tenuto conto della prospettazione delle parti, vengano in gioco esclusivamente interessi personali dei soci e non invece l’interesse della società in quanto tale considerato dalla legge (vedasi Cass. 30-3-1998 n. 3322; Cass. 7-10-1991 n. 10444; Cass. 18-2-1988 n. 1739).

Alla stregua di siffatto criterio deve ritenersi che la vertenza oggetto del presente giudizio involga direttamente anche l’interesse della società atteso che i motivi di impugnazione attengono alla valida formazione ed esternazione della volontà dell’ente, alla censura di un atto (rinuncia al credito) astrattamente confliggente con l’interesse alla tutela del patrimonio sociale ed infine ai limiti, variamente coinvolti, del potere di procedere alla liquidazione sicché va esclusa l’operatività della clausola arbitrale.

Quanto al primo dei sollevati profili di illegittimità della delibera va rilevato che è ormai assolutamente prevalente (cfr. Cass. 20-6-2000 n. 8370; Trib. Roma 22-10-1996 in Giur. Comm.,1997,II,589; Trib. Napoli 6-12-1996 in Le Società,1996,467; Trib. Genova 3-11-1987 in Le Società,1988,83; App. Genova 24-4-1986,ivi,1986) la tesi secondo cui il verbale dell’assemblea di società di capitali deve avere carattere analitico in considerazione del preminente interesse pubblico al trasparente funzionamento di tali enti.

Va però osservato che la mancata identificazione dei partecipanti implica nulla più che l’astratta possibilità di un vizio della delibera per difetto di costituzione dell’organo deliberante ma affinché sia possibile dichiararne l’invalidità occorre che la difformità della stessa dalla legge o dall’atto costitutivo sia concretamente dimostrata (cfr. Cass. 2-3-1976 n. 693; App. Firenze decr. 13-12-1989 in Società,1990,781; Trib. Lecce 21-3-1992 in Giur. Comm.,1993,II,126) laddove, nel caso di specie, non solo siffatta eventualità non è stata ipotizzata nemmeno dall’attrice ma appare positivamente esclusa ove si consideri che l’istante - rimasta assente all’assemblea e la cui legittimazione all’impugnazione non è stata contestata - ha affermato di essere detentrice del 33% delle quote (e cioè esattamente di quella parte del capitale non intervenuto alla riunione) e che l’art. 18 dello statuto sociale prevede che le assemblee anche ordinarie deliberino validamente con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno il 51% del capitale sociale.

In ordine alla censura sollevata con riguardo all’art. 2484 c.c. in relazione all’art. 12 dello statuto sociale ed osservato che l’ordine del giorno indicava quali punti dello stesso “la valutazione della partecipazione detenuta nella società Alfa s.a.r.l. ed eventuali provvedimenti da adottare” nonché “l’esame dell’opportunità di cessione della partecipazione nella Alfa s.a.r.l.”, va rilevato che l’indicazione delle materie da trattare può anche essere sintetica purché sia chiara e non ambigua, tale da non sorprendere la buona fede degli assenti (cfr. Cass 27-4-1990 n. 3535; Cass.16-3-1990 n. 2198) e consenta la discussione e l’adozione anche di deliberazioni consequenziali ed accessorie (cfr. Cass. 12-3-1981 n. 1408).

Nel caso di specie deve ritenersi che la decisione assunta non rispecchi siffatto parametro non esistendo un nesso di conseguenzialità necessaria fra la decisione di cedere la quota e la rinuncia al credito (peraltro di importo assai rilevante) rivestendo, ciascuna di tali operazioni, una propria autonomia e non essendo stato fatto alcun accenno al possibile collegamento fra le stesse, rilevandosi inoltre che la previsione “degli eventuali provvedimenti da adottare” era ricollegata solamente alla valutazione della partecipazione,  sicché deve dedursi che il socio, dall’esame dell’o.d.g., non avrebbe potuto ragionevolmente dedurre che la decisione in questione (di considerevole impatto sul patrimonio della Gamma sia perché l’attivo circolante era stimato in complessive £ 932.923.593 sia perché il bilancio relativo all’anno 1998, pur includendo il credito in questione, si era chiuso in perdita) sarebbe stata affrontata dall’assemblea.

In proposito occorre altresì rilevare, da un lato, che la tesi difensiva secondo cui non sarebbe stata sorpresa la buona fede del socio assente atteso che delle precarie condizioni patrimoniali della Alfa l’assemblea avrebbe trattato in precedenti occasioni, non può essere condivisa posto che altrimenti verrebbe frustrata la finalità stessa dell’ordine del giorno come sopra evidenziata: tale asserzione, in ogni caso, non trova riscontro negli atti posto che, in precedenza, si era discusso non tanto delle difficoltà finanziarie della società tunisina bensì di quelle dei suoi soci.

L’accoglimento di tale motivo di impugnazione rende superfluo dare ingresso alle istanze probatorie reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e determina l’assorbimento delle ulteriori censure sollevate che pertanto non occorre esaminare, dovendosi da ultimo evidenziare che la decisione di richiedere finanziamenti ai soci risultava sufficientemente giustificata alla luce delle condizioni economiche della società risultanti dal bilancio ed illustrate in assemblea.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

annulla la deliberazione dell’assemblea ordinaria adottata dalla società Gamma s.r.l. in liquidazione in data 19-11-1999;

condanna la Gamma s.r.l. in liquidazione in persona del liquidatore a rifondere alla società attrice le spese di lite liquidandole in complessivi euro 6.963,79  di cui e. 514,81 per spese, e. 586,27 per spese generali, e. 1.742,71 per diritti ed e. 4.120,00 per onorari, oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. Così deciso in Mantova, lì 16-1-2003.