Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 111 - pubb. 01/07/2007
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Tribunale Bari, 27 Novembre 2004. Est. Cassano.
Processo societario – Società a responsabilità limitata – Ultrattività delle norme di all’art. 2409 c.c. – Azione individuale di responsabilità del socio – Poteri.
La disposizione di cui all’art. 2476, co. III, c.c. tende ad assorbire l’intera casistica delle responsabilità degli organi di amministrazione delle società a responsabilità limitata. Il mancato richiamo dell'art. 2409 c.c. si configura quindi come una conseguenza di quella connotazione spiccatamente personalistica e di quella struttura eminentemente contrattuale della società a responsabilità limitata, introdotte con la novella. Non può pertanto condividersi quell’orientamento secondo il quale la disciplina di cui all’art. 2409 c.c. sarebbe applicabile anche alle s.r.l., quantomeno a quelle in cui sia presente il collegio sindacale, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2477, comma IV, c.c. alle disposizioni in tema di società per azioni.
La questione di ultrattività delle disposizioni di cui all’art. 2409 c.c. non può porsi neppure in astratto, dal momento che l’autonomia negoziale non può trovare alcun margine d’intervento, derogatorio o residuale, rispetto ai presupposti delineati per l’accesso al controllo giudiziario e rispetto al contenuto della tutela normativamente apprestata.
L’esercizio del potere di denunzia di cui all’art. 2409 c.c. appare dunque inammissibile, con riguardo ai soci di società a responsabilità limitata, già a far data dal 1° gennaio 2004.
DECRETO
nella procedura recante il n. 1762/2004 V.G., concernente il ricorso proposto in data 21.7.2004, ai sensi dell’art. 2409 c.c., da V. P., quale socio della società Alfa s.r.l., corrente in Bari;
lette le memorie difensive depositate dalle parti;
sentito il relatore;
OSSERVA
Il d. lgs. n. 6/2003, nel riformare le società di capitali, ha omesso di richiamare espressamente, tra le norme applicabili alle società a responsabilità limitata, l'art. 2409 c.c. Il mancato richiamo deriva dal preciso intento legislativo di <<privatizzare>> il controllo sulla società in favore di ciascun socio o del collegio sindacale, con l'eliminazione di qualsiasi controllo giudiziario. Invero, la novella ha esteso il diritto di controllo individuale del socio a tutte le società a responsabilità limitata, anche a quelle dotate di collegio sindacale (art. 2476, comma II, c.c.), prevedendo che il socio, oltre ai libri sociali obbligatori previsti dall’art. 2421 c.c. (libro dei soci, libro verbale delle assemblee, libro verbali del consiglio e, ove esistente, libro verbali del comitato esecutivo e libro verbale del collegio sindacale), possa richiedere agli amministratori informazioni relative all’andamento della gestione sociale, possa consultare tutta la documentazione che contenga dati utili in ordine all’amministrazione sociale, ivi inclusi i contratti, la corrispondenza, gli atti giudiziari e amministrativi, i libri e le scritture contabili. Al controllo individuale del socio fa da corollario il diritto di ciascun socio di promuovere l'azione sociale di responsabilità e di chiedere con essa la revoca giudiziale dell'amministratore in caso di gravi irregolarità (art. 2476, comma III), con una disposizione che riecheggia esplicitamente il presupposto applicativo dell'art. 2409 c.c. Il rimedio apprestato dalla novella appare addirittura più favorevole per i soci di minoranza, perché l'azione è concessa a ciascun socio, mentre l'art. 2409 c.c. prevede la legittimazione di una determinata percentuale del capitale sociale. La disposizione di cui all’art. 2476, co. III, c.c. appare dunque speciale e tendenzialmente assorbente dell’intera casistica delle responsabilità degli organi di amministrazione, nell’ambito delle società a responsabilità limitata. Il mancato richiamo dell'art. 2409 c.c. si configura quindi come una conseguenza di quella connotazione spiccatamente personalistica e di quella struttura eminentemente contrattuale della società a responsabilità limitata, introdotte con la novella, che hanno indotto la dottrina a definire il tipo normativo come <<società di persone a responsabilità limitata>>. Non può pertanto condividersi quell’orientamento ad avviso del quale la disciplina di cui all’art. 2409 c.c. sarebbe applicabile anche alle s.r.l., quantomeno a quelle in cui sia presente il collegio sindacale, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2477, comma IV, c.c. alle disposizioni in tema di società per azioni, tesi che vorrebbe ovviare alla circostanza per cui l’art. 2476, comma III, c.c. non consente al socio di denunciare le irregolarità dei sindaci connesse con le irregolarità degli amministratori, né consente ai sindaci di provocare il controllo giudiziario previsto dall’art. 2409 c.c. (così, Trib. Roma, 6 luglio 2004, in www.lesocietàonline.it).
Ciò posto, deve dirsi che la pretesa azionata suppone risolta la questione della portata applicativa delle disposizioni di cui all’art. 223 bis disp. trans. c.c., nella formulazione conseguente all’entrata in vigore del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37 e, prima ancora, dell’eventuale carattere immediatamente operativo dell’art. 2476 c.c. nov., indipendentemente, cioè, dall’introduzione di modifiche statutarie. Come noto, l’art. 223 bis citato consente, fino al 30 settembre 2004, alle società di capitali iscritte nel registro delle imprese in data anteriore al 1° gennaio 2004, di modificare, con una o più deliberazioni dell’assemblea straordinaria dei soci adottate a maggioranza semplice, il proprio atto costitutivo e/o il proprio statuto per adattarli alle disposizioni legali inderogabili, ovvero per introdurvi clausole che escludono l’applicazione delle disposizioni legali derogabili introdotte dal d.lgs. 6/2003; e, al contempo, prevede che “per tali società” – fino all’adozione di tali modificazioni dell’atto costitutivo e/o dello statuto o, in mancanza, fino al 30 settembre 2004 – continuino ad applicarsi le clausole dell’atto costitutivo e/o dello statuto e le disposizioni legali vigenti alla data del 31 dicembre 2003.
La dottrina formatasi in sede di commento delle cennate disposizioni transitorie opina per lo più nel senso che, esclusa l’evenienza che quelle disposizioni celino la volontà di rinviare in modo generalizzato l’entrata in vigore della novella, occorra distinguere accuratamente, nel senso che la questione dell’adeguamento dell’atto costitutivo alle norme imperative di recente introduzione si porrebbe solo quando l’atto costitutivo vigente contenga clausole che siano in contrasto con dette norme. Per contro, quando la materia regolata in maniera inderogabile dalla legge non sia espressamente disciplinata nell’atto costitutivo, le disposizioni riformate troverebbero immediata applicazione. Quanto all’agevolazione sul piano delquorum deliberativo, contemplata pure dall’art. 223 bis citato, essa varrebbe solo per gli adeguamenti imposti (cioè, per quelli necessari per conformarsi a norme inderogabili), nonché per quelli volontari, che siano diretti ad escludere l’applicazione di una norma in materie per le quali in precedenza non era dato spazio alcuno all’autonomia privata; mentre sarebbero soggette alle ordinarie regole procedimentali le modifiche dell’atto costitutivo mediante le quali i soci sfruttino nuove opportunità offerte dalla legge (senza la previsione di norme destinate a trovare applicazione in mancanza di una difforme pattuizione dei soci), ovvero deroghino alla disciplina legale in materie per le quali già in precedenza erano dettate norme c.d. suppletive (cfr., in via esemplificativa, Trib. S. Maria Capua Vetere, 20 luglio 2004, in www.lesocietàonline.it).
In quest’ambito di idee, che il Tribunale ritiene pienamente condivisibile, appare evidente che una questione di ultrattività delle disposizioni di cui all’art. 2409 c.c. non può porsi neppure in astratto, dal momento che l’autonomia negoziale non può trovare alcun margine d’intervento, derogatorio o residuale, rispetto ai presupposti delineati per l’accesso al controllo giudiziario e rispetto al contenuto della tutela normativamente apprestata.
L’esercizio del potere di denunzia di cui all’art. 2409 c.c. appare dunque inammissibile, con riguardo ai soci di società a responsabilità limitata, già a far data dal 1° gennaio 2004.
Val la pena di osservare che, seguendo altro percorso argomentativo, parte della dottrina e della giurisprudenza ha rimarcato che, essendo quelle di cui all’art. 2476 c.c. nov. disposizioni che incidono profondamente sull'organizzazione e sul funzionamento complessivo dell'ente, giacchè introducono un’estrema espansione dei diritti dei soci, esse vanno raccordate con la possibilità, riconosciuta dalla novella (art. 223 bis, co. II, disp. trans. c.c.), di procedere eventualmente alla trasformazione della s.r.l. in società per azioni (in cui i diritti della minoranza sono trattati in modo più simile al codice previgente), ovvero con la possibilità di introdurre forme di contrappesi e di bilanciamento di quei nuovi poteri (si pensi, ad es., ad una diversa disciplina del recesso); e cioè a dire, con la possibilità di assumere decisioni strettamente connesse e consequenziali con l’assetto organizzativo dell’ente delineato dalla novella. Potrebbe cioè sovvenire, per tale via, e comunque, l’esigenza dell’adattamento dell’atto costitutivo e dello statuto alle nuove disposizioni inderogabili introdotte dal d.lgs. n. 6/2003. E tanto, anche nell’ipotesi in cui le clausole statutarie nulla dispongano o possano disporre in ordine ai profili involti dalla riforma. In tal senso sembra deporre anche la relazione di accompagnamento del decreto correttivo, ove si evidenzia che la novella è stata introdotta allo scopo di <<…eliminare il rischio che, ove gli statuti non prevedano rinvii espressi al codice o non dispongano alcunché in merito, confidando sull’esistenza del vecchio assetto codicistico, si possa pensare ad un’immediata precettività delle nuove disposizioni di legge alla data di entrata in vigore della riforma>>. La tempistica e le modalità per l’adeguamento dell’atto costitutivo e dello statuto alle nuove disposizioni della novella sono dettate dal più volte citato art. 223 bis, il quale rinvia al principio per cui il termine ultimo per uniformare o adattare gli statuti e gli atti costitutivi alla riforma è il 30 settembre 2004 (commi I e V). Con la precisazione, espressamente dettata dall’art. 5 d.lgs. n. 37/2004, dell’ultrattività, sino a quella data, sia delle disposizioni dello statuto e dell’atto costitutivo, sia dell’assetto normativo previgenti. In tale ordine di idee, il nuovo intervento normativo avrebbe cioè confermato, attesa anche la sua natura interpretativa, che è consentito, alle società che non abbiano ancora provveduto all’adeguamento, di mantenere in vigore non solo gli statuti, ma anche il quadro normativo di riferimento. In sostanza, fino all'avvenuta adozione della modifica statutaria, e comunque non oltre il 30 settembre 2004, per tutte le società di capitali rimarrebbe in vigore la disciplina del codice civile vigente al 31.12.2003. In tal modo argomentando, attesa l’ultrattività del quadro normativo vigente al 31.12.2003, e la non immediata operatività dei diritti di controllo e dei poteri contemplati dall’art. 2476 c.c. nov., dovrebbe necessariamente trovare un suo residuale spazio applicativo anche il controllo giudiziario di cui all’art. 2409 c.c.
Sennonché, quand’anche si volesse condividere un siffatto percorso argomentativo (per il quale cfr., Trib. Bari, 9 maggio 2004, in www.giurisprudenzabarese.it; Trib. Napoli, 29 aprile 2004, inGiurisprudenza napoletana, 2004, 255), il ricorso dovrebbe dirsi comunque inammissibile.
Invero, qualora le quote del socio di società a responsabilità siano sottoposte a sequestro giudiziario, sì come nel caso di specie, costituiscejus receptum il principio per cui solo il custode sequestratario nominato con il provvedimento cautelare è legittimato a proporre il ricorso ex art. 2409 c.c., dal momento che l'esistenza della controversia rende incerto quale sia il soggetto che riveste attualmente la qualità di socio, richiesta appunto dall'art. 2409 c.c. (cfr. Trib. Milano, 19 febbraio 1999, inLesocietà, 1999, 972; Trib. Milano, 21 dicembre 1988, in Le società, 1989, 610; App. Milano, 20 giugno 1989, in Lesocietà, 1989, 1198).
Alla stregua di tutto quanto precede, consegue in ogni caso l’inammissibilità dell’istanza.
P.T.M.
dichiara inammissibile il ricorso come in epigrafe introdotto.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio della Sezione IV Civile del Tribunale, addì 27 settembre 2004.