Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6856 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione civile, sez. I, 07 Luglio 2008, n. 18615. Est. Salvato.
Impugnazioni civili - Impugnazioni in generale - Notificazione - Dell'atto di impugnazione - In genere - Società di capitali - Disciplina anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003 - Fusione per incorporazione - Estinzione della società incorporata - Conseguenze processuali - Interruzione del giudizio - Legittimazione della società incorporante in sede di impugnazione - Giudizi pendenti al 30 aprile 1995 - Errata individuazione del destinatario dell'impugnazione - Conseguenze - Inammissibilità dell'impugnazione - Condizioni - Conoscibilità della fusione secondo criteri di normale diligenza - Necessità.
Società - Fusione - Effetti - Società di capitali - Disciplina anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003 - Fusione per incorporazione - Estinzione della società incorporata - Conseguenze processuali - Interruzione del giudizio - Legittimazione della società incorporante in sede di impugnazione - Giudizi pendenti al 30 aprile 1995 - Errata individuazione del destinatario dell'impugnazione - Conseguenze - Inammissibilità dell'impugnazione - Condizioni - Conoscibilità della fusione secondo criteri di normale diligenza - Necessità.
Nella disciplina dettata dalle norme del codice civile in materia di società di capitali, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la fusione per incorporazione, provocando l'estinzione della società incorporata, costituisce un evento idoneo a determinare l'interruzione del processo, se anteriore alla discussione della causa, mentre, nel caso in cui abbia luogo successivamente, incide sulla legittimazione a compiere ed a ricevere gli atti del giudizio d'impugnazione, che spetta alla società incorporante; peraltro, nei giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995, non essendo previsto uno strumento per sanare con efficacia "ex tunc" il vizio derivante dall'errata individuazione del destinatario dell'impugnazione, l'esigenza di tutelare la controparte incolpevolmente ignara della fusione comporta che il dovere di indirizzare l'impugnazione nei confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato resta subordinato alla conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, senza che assuma alcun rilievo l'iscrizione della fusione nel registro delle imprese, non operando in campo processuale la presunzione di conoscenza che la legge ricollega all'effettuazione di tale adempimento. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISCUOLO Alessandro - Presidente -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. TAVASSI Marina - Consigliere -
Dott. SALVATO Luigi - rel. Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Credito Emiliano s.p.a., in persona del legale rappresentante - elettivamente domiciliata in ROMA, Via Panama, 12, presso lo studio dell'avv. COLARIZI Massimo, dal quale è rappresentata e difesa, unitamente disgiuntamente all'avv. Prof. Sido Bonfatti, in virtù di procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
Fallimento di Cuoghi Giuseppe e della F.lli Cuoghi Rappresentanze s.n.c., in persona del Curatore elettivamente domiciliati in ROMA, Via Giovanni Nicotera, 29, presso lo studio dell'avv. Fabrizio Maria Tropiano, rappresentati e difesi dall'avv. POZZI Fabio, in virtù di procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Bari depositata il 28 febbraio 2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza dell'11 giugno 2008 dal Consigliere Dott. Luigi Salvato;
udito per il ricorrente l'avv. prof. Sido Bonfatti, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giuseppe Cuoghi, con atto di citazione notificato l'11 luglio 1994, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Trani la Banca Popolare Andriese soc. coop r.l., chiedendone la condanna a pagare la somma di L. 320.112.370, oltre maggior danno da svalutazione monetaria ed interessi legali, corrispondente all'importo di assegni tratti sul suo conto corrente e pagati dalla convenuta nonostante la falsità della firma.
La Banca si costituiva in giudizio, contestando la domanda e chiedendo, in riconvenzionale, il pagamento di L. 41.935.165, corrispondente al saldo del conto corrente.
Il giudizio, interrotto a seguito del fallimento del Cuoghi, era riassunto dal Curatore del fallimento.
Il Tribunale di Trani, con sentenza del 5 ottobre 2000, rigettava la domanda.
Il curatore del Fallimento di Cuoghi Giuseppe e della F.lli Cuoghi Rappresentanze s.n.c. con atto di citazione notificato alla Banca Popolare Andriese soc.coop r.l. in data 8 ottobre 2001, proponeva appello avverso detta sentenza, insistendo per l'accoglimento della domanda.
La convenuta non si costituiva nel giudizio. La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 28 febbraio 2005, in accoglimento dell'appello ed in riforma della pronuncia di primo grado, condannava l'appellata a pagare L.. 315.383.701 ed alle spese del doppio grado. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso il Credito Emiliano s.p.a. (di seguito, Società Credem), incorporante della Banca Popolare Andriese soc.coop r.l., affidato ad un motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.; ha resistito con controricorso il Curatore del Fallimento di Cuoghi Giuseppe e della F.lli Cuoghi Rappresentanze s.n.c. (infra, Curatore). MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La ricorrente, con un unico motivo, denuncia violazione degli artt. 163, 164 e 342 c.p.c., nonché dell'art. 328 c.p.c. e nullità del procedimento e della sentenza (artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), in quanto il giudizio di appello si è svolto nei confronti della Banca Popolare Andriese soc.coop r.l., benché estinta a seguito di fusione per incorporazione nella Società Credem.
La Società Credem premette che:
a) le due Banche si sono fuse con atto per notaio Gianmarco Bertacchini del 27 novembre 2000, con effetti dal 16 dicembre 2000, mediante incorporazione della Banca Popolare Andriese soc.coop r.l. nella Società Credem;
b) l'atto di fusione è stato depositato ed iscritto presso la CCIA di Bari il 30 novembre 2000 e presso la CCIA di Reggio Emilia il 1 dicembre 2000;
c) il giudizio di secondo grado è stato instaurato dal Curatore con atto di citazione notificato alla Banca Popolare Andriese soc. coop r.l. in data 8 ottobre 2001, rimasta contumace.
Per quanto qui interessa, secondo la ricorrente, quando l'evento che determina l'interruzione del processo si verifica "tra un grado e l'altro del processo e rileva ai fini del decorso del termine di impugnazione, l'art. 328 c.p.c., contempla tre ipotesi: a) se l'evento si verifica mentre è in corso il termine breve per l'impugnazione, il termine è interrotto ed inizia a decorrere dalla data della rinnovazione della notificazione della sentenza; b) l'evento è irrilevante, qualora si produca nel corso del primo semestre di decorrenza del termine lungo; c) il termine è prorogato di sei mesi dal giorno dell'evento, qualora questo si verifichi nel secondo semestre.
A suo avviso, l'orientamento di questa Corte sarebbe consolidato nel ritenere che, qualora l'evento interruttivo si verifichi fra un grado e l'altro del processo, occorre tenere conto della nuova realtà soggettiva e l'impugnazione va quindi notificata ai "soggetti reali", come affermato dalla sentenza n. 3888 del 1980, in parte riportata nel ricorso.
Nella specie, poiché la Banca Popolare Andriese soc.coop r.l. si è estinta per incorporazione il 16 dicembre 2000, mentre era in corso il termine lungo per l'impugnazione, "il termine per proporre appello è scaduto il 19/11/01", dato che la sentenza del Tribunale è stata depositata il 5 ottobre 2000.
Secondo la ricorrente, l'appello, poiché non proposto mediante notificazione alla Società Crederti (incorporante) sarebbe privo di effetti, con conseguente nullità della sentenza.
La Società Crederti sostiene che tra incorporata ed incorporante "non vi è una totale alterità dal punto di vista del processo", essendo in questione l'identificazione del soggetto capace di far valere processualmente l'interesse controverso.
L'impugnazione sarebbe stata invalidamente proposta, con conseguente nullità dalla quale conseguirebbe, se non sanata, la "perdita dell'impugnazione per decadenza".
Inoltre, neppure sarebbe applicabile l'art. 291 c.p.c., non vertendosi in un caso di mera nullità della notificazione, bensì di erronea identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius. Il vizio sarebbe riconducibile al combinato disposto dell'art. 163 c.p.c., n. 3 e art. 164 c.p.c., poiché attiene all'identificazione del soggetto destinatario dell'impugnazione, "con l'effetto che neppure sarebbe ammissibile una rinnovazione dell'atto, ne' la costituzione del convenuto farebbe salvi i diritti anteriormente quesiti, così lasciando ferma la decadenza dell'impugnazione ove frattanto maturata", essendo la presente controversia disciplinata dalle norme vigenti anteriormente alle modifiche introdotte dalla legge n. 353 del 1990, siccome pendente alla data del 30 aprile 1995. Infine, ad avviso della ricorrente, sarebbe palese il suo interesse ad ottenere l'accertamento della invalidità della sentenza e della sua inopponibilità, in quanto pronunziata all'esito di una fase alla quale essa non è stata posta in condizione di partecipare. 2.- Il motivo è infondato.
2.1.- Le censure svolte nel ricorso pongono due questioni, che richiedono di accertare: a) se la fusione per incorporazione determini l'estinzione della società incorporata; b) se, nel caso di giudizio del quale sia parte una società di capitali, incorporata per fusione successivamente al deposito della sentenza di primo grado, l'impugnazione della sentenza debba essere proposta nei confronti dell'incorporante, ovvero possa essere proposta mediante notificazione alla società incorporata, presso il difensore. 2.2.- La prima questione, nella disciplina stabilita dalle norme del codice civile in materia di società di capitali, nel testo vigente anteriormente alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, qui applicabili ratione temporis (la Banca Popolare Andriese soc.coop r.l. è stata incorporata nel Credito Emiliano s.p.a. con atto di fusione del 27 novembre 2000), è stata risolta da questa Corte con orientamento costante e consolidato, al quale va data continuità, nel senso che la fusione determinava l'estinzione della società incorporata, quale soggetto di diritto, dando luogo ad una successione a titolo universale della società incorporante (tra le più recenti, Cass. S.U. n. 27183 del 2007; Cass. n. 22658 del 2007; n. 17855 del 2007; n. 6686 del 2006).
2.3.- La premessa dalla quale procedere per dare soluzione alla seconda questione è, quindi, che la società incorporata si estingueva, determinando un fenomeno equiparabile alla morte o alla perdita della capacità di stare in giudizio della persona fisica, e cioè un evento che comporta l'interruzione del processo. Nella giurisprudenza di questa Corte si erano, peraltro, manifestate oscillazioni interpretative nella identificazione degli effetti prodotti dagli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo, riguardanti la parte costituita a mezzo di procuratore, nei differenti momenti del processo, soprattutto in relazione al rapporto tra detti eventi e l'impugnazione.
Di queste oscillazioni interpretative hanno dato compiutamente conto le Sezioni Unite nella sentenza n. 15783 del 2005 (successiva alla proposizione del presente ricorso), che hanno operato un intervento chiarificatore, componendo il contrasto di giurisprudenza emerso nella giurisprudenza di questa Corte.
In sintesi, va ricordato che con detta sentenza le Sezioni Unite hanno rivisitato il principio dell'ultrattività della procura, alla luce dell'art. 328 c.p.c., dal quale è stata desunta la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle modificazioni intervenute nelle posizioni delle parti, ai fini sia della notifica della sentenza, sia dell'impugnazione. Il principio generale enunciato dalla pronuncia, condiviso da questo Collegio, è che "la legittimazione a compiere e ricevere gli atti del giudizio di impugnazione resta influenzata dalla nuova situazione soggettiva di una delle parti" nel caso di evento verificatosi dopo la discussione.
Tuttavia, le Sezioni Unite hanno osservato che "la scelta ermeneutica adottata, se riconosce piena tutela alla parte legittimata a proseguire il giudizio, non ne riserva in pari misura all'altra parte incolpevolmente ignara dell'evento che ha colpito il suo antagonista, tenuto soprattutto conto che il meccanismo di proroga del termine annuale non elimina del tutto il rischio che essa non venga a conoscenza dell'evento stesso, che può verificarsi anche nella imminenza della scadenza del termine pur prorogato". Ed è stata appunto l'esigenza di tutela della parte incolpevolmente ignara dell'evento ad ispirare "il filone giurisprudenziale (...) incline ad attribuire rilevanza alla buona fede del notificante ed a ravvisare l'ammissibilità dell'atto di impugnazione notificato a soggetto non più legittimato in ogni caso in cui la parte impugnante sì a stata senza colpa all'oscuro dell'evento che ha interessato la controparte".
Siffatta impostazione, hanno precisato le Sezioni Unite, è coerente con il principio, costante nella giurisprudenza costituzionale, secondo il quale "il diritto di difesa ha un contenuto di pienezza correlato al suo rapporto di necessità con l'esercizio della tutela giurisdizionale, così da ricomprendere nel proprio ambito anche il diritto di essere informato delle situazioni di fatto, oggettive o soggettive, che condizionano il concreto esercizio della attività difensiva, e che pertanto è ravvisabile una violazione dell'art. 24 Cost., anche nel caso di ignoranza di condizioni di fatto cui la legge ricollega o subordina l'esercizio del diritto, sempre che non sussistesse un onere della parte di acquisirne conoscenza o che non si trattasse di circostanze non conoscibili con l'ordinaria diligenza".
La sentenza n. 15783 del 2005 ha, quindi, affermato che un'esegesi costituzionalmente adeguata, conforme al principio secondo il quale le norme non sono costituzionalmente illegittime "perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali" (Corte Cost. n. 356 del 1996; successivamente, tra le molte, Corte Cost. n. 379 del 2007; n. 103 del 2007), impone un correttivo al principio.
In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato che, "limitatamente ai processi pendenti alla data del 30 aprile 1995, ormai in via di esaurimento, si imponga, quale unica interpretazione compatibile con l'art. 24 Cost., quella che valorizza la non conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, da parte del soggetto che ha proposto l'impugnazione". In relazione a detti processi, in presenza di un vizio che non attiene alla notificazione, ma alla individuazione della parte nei cui confronti il potere impugnatorio deve essere esercitato, il sistema non prevede, infatti, "una possibilità di rinnovazione dell'atto e sottopone la parte alle preclusioni derivanti dall'aver indirizzato in modo errato l'atto di impugnazione, a differenza di quelli disciplinati dalla novella del 1990, in ordine ai quali l'art. 164 c.p.c., predispone uno strumento per sanare, con efficacia ex tunc, il vizio della citazione (e dell'impugnazione), se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nell'art. 163 c.p.c., nn. 1 e 2, così da offrire un congruo margine di tutela al soggetto incolpevole". Pertanto, in riferimento ai processi pendenti alla data del 30 aprile 1995, qual è quello qui in esame, il dovere di indirizzare l'impugnazione nei confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato resta subordinato alla conoscenza o alla conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, da parte del soggetto che propone l'impugnazione.
2.4.- In applicazione di siffatto principio, che il Collegio condivide e fa proprio, la notificazione dell'atto di appello, in linea di principio, avrebbe dovuto essere effettuata all'incorporante Credito Emiliano s.p.a. e, tuttavia, deve essere considerata egualmente valida, benché sia stata fatta alla Banca Popolare Andriese soc.coop. r.l. presso il procuratore costituito in primo grado, trattandosi di giudizio pendente alla data del 30 giugno 1995. L'errore dell'appellante nella individuazione del soggetto passivamente legittimato all'impugnazione, propiziato dal difetto di ogni indicazione in tal senso in occasione della notifica dell'impugnazione da parte del Fallimento (indicazione di cui non v'è traccia nell'avviso di ricevimento della notificazione dell'atto di appello in data 9 ottobre 2001) deve infatti ritenersi incolpevole (come sostanzialmente dedotto nel controricorso). Peraltro, siffatta valutazione deve essere svolta considerando che l'esigenza di tutela sottesa alla disciplina dell'interruzione - ed alla regola qui applicabile qualora il relativo evento si verifichi dopo la pubblicazione della sentenza - è peculiarmente intensa, se il relativo evento consegua da una causa estranea alla libera determinazione del soggetto al quale si riferisce (quali, la morte, ovvero la perdita della capacità).
Nel caso in cui detto evento costituisca, invece, l'effetto di una modificazione dell'organizzazione di due o più società, l'onere di diligenza della controparte deve essere ragionevolmente bilanciato con quello gravante sulla società che ha dato luogo all'evento, anche in quanto la società incorporante è necessariamente consapevole dei rapporti pendenti della società incorporata e può beneficiare della sentenza emessa tra le parti originarie del giudizio, ovvero impugnarla.
Al riguardo, va dunque ribadito l'orientamento di questa Corte (espresso, tra l'altro, anche in un giudizio del quale era parte l'attuale ricorrente, sia pure in riferimento all'incorporazione di una diversa banca), in virtù del quale siffatta conclusione neppure è impedita dall'art. 2193 c.c., comma 2 (Cass. n. 23168 del 2006; n. 16386 del 2007), poiché la regola della inopponibilità dell'ignoranza dei fatti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese - come, appunto, lai fusione societaria - una volta che l'iscrizione sia stata eseguita, vale con salvezza delle "disposizioni particolari della legge" (art. 2193 c.c., comma 3; nel senso che la presunzione di conoscenza posta da detta norma non opera in campo processuale, Cass. n. 15234 del 2007; n. 19132 del 2004; n. 16754 del 2003; n. 12210 del 2003; n. 4741 del 2001).
Nella specie, ai sensi del combinato disposto dell'art. 2504 c.c., comma 4, art. 2504 sexies c.c. e art. 2457 ter c.c., l'atto di fusione avrebbe dovuto, inoltre, essere pubblicato, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale, pubblicità stabilita da dette norme, a pena di inopponibilità dell'atto ai terzi che la società non dimostri esserne stati comunque a conoscenza.
L'atto di fusione che ha comportato l'estinzione dell'incorporata, come risulta dai documenti prodotti ed è incontroverso, è stato stipulato il 27 novembre 2000 ed iscritto nel registro delle imprese presso la CCIA di Bari il 30 novembre 2000 e presso la CCIA di Reggio Emilia il 1 dicembre 2000, quindi anteriormente alla abrogazione dell'art. 2504 c.c., comma 4, e della eliminazione dell'onere della pubblicazione, per estratto, dell'atto di fusione nella Gazzetta Ufficiale, realizzata dalla L. 21 novembre 2000, n. 340, art. 30, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 novembre 2000, n. 275, ed entrata in vigore il 9 dicembre 2000, in quanto non contiene norme derogatrici dell'art. 10 preleggi.
La questione di diritto intertemporale posta dalla presente fattispecie deve essere, infatti, risolta nel rispetto del principio di irretroattività delle leggi (art. 11 preleggi) e secondo la regola generale, operante in tutti i casi in cui manchi una diversa statuizione particolare, del tempus regit actum. Nella giurisprudenza di questa Corte, ma anche in quella amministrativa e contabile, più spesso chiamata ad occuparsi di questioni di diritto intertemporale conseguenti alla modifica della legge di disciplina dei procedimenti amministrativi (situazione alla quale, sotto il profilo qui rilevante, è omologabile il procedimento di fusione), è stato costantemente affermato che siffatto principio comporta che ciascun atto della serie procedimentale deve uniformarsi alla normativa vigente al momento in cui il procedimento, o una sua fase, si sia concluso, intendendosi per procedimento concluso quello per cui si sia esaurita la fase di decisione (fase costitutiva), anche se non si è ancora completata quella dell'integrazione dell'efficacia (Cass. n. 16302 del 2003; Cons. Stato, Sez. 6^, 26 maggio 1999, n. 694;
Cons. giust. amm. , Sez. giur., 3 luglio 2001, n. 302; Corte dei Conti, Sez. contr., 28 settembre 1989, n. 2157).
Analogamente, nel campo processuale, è consolidata la regola secondo la quale la norma sopravvenuta è applicabile agli atti successivi all'entrata in vigore della legge stessa (Cass. n. 16302 del 2003; n. 6099 del 2000), ma tenendo conto che "il corpo costitutivo dell'effetto giuridico" si perfeziona "nel momento in cui la fase costitutiva sia pervenuta alla sua conclusione, e cioè nel momento in cui tutti gli elementi costitutivi abbiano trovato la loro realizzazione" (cfr. anche Cass. n. 258 del 1998).
In applicazione di detto principio, il procedimento di fusione in esame, svoltosi nella vigenza delle norme del codice civile nel testo anteriore alle modifiche realizzate dalla L. n. 340 del 2000 (tanto che, come risulta dall'atto di fusione, le deliberazioni di fusione delle due banche erano state, correttamente, pubblicate nella G.U. del 19 ottobre e del 9 novembre 2000), alla data di entrata in vigore della L. n. 340 del 2000, era ormai concluso, appunto perché era stato stipulato ed iscritto l'atto di fusione, quindi si era esaurita lai fase costitutiva, con conseguente irrilevanza, ai fini delle norme applicabili, del differimento dell'efficacia al 16 dicembre 2000 ed applicabilità della disposizione che prevedeva l'onere della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Ne consegue che, non avendo la ricorrente dedotto e dimostrato che detta pubblicazione sia stata effettuata, alla luce delle considerazioni sopra svolte, la notifica dell'atto di impugnazione alla società incorporata va considerata valida, trattandosi di giudizio pendente alla data del 30 giugno 1995 ed in quanto deve ritenersi incolpevole l'errore dell'appellante nella individuazione del soggetto passivamente legittimato all'impugnazione, con conseguente infondatezza del ricorso. Peraltro, è opportuno precisare che siffatta circostanza non rende necessario approfondire in questa sede il profilo della natura della presunzione evincibile da detta forma di pubblicità, anche in relazione alla disciplina del processo, e cioè di stabilire se essa fosse, comunque, idonea ad escludere che l'errore sia stato incolpevole, tenuto conto della natura dell'evento e dell'onere di diligenza gravante sull'incorporante.
Le spese di questa fase seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese della presente fase, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2008