Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6814 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 15 Febbraio 1999, n. 1231. Est. Luccioli.


Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Norme applicabili - Autonoma soggettività di diritto rispetto ai singoli soci - Conseguenze - In tema di facoltà di opposizione del singolo socio a sentenza resa nei confronti della società giudizio - Presupposti legittimanti l'opposizione.

Impugnazioni civili - Opposizione di terzo - Casi di opposizione - Pregiudizio per il diritto autonomo di un terzo - Società in nome collettivo - Autonoma soggettività di diritto rispetto ai singoli soci - Conseguenze - In tema di facoltà di opposizione del singolo socio a sentenza resa nei confronti della società giudizio - Presupposti legittimanti l'opposizione.



La società in nome collettivo, ancorché non munita di personalità giuridica, è soggetto di diritto distinto dalla personalità dei soci, in quanto costituisce centro autonomo di situazioni giuridiche ad esso immediatamente riconducibili anche in virtù della capacità negoziale e processuale che l'art. 2266 cod. civ. - applicabile in virtù del richiamo che l'art. 2293 effettua ad esso - attribuisce alla società. In questa prospettiva si rende - pertanto - ben configurabile il riconoscimento, a favore del singolo socio il quale non sia stato parte del relativo giudizio, della facoltà di proporre opposizione di terzo avverso una sentenza emessa in un giudizio del quale sia stata parte la società. Tuttavia, giacché la qualità di "terzo" rispetto al giudizio nel quale sia stata emessa la sentenza costituisce presupposto necessario ma non sufficiente per l'esperibilità del rimedio rendendosi altresì necessario che il socio faccia valere un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza emessa inter alios, non esaurisce idonea condizione per l'esperibilità dell'opposizione del socio l'invocazione, da parte dello stesso, della sua qualità di condebitore solidale, atteso che, ai sensi dell'art. 1306 cod. civ., la sentenza pronunciata fra il creditore ed uno dei debitori solidali non produce alcun effetto nei confronti degli altri coobbligati. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Pellegrino SENOFONTE - Presidente -
Dott. Rosario DE MUSIS - Consigliere -
Dott. Vincenzo PROTO - Consigliere -
Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI - Rel. Consigliere -
Dott. Paolo GIULIANI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
BENTIVOGLIO GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 35, presso l'avvocato FRANCO LEDDA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CERA FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO RINASCIMENTO 24, presso l'avvocato RAFFAELE SCARNATI, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INPS, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIO DE RITIS e MANLIO NARDI, giusta delega in calce alla copia del ricorso notificato;
- resistente con mandato -
contro
TEKNOGAS di GRECO & C., GRECO ROSARIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1910/96 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 22/05/96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/98 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI;
udito per il resistente Cera l'Avvocato Scarnati, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Orazio FRAZZINI che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo e l'assorbimento degli altri motivi.
SVOLGINENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14 giugno - 25 luglio 1990 la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza in data 30 dicembre 1987 - 27 gennaio 1988 del Tribunale di Roma, condannava la s.n.c. Teknogas di Greco Rosario & C. a pagare a Giorgio Bentivoglio , a titolo risarcitorio, la somma di L. 65.192.393 , con gli interessi legali , e all' INPS , a titolo di surrogazione, quella di L. 5.797.027, con gli interessi legali.
Avverso tale sentenza proponeva opposizione di terzo Franco Cera, già socio della s.n.c. Teknogas, sostenendo tra l' altro che all'epoca dell' illecito aquiliano che aveva dato luogo alla condanna la società non si era ancora costituita e che la stessa era poi cessata il 31 luglio 1989, onde la sentenza doveva essere dichiarata inefficace nei suoi confronti.
Con sentenza del 16 aprile - 22 maggio 1996 la Corte di Appello dichiarava l' inefficacia della pronuncia opposta nei confronti del Cera. La Corte territoriale riteneva ammissibile l' opposizione sul rilievo che il Cera, pur essendo socio e coamministratore in via disgiunta con il Greco della società, doveva considerarsi terzo rispetto alla pronuncia in oggetto , atteso che le società in nome collettivo sono fornite di soggettività piena e possono essere titolari di situazioni giuridiche attive e passive ; che non vi era alcuna prova che il predetto Cera avesse avuto conoscenza della lite, in quanto la società era stata in giudizio "in persona del legale rappresentante Rosario Greco" , ne' il predetto aveva partecipato in alcuna veste ai due gradi del giudizio; che non era stato neppure dimostrato che la s.n.c. Teknocas fosse succeduta nei rapporti di cui era titolare l' impresa individuale Teknogas appartenente al Greco e, in particolare, che vi fosse stata cessione di azienda ; che tuttavia l' opponente era esposto agli effetti della sentenza , stante la sua responsabilità solidale ai sensi dell' art. 2291 c.c., ciò che valeva ad integrare il suo interesse ad opporsi alla decisione. Quanto al mento, riteneva fondata l' opposizione, essendo emerso che il fatto illecito lamentato dal Bentivoglio si era verificato in epoca anteriore alla costituzione della società ed era ascrivibile a titolo di responsabilità extracontrattuale esclusivamente al Greco , quale titolare all' epoca della ditta individuale Teknogas. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Bentivoglio deducendo tre motivi. Resiste con controricorso illustrato con memoria il Cera.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 404 c.p.c., 1306 e 2291 c.c., omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, si deduce che avrebbe dovuto rilevarsi l' inammissibilità dell' opposizione perché il Cera non poteva considerarsi terzo , in quanto coamministratore in via disgiuntiva della società in nome collettivo che si era costituita in giudizio , e quindi oggettivamente responsabile della gestione della società e della sua condotta processuale ; perché la sentenza in oc, etto non era opponibile al debitore solidale , ai sensi del richiamato art. 1306 c.c. ; perché l' uso di una maggiore diligenza da parte del Cera - come peraltro contraddittoriamente rilevato in altro passaggio della stessa sentenza gli avrebbe consentito di far valere le sue ragioni nel giudizio di primo grado o anche in quello di gravame.
Il motivo è fondato, nei limiti che saranno di seguito precisati. Come è noto, condizione primaria per l' ammissibilità dell'opposizione di terzo è che l' opponente non sia stato parte nel giudizio definito con la sentenza opposta . La Corte di Appello ha correttamente ravvisato una posizione di terzietà del socio opponente, sulla base dell' ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale che considera le società di persone come soggetti di diritto, dotati di una pur limitata autonomia patrimoniale , e quindi di una titolarità di posizioni attive e passive non riferibili ai soci Cass. 1994 n. 3773 ; 1993 n. 11956 ; 1993 n. 8191;
1993 n. 1027 ; 1992 n. 3011 ; 1989 n. 3498 ; 1988 n. 3797 ) . Tale orientamento è peraltro conforme ad una linea evolutiva da tempo segnata dalla dottrina che superando l' equazione "personalità giuridica = soggettività" tende ad estendere a gruppi organizzati non personificati la capacità di costituire centri di imputazione di situazioni negoziali e processuali distinte dalla posizione delle persone fisiche componenti la compagine sociale, sia nei confronti dei terzi che degli stessi soci.
È pertanto possibile individuare nella società in nome collettivo un soggetto distinto dalla personalità dei soci, quale centro autonomo di riferimento di situazioni giuridiche ad esso immediatamente riconducibili, anche in virtù della capacità negoziale e processuale che l' art. 2266 c.c., applicabile per il richiamo dell' art. 2293 c.c., attribuisce alla società . È noto peraltro che la qualità di terzo nel giudizio nel quale è stata emessa la sentenza costituisce presupposto necessario, ma non sufficiente per l' espenibilità del rimedio di cui all' art. 404 comma 1^ c.p.c. Questa Suprema Corte ha invero ripetutamente affermato che il terzo deve essere titolare di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza emessa inter alios : ciò vale a dire che detto diritto non deve dipendere dalla situazione sostanziale oggetto della pronuncia ( v. per tutte Cass. 1995 n. 2722 ; 1990 n. 336 ; 1989 n. 1273 ; 1984 n. 1026 ) e che la situazione di diritto accertata o costituita dalla sentenza deve importare, nonostante i limiti del giudicato, un pregiudizio tale da risolversi nella effettiva soppressione o compressione o limitazione del diritto del quale il terzo stesso si afferma titolare.
È sulla definizione del pregiudizio idoneo ad integrare lo specifico interesse dell' opponente che si profilano - anche a causa della genencità dell' indicazione contenuta nell' art. 404 comma 1^ c.p.c. - le maggiori difficoltà all' interprete : nella delicata opera di composizione dell' apparente antinomia tra l' art. 2909 c.c. - che fissando i limiti soggettivi dell' efficacia del giudicato sembra sanzionare la normale irrilevanza della sentenza per i terzi estranei al giudizio - e l' art. 404 comma 1^ c.p.c. - il quale fa espresso riferimento alla sentenza passata m giudicato o comunque esecutiva che " pregiudica " i diritti del terzo - si tende ad individuare la fonte della legittimazione del terzo nel pregiudizio di ordine pratico o sostanziale - in quanto tale concretizzabile in molteplici forme e gradi di intensità che anche in via eventuale egli possa risentire nella propria sfera giuridica in relazione alla portata effettuale del giudicato o anche all' efficacia esecutiva della sentenza , così che detta pronuncia si risolva in un ostacolo concreto da rimuovere perché egli possa esercitare il proprio diritto.
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite con la sentenza n. 9674 del 1993 , affermando che l' opposizione di terzo deve considerarsi consentita in ogni ipotesi in cui la sentenza resa inter alios sia fonte di un pregiudizio sostanziale per il terzo, il cui diritto, pur distinto ed autonomo da quello oggetto della pronuncia passata in giudicato, sia da questa inciso negativamente nella sua consistenza o nel suo esercizio , e conseguentemente ritenendo che la domanda in opposizione può anche tendere all' accertamento della posizione giuridica del terzo a fronte di quella riconosciuta in sentenza ed essere funzionale allo scopo di elidere gli effetti pregiudizievoli che il giudicato , eventualmente per l' incertezza a cui in concreto dia luogo, determina quanto al contenuto o all'esercizio di tale diritto.
È evidente il coinvolgimento nell' impostazione della complessa problematica dei principi da tempo elaborati in dottrina ed in giurisprudenza in ordine alla distinzione tra efficacia diretta ed efficacia riflessa del giudicato ed all' individuazione dei nessi esistenti tra rapporti giuridici sostanziali .
Tanto osservato in diritto, ritiene la Corte che un pregiudizio nei termini sopra precisati non possa invocare il condebitore solidale in relazione a sentenza emessa in danno di altro debitore solidale, atteso che ai sensi dell' art. 1306 c.c. la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori solidali non produce alcun effetto contro gli altri coobbligati .
Tale principio, già affermato nella remota sentenza di questa Suprema Corte n. 1879 del 1965, e recepito nella successiva pronuncia n. 1415 del 1972, deve essere in questa sede confermato, per la validità delle ragioni che lo sostengono. Va ricordato al riguardo che l' obbligazione solidale è caratterizzata dalla coesistenza di più rapporti giuridici di debito - credito , tra loro distinti ed autonomi , ciascuno intercorrente tra il creditore ed ogni singolo debitore solidale , aventi in comune un unico oggetto , così che ciascuno può essere chiamato per la totalità e che l' adempimento da parte di uno degli obbligati libera gli altri. È altresì da considerare che la sentenza pronunciata nel confronti di uno dei debitori in solido non legittima di per sè il regresso nei confronti di altro debitore solidale, derivando questo, al sensi dell' art. 1299 c.c., solo dal pagamento dell' intero debito, e che d' altro canto il debitore convenuto in sede di regresso può sempre opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore , ossia non solo quelle comuni a tutti i consorti circa l' esistenza e l'entità del debito, ma anche quelle a lui personali . Come è evidente , la stessa natura e struttura delle obbligazioni solidali ed il regime dell' efficacia della sentenza secundum eventum litis tra debitori e creditori solidali dettato dall' art. 1306 c.c. postulano la possibilità del formarsi di più giudicati contrastanti in ordine alla medesima obbligazione.
La richiamata pronuncia n. 1769 del 1965 ha altresì opportunamente chiarito che non è tale da integrare un pregiudizio, nel senso innanzi precisato , il peso di " precedente " che la pronuncia inter alios potrebbe rivestire nel giudizio di regresso, attenendo l'eventuale influenza negativa di detta decisione nel successivo giudizio non ad un diritto , ma ad un mero interesse del terzo, privo di un valido collegamento con il giudicato.
Tanto rilevato in diritto, e ritenuto che in forza del principio di incomunicabilità degli effetti sfavorevoli la sentenza emessa nei confronti della s.n.c. Teknogas è priva di ogni effetto nei confronti del Cera, quale socio solidalmente responsabile al sensi dell' art. 2291 c.c., deve escludersi la sussistenza in capo al predetto di un pregiudizio idoneo a legittimare la proposta opposizione di terzo.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso restano logicamente assorbiti.
Sussistendo i presupposti per la decisione nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., l' opposizione di terzo proposta dal Cera va dichiarata inammissibile .
Ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell' intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri;
pronunciando nel merito dichiara inammissibile l' opposizione di terzo .
Compensa le spese dell' intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I sezione civil il 5 ottobre 1998.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 1999