Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6444 - pubb. 01/08/2010
.
Cassazione civile, sez. V, tributaria, 02 Luglio 2003, n. 10447. Est. Monaci.
Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) - Imposta di registro - Determinazione della base imponibile - Atti ed operazioni di società e di associazioni - Atto di regolarizzazione di una società di fatto - Condizioni - Esistenza della società di Fatto - Presupposti - Pluralità di centri d'interesse e della capacità di agire dei soggetti partecipanti all'atto - Affermazione - Fattispecie relativa ad atto di regolarizzazione stipulato da tre coeredi, due dei quali figli minorenni rappresentati dall'altro genitore - Coerede.
Per l'applicazione dell'imposta di registro ad un atto di regolarizzazione di una società di fatto (in una società di persone o di capitali), è necessario che questa sia stata validamente costituita, vuoi formalmente, attraverso un negozio giuridico espresso, vuoi per effetto di un comportamento concludente. In ambedue i casi, occorre che via sia una pluralità di soggetti capaci di agire e di porre in essere il negozio associativo, nonché una pluralità di centri di interessi (Fattispecie relativa ad un'impresa individuale caduta in successione, in relazione alla quale la Corte di cassazione ha negato l'esistenza di una società di fatto per il difetto dei presupposti in quanto due dei tre eredi, i figli minorenni del defunto imprenditore, erano stati rappresentati dall'altro coerede (il coniuge superstite e genitore dei figli minori) nell'atto di regolarizzazione della pretesa società di fatto, posto in essere a seguito della successione, e ha affermato che dalla semplice intestazione dell'atto non si può desumere alcun elemento interpretativo decisivo per l'affermazione dell'esistenza di una tale società). (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente -
Dott. MONACI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. EBNER Vittorio Glauco - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. MELONCELLI Achille - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PENSIONE CIAMP SAS DI PLASSELLER LUISA ANTONIA & C. in persona Socia Accommandataria e legale rappresentante PLASSELLER LUISA ANTONIA, PLASELLER LUISA ANTONIA in proprio, SENONER DAGMAR, SENONER OLIVER, elettivamente domiciliati in ROMA VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato MANZI LUIGI, che li difende unitamente all'avvocato MOSCHETTI FRANCESCO, giusta procura a margine;
- ricorrenti -
contro
MINISTERO FINANZE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 93/97 della Commissione tributaria 2^ grado di BOLZANO, depositata il 20/12/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/03 dal Consigliere Dott. Stefano MONACI;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato MANZI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso; assorbiti gli altri motivi del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia ha ad oggetto l'applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali sull'atto con il quale è stata costituita la società pensione Ciamp s.a.s. di Santa Cristina Valgardena (BZ), tra gli eredi del precedente titolare della stessa pensione signor Adolf Senoner.
L'atto veniva tassato come regolarizzazione di società di fatto e la società chiedeva il rimborso delle imposte versate. Il ricorso, peraltro, veniva disatteso dalle commissioni tributarie di primo e di secondo grado.
La Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano con sentenza, in data 13 novembre/20 dicembre 1997, riteneva che si fosse trattato di una regolarizzazione di società di fatto, e che fosse stata richiesta oltre il termine previsto per l'esenzione da imposta. Con atto notificato il 31 gennaio 1999 propongono ricorso per Cassazione, con cinque motivi di impugnazione, la società Pensione Ciamp s.a.s., in persona della soda accomandataria legale rappresentante signora Luisa Antonia Plaseller, nonché in proprio la stessa signora Plaseiler ed i signori Dagmar Senoner e Oliver Senoner.
Parte ricorrente fa pervenire successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato, e merita accoglimento.
In particolare sono fondati, e vanno accolti, i primi tre motivi da trattare congiuntamente, mentre rimangono assorbiti i successivi due.
2. Con il primo motivo la società lamenta l'illegittimità della sentenza per aver considerato applicabile il regime della regolarizzazione di una società di fatto ad un negozio che aveva invece ad oggetto la costituzione di una nuova società in accomandita semplice, nonché la violazione degli artt. 20 e 22 del testo unico sull'imposta di registro, e dell'art. 4, lettera a) della tariffa allegata, e la falsa applicazione della lettera e) del medesimo art. 4, e della nota quinta allo stesso. La Commissione avrebbe deciso sulla base della convinzione che si trattasse di una regolarizzazione di una società di fatto, ed avrebbe tratto questa convinzione dalla presunta inevitabilità della costituzione di una società di fatto tra la signora Plaseller e gli altri coeredi (allora minorenni).
La tassazione della costituzione di una società di fatto era legittima solamente se il rapporto societario veniva enunciato in un atto scritto, non essendo sufficienti la semplice menzione e neppure presunzioni. E la enunciazione richiedeva l'indicazione di tutti gli elementi essenziali della società.
La sentenza aveva ritenuto che in caso di continuazione dell'attività imprenditoriale del defunto la comunione di godimento tra coeredi si trasformasse inevitabilmente in società di fatto, mentre secondo la ricorrente erano ammissibili altre eventualità. Nè la circostanza che l'atto fosse intitolato come di costituzione di società di fatto poteva servire a dimostrare l'esistenza di questa entità, perché il titolo era stato apposto erroneamente e non corrispondeva all'effettivo contenuto del negozio. 3. Con il secondo motivo di impugnazione la società eccepisce l'illegittimità della sentenza per aver considerato applicabile il regime fiscale della regolarizzazione di una società di fatto, e la violazione e falsa applicazione delle stesse norme già citate a proposito del primo motivo, nonché degli artt. 2247 e 2294 c.c. (relativi, rispettivamente, al contenuto del contratto di società ed alla partecipazione degli incapaci alle società commerciali). Sottolinea in proposito che l'attività economica non era affatto esercitata in comune, ma, nell'interesse dell'intera società, dall'unico soggetto maggiorenne, dotato della necessaria competenza. Sarebbe mancata l'affectio societatis.
La sentenza invece aveva confuso con essa la contitolarità dell'azienda.
Nè questo veniva meno per il fatto che la signora Plaseller avesse chiesto, nella sua qualità di esercente la patria potestà sui figli minori, di essere autorizzata a proseguire provvisoriamente l'esercizio dell'attività imprenditoriale.
Nè era stata autorizzata dal competente giudice tutelare la partecipazione dei figli minori alla società in accomandita. Oggetto dell'attività era poi un complesso aziendale che comprendeva anche immobili (terreno e fabbricato), mentre il conferimento in società di beni immobili doveva essere effettuato per iscritto.
Gli immobili, che costituivano la parte preponderante dell'attivo, dovevano essere esclusi dai beni conferiti, e la tassazione con l'aliquota del 4% non avrebbe potuto gravare sul valore dell'azienda conferita con l'atto presentato a registrazione, da considerare al massimo come aumento di capitale.
4. Con il terzo motivo la ricorrente eccepisce il vizio di omessa e contraddittoria ed insufficiente motivazione sull'esistenza della società di fatto.
Vi sarebbe un salto logico tra la premessa dell'esercizio in comune di un'attività economica e la deduzione dell'esistenza di una società di fatto.
L'impresa non poteva essere esercitata, del resto, se non dall'unica erede maggiorenne e fornita delle necessarie capacità. La motivazione sul punto era omessa, perché non era stata effettuata alcuna indagine sul fatto; era contraddittoria, in quanto il riferimento alle modalità di gestione per conto dei coeredi era in contrasto con il concetto di esercizio in comune dell'attività di impresa: ne' l'agire per conto equivaleva ad agire in nome. Infine, era carente, perché non aveva considerato che l'esistenza della società di fatto non era possibile per la mancanza delle autorizzazioni richieste dalla legge per la partecipazione dei minori alle società commerciali.
Oltre tutto la signora Plaseller era usufruttuaria dell'intera azienda familiare, e perciò imprenditrice, mentre non c'era ragione per considerare imprenditori i nudi proprietari.
5. Con il quarto motivo la società ricorrente eccepisce, in via subordinata, l'illegittimità della sentenza per avere considerato applicabile l'aliquota del 4%, anziché quella dell'1%, e la connessa violazione dell'art. 4, lettera a, n.3, della tariffa allegata alla legge di registro.
La ricorrente argomenta che anche se si fosse trattato della regolarizzazione di una società di fatto, e non della costituzione di una nuova società in accomandita sarebbe comunque illegittima l'aliquota percentuale applicata dall'Ufficio, in quanto oggetto del conferimento era un'azienda alberghiera cui si applicava l'aliquota ridotta dell'1%, e non quella del 4%.
6. Con il quinto motivo di impugnazione la società Ciamp lamenta che la sentenza non abbia ritenuto applicabili le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa e denuncia la violazione degli artt. 7, ultimo comma, della legge n.904/1977 e 21 del D.Lgs. n.347/1990, nonché l'omessa pronunzia su questa eccezione.
La ricorrente sostiene che l'agevolazione era stata stabilita dall'art. 7, ultimo comma, della legge 16 dicembre 1977, n.904, ancor prima che dal Testo Unico n.347 del 1990.
7. Va ricordato innanzi tutto per chiarezza che - secondo quanto riferito nello stesso ricorso, e non contrastato da alcun elemento in senso contrario - il signor Senoner è deceduto il primo luglio 1989, mentre l'atto di costituzione della società (quello poi presentato alla registrazione) è stato stipulato il 27 dicembre 1990.
Per l'art. 4 della tariffa (prima parte), lettera a, n. 2, l'aliquota per la costituzione di una società con conferimento di proprietà su aziende, di regola, è del 4%; per la lettera s del medesimo articolo, l'aliquota è invece dell'1% per la "regolarizzazione di società di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda, tra eredi che continuano in forma societaria l'esercizio dell'impresa".
Peraltro la nota 5^ allo stesso articolo (nella formulazione in vigore all'epoca dei fatti) precisava che "l'aliquota di cui alla lettera e. si applica se l'atto di regolarizzazione è registrato entro un anno dall'apertura delle successioni": altrimenti si applica l'aliquota ordinaria.
Nel caso di specie l'atto è stato stipulato oltre l'anno e si è sicuramente oltre il termine per l'applicazione, sotto questo profilo, dell'aliquota ridotta.
8. Come si è anticipato, sono fondati i primi tre motivi. È carente, in realtà, e sostanzialmente apparente, la motivazione della sentenza impugnata sui punto decisivo della trasformazione automatica in una società di fatto, da regolarizzare, della comunione di godimento venutasi a creare tra i coeredi a seguito del decesso del signor Adolf Senoner.
La Commissione Regionale ha ritenuto, infatti, che un'impresa appartenente a più persone comporti di per se stesso l'esercizio in comune di un'attività economica, senza esaminare possibilità diverse, ne' svolgere un'analisi della situazione concreta. 9. Non va dimenticato che quello di società è un negozio giuridico di carattere associativo.
Come tale deve intercorrere tra più centri d'interessi distinti, ed essere posta in essere da più soggetti capaci d'agire. Oltre che formalmente, attraverso un contratto o un negozio giuridico espresso, può sorgere per effetto di un comportamento concludente delle parti che abbia oggettivamente lo stesso significato.
Questa è la cosiddetta società di fatto.
Il concetto stesso di società di fatto presuppone che una pluralità di soggetti capaci di agire pongano in essere validamente, ma appunto in via di mero fatto, un comportamento concludente di contenuto analogo a quello che avrebbe potuto essere espresso attraverso la stipulazione formale di un contratto di società.
Proprio per questo contenuto sostanziale di negozio tacito, solo i soggetti capaci di agire sono in grado di porre in essere il necessario comportamento concludente, mentre il concetto stesso di società presuppone che il comportamento non provenga da una sola persona, ma che più soggetti dotati della necessaria capacità di agire pongano in essere validamente un comportamento sostitutivo di una manifestazione espressa di volontà.
Nel caso di specie, invece, - come risulta dall'accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata - due degli eredi su tre erano minorenni; tanto è vero che la gestione veniva materialmente svolta da una sola persona che operava per conto proprio e dei coeredi. Come minorenni (che oltre tutto non risulta neppure che fossero emancipati) non potevano prestate validamente la propria volontà nel senso della costituzione di una società, e, per la medesima ragione, neppure porre in essere validamente un comportamento concludente che avesse il medesimo valore giuridico. 10. Mancava, inoltre, l'altro requisito della pluralità di centri di interesse, indispensabile per la costituzione di qualsiasi società, anche in via di fatto.
Infatti, ai sensi dell'art. 320 c.c. i minorenni sono rappresentati dai genitori, vale a dire nel caso di specie, una volta scomparso il padre, proprio dalla madre Luisa Antonia Plaseller con la quale - secondo la pronunzia impugnata - avrebbero costituito la società di fatto che poi sarebbe stata sottoposta a regolarizzazione. Nè rileva, infine, che l'atto sottoposto a regolarizzazione fosse intitolato come di regolarizzazione di società di fatto:
l'intestazione di un atto costituisce, indubbiamente, un elemento interpretativo estremamente significativo, ma non può essere considerata decisiva, perché in ogni caso il suo contenuto prevale sulla forma; in particolare non può trasformare in una preesistente società di fatto, da regolarizzare, un'attività imprenditoriale che, invece, non era svolta, e non poteva essere svolta, in forma societaria.
11. Debbono perciò essere accolti, per quanto di ragione, i primi tre motivi di impugnazione, mentre restano assorbiti i successivi motivi quarto e quinto, che concernono questioni logicamente successive.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa deve essere rinviata ad un giudice, da individuare in una diversa sezione della Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, che si uniformerà ai principi di diritto sopra enunciati e provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi tre motivi di ricorso per quanto di ragione, assorbiti il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 6 febbraio 2003.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2003