Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6389 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. III, 05 Marzo 2003, n. 3269. Est. Trifone.


Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - Scioglimento - In genere - Cause - Sopravvenuta mancanza di pluralità di soci - Rapporti con i terzi - Fattispecie relativa locazione di immobile per esercitarvi l'attività sociale - Concentrazione della titolarità della relativa posizione soggettiva nell'unico socio rimasto - Sussistenza.



Lo scioglimento della società di persone per mancata ricostituzione della pluralità di soci entro il termine di sei mesi non determina alcuna modificazione soggettiva dei rapporti facenti capo alla società, la titolarità dei quali si concentra nell'unico socio rimasto. Pertanto, nel caso di società in nome collettivo che abbia preso in locazione un immobile per esercitarvi l'attività sociale, non viene meno, a seguito di recesso degli altri soci, la locazione stipulata, la cui titolarità si concentra nel socio rimasto. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTINIANI Vito - Presidente -
Dott. MAZZA Fabio - Consigliere -
Dott. TRIFONE Francesco - rel. Consigliere -
Dott. MALZONE Ennio - Consigliere -
Dott. DURANTE Bruno - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.E.G. DI GIUSEPPE MONTIROLI & C SNC, con sede in Roma, in persona dell'Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore Giuseppe Montiroli, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE LIBIA 25, presso lo studio dell'avvocato FRANCA MONTIROLI, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
DE GAETANO GIUSEPPE, DE GENNARO MARIA TERESA;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n 01/01/1258 proposto da:
DE GAETANO GIUSEPPE, DE GENNARO MARIA TERESA, elettivamente domiciliati in ROMA PZZA DELL'UNITÀ 24, presso lo studio dell'avvocato CAMILLO ROMANO, che li difende, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MEG DI MONTIROLI GIUSEPPE SNC;
- intimato -
avverso la sentenza n. 3212/99 della Corte d'Appello di ROMA, Sezione 3^ Civile, emessa il 13/10/99 e depositata il 05/11/99 (R.G. 1493/97);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/02 dal Consigliere Dott. Francesco TRIFONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio VELARDI che ha concluso per l'accoglimento del 2^ motivo del ricorso principale ed il rigetto dell'incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, vanno riuniti (art. 335 c.p.c).
Giuseppe De Gaetano e Maria Teresa De Gennaro, locatori in Roma di un immobile destinato ad attività commerciale, avendo ottenuto nei confronti della società conduttrice MEG s.n.c. la convalida della licenza per finita locazione alla scadenza del 31.10.1991 con termine per il rilascio ex art. 56 della legge n. 392 del 1978 alla data del 30.3.1992, dopo la notificazione dell'offerta formale della indennità per l'avviamento commerciale dovuta alla società, in esecuzione di procedimento coattivo di rilascio dell'immobile locato, in data 30.11.1992 realizzavano in loro favore lo sfratto della conduttrice.
Con successiva citazione i locatori convenivano in giudizio innanzi al tribunale di Roma la società conduttrice, chiedendone la condanna al risarcimento del maggior danno ex art. 1591 c.c., in ragione della differenza tra il canone di mercato e quello convenzionale corrisposto per il periodo sino all'effettiva restituzione dell'immobile. Chiedevano, inoltre, che fosse dichiarata la loro liberazione dall'obbligazione relativa alla corresponsione dell'indennità, previa declaratoria del deposito della somma offerta.
Il tribunale adito, all'esito di consulenza tecnica d'ufficio diretta ad accertare la misura del canone corrente di mercato dell'immobile alla data stabilita per il rilascio, riteneva rituale l'offerta formale effettuata dai locatori e condannava la società conduttrice al pagamento della somma di lire 18.845.700, oltre interessi, così ridotto l'importo reclamato in citazione in relazione al presumibile tempo ordinariamente necessario per predisporre l'immobile ad una nuova locazione.
Sulla impugnazione principale della società MEG s.n.c. e su quella incidentale di Giuseppe De Gaetano e Maria Teresa De Gennaro decideva la Corte di appello di Roma, che, con sentenza pubblicata il 5.11.1999, rigettava entrambe le impugnazioni con condanna della società alle spese del grado.
I giudici di appello, pur riconoscendo la nullità della notificazione del verbale dell'offerta reale e la conseguente inidoneità dell'offerta medesima al fine della valida corresponsione dell'indennità, ritenevano, tuttavia, pur in difetto di una situazione di mora della società nel rilascio del bene, che il persistente godimento dell'immobile da parte della conduttrice aveva determinato a carico della stessa l'obbligazione risarcitoria, fondata sulla norma dell'art. 2043 c.c. e non su quella dell'art. 1591 c.c.(così diversamente qualificata l'azione proposta), in quanto il mancato pagamento della indennità, se abilitava il conduttore a trattenere l'immobile, non lo autorizzava anche ad utilizzarlo.
In ordine all'appello incidentale, gli stessi giudici consideravano che non era censurabile la decisione di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto ai locatori a titolo di danno la differenza tra il canone corrisposto e quello corrente di mercato, con esclusione del periodo di due mesi presumibilmente necessario per la effettuazione dei lavori occorrenti per riportare l'immobile in buono stato di manutenzione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso principale la società MEG s.n.c, la quale affida la impugnazione a due mezzi di doglianza.
Resistono con controricorso Giuseppe De Gaetano e Maria Teresa De Gennaro, che eccepiscono la inammissibilità della impugnazione principale ed avanzano impugnazione incidentale sulla base di unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere esaminata le eccezione di inammissibilità della impugnazione principale, che i resistenti propongono nella considerazione che la società MEG s.n.c. si sarebbe sciolta, senza neanche l'apertura della fase di liquidazione, avendo i soci dichiarato l'inesistenza di crediti sociali e l'avvenuta estinzione di tutte le passività, secondo scrittura privata autenticata dal notaio Gregari registrata in data 19.12.1996.
La eccezione non è fondata.
I ricorrenti deducono che la perdita della capacità di stare in giudizio della società risale già a prima della proposizione dell'appello. Tuttavia, nel giudizio di gravame la eccezione, nei termini avanzati in questa sede, non risulta essere stata avanzata;
nè la questione della inammissibilità dell'appello stesso è stata devoluta all'esame del giudice di secondo grado.
Di conseguenza, la questione della perdita della capacità di stare in giudizio della società non può essere posta per la prima volta nel giudizio di cassazione, nel quale continua ad agire Giuseppe Montiroli, lo stesso soggetto, cioè, che nella qualità di amministratore unico e socio della MEG s.n.c. aveva conferito il mandato al difensore.
In ogni caso, ove anche da quanto innanzi si potesse prescindere (col ritenere, cioè, che lo scioglimento della società, non fatto valere per il giudizio di secondo grado, dovrebbe spiegare i suoi effetti nel successivo giudizio di Cassazione), deve questa Corte rilevare che la situazione denunciata di avvenuta liquidazione di una società di persone (quale indubbiamente è la società in nome collettivo MEG) non comporta di per sè il venir meno anche della locazione stipulata dalla società, locazione la cui titolarità si concentra nell'unico socio rimasto (quale nella specie Giuseppe Montiroli).
Detto principio è stato già affermato da questo giudice di legittimità quando ha considerato (Cass., n.905/84) che lo scioglimento della società di persone, per mancata ricostituzione della pluralità dei soci entro il termine di sei mesi, non determina alcuna modificazione soggettiva dei rapporti facenti capo alla società, la titolarità dei quali si concentra nell'unico socio rimasto sin dal momento in cui tale pluralità viene meno. Il principio innanzi richiamato risulta stabilito proprio in riferimento a contratto di locazione, stipulato per l'esercizio dell'attività imprenditoriale costituente lo scopo di una società in nome collettivo, locazione per la quale la qualità di conduttori è stata riconosciuta unitariamente ed inscindibilmente ai due soci, che unitariamente esercitavano nell'immobile locato la detta attività imprenditoriale.
Detto principio, per l'analogia evidente dei due casi, sarebbe risultato applicabile anche nella specie ove a ragione della infondatezza dell'eccezione dei ricorrenti non fosse stata già la prevalente ratio decidendi prima esposta.
Con il primo motivo di impugnazione deducendo la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto - il ricorrente principale critica la impugnata sentenza per avere il giudice di merito ritenuto essa istante obbligata a risarcire i locatori di un pregiudizio collegato alla sua abusiva occupazione dell'immobile. Assume che sarebbe stata violata la norma di cui all'art. 34 della legge n. 392 del 1978, poiché da parte sua non era stata attuata alcuna condotta in ispregio alla norma di cui all'art. 2043 c.c., dato che il conduttore, che rimane nella detenzione del bene locatogli al fine soltanto di esercitare il ed. diritto di ritenzione in attesa di ottenere la corresponsione della indennità per l'avviamento commerciale, è tenuto soltanto al pagamento del canone e non può essere considerato in mora nella restituzione, anche se non utilizza più il bene locatogli per l'esercizio della sua attività.
Aggiunge, altresì, che il giudice di merito sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione laddove, a fronte di richiesta per danni ai sensi della norma di cui all'art. 1591 c.c., aveva accolto la domanda dei locatori in base alla diversa ratio decidendi dell'azione ex art. 2043 c.c. La censura è fondata.
Osserva questo giudice di legittimità che il principio di diritto, che la Corte di merito ha posto a base della sua decisione, non può essere condiviso.
Aderendo ad un indirizzo interpretativo, che aveva trovato riscontro in parte degli autori e in decisioni anche di legittimità( quale la richiamata sentenza di questa Corte n.6270 del 1997 ), la Corte territoriale ha ritenuto che il diritto di ritenzione dell'immobile - fino alla corresponsione dell'indennità di avviamento ovvero sino all'offerta, nelle forme prescritte, del compenso nella misura dovuta non attribuisce al conduttore il diritto di fare uso dell'immobile medesimo, con la conseguenza che la persistenza nel godimento del bene è fonte di responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c. La prevalente dottrina ed altro indirizzo interpretativo maggioritario di questa Corte (ex plurimis: Cass., n.9747/96; Cass., n. 10820/95; Cass., n.2910/96), tuttavia, esprimevano un orientamento diverso, che, dalla disciplina relativa alla temporanea ineseguibilità del provvedimento di rilascio senza il pagamento della indennità, sostanzialmente faceva derivare una sorta di ultrattività del rapporto di locazione in via di mero fatto, in funzione prevalentemente strumentale alla conservazione della impresa del conduttore, il quale conserva la detenzione dell'immobile non al solo scopo rafforzativo e di garanzia del credito per l'avviamento, ma innanzitutto con la facoltà di continuare a farne uso secondo la destinazione pattuita nel contratto risolto e con l'obbligo, perciò, di corrispondere il canone nella misura prevista e senza che da ciò possa derivare alcuna responsabilità a suo carico a titolo di maggior danno. Risolvendo il contrasto giurisprudenziale che si era venuto a creare, le Sezioni Unite di questa Corte , con la sentenza n. 1177 del 2000, hanno privilegiato il suddetto secondo indirizzo, stabilendo che il conduttore che rifiuta la restituzione dell'immobile in attesa di ricevere dal locatore la indennità che gli spetta, è obbligato al solo pagamento del corrispettivo, in quanto anche l'obbligo del locatore di pagare il compenso per l'avviamento ha natura contrattuale.
Di conseguenza, in accoglimento del motivo di impugnazione la sentenza deve essere cassata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della medesima Corte di appello di Roma, che, decidendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, farà applicazione del principio di diritto, di cui alla sentenza delle Sezioni Unite, alla quale questo Collegio si richiama.
Nella statuizione di cui innanzi resta assorbito l'esame del secondo motivo del ricorso principale, nella parte in cui l' istante denuncia il vizio di motivazione circa la ritenuta illiceità ex art. 2043 c.c. della mancata restituzione dell'immobile prima del pagamento o dell'offerta della indennità.
Con l'unico motivo della impugnazione incidentale deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 145, 139 e 143 c.p.c- i resistenti censurano la decisione di secondo grado nella parte in cui essa ha ritenuto nulla la notificazione dell'offerta formale effettuata alla società in persona del suo legale rappresentante ex art. 143 c.p.c. e non ex art. 140 stesso codice con il deposito della copia presso la casa comunale e l'affissione dell'avviso dell'avvenuto deposito presso la sede della società. Il motivo non è fondato.
La questione all'esame del Collegio ha costituito l'oggetto specifico della recente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 4 giugno 2002,n.8091),la quale, in tema di notificazione a persone giuridiche, ha stabilito che se la notificazione non può essere eseguita con le modalità dell'art. 145, comma 1, c.p.c. e nell'atto è indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, si osservano, in applicazione del terzo comma del medesimo art. 145, le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c; se neppure l'adozione di tali modalità consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalità dell'art. 140 c.p.c. (nei confronti del legale rappresentante, se indicato nell'atto e purché abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell'ente; oppure, nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell'atto da notificare, direttamente nei confronti della società); ove neppure ricorrano i presupposti per l'applicazione di tale norma e nell'atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l'ente(la quale tuttavia risulti di residenza, dimora e domicilio sconosciuti),la notificazione è eseguibile, nei confronti di detto legale rappresentante, ricorrendo alle formalità dettate dall'art. 143 c.p.c. Nel caso in esame il giudice di merito ha fatto esatta applicazione dei principi di diritto di cui sopra, giacché, trattandosi di notifica a società di cui era certa e nota la sede e di atto in cui per l'indicato rappresentante legale non era indicato un indirizzo diverso, la notificazione doveva seguire le formalità dell'art. 140 c.p.c. Il ricorso incidentale è pertanto rigettato. P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Roma; rigetta il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2002.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2003