Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2434 - pubb. 04/11/2010

Società quotate e obblighi di informazione dei sindaci

Cassazione civile, sez. II, 10 Febbraio 2009, n. 3251. Rel. est. Oddo.


Società quotate - Attività di vigilanza sulla gestione ai sensi dell'art. 149,comma 3, d.lgs. n. 58 del 1998 - Riscontro di irregolarità - Obbligo di comunicazione alla Consob - Sussistenza - Condizioni - Valutazione discrezionale - Esclusione - Omissione - Presunzione di colpevolezza - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie.



In tema di controllo sulla legittimità della gestione delle società quotate in borsa, ai sensi dell'art. 149, comma 3, del d.lgs. n. 58 del 1998, il collegio sindacale deve comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza cui è tenuto, senza che tale adempimento sia subordinato ad una valutazione discrezionale; l'omissione di tale comunicazione è punibile, ai sensi dell'art. 193,comma 3, del d.lgs. citato, ove i sindaci non provino che la predetta inosservanza è dipesa dall'impossibilità di riscontro dell'irregolarità dovuta a caso fortuito o forza maggiore, applicandosi l'art. 3 della legge n. 689 del 1981, che pone una presunzione relativa di colpevolezza della condotta. (Principio affermato, "ratione temporis", in relazione ad una sanzione irrogata prima che l'art. 149 venisse modificato dall'art. 2 della legge n. 262 del 2005). (massima ufficiale)



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo - Presidente -
Dott. ODDO Massimo - rel. Consigliere -
Dott. ATRIPALDI Umberto - Consigliere -
Dott. MALPICA Emilio - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 19080/04 proposto il 6 settembre 2004 da:
Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - in persona del commissario Dott. Cervone Enrico, in sostituzione del presidente assente, ai sensi dell'art. 6, reg. adottato con Delib. 17 novembre 1994, n. 8674, - rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall'avv. CANCRINI ARTURO e dall'avv. Floriano D'Alessandro, presso il quale ultimo è elettivamente domiciliata in Roma, alla via Lisbona, n. 3;
- ricorrente -
contro
Telecom Italia S.p.A. - in persona del suo legale rappresentante Chiappetta Francesco Umile - rappresentata e difesa in virtù di procura speciale per notaio Ignazio De Franchis del 25 ottobre 2004, 77226, dall'avv. CARBONETTI FRANCESCO, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via G. Antonelli, n. 47;
- controricorrente -
e
Ministero dell'Economia e delle Finanze - in persona del Ministro in carica - rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
- controricorrente -
nonché
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano - domiciliato in Milano, alla via Freguglia, n. 1;
- intimato -
e
sul ricorso n. 21935/04 proposto il 13 ottobre 2004 da Ministero dell'Economia e delle Finanze - in persona del Ministro in carica - rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
- controricorrente ricorrente incidentale -
contro
Telecom Italia S.p.A. - in persona del suo legale rappresentante Chiappetta Francesco Umile - rappresentata e difesa in virtù di procura speciale per notaio Ignazio De Franchis del 25 ottobre 2004, rep. 77226, dall'avv. Francesco Carbonetti, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via G. Antonelli, n. 47;
- intimata -
e
Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - elettivamente domiciliata in Roma, alla via Lisbona, n. 3, presso l'avv. Floriano d'Alessandro;
- intimata -
avverso il decreto della Corte d'Appello di Milano n. 133 del 21 giugno 2003 - non notificato;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 dicembre 2008 dal Consigliere Dott. Massimo Oddo;
udito per la ricorrente Consob l'avv. Floriano d'Alessandro e per la controricorrente Telecom l'avv. Francesco Carbonetti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per l'accoglimento di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - contestò il 21 agosto 2001 a Fabrizio Quarta, Boidi Mario, Giancarlo Zanda, Paolo Germani, Pietro Adonnino, Golia Paolo ed Ugo La Cava, sindaci della Telecom Italia S.p.A. in carica all'epoca dei fatti, la violazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 149, comma 3, (T.U.F.), per non avere comunicato alla Consob che l'amministratore delegato della società, e, in un caso, anche un consigliere di amministrazione, non aveva riferito tempestivamente al collegio sindacale, e comunque oltre il termine di tre mesi prescritto, alcune delle operazioni contemplate nell'art. 150, D.Lgs. cit.. In particolare non avevano comunicato che:
l'amministratore delegato ed un consigliere d'amministrazione avevano manifestato il loro potenziale conflitto d'interessi nell'operazione di acquisizione da parte della Telecom delle azioni della società Seat soltanto nella riunione del consiglio di amministrazione (e del collegio sindacale) della società tenuta il 15 marzo 2000, quando invece avrebbero dovuto rendere nota la circostanza sin dalla prima delle tre riunioni, che il consiglio di amministrazione aveva ad essa dedicato il 17 febbraio 2000, nella quale era stato dato atto che era stato già raggiunto un accordo di massima con la compagine azionaria della società Huit, che possedeva dette azioni;
l'amministratore delegato aveva dato notizia al consiglio di amministrazione della società (ed al collegio sindacale) soltanto il 10 agosto 2000 dell'acquisto tra il 27 marzo ed il 7 aprile 2000 da parte della Telecom di una quantità di azioni della società Tim, pari a circa l'1% del capitale sociale, per un controvalore di circa L. 1.700 miliardi;
l'amministratore delegato aveva dato notizia al consiglio di amministrazione (ed al collegio sindacale) soltanto in data 11 settembre 2000 di un intervento negoziale effettuato dalla Telecom nel mese di maggio 2000 in favore della società Seat, al fine di consentirle l'acquisto di una partecipazione di maggioranza nella società Telegate AG. mediante proprie azioni di nuova emissione;
intervento consistito nell'acquisto di azioni della Seat per un importo di circa L. 550 miliardi al fine di garantire l'alienante società JP Morgan contro il rischio che il prezzo di vendita pattuito potesse subire variazioni in peius in dipendenza dell'eventuale fluttuazione del valore delle azioni. Successivamente la Consob, valutate le informazioni raccolte e le deduzioni degli interessati, propose al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica (ora Ministero dell'Economia e delle Finanze) l'applicazione a ciascun sindaco della sanzione prevista per le violazioni contestate dall'art. 193, commi 2 e 3, D.Lgs. cit., e dette sanzioni vennero applicate dal Ministero con decreto n. 11307 del 4 febbraio 2003, che ne ingiunse il pagamento alla società Telecom, con obbligo di regresso nei confronti dei responsabili.
Premessa la tempestività della notifica delle contestazioni e della conclusione del procedimento sanzionatorio, osservarono i giudici che era fondata l'eccezione dell'opponente dell'illegittima applicazione delle sanzioni "sulla base di un'indebita estensione interpretativa della norma incriminatrice", giacché:
- il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, comma 3, nel disporre che "il collegio sindacale comunica senza indugio alla Consob le irregolarità riscontate nell'attività di vigilanza e trasmette i relativi verbali delle riunione e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione", pone a carico dei sindaci l'obbligo di comunicare all'ente di controllo le irregolarità che essi "non possono non conoscere" in ragione della loro qualità;
- in forza del principio di stretta interpretazione delle norme punitive l'applicazione della sanzione per la violazione dell'obbligo di comunicazione, prevista dal successivo art. 193, comma 3, lett. a), D.Lgs. cit., non può essere estesa all'inosservanza da parte dei sindaci dell'obbligo di vigilanza sulla gestione della società, anche se da tale inosservanza la violazione tragga fondamento, ed ai casi di semplice sospetto del carattere irregolare delle operazioni riscontrate, come diversamente previsto in materia bancaria e creditizia dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 52;
- era discutibile, quanto alla prima operazione, che i sindaci "non potessero non aver percepito" la tardività della comunicazione di un potenziale conflitto di interessi (non solo perché ipotetico, ma anche perché non dimostrato) in relazione ad una fattispecie negoziale in itinere ed abbozzata solo con accordi di massima;
- non era certo, quanto alle altre due operazioni, il "maggiore rilievo economico, finanziario e patrimoniale" e la conoscenza di esso, al quale il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 150, comma 1, ricollega l'obbligo degli amministratori di riferirne tempestivamente, e con periodicità almeno trimestrale, al collegio sindacale, rientrando per il loro ammontare nel potere di delibera e firma sino a 500 miliardi conferito all'amministratore delegato. La Consob è ricorsa con cinque motivi per la cassazione della sentenza, la Telecom ha resistito con controricorso ed il Ministero ha notificato controricorso, proponendo un contestuale complesso motivo di ricorso incidentale.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A norma dell'art. 335 c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti in via principale ed incidentale avverso il medesimo decreto.
Il ricorso principale denuncia, con il primo motivo, la nullità del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 149, 150 e 193, e dei principi di legalità e di colpevolezza, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, e art. 111 Cost..
Deduce che erroneamente la pronuncia avrebbe esaminato e risolto negativamente la questione se dal D.Lgs. n. 58 del 1997, art. 149, comma 3, fosse ricavabile un obbligo dei sindaci di denunciare alla Consob non solo tutte le irregolarità di cui essi avessero avuto effettiva contezza, ma anche quelle che un sindaco diligente non avrebbe mancato di rilevare, giacché del ritardo, rispetto alle previsioni dell'art. 150, D.Lgs. cit., con il quale gli amministratori avevano comunicato le "operazioni di maggiore rilievo economico, finanziario e patrimoniale" e quella "in potenziale conflitto di interessi", essi avevano avuto conoscenza assistendo alle riunioni del consiglio di amministrazione nelle quali le comunicazioni erano state fatte.
Con il secondo motivo, per radicale mancanza e contraddittorietà della motivazione per travisamento dei fatti, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, art. e 111 Cost., non essendo conferente il richiamo del decreto alla non punibilità dei sindaci per l'ignoranza delle irregolarità commesse dagli amministratori a fronte della contestata omessa denuncia di irregolarità da essi riscontrate. Con il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione delle regole generali e dei principi sulle sanzioni amministrative e, in particolare, della L. n. 689 del 1981, art. 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, e art. 111 Cost., avendo alluso la decisione ad una incolpevolezza dei sindaci per essere incorsi in errore, benché un errore di diritto nell'interpretazione del D.Lgs, n. 58 del 1998, art. 149, non potesse valere ad escluderne la responsabilità e l'efficacia scriminante di un errore di fatto fosse subordinata ad una non rilevata scusabilità.
Con il quarto motivo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, e radicale mancanza motivazione, in relazione agli artt. 3 e 5 c.p.c., e art. 111 Cost., giacché ha ritenuto:
discutibile la (in)tempestività della comunicazione del potenziale conflitto di interessi fatta dagli amministratori contestualmente a quella della stipulazione dei contratti, pur essendo stati gli stessi sindaci rese edotti in precedenza a due riprese delle trattative in corso e degli accordi già raggiunti;
(in)certo il maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale delle altre due operazioni comunicate dall'amministratore delegato al collegio sindacale dopo oltre tre mesi dal loro compimento, nonostante il loro valore complessivo superasse i limiti dei poteri di delibera e di firma a lui conferiti e l'interpretazione fornita del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 150, comma 1, indebitamente limitasse il potere di vigilanza dei sindaci alla sola attività rimasta nelle competenze del consiglio di amministrazione.
Con il quinto motivo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, avendo ritenuto, equivocando sulla condotta sanzionata e sulla ratio della disposizione di consentire un controllo indiretto della Consob sulla correttezza dell'amministrazione delle società quotate, che fosse sanzionata esclusivamente l'omessa comunicazione dei fatti che i sindaci a loro esclusivo giudizio avessero riscontrati irregolari e non anche di quelli dei quali avrebbero dovuto riscontrare l'irregolarità, ove avessero fatto uso della diligenza imposta nello svolgimento della loro attività di vigilanza e nell'esercizio dei poteri ad essi riconosciuti dagli artt. 150 e 151, D.Lgs. cit..
Con l'unico motivo, il ricorso incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, comma 3, per avere il decreto limitato la violazione dell'obbligo di comunicazione alle sole irregolarità nella quali il collegio sindacale si fosse accidentalmente imbattuto e, a suo insindacabile giudizio, avesse ritenuto irregolari ed escluso che detto obbligo comportasse, nell'ambito del sistema dei controlli introdotto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, a tutela delle minoranze societarie e del pubblico risparmio, anche il dovere dei sindaci di acquisire e comunicare con la diligenza del mandatario ogni elemento utile ad una corretta valutazione dei comportamenti degli amministratori. Preliminarmente, essendo il decreto emesso dalla corte di appello ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, impugnabile esclusivamente con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., ed essendo stati proposti il ricorso principale e quello incidentale nel regime anteriore alla sostituzione dell'art. 360 c.p.c., da parte del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, devono essere dichiarate inammissibili le censure rivolte alla decisione impugnata in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, laddove non assurgono a denuncia della violazione dell'obbligo della motivazione materiale od ideologica, che, ai sensi dell'art. 737 c.p.c., costituisce un requisito di forma indispensabile del provvedimento censurato.
Precede nell'ordine logico l'esame del quinto motivo di ricorso principale e dell'unico motivo di quello incidentale, che attengono all'individuazione della fattispecie sanzionata dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, comma 3, e art. 193, comma 3, lett. a), nel testo in vigore all'epoca delle violazioni contestate ai sindaci, che non prevedeva anteriormente alla sua sostituzione con la L. n. 262 del 2005, art. 2, la punibilità anche delle irregolarità commesse dai sindaci nell'adempimento dei generali doveri di vigilanza di cui all'art. 149, comma 1 cit..
I motivi sono fondati.
Il D.Lgs. n. 58 del 1998, ribadendo la funzione di controllo sulla legittimità della gestione delle società per azioni quotate in borsa, già attribuita in via principale al collegio sindacale dal D.P.R. 31 marzo 1975, n. 136, ha sostituito all'art. 149, l'espressione "deve controllare", originariamente contenuta nell'art. 2403 c.c., con quella "vigila" (sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo; sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile, nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione) ed ha ridisegnato i doveri informativi dei sindaci nei confronti della Consob ad essa connessi, sanzionando civilmente la complessiva inosservanza dei loro doveri (art. 152, comma 2), amministrativamente l'omessa comunicazione senza indugio delle irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza (art. 193, comma 3) e penalmente le false comunicazioni e l'ostacolo eventualmente frapposto all'esercizio delle funzioni dell'ente di controllo (art. 174 - abr. dal D.Lgs. n. 61 del 2002).
In particolare, quanto alla comunicazione dei fatti rilevati nell'esercizio dell'attività di vigilanza, fa richiamo al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, comma 3, il quale, limitandosi a richiedere il riscontro della loro irregolarità, da un lato non subordina il sorgere dell'obbligo di comunicazione ad una valutazione discrezionale dei sindaci ed all'accertamento da parte di essi dei requisiti oggetti vi e soggettivi di una violazione della legge o dell'atto costitutivo ovvero del mancato rispetto da parte degli organi sociali dei principi di corretta amministrazione o dell'adeguatezza della struttura organizzativa della società, dei quali l'irregolarità rappresenta un sintomo -, dall'altro, configurando l'obbligo come un corollario del dovere di vigilanza, esclude che l'omissione della comunicazione possa ritenersi non punibile ove i sindaci non provino che la loro inosservanza dell'obbligo di comunicazione sia dovuta ad un'impossibilità di riscontrare l'irregolarità conseguente a caso fortuito o forza maggiore, giacché la L. n. 689 del 1981, art. 3, pone una presunzione (sia pure relativa) di colpevolezza della condotta. A tale principio, da ritenere di rigorosa applicazione in quanto funzionale alla tutela del risparmio e del mercato garantita dalla Consob attraverso il controllo mediato sulle società quotate, non si è adeguata la decisione impugnata, giacché, dopo aver correttamente rilevato che oggetto della comunicazione prescritta dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149, comma 3, erano i fatti che i soggetti obbligati ad eseguirla "non possono non conoscere" in ragione della loro qualità, è pervenuta ad affermare che i sindaci potevano non conoscere fatti dei quali avevano avuto immediata e diretta cognizione nell'esercizio della funzione di vigilanza ad essi commessa con la necessaria assistenza alle riunioni del consiglio di amministrazione e che l'incertezza obiettiva o subiettiva sulla ravvisabilità negli stessi fatti di una violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 150, comma 1, valeva di per sè ad escludere il loro obbligo di comunicare le irregolarità in essi riscontrate o riscontrabili ovvero a negare, quanto meno, la loro responsabilità per l'omissione addebitata.
Alla fondatezza dei due motivi segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Resta assorbito l'esame degli altri motivi nella parte in cui deve riconoscersene l'ammissibilità.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi.
Accoglie il quinto motivo del ricorso principale, assorbiti od inammissibili gli altri, ed il ricorso incidentale. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2008. Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2009