Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22533 - pubb. 17/10/2019

Incompatibilità: collegio sindacale e assistenza fiscale da parte di professionista del medesimo studio

Tribunale Vicenza, 11 Giugno 2019. Pres., est. Limitone.


Fallimento – Stato passivo – Opposizione – Collegio sindacale – Assistenza da parte di professionista del medesimo studio professionale – Incompatibilità – Criteri



Ai fini della sussistenza della causa di incompatibilità prevista dall’art. 2399, co. 1, lett. c), c.c., nell’ambito del medesimo studio professionale, non solo è rilevante il rapporto tra i guadagni del professionista-sindaco e quelli del professionista-consulente, ma lo sono anche le altre circostanze del caso concreto, quali la dimensione dello studio, la contiguità lavorativa tra i soggetti interessati, i concreti rapporti professionali, anche gerarchici, etc. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


DECRETO

Preliminarmente si riuniscono alla presente le opposizioni n. 6208/2019 e n. 6209/2019, tutte riguardanti il compenso dei componenti del medesimo Collegio sindacale.

Si controverte del diritto al compenso dei sindaci della fallita, appartenenti a uno Studio professionale che ha prestato contemporaneamente (con un altro professionista, la dr.ssa X.) consulenza alla medesima società fallita, violando il disposto dell’art. 2399, co. 1, lett. c), c.c., secondo il quale “Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall’ufficio: (…) c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.”.

La giurisprudenza ha chiarito che “L'art. 2399, primo comma, lett. c), cod. civ. (come sostituito dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), nello statuire che sono incompatibili con la carica di sindaco coloro che sono legati alla società da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza, impone al giudice di merito di verificare non solo se il controllore sia direttamente coinvolto nell'attività da controllare ma anche che essa non riguardi piuttosto un socio o un associato del sindaco. In tali casi, è legittimo confrontare i ricavi derivanti al sindaco dal rapporto di collaborazione, in ragione della sua posizione nella compagine associativa, e il compenso conseguente alle sue funzioni di controllo; e concludere che l'indipendenza del controllore è messa in pericolo tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza un ritorno economico personale superiore a quello che gli deriva dalla retribuzione sindacale.” (Cass. 8 maggio 2015 n. 9392), non potendosi peraltro ritenere esclusivo il parametro della proporzione tra i guadagni, che viene indicato come rilevante, ma non come l’unico possibile, posto che, se così fosse, si ridurrebbe la valutazione sulla indipendenza del sindaco, che è un concetto piuttosto complesso, ad una formula matematica, incapace di per sé di cogliere tutte le possibili sfaccettature dell’indipendenza.

In altre parole, se è vero che la prevalenza dei guadagni del sindaco quale componente dello studio associato sui suoi compensi di sindaco fa senz’altro ritenere non indipendente il medesimo (“l'indipendenza del controllore è messa in pericolo tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza un ritorno economico personale superiore a quello che gli deriva dalla retribuzione sindacale”), è altrettanto vero che il contrario non depone necessariamente in favore della sua indipendenza, cioè la prevalenza dei compensi del sindaco rispetto ai guadagni del consulente non è univoco indice di indipendenza.

E’ necessario quindi far riferimento a tutte le circostanze del caso concreto.

Pertanto, possono costituire sintomi rivelatori della mancanza di indipendenza sia la ridotta struttura dello studio associato ove viene svolta l’attività professionale, con ciò che ne consegue in relazione alla contiguità tra i professionisti che ne fanno parte, sia la posizione del sindaco professionista all’interno della struttura medesima e nei suoi rapporti con il professionista che svolge l’attività di consulenza.

Nel caso in esame, l’associazione professionale “S.H.J.”, di cui gli opponenti fanno parte, vede il dr. S.  quanto meno sin dal 2003 in qualità di Socio fondatore (come risulta dall’atto costitutivo dallo stesso allegato): si tratta di uno studio di dottori commercialisti composto da circa una decina di professionisti, tra soci fondatori, associati e collaboratori, come riportato e non contestato (dal sito web ufficiale dello stesso: v. doc. n. 2 del Fallimento).

Attese le dimensioni contenute di tale realtà associativa, è realistico che il professionista-sindaco e i professionisti-consulenti svolgano abitualmente le medesime attività all’interno dello studio e che tra di loro vi sia una notevole comunanza di interessi, presentandosi infatti gli stessi sul mercato come componenti di una realtà sostanzialmente e formalmente unica.

Tanto si ricava in via assorbente anche dalle previsioni dell’atto costitutivo allegato dal dott. S.: - art. 3): “I partners e gli associati esercitano la loro professione esclusivamente nell’interesse dell’Associazione e delle eventuali società di servizi ad essa collegate ed è loro fatto divieto di divenire membri di altra associazione professionale o di esercitare comunque la professione al di fuori dell’ambito dello studio (…)”; - art. 8): “Gli incarichi professionali si intendono conferiti all’Associazione anche se attribuiti ai partners e/o agli associati”; - art. 9): “I rapporti economici, ivi compresa la parcellazione, intercorrono tra i clienti e l’Associazione”; - artt. 10, 11 e 12: prevedono precisi strumenti di distribuzione degli utili dell’Associazione tra tutti i partners e gli associati.

In particolare, dalle seguenti espressioni:

1) “I partners e gli associati esercitano la loro professione esclusivamente nell’interesse dell’Associazione”;

2) Gli incarichi professionali si intendono conferiti all’Associazione”;

3) “I rapporti economici, ivi compresa la parcellazione, intercorrono tra i clienti e l’Associazione”;

si evidenzia il ruolo centrale ed assorbente dell’associazione professionale sui professionisti singoli, ragion per cui anche l’incarico di Sindaco non può non risentire in concreto di tale forte vincolo di colleganza, e, inoltre, sia pure indirettamente, con sensibile incidenza dell’ influenza carismatica dei Partners su tutti gli altri.

Un ulteriore rilevante aspetto è rappresentato infatti dal rapporto di collaborazione gerarchica che normalmente lega i professionisti che operano in seno ad un’associazione professionale.

Tale rapporto sussiste sicuramente all’interno dello studio S.H.J., come si evince sia dal sopracitato atto costitutivo di associazione professionale, sia dal più recente atto modificativo dei patti sociali di associazione (doc. n. 3) del 23.06.2017, da cui risulta che il dr. S. si colloca certo in posizione sovraordinata rispetto al proprio associato che sia anche consulente (nella specie la dr.ssa X.): “Sono Soci fondatori (o partners) i dottori S. [Presidente del Collegio sindacale], *, P. [componente del Collegio sindacale] e *; sono associati “senior” i dottori * [componente del Collegio sindacale] e *; sono associati “junior” i dottori *, *, * e X. [consulente].”

Quanto al dato propriamente “quantitativo”, si rileva ad colorandum che il compenso per l’attività di Presidente del collegio sindacale e di Sindaco vantato dagli opponenti è inferiore al compenso per l’attività di consulenza vantato dalla dott.ssa X. (€ 8.000 ed € 6.000, a fronte di € 14.000, per gli anni 2012 e 2013 - € 4.666,67 ed € 3.500,00, a fronte di € 10.000, per l’anno 2014).

In un siffatto quadro di rapporti, deve trovare corretta applicazione la norma di cui all’art. 2399, co. 1, lett. c), c.c., con la conseguente affermazione della sussistenza della relativa causa di incompatibilità e decadenza.

In tal senso vanno interpretate anche le regole deontologiche di cui alle Norme di comportamento del collegio sindacale (principi di comportamento del collegio sindacale di società non quotate) approvate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili.

Secondo tali norme è rilevante, al fine di valutare l’indipendenza del sindaco, ogni relazione commerciale, finanziaria o professionale che sia significativa nel caso concreto.

L’ipotetico rischio di dipendenza finanziaria, indicato dall’opponente, è solo uno dei possibili “rischi” che possono pregiudicare l’indipendenza, intesa come «requisito essenziale che consente ai sindaci di svolgere la funzione di vigilanza secondo principi di obiettività e di integrità».

Nel caso di specie affermare l’indipendenza del sindaco sol perché il compenso ad esso spettante ha una incidenza modesta rispetto al volume di fatturato complessivo dello studio, rischia di squalificare la portata di una norma fondamentale, diretta a salvaguardare l’effettività dell’attività di controllo che è demandata al collegio sindacale, e che non può che trovare applicazione avuto riguardo alla concreta fattispecie professionale ed umana che viene in rilievo nella sua interezza e complessità, e non certo in base a parametri di natura meramente contabile.

L’opposizione è pertanto infondata, con spese a carico della parte soccombente.


P.  Q.  M.

visto l’art. 99 l.f.;

ogni altra istanza rigettata;

rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il provvedimento impugnato;

condanna gli opponenti al pagamento delle spese della presente fase, in favore del Fallimento A. srl, unipersonale, liquidate per ciascuno di essi in complessivi e forfetari € 1.200,00, oltre agli accessori di legge.

Si comunichi.

Vicenza, 30.5.2019.