CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/02/2018 Scarica PDF
Ancora sulla natura giuridica degli "Accordi di Ristrutturazione"
Sido Bonfatti, ProfessoreTrib. Reggio Emilia, 14-2-2018. Pres. PARISOLI Francesco. Rel. NOTARI Virgilio
Fallimento – Crediti derivanti da prestazioni poste in essere in esecuzione di un “Accordo di Ristrutturazione” – Prededucibilità nel fallimento consecutivo – Esclusione.
Fallimento – Crediti derivanti dalla proroga di pretese di natura commerciale – Natura giuridica di “finanziamenti” ai sensi e per gli effetti degli art. 182-quater e 182-quinquies l. fall. – Esclusione – Collocabilità in prededuzione nell’ambito dello “Accordo di Ristrutturazione” ex art. 182-bis l. fall. – Esclusione.
I crediti derivanti da prestazioni poste in essere in esecuzione di un “Accordo di Ristrutturazione” non sono collocabili in prededuzione nel fallimento (o nella liquidazione coatta amminitrativa) consecutivi.
I crediti derivanti dalla proroga di pretese di natura commerciale non hanno natura giuridica di “finanziamenti” ai sensi e per gli effetti degli art. 182-quater e 182-quinquies l. fall., e conseguentemete non sono collocabili in prededuzione nell’ambito dello “Accordo di Ristrutturazione” ex art. 182-bis l. fall.
Trib. Reggio Emilia, 15-2-2018. Pres. PARISOLI Francesco. Rel. NOTARI Virgilio
Fallimento – Crediti derivanti da prestazioni poste in essere in esecuzione di un “Accordo di Ristrutturazione” – Prededucibilità nel fallimento consecutivo – Esclusione.
I crediti derivanti da prestazioni poste in essere in esecuzione di un “Accordo di Ristrutturazione” non sono collocabili in prededuzione nel fallimento (o nella liquidazione coatta amminitrativa) consecutivi.
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
Sezione prima civile
riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati
Francesco Parisoli - Presidente
Virgilio Notari - giudice rel.
Niccolò Stanzani Maserati - giudice
ha emesso il seguente
DECRETO
nella causa di opposizione allo stato passivo iscritta al n. 7873/2016 del R.G.A.C., rimessa al Collegio per la decisione all’udienza del 25/2/2018, vertente
TRA
OCAM S.R.L. (c.f. 00286610365), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata a Modena, in Via Giardini n. 456, presso lo studio dell’avv. Nicola Cantarelli, dal quale è rappresentata e difesa giusta procura a margine del ricorso introduttivo
E
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA COOPSETTE SOC.COOP. (c.f. 00125650358), in personadel commissario liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata a Reggio Emilia, in Via Cadoppi n. 14, presso lo studio degli avv. Federica Bassissi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sido Bonfatti e Fulvia Confetti giusta procura allegata alla memoria difensiva del 15/5/2017.
CONCLUSIONI
All’udienza del 25/2/2018 le parti hanno precisato le conclusioni esposte in motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 209, c. 2 L.F. depositato il 28/12/2016 la Ocam s.r.l. ha opposto il decreto di esecutività dello stato passivo comunicato il 28/11/2016 dal commissario liquidatore della L.C.A. Coopsette soc. coop.. A sostegno della domanda la società ha riferito di essersi insinuata al passivo della procedura in prededuzioneper € 769.039,79 più Iva a titolo di corrispettivo maturato in virtù di contratti di fornitura di materiale edile e posa in opera eseguiti tra il 2014 e il 2015. Ha dedotto, inoltre, che nel provvedimento impugnato il commissario liquidatore ha accolto l’istanza per l’intero importo richiesto, sebbene in chirografo. Secondo la prospettazione di parte opponente si tratta di statuizioni illegittime alla luce delle travagliate vicende che hanno caratterizzato gli ultimi anni di attività della cooperativa. In proposito la Ocam s.r.l. ha osservato che i crediti controversi sono maturati nel biennio compreso tra la proposizione, ad opera di Coopsette, di una richiesta di concordato preventivo rimasta senza esito (febbraio 2013), la sottoscrizione di molteplici accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis L.F. con il ceto creditorio e il deposito di una seconda istanza concordataria (3/6/2015), poi seguita dall’apertura, nell’ottobre del 2015, della liquidazione coatta amministrativa. Sul rilievo della necessità di retrodatare lo stato d’insolvenza al primo concordato preventivo in attuazione del principio di consecuzione tra le procedure concorsuali e dell’affidamento maturato circa la riscossione del credito per effetto delle rassicurazioni ricevute dai vertici della cooperativa la Ocam s.r.l. ha insistito per l’insinuazione in prededuzione dell’intero importo rivendicato ai sensi dell’art. 111 L.F., con vittoria di spese, competenze e onorari.
***
Costituita con comparsa del 15/5/2017, la L.C.A. in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità dell’opposizione (o, comunque, l’infondatezza nel merito delle sottostanti pretese) per effetto della mancata contestazione, da parte della Ocam s.r.l., dell’ammissione in chirografo comunicata alla società dal commissario liquidatore ex art. 207 L.F.. Ha negato, in ogni caso, la sussistenza di quel nesso di consecuzione tra procedure invocato dall’opponente quale fondamento logico e giuridico della prededuzione, tenuto anche conto del carattere non concorsuale dei molteplici accordi di ristrutturazione del debito stipulati da Coopsette con i propri creditori nell’arco temporale compreso tra il primo e il secondo concordato preventivo. Ad avviso della L.C.A. devono considerarsi irrilevanti anche le presunte rassicurazioni circa la natura prededucibile del credito a cui si allude nell’atto introduttivo. Sulla scorta di tali censure la procedura ha concluso per il rigetto dell’opposizione e la condanna della controparte al pagamento delle spese di lite.
***
Ricostruiti in tal modo i termini del contenzioso, il Collegio reputa che l’opposizione al passivo non sia fondata.
È escluso, innanzi tutto, che il beneficio della prededuzione possa essere accordato facendo applicazione del principio di consecuzione tra procedure concorsuali richiamato a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità in tema di rapporti tra concordato preventivo e fallimento, fino alla consacrazione normativa nell’ambito dell’art. 49, c. 2, d.lgs. n. 270/1999 per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza e dell’art. 69 bis, c. 2, L.F. per il fallimento (Cass. 6/10/2010, n. 18437; Cass. 28/5/2012, n. 8439; Cass. 13/4/2016, n. 7324; Cass. 14/12/2016, n. 25728). Si è accennato agli eventi che hanno caratterizzato il biennio anteriore all’avvio della L.C.A. di Coopsette, aperta con decreto del 30/10/2015 dopo il deposito di una prima istanza di concordato preventivo in bianco (febbraio 2013), la sottoscrizione di numerosi accordi di ristrutturazione del debito omologati dal Tribunale di Reggio Emilia e il tentativo, rimasto senza esito per espressa rinuncia, di dare corso a una seconda proposta concordataria (maggio 2015). Ciò posto, nonostante una recente presa di posizione in senso contrario della Corte di Cassazione (Cass. 25/1/2018, n. 1896), il Collegio intende ribadire l’orientamento interpretativo propenso a escludere gli accordi di ristrutturazione del debito dall’ambito delle procedure concorsuali propriamente intese (Trib. Bologna, 17/11/2011; App. Firenze, 07/04/2016; Trib. Forlì, 05/05/2016; Trib. Milano, 10/11/2016; Trib. Modena, 19/11/2014). Rispetto al fallimento, al concordato preventivo e all’amministrazione straordinaria la fattispecie delineata dall’art. 182 bis L.F. non prevede un provvedimento giudiziale di apertura caratterizzato da un vaglio di ammissibilità ad opera del Tribunale e dalla nomina necessaria di un organo di vigilanza o di controllo per le fasi iniziali ed esecutive; non produce effetti universali sul patrimonio del debitore (che dunque potrebbe non essere coinvolto per intero) o verso i creditori, liberi di aderire o meno alla proposta senza subire le decisione delle maggioranze qualificate previste dalla legge; non impone il rispetto del principio della par condicio creditorum o delle cause legittime di prelazione; non contempla una disciplina peculiare in materia di interessi. Non sembra, d’altro canto, che le recenti modifiche approvate nella disciplina dell’istituto – in primis il divieto di iniziare o proseguire, per sessanta giorni dalla pubblicazione della domanda, azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, l’introduzione della prededuzione con l’art. 182 quater L.F. e gli effetti prenotativi derivanti dal deposito di ricorsi per concordato con riserva - possano considerarsi sufficienti ad attrarre l’accordo di ristrutturazione nell’area pubblicistica. È significativo, del resto. che almeno agli effetti della revocatoria l’art. 69 bis L.F. abbia codificato il principio di consecuzione nei rapporti tra concordato preventivo e fallimento senza menzionare gli accordi di ristrutturazione del debito. Resta impregiudicata, in definitiva, la tradizionale natura privatistica delle intese ex art. 182 bis L.F.
***
L’estraneità degli accordi di ristrutturazione del debito alla categoria delle procedure concorsuali fa sì che non vi possa essere alcun rapporto di occasionalità ex art. 111 L.F. tra le prestazioni rese dall’opponente e le intese stipulate tra la cooperativa e il ceto creditorio nel 2013. Per questo motivo l’applicazione del principio di continuità tra procedure richiamato da Ocam s.r.l. deve essere vagliata con esclusivo riferimento alle due istanze di concordato preventivo con riserva depositate da Coopsette (la prima come detto, esaurita senza il deposito della proposta e del piano, la seconda rinunciata il 27/10/2015, in concomitanza con l’avvio della L.C.A.). In questa prospettiva, se non sembrano sussistere dubbi circa l’operatività della regola della consecuzione tra la seconda fase concordataria e l’apertura della L.C.A. (30/10/2015), vista l’assenza di effettivo iato temporale, altrettanto non può dirsi per i ricorsi del febbraio del 2013 e del maggio del 2015. La Corte di Cassazione ha affermato, in effetti, che con il principio di consecuzione “viene individuato un fenomeno caratterizzato dal verificarsi a carico di un imprenditore di una serie di procedure concorsuali, seguenti una all'altra senza soluzione di continuità, a causa dell'incapacità delle prime di conseguire i rispettivi scopi istituzionali. La sequenza delle procedure concorsuali viene intesa, nell'ambito della consecuzione e della conversione di una procedura in altra, non come una semplice successione di procedimenti, ma come la realizzazione di un'unica procedura concorsuale, nell'ambito della quale le procedure progressivamente succedutesi costituiscono delle fasi, prive di autonomia e di separata rilevanza; le varie fasi, quindi, assumono rilievo come conversione, o trasformazione, di un procedimento in un altro (o in altri) senza uscire dall'alveo di quella intesa, nella sua complessa unità, come procedura concorsuale di carattere unitario» (già Cass. 18/7/1990, n. 7339/1990). Detto altrimenti, perché sussista la continuità richiesta per la considerazione unitaria degli istituti rispetto ai quali la questione concretamente si è posta (si pensi, a titolo di esempio, al periodo sospetto nell’azione revocatoria, al computo degli interessi, oltre che alla prededuzione) è indispensabile che la seconda procedura concorsuale sia espressione della stessa crisi economica che connotava la prima. Possono essere individuati quali indici sintomatici della continuità la ridotta distanza temporale tra i procedimenti, la coincidenza in termini quantitativi o qualitativi delle masse passive o la cessazione dell’attività d’impresa nel periodo di riferimento. Non è preclusa la valorizzazione di elementi differenti. Resta il fatto che una simile valutazione non può prescindere dalla considerazione in concreto della singola fattispecie, costituendo la prededuzione non una caratteristica immanente del credito come il privilegio, ma una qualità destinata produrre effetti solo in relazione al concorso quello sia sorto. Per questo motivo sarebbe spettato ad Ocam s.r.l. dare la dimostrazione della sussistenza di uno o più indici sintomatici dell’identità della crisi di Coopsette nel biennio 2013/2015, configurabili in termini di fatti costitutivi del preteso diritto a insinuarsi al passivo con il beneficio della prededuzione. Nelle proprie difese l’opponente si è limitata a predicare il requisito della continuità delle procedure concorsuali sulla base della scansione di queste. Avvalorano la conclusione opposta il tempo relativamente lungo intercorrente tra le due istanze concordatarie e la prosecuzione dell’attività di impresa di Coopsette, caratterizzata dall’assunzione di oneri assai rilevanti sotto il profilo economico-finanziario in dipendenza di nuovi contratti, tra cui quelli stipulati con la Ocams.r.l.
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In questo quadro appaiono ininfluenti le modifiche normative in virtù delle quali la prededuzione, stante l’abrogazione dell’art. 11, c. 3 quater d.l. n. 145/2013 da parte dell’art. 22 d.l. n. 91/2014, è ammessa in ipotesi di concordato in bianco non seguito dal deposito della proposta e del piano. Viste le precedenti considerazioni in tema di continuità, la regola desumibile dal mutato assetto normativo sarebbe destinata a operare solo in relazione a crediti maturati in funzione del secondo concordato preventivo. Dalla documentazione allegata al ricorso in opposizione emerge che le prestazioni dell’opponente sono state rese tra il l’ottobre del 2014 e l’aprile/maggio del 2015, allorché non era pendente alcuna procedura concorsuale. L’assenza di elementi probatori nel senso della funzionalità dei lavori rispetto al concordato preventivo del 2015 implica, dunque, che le deduzioni della Ocam s.r.l. debbano ritenersi prive di fondamento anche da questo punto di vista, non essendo a tali scopi sufficiente il richiamo – presente nelle difese della società – all’utilità che il ceto creditorio avrebbe tratto dall’esecuzione delle forniture e dei correlati lavori di posa inopera.
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Contrariamente a quanto opinato nelle difese di parte opponente, a conclusioni differenti non è possibile pervenire valorizzando il presunto affidamento maturato dalla società sulla natura prededucibile dei crediti derivanti dal contratto di appalto. La prededuzione rappresenta un presupposto dell’insinuazione al passivo riscontrabile con criteri oggettivi sulla base del più volte menzionato vincolo funzionale o, in alternativa, del nesso di occasionalità sempre richiesto dalla legge (art. 182 quater ss L.F.). A riprova di ciò è significativo che nell’ambito delle fonti regolatrici della materia nessuna disposizione si riferisca allo stato psicologico del creditore. Per questo motivo è irrilevante stabilire se la Ocam s.r.l. avesse davvero accettato di eseguire i contratti del 2014 e del 2015 in vista del pagamento in prededuzione delle correlate poste creditorie. Anche tale questione è assorbita dalle considerazioni già svolte in tema di continuità.
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In forza delle statuizioni che precedono non vi è luogo per statuire in ordine alle richieste istruttorie formulate nell’atto di opposizione, inerenti a profili della vertenza pacifici (l’esecuzione delle prestazioni dedotte nei contratti del 2014 e del 2015) o privi di rilevanza (l’asserito affidamento circa la prededucibilità dei crediti correlati).
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L’esito del giudizio rende superfluo l’esame delle ulteriori eccezioni di parte opposta, anche preliminari
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Secondo soccombenza, la Ocam s.r.l. è tenuta al pagamento degli oneri di giudizio, stimabili in base ai valori medi del D.M. n. 55/2014, in € 14.914,00 (€ 4388,00 per la fase di studio, € 2.895,00 per la fase introduttiva, € 7631,00 per le fasi di trattazione e di decisione, unificate in virtù dell’assenza di attività istruttoria), oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge. Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater del DPR n. 115/2002 sussistono, inoltre, le condizioni per la condanna della Ocam s.r.l. al versamento di un importo pari al contributo unificato dovuto per l’atto introduttivo (€518,00).
P.Q.M.
Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 7873/2016 del R.G.A.C., disattesa ogni diversa domanda, eccezione o deduzione, così provvede:
- rigetta l’opposizione proposta da Ocam s.r.l. per le ragioni indicate inmotivazione;
- condanna Ocam s.r.l. al pagamento in favore della L.C.A. Coopsette soc. coop. degli oneri processuali, stimabili in € 14.914,00, oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali dovuti perlegge.
Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater del DPR n. 115/2002 si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della Ocam s.r.l., di un importo corrispondente al contributo unificato già versato all’atto dell’iscrizione del procedimento (€518,00).
Reggio Emilia, 14/2/2018
Virgilio Notari Francesco Parisoli
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TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
Sezione prima civile
riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati
Francesco Parisoli - Presidente
Virgilio Notari - giudice rel.
Niccolò Stanzani Maserati - giudice
ha emesso il seguente
DECRETO
nella causa di opposizione allo stato passivo iscritta al n. 7784/2016 del R.G.A.C., rimessa al Collegio per la decisione all’udienza dell’11/1/2018, vertente
TRA
PRESIDER S.P.A. (c.f. 04867700017), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata a Reggio Emilia, in Via F.lli Cervi n. 87/B, presso lo studio dell’avv. Daiana Lombardi, rappresentata e difesa dall’avv. Giorgia Cara giusta procura in calce al ricorsointroduttivo
E
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA COOPSETTE SOC.COOP.(c.f. 00125650358), in personadel commissario liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata a Reggio Emilia, in Via Cadoppi n. 14, presso lo studio degli avv. Federica Bassissi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sido Bonfatti e Fulvia Confetti giusta procura allegata alla memoria difensiva del 15/5/2017.
CONCLUSIONI
All’udienza dell’11/1/2018 le parti hanno precisato le conclusioni esposte in motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ex art. 209, c. 2 L.F. depositato il 23/12/2016 la Presider s.p.a. ha opposto il decreto di esecutività dello stato passivo emesso il 28/11/2016 dal commissario liquidatore della L.C.A. Coopsette soc. coop.. A sostegno della domanda la società ha riferito di essersi insinuata al passivo della procedura per € 982.979,55 in prededuzione a titolo di corrispettivo maturato in virtù di un contratto di fornitura di cemento armato e posa in opera eseguito tra il 2010 e il 2012. Ha dedotto, inoltre, che nel provvedimento impugnato il commissario liquidatore ha accolto l’istanza per l’intero importo richiesto, sebbene in chirografo. Secondo la prospettazione di parte opponente si tratta di statuizioni illegittime alla luce delle travagliate vicende che hanno caratterizzato gli ultimi anni di attività della cooperativa. Al riguardo la Presider s.p.a. ha osservato che le poste creditorie per le quali aveva formulato l’istanza di ammissione erano state oggetto prima di un patto di rateizzazione e, poi, di un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis L.F., omologato dal Tribunale di Reggio Emilia nel luglio del 2013 ad esito del deposito, da parte di Coopsette, di un ricorso per concordato preventivo con riserva al quale non aveva fatto seguito la formulazione della proposta e del piano. Ha fatto presente, inoltre, che nel maggio dell’anno seguente (segnatamente, il 30/5/2014) le parti avevano stipulato un nuovo accordo volto al riscadenziamento del debito, anch’esso disatteso da Coopsette a causa del perdurante stato di crisi, culminato con la presentazione di una nuova istanza di concordato preventivo e l’apertura della liquidazione coatta amministrativa (30/10/2015). Sul rilievo della necessità di retrodatare lo stato d’insolvenza al primo concordato preventivo, in coerenza con il principio di consecuzione tra le procedure concorsuali, e della riconducibilità del patto del 2014 alla nozione di finanziamento ex art. 182 quater L.F., la Presider s.p.a. ha insistito per l’insinuazione in prededuzione dell’intera somma rivendicata e degli interessi ex art. 111 bis, c. 2, L.F., con vittoria di spese, competenze eonorari.
***
Costituita con comparsa del 15/5/2017, la L.C.A. in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità dell’opposizione (o, comunque, l’infondatezza nel merito delle sottostanti pretese) per effetto della mancata contestazione, da parte della Presider s.p.a., dell’ammissione in chirografo comunicata alla società dal commissario liquidatore ex art. 207 L.F.. Fermo restando quanto precede, ha negato l’appartenenza degli accordi di rateizzazione e riscadenziamento del debito al novero dei finanziamenti prededucibili di cui all’art. 182 quater L.F.. Ad avviso della L.C.A. non è ipotizzabile nemmeno la sussistenza di quel nesso di consecuzione tra procedure invocato dall’opponente quale fondamento logico e giuridico della prededuzione, tenuto conto del carattere non concorsuale dell’accordo di ristrutturazione e dell’assenza, di conseguenza, di qualsivoglia continuità giuridica e temporale tra il primo e il secondo concordato preventivo. Sulla scorta di tali censure l’opposta ha chiesto il rigetto integrale dell’opposizione e la condanna della Presider s.p.a. al pagamento delle spese processuali.
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Ricostruiti in tal modo i termini del contenzioso, il Collegio reputa che le istanze dell’opponente siano infondate. È escluso, innanzi tutto, che il beneficio della prededuzione possa essere accordato alla Presider s.p.a. facendo applicazione del principio di consecuzione tra procedure concorsuali richiamato a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità in tema di rapporti tra concordato preventivo e fallimento, fino alla consacrazione normativa nell’ambito dell’art. 49, c. 2, d.lgs. n. 270/1999 per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza e dell’art. 69 bis, c. 2, L.F. per il fallimento (Cass. 6/10/2010, n. 18437; Cass. 28/5/2012, n. 8439; Cass. 13/4/2016, n. 7324; Cass. 14/12/2016, n. 25728). Si è accennato agli eventi che hanno caratterizzato il biennio anteriore all’avvio della L.C.A. di Coopsette, aperta con decreto del 30/10/2015 dopo il deposito di una prima istanza di concordato preventivo in bianco (6/2/2013), la successiva sottoscrizione di numerosi accordi di ristrutturazione del debito col ceto creditorio - tra cui quello concluso con Preider s.p.a., omologato dal Tribunale nel luglio del 2013 - e il tentativo, rimasto senza esito per espressa rinuncia, di dare corso a una seconda proposta concordataria (27/5/2015). Ciò posto, nonostante una recente presa di posizione in senso contrario della Corte di Cassazione (Cass. 25/1/2018, n. 1896) il Collegio intende ribadire l’orientamento interpretativo propenso a escludere gli accordi di ristrutturazione del debito dall’ambito delle procedure concorsuali propriamente intese (Trib. Bologna, 17/11/2011; App. Firenze, 07/04/2016; Trib. Forlì, 05/05/2016; Trib. Milano, 10/11/2016; Trib. Modena, 19/11/2014). Rispetto al fallimento, al concordato preventivo e all’amministrazione straordinaria la fattispecie delineata dall’art. 182 bis L.F. non prevede un provvedimento giudiziale di apertura caratterizzato da un vaglio di ammissibilità ad opera del Tribunale e dalla nomina necessaria di un organo di vigilanza o di controllo per le fasi iniziali ed esecutive; non produce effetti universali sul patrimonio del debitore (che dunque potrebbe non essere coinvolto per intero) o verso i creditori, liberi di aderire o meno alla proposta senza subire le decisione delle maggioranze qualificate previste dalla legge; non impone il rispetto del principio della par condicio creditorum o delle cause legittime di prelazione; non contempla una disciplina peculiare in materia di interessi. Non sembra, d’altro canto, che le recenti modifiche approvate nella disciplina dell’istituto – in primis il divieto di iniziare o proseguire, per sessanta giorni dalla pubblicazione della domanda, azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, l’introduzione della prededuzione con il già citato art. 182 quater L.F. e gli effetti prenotativi derivanti dal deposito di ricorsi per concordato con riserva - possano considerarsi sufficienti ad attrarre l’accordo di ristrutturazione nell’area pubblicistica. È significativo, del resto, che almeno agli effetti della revocatoria l’art. 69 bis L.F. abbia codificato il principio di consecuzione nei rapporti tra concordato preventivo e fallimento, senza alcuna menzione degli accordi di ristrutturazione del debito. Resta impregiudicata, in definitiva, la tradizionale natura privatistica delle intese ex art. 182 bisL.F..
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L’estraneità degli accordi di ristrutturazione del debito alla categoria delle procedure concorsuali fa sì che l’applicazione del principio di continuità tra procedure richiamato da Presider s.p.a. debba essere vagliata con esclusivo riferimento alle due istanze di concordato preventivo con riserva depositate da Coopsette (la prima come detto, esaurita senza il deposito della proposta e del piano, la seconda rinunciata in concomitanza con l’avvio della L.C.A.). In questa prospettiva, se non sembrano sussistere dubbi circa l’operatività della regola della consecuzione tra la seconda fase concordataria (rinunciata il 27/10/2015) e l’apertura della L.C.A. (30/10/2015), stante l’assenza di effettivo iato temporale, altrettanto non può dirsi per i ricorsi del febbraio del 2013 e del maggio del 2015. La Corte di Cassazione ha affermato, in effetti, che con il principio di consecuzione “viene individuato un fenomeno caratterizzato dal verificarsi a carico di un imprenditore di una serie di procedure concorsuali, seguenti una all'altra senza soluzione di continuità, a causa dell'incapacità delle prime di conseguire i rispettivi scopi istituzionali. La sequenza delle procedure concorsuali viene intesa, nell'ambito della consecuzione e della conversione di una procedura in altra, non come una semplice successione di procedimenti, ma come la realizzazione di un'unica procedura concorsuale, nell'ambito della quale le procedure progressivamente succedutesi costituiscono delle fasi, prive di autonomia e di separata rilevanza; le varie fasi, quindi, assumono rilievo come conversione, o trasformazione, di un procedimento in un altro (o in altri) senza uscire dall'alveo di quella intesa, nella sua complessa unità, come procedura concorsuale di carattere unitario» (già Cass. 18/7/1990, n. 7339/1990). Detto altrimenti, perché sussista la continuità richiesta per la considerazione unitaria degli istituti rispetto ai quali la questione concretamente si è posta (si pensi, a titolo di esempio, al periodo sospetto nell’azione revocatoria, al computo degli interessi, oltre che alla prededuzione) è indispensabile che la seconda procedura concorsuale sia espressione della stessa crisi economica che connotava la prima. Da questo punto di vista possono essere individuati quali indici sintomatici della continuità la ridotta distanza temporale tra i procedimenti, la coincidenza in termini quantitativi o qualitativi delle masse passive o la cessazione dell’attività d’impresa nel periodo di riferimento. Non è preclusa la valorizzazione di elementi differenti. Resta il fatto che una simile valutazione non può prescindere dalla considerazione in concreto della singola fattispecie, costituendo la prededuzione non una caratteristica immanente del credito come il privilegio, ma una qualità destinata produrre effetti solo in relazione al concorso quello sia sorto. Per questo motivo sarebbe spettato a Presider s.p.a. dare la dimostrazione della sussistenza di uno o più indici sintomatici dell’identità della crisi di Coopsette nel biennio 2013/015, configurabili in termini di fatti costitutivi del preteso diritto a insinuarsi al passivo con il beneficio della prededuzione. Nelle proprie difese l’opponente si è limitata a predicare il requisito della continuità delle procedure concorsuali sulla base della scansione temporale di queste e del mero dato del perpetuarsi dell’inadempimento. Il tempo relativamente lungo intercorrente tra le due istanze concordatarie (circa due anni) e la prosecuzione dell’attività di impresa avvalorano la conclusione opposta. A fronte di un simile quadro probatorio, le argomentazioni di parte opponente fondate sulla continuità non possono che essere disattese.
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Altrettanto vale per la pretesa della Presider s.p.a. di ricondurre le rateizzazioni del debito accumulato da Coopsette ai finanziamenti attuativi di concordati e accordi di ristrutturazione per cui l’art. 182 quater L.F. prevede la prededuzione. È senz’altro vero che per espressa previsione di legge un simile beneficio accede ai crediti derivanti da qualsiasi forma di sovvenzionamento finanziario ricevuto dall’imprenditore in crisi, a prescindere dall’attività (bancaria o meno) esercitata dal finanziatore. Secondo la previsione letterale della norma, tuttavia, la prededuzione accede pur sempre a “crediti derivanti da finanziamenti”, sicché non sembra configurabile in tutte quelle ipotesi caratterizzate – come nel caso di specie – da meri vantaggi economici conseguenti a risparmi di spesa o dilazioni di pagamento. Ove così non fosse, del resto, potrebbero invocare la prededuzione tutti i creditori disposti a tollerare una qualsiasi forma di inadempimento ad opera dell’impresa che abbia depositato una richiesta di concordato o un’istanza di omologazione degli accordi ex art. 182 bis L.F., atteso che il mancato incasso nei termini previsti consentirebbe alla beneficiaria di trattenere risorse essenziali per il perseguimento dei suoi obiettivi di risanamento. L’istituto della prededuzione in tal modo sarebbe svuotato di qualsiasi utilità pratica. Considerazioni letterali e sistematiche, dunque, inducono acircoscrivere l’area applicativa della norma all’immissione effettiva di risorse nell’impresa in crisi. Anche da questo punto di vista le considerazioni poste da Presider s.p.a. a sostegno dell’opposizione non appaiono convincenti.
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Per le ragioni anzidette sono assorbite le ulteriori eccezioni, anche preliminari, sollevate da Coopsette.
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Secondo soccombenza, la Presider s.p.a. è tenuta al pagamento degli oneri di giudizio, stimabili in base ai valori medi del D.M. n. 55/2014, in € 14.914,00 (€ 4.388,00 per la fase di studio, € 2.895,00 per la fase introduttiva, € 7.631,00 per le fasi di trattazione e di decisione, unificate in virtù dell’assenza di attività istruttoria), oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge. Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater del DPR n. 115/2002 sussistono, inoltre, le condizioni per la condanna della Presider s.p.a. al versamento di un importo pari al contributo unificato dovuto per l’atto introduttivo (€ 98,00).
P.Q.M.
Il Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 7784/2016 del R.G.A.C., disattesa ogni diversa domanda, eccezione o deduzione, così provvede:
- rigetta l’opposizione proposta da Presider s.p.a. per le ragioni indicate inmotivazione;
- condanna Presider s.p.a. al pagamento in favore della L.C.A. Coopsette soc. coop. degli oneri processuali, stimabili in € 14.914,00, oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali dovuti perlegge.
Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater del DPR n. 115/2002 si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della Presider s.p.a., di un importo corrispondente al contributo unificato già versato all’atto dell’iscrizione del procedimento (€98,00).
Reggio Emilia, 13/2/2018
Il Giudice estensore Il Presidente
Virgilio Notari Francesco Parisoli
1. Il Tribunale di Reggio Emilia, con due decisioni pressoché contemporanee e di identico contenuto, ritorna sul tema della individuazione della natura giuridica degli “Accordi di Ristrutturazione” disciplinati dagli artt. 182-bis ss. l. fall., e ne ribadisce la estraneità rispetto all’istituto delle “procedure concorsuali”.
Le due decisioni meritano di essere segnalate non tanto per il contenuto in sé per sé – del tutto conforme a quello già espresso da recenti e corrispondenti decisioni pronunciate nel contesto della stessa procedura concorsuale di liquidazione coatta amministrativa[1] -; quanto piuttosto per la circostanza di esprimere una consapevole dissociazione dall’orientamento espresso pochi giorni or sono da due decisioni della Suprema Corte, anch’esse contemporanee, ed anch’esse di contenuto pressoché identico tra di loro[2]. “Nonostante una recente presa di posizione in senso contrario della Corte di Cassazione… il Collegio intende ribadire l’orientamento interpretativo propenso ad escludere gli Accordi di Ristrutturazione del debito dall’ambito delle procedure concorsuali propriamente intese”: di qui – per ciò che concerne il caso di specie – l’esclusione della collocabilità in prededuzione, nel fallimento (ovvero nella l.c.a.) consecutivi, dei crediti sorti in funzione o in occasione dello “Accordo” ex art. 182-bis l. fall..
Gli argomenti addotti in tale direzione dal Tribunale di Reggio Emilia sono tutti condivisibili: e ad essi deve aggiungersi la considerazione della disciplina dettata per i crediti dei cc.dd. “fornitori strategici”, nell’ambito dello “Accordo di Ristrutturazione” e nell’ambito del Concordato preventivo.
Tale disciplina (art. 182-quinquies l. fall., commi 5 e 6) dimostra che la natura giuridica di “Accordo” e Concordato preventivo non è la medesima: e poiché nessuno dubita che il Concordato preventivo abbia natura di procedura concorsuale, se ne ricava agevolmente l’esclusione di tale natura per ciò che concerne gli Accordi di Ristrutturazione.
Le disposizioni del comma 5) e 6) dell’art. 182-quinquies l. fall. presentano un identico contenuto, tranne l’ultima parte del comma 6 (assente nel comma 5), secondo la quale “in tal caso [intervento dell’autorizzazione giudiziale] i pagamenti effettuati non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’articolo 67”[3].
L’autorizzazione giudiziale in questione può riguardare dunque tanto le imprese ammesse al Concordato preventivo, quanto le imprese impegnate nel perfezionamento di un Accordo di Ristrutturazione: ma la considerazione dei differenti effetti prodotti dall'autorizzazione giudiziale nelle due fattispecie dimostra come il Concordato preventivo possa essere definito "procedura concorsuale" – come tale caratterizzata, inter alia: (i) dal divieto del pagamento dei debiti pregressi; e (ii) dalla determinazione del dies a quo di decorrenza del "periodo sospetto" a fini revocatori dalla data di apertura della procedura di Concordato -; mentre per lo "Accordo" si debba pervenire ad una conclusione opposta.
In primo luogo va precisato che, nonostante il silenzio della norma, si deve ritenere che i pagamenti de quibus, quantunque oggettivamente “preferenziali”, non siano soltanto interessati dalla disposta “esenzione” dalla revocatoria fallimentare, ma anche dalla “esimente” dalla responsabilità penale normalmente connessa ai pagamenti effettuati in violazione del principio della “par condicio creditorum”” (art. 216, co. 3, l.fall.).
In secondo luogo occorre sottolineare come le due disposizioni di cui all’art. 182-quinquies, co. 5 e co. 6, l. fall., che dettano le condizioni (principalmente, l’autorizzazione del tribunale) per il pagamento dei cc.dd. “fornitori strategici”, nel caso – rispettivamente – del Concordato preventivo (“in continuità aziendale”) e dello “Accordo” ex art. 182-bis, pur presentando contenuti ed obiettivi identici, siano però caratterizzate da rationes antitetiche.
La esenzione dall’azione revocatoria di cui all’art. 67 l. fall. non si spiega se riferita a pagamenti effettuati nel corso di una procedura concorsuale sfociata in fallimento, giacchè in tal caso la revocatoria fallimentare investe il “periodo sospetto” anteriore alla prima procedura consecutiva (cfr. art. 69-bis, co. 2, l. fall.), quindi non può investire i pagamenti successivi alla sua apertura. Tali pagamenti, dunque, o sono “legittimi”; ovvero non lo sono, e come tali risultano semplicemente inopponibili alla procedura ed al fallimento consecutivo (ma non certamente revocabili).
La esenzione dall’azione revocatoria può invece a ragion veduta essere disposta per i pagamenti effettuati nel corso di un procedimento di composizione negoziale della crisi d’impresa - sfociato in un fallimento - che non abbia natura di “procedura concorsuale”, per la ragione che:
(i) il “periodo sospetto” decorre a ritroso dall’apertura del fallimento, e quindi ha l’attitudine ad investire i pagamenti de quibus; e
(ii) l’essere stati effettuati nel corso o in esecuzione di un procedimento di composizione negoziale della crisi d’impresa accentua il rischio della soccombenza in sede revocatoria.
Per tali ragioni il comma 5 dell’art. 182-quinquies, che disciplina i pagamenti (di crediti anteriori all’apertura della procedura) effettuati nel corso del Concordato preventivo – che è una “procedura concorsuale” – si disinteressa del rischio revocatorio (assente, per le ragioni sopra specificate): il chè dimostra che l’autorizzazione giudiziale è funzionale a superare un divieto altrimenti impeditivo dei pagamenti (ed infatti nel Concordato preventivo il pagamento dei crediti pregressi è vietato).
Sempre per tali ragioni il comma 6 della norma in discussione, che disciplina i pagamenti (di crediti pregressi) effettuati nel corso dell’Accordo di ristrutturazione, si preoccupa del pericolo revocatorio perché nel fallimento successivo i pagamenti de quibus vi sarebbero soggetti[4]: il chè dimostra che essi, per altro verso, sono “legittimi”, con una conclusione che è coerente soltanto con la negazione all’Accordo ex art. 182-bis l. fall. della natura di “procedura concorsuale”.
2. La seconda delle decisioni in commento interviene anche su un altro problema, di cui propone una soluzione anche in tal caso totalmente condivisibile.
Trattasi di stabilire se la proroga di un credito sorto prima dell’omologazione di un “Accordo” ex art. 182-bis l. fall. possa rientrare in quella nozione - i “finanziamenti” - alla quale gli artt. 182-quater e 182-quinquies l. fall. fanno riferimento, per introdurre “pillole” di prededuzione anche nell’Accordo di Ristrutturazione – affermando il carattere prededucibile dei crediti derivanti da “finanziamenti” erogati in funzione della presentazione di una domanda di omologazione dello “Accordo”; ovvero a seguito dell’apertura del procedimento; ovvero in esecuzione del “Piano” -.
Nonostante la funzione “finanziaria” – da un punto di vista economico – della proroga del credito pregresso, il Tribunale di Reggio Emilia esclude che all’operazione possa essere riconosciuta natura di “finanziamento”, ai sensi e per gli effetti degli artt. 182-queater e 182-quinquies l. fall.
La conclusione, come si è detto, merita di essere condivisa.
In primo luogo, non pare inopportuno ricordare l’origine delle disposizioni in esame: origine che ne condizionava l’applicabilità ai soli finanziamenti erogati da banche o da altri intermediari finanziari iscritti negli artt. 106 e 107 t.u.b.
In secondo luogo è necessario considerare che le disposizioni in commento costituiscono oggettive eccezioni alla regola, secondo la quale i crediti sorti in occasione o in funzione di un Accordo di Ristrutturazione non sono collocabili in prededuzione (non essendosi al cospetto di una “procedura concorsuale”, con conseguente inapplicabilità dell’art. 111, co. 2, seconda parte, l. fall.): donde l’esclusione di una interpretazione analogica.
Infine, pare logico che il “premio” della (tendenziale) sicurezza del rimborso sia attribuito al creditore che fornisce un aiuto di rilievo all’imprenditore in crisi (la “Nuova Finanza”), meno meritevole sembrando il creditore pregresso insoddisfatto, il quale, non avendo conseguito il pagamento alla scadenza, conceda una proroga (del resto, di norma, che altro potrebbe o dovrebbe fare?).
Se mai ci si può domandare se la nozione di “finanziamento” debba essere circoscritta alle operazioni che comportano una effettiva erogazione di una somma di denaro (quelli che si chiamano “crediti per cassa”); oppure possa essere estesa anche alle facilitazioni rappresentate dalla prestazione di garanzie nell’interesse dell’imprenditore, a favore di terzi (magari terzi a loro volta protagonisti della effettiva erogazione di prestiti). L’espressione utilizzata (per lo meno) dall’art. 182-quater, co. 1, l. fall. (“finanziamenti in qualsiasi forma effettuati”) fa propendere per la soluzione più elastica – anche per le fattispecie disciplinate nelle disposizioni successive -: e, in generale, ogni qualvolta l’intervento abbia carattere di novità rispetto alla situazione finanziaria precedente, non pare che sia rilevante distinguere secondo che il sostegno finanziario avvenga con una modalità (erogazione diretta) ovvero con un’altra modalità (prestazione di garanzia funzionale a consentire all’imprenditore di conseguire un sostegno economico, finanziario o di altra natura da un soggetto diverso – il terzo garantito -).
Nella direzione prescelta va decisamente l’ipotesi di intervento riformatore formulata nella bozza dei decreti delegati miranti all’introduzione del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza[5]: e pare preferibile individuare la ratio di ciò in un approvabile chiarimento della disciplina attualmente in vigore, piuttosto che il segnale di una volontà innovativa.
[1] Si rinvia a quanto già osservato in “La prededuzione dei crediti verso l’impresa in crisi tra natura della procedura e consecutio di procedimenti”, in Diritto bancario, novembre 2017.
[2] Si rinvia, anche per ciò, a quanto osservato in “La natura giuridica del “Piano di Risanamento Attestato” e dello “Accordo di Ristrutturazione, in Dirito bancario, gennaio 2018; e in “La natura giuridica del “Piano di Risanamento Attestato” e dello “Accordo di Ristrutturazione”, in www.ilcaso.it, gennaio2018.
[3] E’ (anche) questa differenza che dimostra come al Concordato preventivo la natura di procedura concorsuale sia certamente attribuibile, mentre all’Accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis. l. fall. debba essere negata.
[4] Trattasi insomma di una ennesima fattispecie di “esenzione” dall’azione revocatoria, che sarebbe stato preferibile disciplinare nella sede propria (per es. nel contesto dell’art. 67, co. 3, l.fall.).
[5] L’art. 104, co. 1, CCI comprende tra i “finanziamenti” produttivi di crediti prededucibili in quanto autorizzati prima dell’omologa del Concordato o dell’Accordo di Ristrutturazione, “la richiesta di emissione di garanzie”. Nello stesso senso dispone l’art. 106 CCI, a proposito dei finanziamenti concessi in esecuzione di un Concordato preventivo o di un Accordo di Ristrutturazione.
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