Diritto Fallimentare
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1347 - pubb. 22/11/2008
Curatore fallimentare e polizza rc professionale
Cassazione civile, sez. III, 15 Febbraio 2007, n. 3468. Est. Massera.
Assicurazione - Contratto di assicurazione in genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Interpretazione delle clausole sull'estensione e la portata del rischio assicurato - Devoluzione al giudice di merito - Incensurabilità in cassazione - Limiti - Fattispecie concernente l'attività di curatore fallimentare svolta da un avvocato.
L'interpretazione delle clausole di un contratto di assicurazione in ordine alla portata ed all'estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed assistita da una congrua motivazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale l'attività di curatore fallimentare, svolta normalmente anche se non esclusivamente da avvocati e costituente un'attività professionale remunerata secondo una tariffa, e non una carica o un ufficio, rientrava nella copertura offerta dalla garanzia assicurativa della quale il professionista era dotato, volta a coprire i danni da questi involontariamente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività professionale di avvocato). (fonte: CED – Corte di Cassazione)
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 12 luglio - 11 settembre 2000 il Tribunale di Napoli, tra l'altro, dichiarava la responsabilità nella misura del 30% del curatore del Fallimento I., avv. G. T., e nella misura del 70% del Banco di * in ordine all'ammanco nel libretto di deposito di risparmio intestato al fallimento, conseguentemente condannava il T. G. a pagare al Banco di * la somma di L. 133.438.280 pari al 30% dell'importo da esso corrisposto alla Curatela, mentre rigettava la domanda di garanzia avanzata dal T. G. nei confronti della M. Assicurazioni.
Con sentenza in data 13 - 21 novembre 2002 la Corte di Appello di * accoglieva questa domanda e, per l'effetto, condannava la M. Assicurazioni a rivalere il T. G. delle somme da costui dovute al Banco di *, al netto dello scoperto contrattuale del 10%.
La Corte territoriale osservava per quanto interessa: non era condivisibile l'interpretazione restrittiva data dal Tribunale alla clausola contrattuale che riguardava la copertura dei rischi derivanti dall'attività professionale di avvocato, in quanto l'attività di curatore rientra tra quelle normalmente esplicate dagli avvocati e, quindi, la garanzia copriva anche i danni derivanti dalla medesima.
Avverso la suddetta sentenza la M. Assicurazioni ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Il T. G. e la San Paolo Imi S.p.A. (che aveva incorporato il Banco di *) hanno resistito con separati controricorso e depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1374, 1362, 1882 c.c. del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, e del D.M. 28 luglio 1992, n. 570.
Con il secondo motivo lamenta, vizio di motivazione circa la ritenuta operatività della garanzia contrattuale prestata da essa ricorrente. Le due censure risultano evidentemente connesse e, quindi, richiedono esame congiunto. Esse appaiono infondate.
Per interpretazione giurisprudenziale costante (confronta, per tutte, Cass. n. 15381 del 2004), in tema di ermeneutica contrattuale, l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg.. La Corte territoriale ha spiegato che l'attività di curatore fallimentare viene svolta normalmente (anche se non esclusivamente) dagli avvocati e costituisce un'attività professionale remunerata secondo tariffa e non una carica od un ufficio. Di qui l'operatività della copertura assicurativa, che garantiva i danni involontariamente arrecati a terzi dell'attività professionale di avvocato, in quanto iscritto all'ordine.
Con riferimento alle argomentazioni addotte a sostegno delle censure osserva la Corte che, dalla lettura della clausola riprodotta nella parte espositiva del ricorso, non si evince affatto che la garanzia assicurativa fosse limitata alle attività previste dalle tabelle che disciplinano i compensi spettanti agli avvocati, come sostiene la ricorrente, per cui a tale riguardo la motivazione della sentenza impugnata non è criticabile.
Pertanto risultano inconferenti i riferimenti contenuti nel ricorso al D.M. n. 585 del 1994 e al D.M. n. 570 del 1992, essendo del tutto irrilevante la circostanza che il compenso per l'attività di curatore fallimentare venga corrisposto sulla base di una normativa diversa dalla tariffa forense. Ciò è agevolmente spiegabile con la considerazione che la categoria degli avvocati non è l'unica legittimata ad essere officiata al riguardo, ma ciò non esclude il carattere professionale della relativa attività.
La sentenza impugnata ha adeguatamente e razionalmente spigato le ragioni per cui ha ritenuto che il rischio assicurato coprisse anche la fattispecie concreta poiché l'attività di curatore è svolta normalmente, anche se non esclusivamente, dagli avvocati, per cui costituisce un'attività professionale.
Tali affermazioni coincidono perfettamente con l'orientamento affermatosi in sede di legittimità.
Infatti questa stessa sezione (Cass. Sez. 3^, n. 15030 del 2005), decidendo su una fattispecie del tutto analoga, ha stabilito che, qualora il curatore fallimentare, commercialista, sia responsabile, ai sensi del combinato disposto dalla L. Fall., art. 38, comma 1, ed art. 2043 c.c. del risarcimento di un danno ingiusto cagionato nell'espletamento della sua attività di ausiliare di giustizia, l'assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salvo che il rischio sia espressamente escluso dal contratto), atteso che l'attività di curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali specificamente previste per i commercialisti dalla legge, in quanto il professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale nell'ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (artt. 2227 - 2230 c.c.) relative al contratto di prestazione d'opera intellettuale, ma continua a restare un professionista privato anche quando, nell'ambito di tale attività, espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, notaio delegato allo scioglimento delle divisioni, consulente tecnico d'ufficio), in relazione al quale svolge pubblici poteri. Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore del T. G. in Euro 3.600,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e in favore della San Paolo in Euro 4.100.00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2007.
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